
3° Cap. IL DIVINO NELLA CHIESA (215)
- Il divino nella Chiesa
Il fattore umano ha nella Chiesa valore di un metodo con cui viene veicolato qualcosa di più grande.
L’umano è, infatti, la modalità con cui Dio si comunica, perciò il contenuto di quanto attraverso quel fattore ci giunge è più che umano, è divino.
Tale certezza è stata da sempre vissuta dalla Chiesa, in intima connessione alla consapevolezza di essere realtà viva, prolungamento di Gesù Cristo.
La Chiesa, definendosi portatrice di una realtà divina in un veicolo umano, afferma di recare un valore assoluto in uno strumento di per sé fallibile, imperfetto.
1 – Il comunicarsi della verità: comunità, tradizione, magistero (217)
L’uomo non raggiunge la conoscenza di qualcosa se non ne comprende il significato (Link al "Senso Religioso“), se non coglie cioè la capacità di rapporto con il resto.
La condizione per conoscere qualunque realtà è di avere chiarezza e certezza sul significato dell’esistenza stessa.
Questa è la verità: una definizione dei significati ultimi della nostra esistenza, di quel nostro vivere così semplice e così complesso.
Questo è il primo livello attraverso cui il divino nella Chiesa si comunica: come comunicazione di verità.
SIGNIFICATO in:
Dio tramite la Chiesa, aiuta l’uomo a raggiungere una obiettiva chiarezza e sicurezza nel percepire i significati ultimi della propria esistenza.
La Chiesa […] si propone come capace di rendere chiaro e quotidiano ciò che la mente umana al suo vertice raggiunge solo con molto lavoro, molto tempo e non senza errori.
La comunicazione del divino come comunicazione di verità non risponde ad una istanza astrattamente filosofica, ma ha a che fare con il modo di concepire e di sentire la propria vita, il proprio nesso con la realtà.
Ciò significa, per esempio, che il «Dio uno e trino» non è una formulazione astratta, ma qualcosa che è pertinente alla radice dell’esistenza di ogni uomo, che ne spiega e chiarisce il senso ultimo.
«[…] Dio ha voluto che l’uomo sia completo solo in un dialogo in cui due esseri si abbandonano l’uno all’altro. Nell’unione dell’amore – “due in una sola carne” – la persona è finalmente se stessa, nella libertà. È così perché Dio è Trinità: le relazioni sussistenti che fanno, che sono la vita stessa di Dio, mostrano che libertà e dono di sé sono sinonimi. C’è una famiglia divina, una paternità celeste di cui tutte le paternità terrene sono un’immagine e una partecipazione».
Ch. Möller – Letteratura moderna e cristianesimo
Quanto si è detto per l’amore potrebbe valere per un altro anelito supremo dell’uomo, la CONOSCENZA, che tanto più potentemente è un’unità quanto più restano distinti soggetto e oggetto.
Perciò il mistero della Trinità ha una «voce» che si fa sentire come chiarificante all’interno della nostra esperienza, appartiene profondamente al significato ultimo dell’esistenza o meglio è quest’ultimo che a Esso appartiene.
(Altro esempio) Il secondo mistero della fede cristiana – l’Incarnazione, la Passione, la Morte e la Resurrezione di Gesù – costituisce la più esplicativa delle ipotesi per dare unità alla storia umana.
D’improvviso, l’annuncio di un avvenimento – un bambino, un essere umano – che si pone come il senso di tutta la storia: Egli afferma una simpateticità profonda con ogni cosa e fra ogni cosa che l’uomo faccia, Egli afferma che tutto appartiene a Lui.
La verità che la Chiesa insegna sul valore dell’umanità redenta da Cristo […] è che tutto vale per l’eternità, nulla cade nell’oblio, e di tutto siamo chiamati a render conto.
Perché annunciare Cristo risorto, tornato alla destra del Padre, significa testimoniare che l’uomo è posto in compagnia di una tale forza che non c’è da dimenticare il male o la contraddizione:
Egli redime, trasforma, con il libero assenso dell’uomo, ogni cosa.
Per la tradizione autentica della Chiesa, però, tale trasformazione non è rimandata all’aldilà, è un’esperienza che già nel presente inizia.
Così che la vita acquista una sua proporzione interiore e l’eterno già traspare nel tempo presente.
