[Parte quarta]
La verifica della presenza del divino nella vita della Chiesa
1° Cap. Il luogo della verifica: l’esperienza umana (265)
- Ciò che la chiesa reclama come fattore giudicante.
- Un criterio di giudizio utilizzato al culmine della sua espressione
- La disponibilità del cuore
Come può un simile FATTO essere attingibile duemila anni dopo in modo adeguato a fondare una decisione per sua natura così seria?
La Chiesa è veramente il prolungarsi di Cristo nel tempo e nello spazio?
È il luogo e il segno della Sua presenza?
1 – Ciò che la Chiesa reclama come fattore giudicante (266)
La proposta della Chiesa vuole entrare nel dramma dell’universale confronto in cui l’uomo è proiettato quando paragona qualunque elemento del reale con quella esperienza elementare che costituisce il suo cuore .
La sfida della Chiesa si può riassumere in questo modo:
essa scommette sull’uomo, ipotizzando che il messaggio di cui essa è strumento, vagliato dall’esperienza elementare, rivelerà la presenza prodigiosa.
Ecco perché l’uomo completo, dotato di senso critico e capace di un giudizio globale, sarà colui che si è “allenato” a confrontare tutto con quel fascio di esigenze profonde che costituiscono il nucleo, non censurato da interventi esterni, del suo «io» vero.
È dunque con questo supremo senso critico, continuamente da conquistare, che la Chiesa si vuole misurare, mettendo se stessa alla mercé dell’autentica esperienza umana.
Essa abbandona il suo messaggio all’attuazione dei criteri originali del nostro cuore.
ESIGENZE / ESPERIENZA ELEMENTARE in:
- Il senso religioso
- Si può vivere così?
- Si può (veramente?!) vivere così?
2 – Un criterio di giudizio utilizzato al culmine della sua espressione (268)
La Chiesa ripete con Gesù che può essere riconosciuta credibile in nome di una corrispondenza alle esigenze elementari dell’uomo nella loro più autentica fioritura.
E quanto Gesù intendeva con l’espressione, già citata, con cui promette ai suoi discepoli il «centuplo» su questa terra.
Essendo la libertà una forza di adesione all’oggetto cui si aspira, l’uomo fatto per la felicità muove il suo libero dinamismo alla ricerca del «fascino più grande», diceva sant’Agostino, vale a dire di una sempre maggiore pienezza di vita, un sempre più totale possesso dell’essere.
Ora il messaggio della Chiesa nella storia dell’umanità proclama di avere come unico interesse
il portare a compimento l’anelito supremo dell’uomo.
Senza chiedergli di dimenticare alcuno dei suoi desideri autentici, delle sue esigenze prime, promettendogli anzi un risultato molto superiore alle sue stesse capacità di immaginazione: il centuplo.
CENTUPLO in:
3. La disponibilità del cuore (269)
La Chiesa è vita e deve offrire la vita, e accogliere l’esperienza degli uomini nel seno della sua pretesa.
Anche l’uomo però non può accingersi a una verifica di questa portata senza un impegno che coinvolga la vita.
Anch’egli non potrà portare a termine il cammino che lo assicuri della attendibilità di ciò che la Chiesa proclama, senza essere disponibile a un impegno.
I passi e i volti di tale cammino non sono prevedibili.
Ciò che occorre per iniziare questo cammino è, almeno, quel tipo di disponibilità all’impegno che la tradizione cristiana chiama «povertà di spirito».
Il centro di questo atteggiamento di attenzione, di povertà di spirito, è l’occhio teso a ciò che costituisce il tesoro dell’uomo.
Al cammino di verifica affrontato con l’animo aperto e disponibile è promessa una realizzazione esistenziale che la Chiesa dichiara di saper ottenere in paragone o sfida con qualunque altra proposta.
Ma il «cento volte tanto» è solo l’alba della totalità.
Ma questo centuplo è l’indicazione che il tutto si sta avvicinando, è un segno che rende manifesta la totalità.
Senza passare da quest'esperienza, l'uomo non sarà mai convinto.
POVERTA’ DI SPIRITO in:

