Link ai capitoli
1° – 2° – 3° – 4° – 5° – 6° – 7° – 8° – 9° – 10° – 11° – 12° – 13° – 14° – 15°

3° cap. INCIDENZA DELLA MORALITA’ NELLA DINAMICA DEL CONOSCERE (31)
Links ai singoli paragrafi
- La ragione inscindibile dall’unità dell’io
- La ragione legata al sentimento
- L’ipotesi di una ragione senza interferenze
- Una questione esistenziale e una questione di metodo
- Un altro punto di vista
- La moralità del conoscere
- Preconcetto
1. La ragione inscindibile dall’unita’ dell’io (31)
Una ragazzina è molto brava in matematica. C’è un compito in classe.
Ha un forte mal di stomaco; quella mattina non riesce a svolgere bene il compito in classe: è diventata ignorante all’improvviso? No, ha solo mal di stomaco.
Possiamo affermare che c’è una unità profonda,
c’è una relazione organica fra lo strumento della ragione e il resto della persona.
La ragione è immanente a tutta l’unità del nostro io, è organicamente relata, per questo in presenza di un dolore fisico non si utilizza bene la ragione, o in presenza di rabbia o delusione per l’incomprensione altrui.
Si può affermare quindi che:
la ragione non è un meccanismo disarcionabile dal resto di questo cavallo che è l'uomo in corsa per la sua strada; essa è profondamente e organicamente relazionata al resto dell’io.
RAGIONE in:
- All’origine della pretesa cristiana
- Perché la Chiesa
- Si può vivere così
- Si può (veramente?!) vivere così?
- Il rischio educativo
2. La ragione legata al sentimento (32)
Qualunque cosa intervenga nell’orizzonte di conoscenza della persona produce una inevitabile, irresistibile reazione proprio nella misura della vivacità umana di quella persona.
La parola che indica questo stato d’animo, questa reazione, questa emozione, questo essere toccati dalla cosa che accade, si chiama sentimento.
Chiameremo «valore» l’oggetto della conoscenza in quanto interessa la vita della ragione.
Il valore è la realtà conosciuta proprio in quanto interessa, in quanto vale la pena.
Il sentimento quindi è l’inevitabile stato d’animo conseguente la conoscenza di qualcosa che attraversa o penetra l’orizzonte della nostra esperienza.
Ma, se come è stato detto, la ragione non è un meccanismo disarticolato dal resto del nostro io, la ragione è legata al sentimento, ne è condizionata.
La ragione per conoscere l’oggetto deve fare i conti con il sentimento, con lo stato d’animo.
E’ filtrata dallo stato d’animo, è comunque implicata nello stato d’animo.
SENTIMENTO in:
3. L’ipotesi di una ragione senza interferenze (34)
La ragione è pensata come capacità di conoscenza che si sviluppa nei confronti dell’oggetto senza che niente debba interferire: se dunque ci deve essere una interferenza, come è quella dello stato d’animo e del sentimento, allora comincia a emergere l’interrogativo se possa essere una conoscenza oggettiva.
Quanto più una cosa interessa l’individuo, quanto più , cioè, è valore, quanto più è vitale, tanto più potentemente genera uno stato d’animo, una reazione di simpatia o antipatia, tanto più genera «sentimento», e tanto più la ragione è condizionata da questo sentimento per la conoscenza di quel valore.
Allora la cultura razionalistica può dire: è chiaro che con quel tipo di oggetti la certezza obiettiva non si può raggiungere perché gioca troppo il fattore sentimento.
R > S < V
L’oggetto della conoscenza in quanto interessa (V) suscita una stato sentimentale (S); e questo condiziona la capacità conoscitiva (R).
La serietà dell’uso della ragione esigerebbe la eliminazione della “S” o della riduzione al minimo di questo fattore.
Solo una eliminazione o, se vogliamo, una riduzione al minimo del fattore “S” la conoscenza sarebbe veramente conoscenza oggettiva, conoscenza vera dell’oggetto.
Questa precauzione è operabile soltanto nel campo scientifico e matematico.
(Il razionalista) concluderebbe che in un altro tipo di conoscenza, nel problema affettivo, politico, del destino, non si potrà mai raggiungere una conoscenza vera dell’oggetto.
4. Una questione esistenziale e una questione di metodo (36)
Ma ci sono due osservazioni da fare:
- Esistenzialmente questa posizione, se spremuta nella sua logica, dovrebbe dare il seguente risultato: quanto più la natura mi fa interessare ad una cosa, e quanto più mi dà curiosità, esigenza e passione per conoscerla, tanto più mi impedisce di conoscerla.