Questo richiama all’idea cristiana di “merito”, cioè di realtà umana proporzionata all’eterno svelato in Cristo.
Come avviene nella Chiesa questa comunicazione?
IDEA di MERITO in:
a) Il magistero ordinario (223).
Il primo modo di quella comunicazione vera che Cristo è venuto a portare nel mondo avviene per la stessa fedeltà alla vita della comunità ecclesiale (per osmosi).
Tradizionalmente questo modo si indica con l’espressione il magistero ordinario.
Il cristiano arriva alle verità divine proposte dalla Chiesa per una via ordinaria che è la vita stessa della comunità.
La condizione è che essa sia veramente ecclesiale, cioè unita al vescovo.
Non studio teologico o esegesi biblica, ma le articolazioni della vita comune della Chiesa legata al magistero ordinario del papa e dei vescovi in comunione con lui.
Se il magistero ordinario è la garanzia del declinarsi della comunità in quanto vive, lo strumento più grande della comunicazione del vero nella vita della Chiesa è la sua stessa continuità.
Si chiama tradizione.
La tradizione è la coscienza della comunità che vive ora, ricca della memoria di tutta la sua vicenda storica.
La comunità cristiana, come Chiesa, è come una persona che crescendo prenda coscienza della verità che Dio le ha messo dentro e intorno.
La memoria è un elemento fondamentale della sua personalità, così come per il singolo uomo.
Ecco perché l’unità del cristiano con la tradizione è una delle grandi controprove della sua autenticità religiosa.
L’importanza della tradizione è decisiva, perché se la tradizione ci viene attraverso la vita della comunità, essendo quest’ultima il progredire di Cristo nella storia, quanto adesso insegna, non può essere in contrasto rispetto a quanto insegnava mille anni fa.
Whitehead, filosofo inglese ebbe a dire che una filosofia o una ideologia storicamente non riesce a mantenersi coerente alla sua origine se non, al massimo, per una generazione.
Ora, la Chiesa con la sua storia ormai millenaria osa affermare di non essersi mai contraddetta e che non si contraddirà mai! Tale sfida è già un miracolo.
COMUNITA’ in:
- Il senso religioso
- All’origine della pretesa cristiana
- Si può vivere così?
- Si può (veramente ?!) vivere così ?
- Il rischio educativo
b) Il magistero straordinario (226).
La seconda modalità con cui le verità della fede vengono comunicate nella Chiesa è offerta da una posizione straordinaria del suo insegnamento, che si identifica in ultima analisi con il Papa quando intenda affermare qualcosa secondo la totalità della sua autorità.
Tale magistero straordinario consiste in un insegnamento eccezionale come formulazione e come precisa risposta a contingenze storiche, e ha come soggetto il papa come autorità.
1 –L’autorità come funzione della vita della comunità (227)
L’autorità suprema del magistero è una esplicitazione della coscienza della comunità intera guidata da Cristo, e quindi funzionale ad essa, non è una sostituzione magica o dispotica.
La verità che viene definita con uno di quei due interventi eccezionali riguarda sempre qualcosa che GIA’ fa parte della vita della Chiesa.
L’autorità la individua difendendola, chiarendo quello che risulta da sempre, almeno implicitamente, vissuto; non è, per sua natura, inventiva a prescindere dalla vita e dalla coscienza dell’umanità.
L’espressione usata dalla Chiesa per indicare queste esplicitazioni è la parola “dogma” la cui origine greca è nel verbo dokéo, credere, ritenere.
Riunisce in sé una duplice funzionalità, come a riguardo dell’alveo di un fiume: la prima è una funzione ideale, indica la direzione del fiume verso la foce, la seconda è una funzione limite, simile a quella della sponda del fiume, così che spetta a essa giudicare quando un’affermazione o un insegnamento va contro, eccede o deborda quelle sponde che assicurano la direzione ideale.
Quando perciò nella Chiesa viene proclamato un dogma non è mai frutto di una repentina convinzione o di una sconsiderata reazione. […] Perché la vita di Cristo nella storia della Chiesa è una vita che cresce.
Per tutto ciò l’autorità della Chiesa quando proclama un dogma, è molto attenta a sondare la coscienza della comunità.
AUTORITA’ in:
2 – Nella Chiesa non tutto è dogma (230).
