Riassunto letterale de “Il Senso Religioso”

 Riassunto, appunti e dispensa del libro “Il Senso Religioso”

Edizione di riferimento

Presentazione pubblica del 2 maggio 2023


Indice linkato di tutti i capitoli de ” IL SENSO RELIGIOSO”

NB: aprendo i capitoli si trova l’indice linkato di ogni titolo e sottotitolo




Libro «Il Senso Religioso» di don Luigi Giussani

vetrate in piombo della Sagrada Familia
Sagrada Familia di Barcellona. Ingrandisci

1 ° cap. PRIMA PREMESSA: REALISMO


Links ai singoli paragrafi

  1. Di che si tratta
  2. Il metodo di ricerca è imposto dall’oggetto: una riflessione sulla propria esperienza
  3. L’esperienza implica una valutazione
  4. Criterio per la valutazione
  5. L’esperienza elementare
  6. L’uomo, ultimo tribunale?
  7. Ascesi per una liberazione

1 . Di che si tratta (pag.3)

«Nello snervante comodo della vita moderna la massa delle regole che dava consistenza alla vita si è spappolata: la maggior parte delle fatiche che imponeva il mondo cosmico sono scomparse e con esse è scomparso anche lo sforzo creativo della personalità….la frontiera del bene e del male è svanita, la divisione regna ovunque… poca osservazione e molto ragionamento (ideologia) conducono all’errore. Molta osservazione e poco ragionamento conducono alla verità».

Infatti la nostra – prosegue Carrel – è un’epoca di ideologie, nella quale, cioè, invece che imparare dalla realtà in tutti i suoi dati, costruendo su di essa, si cerca di  manipolare la realtà secondo le coerenze di uno schema prefabbricato dall’intelletto: «così il trionfo delle ideologie consacra la rovina della civiltà“» [Da A. Carrel, in “Riflessioni sulla condotta della vita”].


IDEOLOGIA in:


2 – Il metodo di ricerca è imposto dall’oggetto: una riflessione sulla propria esperienza (4)

Per una indagine seria su qualsiasi argomento occorre realismo.

«Io cerco per sapere qualcosa, non per pensarla»

SANT’ AGOSTINO (Soliloquia I, III,8)

Pensare qualcosa è la costruzione intellettuale, ideale ed immaginativa, che noi operiamo in proposito; ma sovente concediamo troppo privilegio a questo pensare, per cui senza rendercene conto – o addirittura anche giustificando l’atteggiamento che sto per definire – proiettiamo sul fatto ciò che ne pensiamo.

L’esperienza religiosa è importante innanzitutto sapere cosa sia, di che cosa esattamente si tratti.

Non esiste infatti attività umana che sia più vasta di quella individuabile sotto il titolo: «esperienza o sentimento religioso».

L’interrogativo del senso religioso è: «Che senso ha tutto?».

Se dunque noi vogliamo sapere come sia questo fatto, in che consista questo senso religioso, il problema di metodo ci impegna in modo acuto.


METODO in:


La maggior parte delle persone si affidano in questo – coscientemente o incoscientemente – a quello che dicono altri.

Il realismo esige che per osservare un oggetto in modo tale da poterlo conoscere, il metodo non sia immaginato , pensato, organizzato dal soggetto, ma imposto dall’oggetto.


REALTA’ in:


Vale a dire, il metodo per conoscere un oggetto mi è dettato dall’oggetto stesso, non può essere definito da me.

Ora che tipo di fenomeno è l’esperienza religiosa?

È un fenomeno che attiene all’umano, pertanto non può essere trattata come un fenomeno geologico o meteorologico.

È qualcosa che riguarda la persona.

Poiché si tratta di un fenomeno che avviene in me, che interessa la mia coscienza, il mio io, come persona, è su me stesso che devo riflettere.

Mi occorre un'indagine su me stesso, un'indagine esistenziale.

Se non si partisse dall’indagine esistenziale, sarebbe come chiedere la consistenza di un fenomeno, che vivo io, a un altro.

3 – L’esperienza implica una valutazione (7)

Vorrei precisare che la parola «esperienza» non significa soltanto «provare».

L’esperienza coincide, certo, con il «provare» qualcosa, ma soprattutto coincide con il giudizio DATO su quel che si prova.

«Ciò che caratterizza l'esperienza è capire una cosa, lo scoprirne il senso. L'esperienza quindi implica intelligenza del senso delle cose».

Giussani ne “Il rischio educativo”

Un giudizio esige un criterio in base al quale viene operato.


CRITERIO in:


Anche per l’esperienza religiosa occorre domandarsi quale criterio adottare per giudicare quanto si è trovato nel corso di quella riflessione su se stessi.

4 – Criterio per una valutazione (7)

Domandiamoci allora: qual è il criterio che ci permette di giudicare ciò che vediamo accadere in noi stessi?


GIUDIZIO/GIUDICARE in:


Due sono le possibilità: o il criterio in base al quale giudicare ciò che si vede in noi è mutuato dal di fuori di noi, o tale criterio è reperibile dentro di noi.

Nel primo caso ricadremo nell’evenienza alienante che abbiamo descritto prima. […]ma anche se prelevassimo criteri da altri per giudicarci, il risultato alienante non cambierebbe.


