Riassunto letterale de “Il Senso Religioso”


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15° cap. L’IPOTESI DELLA RIVELAZIONE: CONDIZIONE DELLA SUA ACCETTABILITA’


È in forza della sua natura, per non sopprimersi come natura, che la nostra ragione, la nostra umanità intuisce la risposta implicata nel proprio dinamismo; risposta che esiste per ciò stesso che questa esigenza esiste.

L’esistenza di una incognita suprema da cui tutto dipende nella storia e nel mondo, è il vertice e la vertigine della ragione.

Ignoto inarrivabile, ineffabile, il quale, come palesa la sua volontà, come comunica all’uomo il piano intelligente che assicura il significato di tutto?

La comunicazione avviene attraverso la casualità apparente delle circostanze, i condizionamenti banali da cui ogni istante dell’uomo è determinato.

Che paradosso! Per seguire l’assoluta luce del significato occorrerebbe un’obbedienza istante per istante, come di chi navighi nella nebbia assoluta.

Occorre un grande coraggio!

E così la storia è come un grande film di tutto questo decadere umano pur dentro la spinta ideale che lo provoca.

L’uomo ricade dentro i termini della propria esperienza, dentro l’orizzonte della propria esistenza. […] ed è spinto a identificare l’assoluto con l’aspetto più rassicurante della sua esperienza.

Il dio diventa idolo.

Insomma, è inevitabile storicamente che l’uomo a un certo punto identifichi con una propria immagine l’assoluto.

Tutta la storia del pensiero umano è come una grande documentazione di questa caduta realizzata, in modo implicito o esplicito, teorizzato o praticato, stabilito in una teoria o vissuto in un momento, in un’ora particolare. .

(Nel Fedone di Platone) all’estremo dell’esperienza della vita, all’estremo della coscienza sofferta ed appassionata dell’esistenza, si sprigiona, malgrado l’uomo stesso, questo grido dell’umanità più vera, come una implorazione, una mendicanza; si sprigiona la grande ipotesi che si possa: «… fare la traversata su qualche più solido naviglio, con l’aiuto cioè di una rivelata parola di Dio».

In termini propri si chiama rivelazione.

Ma in senso proprio «rivelazione» non è più il termine di una interpretazione che l’uomo fa sulla realtà, sulla natura dell’uomo alla ricerca del suo significato: invece si tratta di un possibile fatto reale, un eventuale avvenimento storico.

Un fatto che un uomo può riconoscere o non riconoscere.

Questa è l‘ipotesi eccezionale, questa è la rivelazione in senso stretto:

lo svelarsi del mistero attraverso un fatto della storia col quale, nel caso del cristianesimo, si identifica.

Primo. Una simile ipotesi prima di tutto è possibile. Negare la possibilità di questa ipotesi è l’ultima forma di idolatria, l’estremo tentativo che la ragione compie per imporre a Dio una propria immagine di Lui.

Secondo. Questa ipotesi è estremamente conveniente.

Conveniente è una ipotesi che si incontra col desiderio dell’uomo, adatta al cuore e alla natura dell’uomo.

Sommamente con-veniente è una risposta alla attesa normalmente inconscia.

Terzo. Ci sono due condizioni che questa ipotesi deve accettare; senza di esse non sarebbe un’ipotesi accettabile:

a) Se deve essere veramente una rivelazione, come parola in più di quello che il mondo già dice al nostro cuore indegno e alla nostra intelligenza indagatrice, deve essere una parola comprensibile all’uomo.

b ) Ma Dio tradotto in termini comprensibili, non sarebbe idolatria? Nonostante che sia tradotto in termini umani, il risultato della rivelazione deve essere l’approfondimento del mistero come mistero.

Per cui lo si riconosce e lo si conosce sempre più come mistero.

Rimane il mistero, rimane più profondo: Dio è padre, ma è padre come nessun altro è padre.

Il termine rivelato porta il mistero più dentro di te, più vicino alla tua carne e alle tue ossa, e lo senti veramente familiare come per un figlio.

Ma l’ipotesi della Rivelazione non può essere distrutta da alcun preconcetto o da alcuna opzione.

Occorre che per la riuscita della vita che questa apertura rimanga determinante.

Il destino del «senso religioso» è totalmente legato ad essa.

Questo è il confine dell’umana dignità.:

anche se la salvezza non viene, voglio però esserne degno in ogni momento (Kafka).


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