Non tutto è dogma: anzitutto perché potrebbe non essere necessaria quella solenne esplicitazione, secondariamente perché non tutto può essere già emerso alla coscienza del popolo cristiano così da diventare certa o chiara consapevolezza: altrimenti la storia non avrebbe più senso.
L’esplicitazione dogmatica di una verità, per esempio, può divenire particolarmente utile per la comunità cristiana quando una cultura dominante neghi con metodi gravi e violenti quella verità.
Il dogma della infallibilità del papa.
Va anzitutto ricordato che il riferimento ultimo delle Chiese al Papa è documentato come vissuto già pochi anni dopo la morte di Cristo.
In che cosa consiste dunque questa infallibilità?
È innanzitutto un caratteristica dovuta al fatto che Dio comunica se stesso attraverso la Chiesa.
La Chiesa dunque scelse, in una società dove una concezione razionalistica della vita era diventata mentalità comune, la provocazione di affermare solennemente che l‘uomo non è l’unica misura del reale, bensì che il nesso tra l’uomo e la verità passa non solo attraverso i brevi passi della sua ragione, ma attraverso l’alveo di una autorità che, assistita da Dio, deve guidare l’uomo alla salvezza.
Per capire il fatto cristiano occorre continuamente riferirsi alla vita.
La parola «dogma» non ha affatto quel senso dittatoriale che tanti commentatori le attribuiscono, indica semplicemente il formularsi definitivo di una presa di coscienza della verità di cui la Chiesa è depositaria.
E questo ha analogia con la più comune esperienza della vita.
Il contenuto fondamentale dell’AVVENIMENTO cristiano, ciò che teologicamente si chiama depositum fidei, si comporta nella Chiesa come il contenuto dell’umanità di un bambino.
La Chiesa infatti è una vita.
È la vita di Uno, il mistero della persona di Cristo, che si sviluppa nel tempo dentro l’organicità vivente del suo popolo.
La Chiesa è dunque una VITA che nel tempo prende sempre più coscienza di sé.
AVVENIMENTO in:
3 – La traiettoria dell’autocoscienza della Chiesa (234).
Dunque, ciò che accade nella vita di ognuno di noi, la cui coscienza matura con l’andare del tempo, accade anche nella vita della Chiesa.
È importante perciò tener presente che esiste una traiettoria in questa maturazione.
Come affrontando l’esistenza di una persona si tengono in giusta considerazione la sua storia, le condizioni in cui è cresciuta, i momenti della sua maturazione le contingenze dalle quali potrebbe risultare per la sua personalità un particolare annebbiamento di consapevolezza, così non si deve dimenticare che la Chiesa vive ed opera nel tempo, disegnando una sua traiettoria di autocoscienza, nella quale lo Spirito di Cristo la assiste indefettibilmente perché possa sempre compiere la sua missione e perciò non “definire” mai un errore.
Ciò senza esimerla dalla fatica e dal lavoro di una ricerca evolutiva, proprio per la di lei natura di “corpo”, divino sì, ma anche umano, cioè incarnato nel tempo e nello spazio.
«Dunque, la facoltà di svilupparsi è una prova di vita, non solo nei suoi tentativi di imporsi, ma soprattutto nel suo successo. Infatti, una formula semplice o non riesce a svilupparsi o si distrugge espandendosi. [Soltanto] una idea viva si fa molteplice, pur restando una»
J.H.Newman – Lo sviluppo della dottrina cristiana
2 – Il comunicarsi di una realtà divina (237)
Vivere la Chiesa, cioè la presenza di Cristo, comunica la realtà divina.
a) La grazia soprannaturale, o santificante (238)
Nell’uomo cui Cristo si accosta e che liberamente desidera ed acconsente al rapporto con Lui – e quindi nella Chiesa – si verifica un mutamento nella sua natura d’uomo.
Si tratta di una “esaltazione” ontologica dell’io, vale a dire, di un salto di qualità nella partecipazione all’Essere.
Nella vita della Chiesa l’Essere, Dio, il Verbo fatto uomo, Cristo, comunica all’uomo il dono di una più profonda partecipazione all’origine di tutte le cose, in modo tale che esso resta uomo, diventando qualcosa di più.
Nella Chiesa viene offerta una partecipazione “soprannaturale” all’Essere.
È questo l’elemento più affascinante dell’annuncio cristiano.
