Riassunto letterale de “Il Senso Religioso”


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Libro “Il Senso Religioso” di don Luigi Giussani


vista esterna della cattedrale
esterno della Sagrada Familia (ingrandisci)

12° cap. L’AVVENTURA DELL’INTERPRETAZIONE (167)


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  1. Il fattore libertà di fronte all’enigma ultimo
  2. Il mondo come parabola

La natura della ragione (che è comprendere l’esistenza) per coerenza costringe la ragione stessa ad ammettere l’esistenza di un incomprensibile, l’esistenza cioè di un Qualcosa costituzionalmente oltre la possibilità di comprensione e di misura:

Divina CommediaPurgatorio canto XVII vv 127-129

«Ciascun confusamente un bene apprende/Nel qual si cheti l’animo, e disira;/Per che di giugner lui ciascun contende»


Dante – Divina commedia – Paradiso canto XIX, vv 79-81

«Or tu chi se’ che vuo’ sedere a scranna;/ Per giudicar di lungi mille miglia/Con la veduta corta di una spanna»


Fra un miliardo di secoli qualunque confine l’uomo abbia raggiunto «non è quello»

«Qualunque cosa tu dica o faccia/C’è un grido dentro: Non è per questo, non è per questo! /E così tutto rimanda/A una segreta domanda:/L’atto è un pretesto/ [….] Nell’imminenza di Dio/La vita fa man bassa/Sulle riserve caduche,/Mentre ciascuno afferra/A un suo bene che gli grida: addio!»

Clemente Rebora – Sacchi a terra per gli occhi

1. Il fattore di libertà di fronte all’enigma ultimo (168)

Abbiamo già visto che essere liberi è possedere il proprio significato, di raggiungere la propria realizzazione secondo un certo modo, che chiamiamo appunto libertà.

Ora se il raggiungimento del destino, del compimento, deve essere libero, la libertà deve “giocare” anche nella scoperta di esso.

Il destino è qualcosa di fronte al quale l’uomo è responsabile.

Il modo che l’uomo ha di raggiungere il suo destino, è responsabilità sua è frutto della libertà.

La libertà dunque ha a che fare non solo nell’andare a Dio come coerenza di vita, ma già nella scoperta Dio.

Ci sono scienziati che approfondendo la loro esperienza di scienziati hanno scoperto Dio, e altri come loro che hanno creduto eludere o eliminare Dio attraverso la loro esperienza di scienza.

Allora vuol dire che riconoscere Dio non è un problema né di scienza, né di sensibilità estetica e neanche di filosofia come tale. 

E’ un problema anche di libertà

Il problema non è di ragione, ma di opzione.

L'uomo, infatti, nella sua libertà afferma ciò che ha già deciso fin da una recondita partenza.

Libertà non si dimostra tanto  nella clamorosità delle scelte, ma la libertà si gioca nel primo sottilissimo crepuscolo dell’impatto  della coscienza del mondo.

Ed ecco l’alternativa  in cui l’uomo quasi insensibilmente si gioca:

o va di fronte alla realtà spalancato come un bambino, oppure chiama la realtà al tribunale del suo parere.

In tale decisione la ragionevolezza, l’umano intero, è chiaro dove stia: in ciò che è aperto e dice pane al pane e vino al vino.

E’ il povero di spirito, colui che di fronte alla realtà non ha da difendere nulla.

Perciò afferra tutto come è, e segue l’attrattiva della realtà secondo le sue implicazioni totali.


LIBERTA’ in:


2. Il mondo come una parabola (177)

La libertà gioca sé stessa in quell’area di gioco che si  chiama SEGNO.

Essa agisce nell’area della dinamica del segno in quanto

il segno è avvenimento da interpretare.

La libertà si gioca nell’interpretazione del segno.

L’interpretazione è la tecnica del gioco; la libertà opera dentro questa tecnica.

Se tu sei «morale», vale a dire, se tu sei nell’atteggiamento originale in cui Dio ti ha creato, cioè in atteggiamento aperto al reale, allora capisci, o perlomeno cerchi, cioè domandi.


MORALE/MORALITA‘ in:


Se invece tu non sei in quella posizione originale, cioè se sei alterato, artefatto, bloccato nel pregiudizio, allora sei «immorale», e non puoi capire.

Il segno svela, ma nello stesso tempo vela.

Ed è soltanto una attenzione particolare che, sotto o al di là di un drappo, apparentemente inerte, ti fa sentire la vibrazione di un corpo vivo che sta dietro; non senti il manichino, senti il corpo vivo.

Così il mondo, se non riconoscesse la sorgente di senso o di luce che è il mistero di Dio, sarebbe, come già abbiamo citato da Shakespeare, «una favola raccontata da un idiota, piena di rumore e di furore, che significa nulla» (Macbeth - atto V, scena V).

Einstein era ben lontano da questa miopia, quando affermava l’implicazione ultima della realtà, e quindi il valore di segno che inestirpabilmente fa vibrare il mondo:

«La più bella e profonda emozione che possiamo provare è il senso del mistero; sta qui il seme di ogni arte, di ogni scienza».

«Chiunque crede che la sua vita  e quella dei suoi simili sia priva di significato, è non soltanto infelice,  ma appena appena capace di vivere».

«La preoccupazione dell’uomo e del suo destino deve sempre costituire l’interesse principale di tutti gli sforzi tecnici; non dimenticatelo mai, in mezzo ai vostri diagrammi e alle vostre equazioni».

EINSTEIN. Come io vedo il mondo

SEGNO in:


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Segue capitolo 13 del Senso religioso: « Educazione alla libertà»

autore – felino.tassi@gmail.com