Riassunto di “All’origine della pretesa cristiana”




erpice in campo di grano innevato - 1890
campo di grano con erpice – 1890 – INGRANDISCI

2° cap. L’ESIGENZA DELLA RIVELAZIONE


  1. Qualche esempio
  2. Di fronte a una inimmaginabile pretesa

Unico aiuto adeguato alla riconosciuta impotenza esistenziale dell’uomo non può essere che il divino stesso, quella divinità nascosta, il mistero, che in qualche modo si coinvolga con la fatica dell’uomo illuminandolo e sostenendolo nel suo camminare.

Ciò non può essere che ipotesi perfettamente ragionevole, corrispondente cioè all’impeto e coerente alla apertura dell’umana natura, pienamente inscritta dentro la grande categoria della possibilità.

Se la ragione pretendesse di imporre una misura al divino, […] sarebbe l’ultima estrema forma di idolatria, l’estremo tentativo della ragione per imporre a Dio una propria immagine di Lui.


CATEGORIA DELLA POSSIBILITA’ in:


Prima di ogni altra cosa sarebbe un gesto di estrema irresponsabilità.

Da Platone a Leopardi si può leggere il grido della ragione che si lancia verso questa ipotesi, che in varia misura emerge, tanto essa è razionale, tanto è secondo la nostra natura.


1 – Qualche esempio (24)

Di fatto l’esigenza di una rivelazione sottende l’attesa di una risposta adeguata da parte di quel senso della vita che non può essere braccato dall’uomo, né come conoscenza teorica, né come competitività di forze.


Prima osservazione

È d’ordine cognitivo.

L’uomo ha sempre espresso nella sua storia la convinzione di potere essere illuminato sul “tutt’altro” da sé, sull’Ignoto, in quanto esso vuole proprio manifestarsi nella realtà.

Per l’uomo, perciò, si sono moltiplicati i luoghi ideali, i luoghi «sacri» di queste manifestazioni.

Così il simbolo e il mito sono vissuti nella storia dell’uomo come i grandi strumenti per eccellenza conoscitivi e rivelativi del mistero.

Il simbolismo religioso, colto nell’esistenza e nella vita dell’homo religiosus, ha una funzione di rivelazione.

I simboli religiosi che toccano le strutture della vita rivelano una vita che trascende la dimensione naturale e umana.


La seconda osservazione.

Già implicita nella prima, riguarda il fatto che l’uomo ha sempre riconosciuto, oltre che la necessità di un tramite di realtà cosmiche e naturali per il suo contatto con il divino, anche il costante bisogno del tramite di altri uomini.


La terza osservazione

Significativa della profondità quasi sconvolgente del desiderio umano di rivelazione è, nel contesto delle religioni dell’antica Grecia, così lontana da una speranza di rapporto con il destino, l’esperienza dionisiaca. (Dioniso il dio che si incarna continuamente in forme diverse).


Quarta osservazione

Ciò che accumuna gli iniziatori di religioni è la certezza di essere portatori di una essenziale rivelazione del dio.


Quinta osservazione

Da ultimo la certezza rivelativa della fede di Israele, la più famigliare all’occidente cristiano.

Il "credo" di Israele sceglie invece il tempo e la storia

come l’ambito privilegiato entro cui Dio si rivela.

Questa concezione di un Dio che si rivela nella storia implica l’intuizione della possibile continuità di relazione tra l’uomo e Dio, che l’«avvenimento» concretizza come spunto, stimolo, insegnamento.

La fede di Israele è stata sempre un rapporto con un avvenimento, con un’autoattestazione divina della storia.

In sintesi,

ma questa relazione è anteriore e preparatoria alla rivelazione propriamente detta:

essa appare condizione dell’incontro perfetto.


AVVENIMENTO in:


2 – Di fronte ad una inimmaginabile pretesa (31)

Nella libertà e pluriformità dei tentativi e dei messaggi e dei messaggi, se c’è un delitto che una religione può compiere è quello di dire

io sono LA  religione, l’unica strada”.

E’ esattamente ciò che pretende il cristianesimo.