ALIENAZIONE in:


Faremmo ugualmente dipendere il significato di ciò che noi siamo da qualcosa che è fuori di noi.

Che questo criterio sia immanente a noi non significa che ce lo siamo dati da soli (è «dato»): è attinto dalla nostra natura, vale a dire ci viene dato con la natura.

Il criterio per giudicare quella riflessione sulla propria umanità deve dunque essere immanente alla struttura originaria della persona.

5. L’esperienza elementare (8)

In che cosa consiste questa esperienza originale, elementare?

Si tratta di un complesso di esigenze e di evidenze con cui l’uomo è proiettato dentro il confronto con tutto ciò che esiste.

La natura lancia l’uomo  nell’universale paragone con sé  stesso, con gli altri, con le cose, dotandolo – come strumento di tale universale confronto – di un complesso di evidenze ed esigenze originali, talmente originali, che tutto ciò che l’uomo fa o dice da esse dipende.

Ad esse potrebbero essere dati parecchi nomi; esse possono essere riassunte con diverse espressioni: esigenza di felicità, esigenza di verità, esigenza di giustizia ecc…

Sono comunque una scintilla che mette in azione il motore umano; prima di esse non si dà alcun movimento, alcuna umana dinamica.

Aristotele diceva che è da pazzi chiedersi le ragioni di ciò che l’evidenza mostra come un fatto.

[…]La conoscenza è un incontro tra una energia umana e una presenza.

Una madre eschimese, una madre della Terra del Fuoco, una madre giapponese danno alla luce esseri umani che tutti sono riconoscibili come tali, sia come connotazioni esteriori che come impronta interiore.

Quando diranno «io» useranno tale espressione anche per indicare un volto interiore, un «cuore» direbbe la Bibbia, che è uguale in ognuno di essi, benché tradotto nei modi più diversi.


CUORE in:


Identifico in questo cuore ciò che si chiama esperienza elementare.

Qualcosa cioè che tende ad indicare compiutamente l’impeto originale con cui l’essere umano si protende sulla realtà, cercando di immedesimarsi con essa, attraverso la realizzazione di un progetto, che alla realtà detti l’immagine ideale che lo stimola dal di dentro.

6 – L’uomo ultimo tribunale? (11)

Abbiamo detto che il criterio per giudicare del proprio rapporto con sé stesso, con gli altri, con le cose e con il destino è totalmente immanente all’uomo, secondo suggerimento della struttura originale.

Come sarà possibile evitare una generale soggettivazione? Non sarebbe questo una esaltazione dell’anarchia, intesa come idealizzazione dell’uomo quale ultimo tribunale?

La natura dell’uomo è rapporto con l’infinito:

 L’anarchico è l’affermazione di sé all’infinito, mentre l’uomo autenticamente religioso è accettazione dell’Infinito come significato di sé.

Realmente l’anarchia costituisce la tentazione più affascinante, ma è tanto affascinante quanto menzognera.

E la forza di tale menzogna sta appunto nel suo fascino che induce a dimenticare che l'uomo prima non c'era e poi muore.

È pertanto pura violenza ciò che può fargli dire: «Io mi affermo contro tutti e contro tutto. »

L’uomo afferma sé stesso solo accettando il reale, tanto è vero che l’uomo comincia ad affermare sé stesso accettando di esistere: accettando cioè una realtà che non si è data da sé.

È solo qui, in questa identità dell’ultima coscienza, il superamento dellanarchia.

L’esigenza della bontà, della giustizia, del vero, della felicità costituiscono il volto ultimo, l’energia profonda con cui gli uomini di tutti i tempi e di tutte le razze accostano tutto.

Questa esperienza elementare, come dicevamo, è sostanzialmente uguale in tutti, anche se poi verrà determinata, tradotta, realizzata in modi diversissimi, apparentemente persino opposti.


ESPERIENZA ELEMENTARE in:


7 – Ascesi per una liberazione (13)

Se si vuole diventare adulti senza essere ingannati, alienati, schiavi di altri, ci si abitui a paragonare il tutto con l’esperienza elementare.

Di norma infatti tutto viene affrontato secondo una mentalità comune: sostenuta, propagandata da chi nella società detiene il potere.


MENTALITA’ in:


La sfida più audace a quella mentalità che ci domina e che incide in noi per ogni cosa – dalla vita dello spirito al vestito – è proprio quello di rendere abituale in noi il giudizio su tutto alla luce delle nostre evidenze prime, e non alla mercé di più occasionali reazioni.

Incominciamo quindi a giudicare: è l’inizio della liberazione.

Il recupero dell’esistenziale profondo, che permette questa liberazione, non può evitare la fatica di andare controcorrente.


LIBERTA’ in:


Si potrebbe chiamare lavoro ascetico, dove con la parola ascesi si indica l’opera dell’uomo in quanto cerca la maturazione di sé, in quanto è direttamente centrato sul cammino al destino.


ASCESI in:


È un lavoro, e non è un lavoro ovvio; è qualcosa di semplice, ma non scontato.

In termini cristiani questa fatica fa parte della «metanoia», o conversione


CONVERSIONE in:


indice dei titoli e sottotitoli del primo capitolo



Segue Capitolo 2: « Seconda premessa: ragionevolezza»