Riassunto letterale de “Il Senso Religioso”


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14° cap. L’ENERGIA DELLA RAGIONE TENDE AD ENTRARE NELL’IGNOTO (185)


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  1. Forza motrice della ragione
  2. Una posizione vertiginosa
  3. L’impazienza della ragione
  4. Un punto di vista alterante
  5. Idoli
  6. Una conseguenza
  7. Dinamiche d’identificazione dell’idolo

Conclusione


Il vertice della ragione  è l’intuizione dell’esistenza di una spiegazione  che supera la sua misura.

Ora, quando la ragione prende coscienza di sé fino in fondo e scopre che la sua natura si realizza ultimamente intuendo l’inarrivabile, il mistero, essa non smette di essere esigenza di conoscere.


CONOSCENZA in:


1. Forza motrice della ragione (185)

Perciò una volta scoperto questo, lo struggimento, per così dire, della ragione  è quello di poter conoscere quell’incognita.

Anzi è proprio la tensione ad entrare in questo ignoto che definisce l’energia della ragione.

È solo il rapporto con l’aldilà che rende realizzabile l’avventura della vita.

La forza umana nell’afferrare le cose dell’al di qua è data dalla volontà di penetrazione nell’al di là.

(Il mito di Ulisse illustrato da Dante ci può aiutare).

Tutto il mare nostrum è misurato e governato, tutto è percorso in lungo e in largo da lui (Ulisse): l’uomo misura di tutte le cose.

Ma arrivato alle Colonne d’Ercole […] sentiva che non solo che quella non era la fine, ma era come se la sua vera natura si sprigionasse da quel momento.

[…] E allora infranse la saggezza (mentalità comune) e andò.

Questa è la lotta tra l’umano, cioè il senso religioso, e il disumano, cioè la posizione positivista di tutta la mentalità moderna.


MENTALITA’ in:


Al di là del “mare nostrum” che possiamo vedere e possedere e governare c’è l’oceano del significato.

Ed è nel superamento di queste colonne d’Ercole che uno comincia a sentirsi uomo: quando supera questo limite estremo posto dalla falsa saggezza, da quella sicurezza oppressiva, e si inoltra nell’enigma del significato.

Questa è la statura dell’uomo nella rivelazione ebraico-cristiana.


RIVELAZIONE in:


La vita, l’uomo è lotta, cioè tensione, rapporto – nel buio – con l’aldilà; una lotta senza vedere il volto dell’altro.

Chi giunge a percepire questo di sé è un uomo segnato che se ne va tra gli altri, zoppo, vale a dire segnato; non è più come gli altri uomini, è segnato.

2. Una posizione vertiginosa (188)

L’uomo, la vita razionale dell’uomo, dovrebbe essere sospesa all’istante, sospesa ad ogni istante a questo segno apparente così volubile, così casuale che sono le CIRCOSTANZE attraverso le quali l’ignoto signore mi trascina, mi provoca al suo disegno.

E dir di «sì» ad ogni istante, senza vedere niente, semplicemente aderendo alla pressione delle occasioni.


CIRCOSTANZA in:


3. L’impazienza della ragione (189)

La Bibbia rivela che un «eccessivo attaccamento a sé» spinge la ragione, nel suo desiderio appassionato, a dire : «Ecco ho capito, il mistero è questo».

La ragione non tollera, impaziente, di aderire all’unico segno attraverso cui seguire l’Ignoto, segno così ottuso, così cupo, così non trasparente, così apparentemente casuale, come è il susseguirsi delle circostanze: è come sentirsi in balia di un fiume che ti trascina in qua e in là.

E la vertigine sta in questa prematurità o impazienza con cui dice: «Ho capito, il significato della vita È questo».

4. Un punto di vista alterante (190)

Ogni volta che questo «è» identificherà un contenuto di definizione, inevitabilmente partirà da un certo punto di vista.

Non potrà che pretendere la totalità per un particolare.

Un particolare del tutto viene pompato a definire la totalità.

Allora questo punto di vista cercherà di far stare dentro la sua prospettiva ogni aspetto della realtà.

Si tratterà di una scelta alterante il volto vero di tutta la vita, perché tutto quanto sarà dilatato o diminuito, esaltato o dimenticato, osannato o emarginato, secondo il coinvolgimento con il punto di vista scelto, con il fattore scelto.

Degrada perciò la ricerca del suo oggetto (significato) con qualcosa di comprensibile a sé, e quindi all’interno della sua esperienza, perché l’esperienza è l’orizzonte del suo comprensibile.

Pretendere di definire il significato di tutto, in fondo che cosa vuol dire?

pretendere di essere Dio.

5. Gli idoli (192)

È la suggestione del peccato originale.

Non è vero che c’è qualcosa che tu non puoi misurare; ma se tu ti decidi di farlo, se tu parti per questa avventura,

«conoscerai il bene e il male e sarai Dio». 

L’uomo misura di tutte le cose: la prima pagina della Bibbia è realmente la spiegazione più chiara.

La Bibbia chiama con un determinato nome il particolare con cui la ragione identifica il significato totale del vivere e dell’esistere delle cose.

Questo particolare nel quale la ragione identifica la spiegazione di tutto, la Bibbia lo chiama IDOLO.

Qualcosa che sembra Dio, ha la maschera di Dio, ma non lo è.

Quanto più si tenta di spiegare tutto con l’idolo, tanto più si capisce che esso non è sufficiente:

gli idoli non mantengono le loro promesse e le loro pretese totalizzanti.

Nella misura in cui gli idoli sono esaltati l'umano viene meno.

È l'abolizione della persona, della responsabilità dell'umano.


IDOLO in:


6. Una conseguenza (193)

Hitler ha un solo idolo, su cui intende costruire la vita del mondo per una migliore umanità.

Ma questa sua costruzione si trova ad un certo punto a scontrarsi con il dinamismo del progetto di Lenin o Stalin, e allora?

Se si tratta di ideologie entrambe totalizzanti non possono non generare uno scontro totale.

Così si spiega per la Bibbia:

l’origine della violenza, come sistema dei rapporti, cioè della guerra, è l’idolo.

7. Dinamiche dell’identificazione dell’idolo (194)

C’è un’altra osservazione da fare.

L’uomo realizzerà l’identificazione del Dio con l’idolo, scegliendo qualcosa, come abbiamo già visto, che capisce lui:

perché è qui il peccato originale, la pretesa di identificare il significato totale con qualcosa che l’uomo comprende.

In questa dinamica di identificazione dell’idolo, l’uomo sceglierà ciò che stima di più.

O meglio ancora ciò che gli fa più impressione.

Per i nazisti Hitler era Dio.

L’uomo non può evitare questa alternativa:

è schiavo degli uomini, o è soggetto dipendente da Dio.


PECCATO ORIGINALE in:


Conclusione (195)

La realtà è segno e desta il senso religioso.

Ma è un suggerimento male interpretato: esistenzialmente l’uomo è spinto a interpretarlo male: male, cioè prematuramente, impazientemente.

L’intuizione del rapporto col mistero si corrompe in presunzione.

«A meno che non si possa fare con agio e minore pericolo il passaggio con qualche più solido trasporto, con l’aiuto cioè della parola rivelata di un dio»

Platone Fedone XXXV

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autore – felino.tassi@gmail.com