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13 cap. EDUCAZIONE ALLA LIBERTA’ (175)
Links ai singoli paragrafi
- Educazione alla libertà come responsabilità
- Educazione ad un atteggiamento di domanda
- L’esperienza del rischio
La parola, il gesto, che cosa sono? Dei segni.
L’amore dell’uomo e della donna, l‘amicizia, la convivenza hanno nel segno il loro strumento di comunicazione.
1. Educazione alla libertà come responsabilità (175)
Se la realtà chiama l’uomo a qualcosa d’altro, educazione alla libertà è uguale a educazione alla responsabilità.
In che cosa consiste questa educazione alla libertà, cioè alla responsabilità?
- Innanzitutto l’educazione alla responsabilità implica una educazione all’attenzione. Perché l’attenzione non necessariamente ottiene lo spazio di una libertà impegnata: non è automaticamente facile fare attenzione. Il preconcetto, comunque originato, impedisce l’attenzione. L’attenzione deve soprattutto dare conto della totalità dei fattori.
- Ma oltre l’educazione all’attenzione, una educazione alla responsabilità è anche educazione alla capacità di accettazione. Educare alla attenzione e alla accettazione assicura la modalità profonda con cui uno deve atteggiarsi di fronte alla realtà.
RESPONSABILITA’ in:
2. Educazione ad un atteggiamento di domanda (175)
L‘educazione alla libertà, necessaria per una interpretazione adeguata del segno che è l‘esistenza, il mondo, deve allenare all’atteggiamento giusto di fronte alla realtà.
Qual è l’atteggiamento giusto di fronte alla realtà?
È la permanenza della posizione originale in cui la natura formula l'uomo.
E tale atteggiamento originale, sigillo nativo, impresso all’uomo dalla natura, è l’atteggiamento dell’attesa, della domanda.
Una reale ricerca implica sempre come ipotesi ultima la risposta positiva: altrimenti uno non ricerca.
ATTESA in:
La curiosità è l’aspetto più immediatamente meccanico di questa attenzione abissale in cui la natura desta l’uomo di fronte al cosmo.
Questa curiosità non è che una originale simpatia con l’essere, con la realtà, quasi una ipotesi di lavoro con cui la natura sospinge l’uomo all’universale paragone.
Questa simpatia con la realtà è l’ipotesi generale di lavoro come premessa a qualsiasi azione, a qualsiasi attività.
La posizione di dubbio rende incapaci di agire.
DUBBIO in:
L’osservazione è abbastanza semplice: se uno parte da una ipotesi negativa, anche se qualcosa c’è non trova; se uno parte da una ipotesi positiva, se qualcosa c’è può trovare, se non c’è non troverà.
L’educazione della libertà deve essere educazione alla opzione per la positività di partenza.
Non esiste niente di più patologico e improduttivo che il dubbio sistematico.
L’educazione alla libertà è l’educazione alla positività di fronte al reale, alla capacità di certezza.
3. L’esperienza del rischio (179)
Dove sta la vera difficoltà nell’identificare l’esistenza di Dio, l’esistenza del mistero, del significato che è oltre l’uomo?
Inevitabile conseguenza del rapporto con Dio, mediato dal fenomeno del segno, è un’esperienza che si chiama rischio.
[ da «Il rischio educativo» “Rischio“]
RISCHIO in:
(Il rischio) è uno iato, un abisso, un vuoto, tra l’intuizione del vero, dell’essere, data dalla ragione e la volontà:
una dissociazione tra la ragione, percezione dell’essere e la volontà che è affettività, cioè energia di adesione all’essere (il cristianesimo indicherebbe in questa esperienza una ferita prodotta dal «peccato originale»).
Per cui uno vede le ragioni, ma non si muove.
Il senso del rischio si realizza nella misura in cui l’oggetto interessa il significato della propria esistenza.
L’esistenza di Dio: qui è grave una divisione fra l’energia di adesione all’essere e la ragione come scoperta dell’essere: qui il fuoco di fila dei «ma», dei «se», dei «però», dei «forse», fa da linea di fuoco che fronteggia la ritirata del proprio impegno con il mistero.
È l’immoralità suprema: l’immoralità di fronte al proprio destino.
La vera definizione dell’esperienza del rischio è:
Una paura di affermare l’essere, strana, perché è estranea alla natura, è contradditoria con la natura.
Quanto più una cosa interessa il significato del vivere, tanto più noi abbiamo questa paura di affermarla.
C’è in natura un metodo che riesce a darci questa energia di libertà che ci fa superare, attraversare la paura del rischio.
Per superare il baratro dei «se» e dei «ma» il metodo usato dalla natura è il fenomeno comunitario.
COMUNITA’ in:
- Alla origine della pretesa cristiana
- Perché la Chiesa
- Si può vivere così?
- Si può (veramente?!) vivere così?
- Il rischio educativo
La dimensione comunitaria rappresenta non la sostituzione della libertà, non la sostituzione dell’energia e della decisione personale, ma la condizione dell’affermarsi di essa.
Se io metto un seme di faggio sul tavolo, anche dopo mille anni non si svilupperà. Se io prendo questo seme e lo metto dentro la terra, esso diventa pianta.
Non è l’humus che sostituisce l’energia irriducibile: l’humus è la condizione perché il seme cresca.
La comunità è la dimensione e la condizione perché il seme umano dia il suo frutto.
La persecuzione più accanita è l’impedimento che lo Stato cerca di realizzare all’esprimersi della dimensione comunitaria del fenomeno religioso.
Impedire l’espressione comunitaria è come tagliare alle radici la alimentazione della pianta: la pianta dopo poco muore.
Questa energia di libertà più adeguata emerge laddove l’individuo vive la sua dimensione comunitaria.
Anche questo rivela il genio di Cristo che ha identificato la Sua esperienza religiosa con la Chiesa: «Là dove saranno due o tre riuniti nel mio nome, io sarò con loro»[Mt 18,20].
INDICE LINKATO DEI CAPITOLI del Senso Religioso
Segue capitolo 14 del Senso Religioso: « L’energia della ragione tende ad entrare nell’ignoto»
autore – felino.tassi@gmail.com