- E’ un errore formulare un principio esplicativo che per risolver la questione debba avere la necessità di eliminare un fattore in gioco. Vuol dire che è un principio non adatto. NON E’ RAGIONEVOLE un simile gesto.
5. Un altro punto di vista (37)
Il sentimento va immaginato come una lente:
l’oggetto da questa lente viene convogliato più vicino all’energia conoscitiva dell’uomo: la ragione lo può conoscere più facilmente, più sicuramente (quanto più sono appassionato tanto più sono “attaccato” all’oggetto da conoscere).
Allora la “S” è una CONDIZIONE importante per la conoscenza.
Il sentimento è un fattore essenziale alla visione.
Una simile spiegazione valorizza tutti e tre i fattori in gioco ed è quindi tranquillamente razionale, a differenza della prima.
Il problema cioè non è che il sentimento venga eliminato, ma che
il sentimento sia al suo posto giusto.
Inoltre, giudicare la proposta di un significato per la vita dell’uomo con assoluta indifferenza: è trattare il problema come si tratta un sasso.
E, normalmente, non ci si capisce più niente.
Tale problema non è un problema scientifico, ma è un problema di atteggiamento, è cioè un problema «morale».
Non è un problema di acume, di intelligenza.
Insomma, se una determinata cosa non mi interessa, non la guardo: se non la guardo non la posso conoscere.
Per farne conoscenza ho bisogno di porre attenzione ad essa.
Attenzione vuol dire «essere tesi a…»
Se mi interessa mi colpisce, sarò teso nei suoi confronti.
(Spesso si ha una opinione o un giudizio senza aver conosciuto, capito o prestato attenzione) È il delitto che la maggioranza degli uomini compie di fronte al problema del destino, della fede, della religione, della Chiesa, del cristianesimo.
Quanto più un valore è vitale ed elementare nella sua importanza – destino, affezione, convivenza – tanto più la natura dà a chiunque l’intelligenza per conoscere e giudicare.
Il centro del problema è realmente una posizione giusta del cuore, un atteggiamento esatto, un sentimento al suo posto, una moralità.
6. La moralità nella dinamica del conoscere (41)
Anche la moralità ha una dinamica diversificata.
Ora di quale applicazione della moralità trattiamo?
Qui si tratta di un atteggiamento adeguato e giusto nella dinamica della conoscenza di un oggetto.
Per prendere in considerazione un oggetto debbo vivere un interesse per esso. Che cosa vuol dire un interesse per l’oggetto?
Un desiderio di conoscere ciò che l’oggetto veramente è.
Noi siamo proclivi a rimanere legati alle opinioni che abbiamo già sui significati delle cose e a pretendere di documentare il nostro attaccamento.
Nella applicazione al campo della conoscenza questa è la regola morale:
l’amore alla verità dell’oggetto più di quanto si sia attaccati alle opinioni che già ci siamo fatti su di esso:
Amare la verità più di noi stessi.
Quanto più il problema è vitale, quanto più è per sua natura proposta alla vita, tanto più il problema non è di intelligenza ma di moralità, cioè di amore alla verità più che a sé stessi.
7. Preconcetto (43)
Nella misura in cui un uomo è fertile, potente, posto di fronte ai problemi, ha subito la reazione e si fa subito una immagine delle cose.
Il vero problema quindi NON È NON avere preconcetti.
Si tratta invece di quel processo grande e semplicissimo che si chiama distacco da sé di cui parla il Vangelo.
DISTACCO in:
POVERTA’ in:
Si tratta di un atteggiamento in cui la libertà riflette su sé stessa, e si domina così da utilizzare la sua energia in modo consono allo scopo, occorre un processo, un lavoro.
LIBERTA‘ in:
- All’origine della pretesa cristiana
- Perché la Chiesa
- Si può vivere così?
- Si può (veramente?!) vivere così?
- Il rischio educativo
Per amare la verità più di sé stessi, per amare al verità più dell’immagine che ci siamo fatti su di esso, per questa povertà di spirito, occorre un processo, un lavoro..
Anche qui il processo si chiama ascesi.
L’amore che ci può persuadere a questo lavoro per arrivare a una capacità abituale di distacco dalle proprie opinioni e dalle proprie immaginazioni, così da porre tutta la nostra energia conoscitiva nella ricerca della verità dell’oggetto, qualunque esso sia,
è l’amore a noi stessi come destino, è l’affezione al nostro destino
È questa commozione ultima, è questa emozione suprema che persuade alla virtù vera.
INDICE LINKATO DEI CAPITOLI Senso Religioso
Segue capitolo 4 del libro ” Il Senso Religioso”: « Il senso religioso: il punto di partenza»
autore – felino.tassi@gmail.com
