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9° Cap. DI FRONTE ALLA PRETESA (127)
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- Il mistero dell’Incarnazione
- Una realtà storica straordinaria
- I termini di questa nuova realtà
- L’istintiva resistenza
- Per concludere
1 – Il mistero dell’Incarnazione
Tutta quanta la vita pubblica di Gesù ci ha dimostrato una profonda capacità di dominio della natura: essa gli obbediva, come un servo obbedisce al padrone.
Il potere di Gesù non era sporadico.
Inoltre questa attività miracolosa Egli compiva con tranquillità sovrana, senza bisogno di nulla: guariva a distanza, comandava alla realtà impersonale della natura.
Il suo potere insomma si rivelava come cosa normalissima in Lui per cui ogni uomo onesto non poteva che sentire l’impressione provata da un fariseo diverso, per lealtà dagli altri, Nicodemo.
I suoi avversari non accettavano la posizione di Nicodemo e si impedivano così di vedere semplicemente i fatti.
La faziosità, infatti, è là dove un’idea diventa una posizione, anziché una obbedienza alla realtà.
E così tentarono di spiegare le sue opere in modo diverso: ma non potevano non negarne l’eccezionalità.
Lo chiamarono indemoniato, esaltato, blasfemo.
ECCEZIONALITA’ in:
2 – Una realtà storica straordinaria (128)
1) – In quanto opera divina L’Incarnazione è un mistero.
Compito della nostra coscienza è capire i termini di esso cosa che invece è possibile.
In secondo luogo, è compito della nostra coscienza verificare quanto questo avvenimento non sia contradditorio con le leggi della nostra ragione.
E, infine, trarre da esso luce per una migliore comprensione dell’esistenza umana.
2) – Prendere sul serio la pretesa di Cristo è profondamente razionale, poiché essa si è posta come fatto nella storia, e come fatto generatore di un “nuovo essere”.
Sostenere a priori l’impossibilità di questo fatto, è irrazionale in quanto così si abolisce la categoria della possibilità, che è propria della ragione, di una ragione autentica.
3) – Il fatto dell’Incarnazione è infine una trascendente risposta a una esigenza umana che il grande genio ha sempre saputo intuire.
Il canto di Leopardi Alla sua donna possiamo sentirlo come una profezia inconsapevole di Cristo 1800 anni dopo di lui.
Qualcun Altro è diventato la nostra misura.
Non esiste nulla di più umanamente desiderabile dalla nostra natura:
la vita della nostra natura è amore, l'affermazione di un altro come significato di sé
AVVENIMENTO in:
3 – I termini di questa nuova realtà (132)
1) – Che Gesù sia uomo-Dio non significa che Dio si sia «trasformato in un uomo» ma significa che la Persona divina del Verbo possiede, insieme alla natura divina, anche la natura umana concreta dell’uomo Gesù.
2)– Il mistero dell’Incarnazione stabilisce il metodo che Dio ha creduto opportuno scegliere per aiutare l’uomo ad andare da Lui. Questo metodo si può riassumere così:
Dio salva l'uomo attraverso l'uomo.
Questo metodo risponde magnificamente
- alla natura dell’uomo, che è carica di esigenza di sensibilità;
- alla dignità della libertà umana, in quanto Dio la assume come collaboratrice della sua opera.
3) – Discende da ciò come si debba agire per riconoscere l’intervento di Dio nella nostra vita: attraverso la ricerca, aderire innanzitutto alla nostra natura e tener presente che
l’esito di una nostra ricerca può esigere un cambiamento radicale, una rottura del limite stesso della nostra natura.
4 -Se Gesù è venuto, è, permane nel tempo con la sua pretesa unica, irripetibile, e trasforma il tempo e lo spazio, tutto il tempo e tutto lo spazio.
Se Gesù è quello che ha detto di essere, nessun tempo e nessun luogo possono avere altro centro.
4 – L’istintiva resistenza (133)
1 – L’uomo di tutti i tempi resiste alla conseguenza del mistero che si fa carne: se questo Avvenimento è vero, tutta la vita, anche sensibile, anche sociale, deve ruotare attorno ad esso.
Ed è proprio questa percezione da parte dell’uomo d’essere scalzato come misura di sé che pone l’uomo in termini di RIFIUTO.
2 – Così dopo lo stupore di fronte all’innegabilità e alla eccezionalità delle opere di Cristo, la resistenza al contenuto supremo del suo messaggio si è subito verificata intorno a Lui.
Dagli scribi e farisei di allora a quelli di tutti i tempi – seguiti dalle loro folle – gli spunti per accusare l’incredibilità della pretesa di Cristo saranno sempre gli stessi: l’intollerabilità del paradosso della Sua umanità.
Queste obiezioni sono l’espressione del tentativo ultimo che la ragione compie per imporre a Dio un’immagine ideale di Lui.
3 – Il fatto dell’Incarnazione costituisce uno spartiacque, sia nel campo della storia delle religioni sia nella comprensione stessa dell’esperienza cristiana, come è storicamente rilevabile dalle numerose eresie che sono state l’occasione dell’appassionato dibattito su Cristo nei primi secoli.
5 – Per concludere (136)
Contro il fatto dell’Incarnazione si scatena lungo i secoli un “dogma” tenace che, pretendendo di fissare i limiti dell’azione di Dio, ne dichiara l’impossibilità a farsi uomo.
Da ciò discende il dogma di una cultura illuministica, che ha agito, purtroppo, così radicalmente per riverbero anche sulla cosiddetta “intellighenzia” cattolica: quello della divisione tra fede e realtà mondana con i suoi problemi.
Questo atteggiamento costituisce esattamente lo specchio dell’infantile proibizione che l’uomo dà a Dio di intervenire nella vita dell’uomo stesso.
E’ l’ultima latitudine cui si può spingere la pretesa idolatrica, la pretesa cioè di attribuire a Dio ciò che alla ragione aggrada o ciò che la ragione decide.
Il cristianesimo è un avvenimento che è stato annunciato nei secoli e ci raggiunge ancora oggi.
Il vero problema è che l’uomo lo riconosca con amore.
Il cristiano ha da compiere la funzione non solo più grande, ma anche la più tremenda della storia.
E’ funzione tremenda perché destinata a provocare irragionevoli reazioni.
Mentre è supremamente ragionevole affrontare e verificare l’ipotesi alle condizioni che essa pone, e più precisamente come un fatto accaduto nella storia e che in essa permane.
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