Il Vangelo chiama questo comunicarsi profondo della realtà divina “rinascita”.
Troviamo quest’espressione nel capitolo 3 di Giovanni, nell’episodio del colloquio fra Gesù e il notabile giudeo Nicodemo.
Il termine che la tradizione cristiana utilizza per indicare la realizzazione di quel nuovo essere è la “grazia soprannaturale”, o “grazia santificante”.
Essa è indicativa della assoluta gratuità del fenomeno che definisce e ne segna il valore divino, perché solo il comunicarsi del divino è «assolutamente» gratuito.
In questa stessa prospettiva, un altro termine domina il Nuovo Testamento: l’uomo nuovo, la creatura nuova.
Così ci introduciamo alla seconda qualificazione della parola grazia: «santificante».
Grazia santificante conferma che coloro che aderiscono a quella gratuita iniziativa di Dio entrano in un rapporto profondo con l’Essere, tanto che diventano, dice Paolo, membra del corpo di Cristo: «Ora voi siete corpo di Cristo e sue membra, ciascuno per la sua parte» (1 Cor 12,27).
Chi vive il mistero della comunità ecclesiale riceve un cambiamento della sua natura
Come si è dilapidata nella nostra coscienza la forza dell’annuncio chiamo esseri ricreati!
Questo è il cristianesimo nella storia, la Chiesa nella società del suo tempo, una comunità cristiana nel suo ambiente, un uomo cristiano nella sua contingenza quotidiana: l’albore di una umanità diversa, di una comunità umana diversa, cioè nuova, più vera.
CAMBIAMENTO in.
- Il senso religioso
- All’origine della pretesa cristiana
- Si può vivere così?
- Si può (veramente?!) vivere così?
b) Attraverso segni efficaci: sacramenti (242)
Questa nuova realtà si comunica, nell’immanenza della persona alla vita della autentica comunità ecclesiale, attraverso i gesti chiamati «sacramenti».
Il termine «sacramento» nella pratica cristiana indica la dinamica della comunicazione della realtà divina nella persona di Cristo ed evoca una sacro patto di fedeltà.
Il sacramento è il primo aspetto di questo comunicarsi del divino dentro lo sperimentale umano.
In questo senso la Chiesa stessa dice di sé di essere sacramento, luogo in cui la presenza della forza divina, della persona di Cristo che vince il mondo, si vede e si vedrà sempre.
La Chiesa è sacramento di quella presenza
Se dunque la Chiesa – come corpo mistico, misterioso nella sua unità – è il luogo dove Cristo continua indefettibilmente nel tempo, anche i gesti di Cristo avranno nella storia della Chiesa un riverbero nell’agire della comunità.
I sacramenti nel senso stretto della parola prolungano nella storia i gesti redentori di Gesù, quei segni fondamentali con cui Cristo comunicava la salvezza, cioè sé stesso.
Non può stupire dunque che Gesù abbia fatto usare alla sua Chiesa nei gesti sacramentali elementi della materialità della vita, così Egli utilizzò il fango, l’acqua, il vino, i pesci, il pane e persino l’ultimo lembo del suo mantello per manifestarsi in quei prodigi.
I sacramenti ci mettono in contatto con una realtà più profonda di quanto cade sotto la nostra possibilità di osservazione, sono segno comunicativo della realtà divina, segno in cui sta ed opera, la presenza di Cristo.
Il sacramento, perciò, è gesto della Chiesa come tale.
I gesti del mistero di Cristo non sono la formula di una vita devota del singolo, ma sono gesto di Gesù stesso che nella Chiesa si piega sulla umana debolezza
Tali gesti sono inconcepibili al di fuori della comunità della Chiesa.
La vita cristiana non può mai essere concepita come un rapporto individualistico con Cristo; è invece un rapporto profondamente personale con Lui, cioè tutto giocato dentro la coscienza dei rapporti fraterni e dentro la responsabilità verso il mondo.
I sacramenti
- Il Battesimo: attraverso il segno di questa immersione e rigenerazione Cristo afferra nella storia l’uomo che sceglie come suo discepolo.
- L’Eucarestia: è il viatico, cibo del cammino, alimento vero della persona, della sua speranza. Continuamente, in questo gesto, Cristo, donandosi, perfeziona l’uomo in sé stesso. Egli diventa una unità con me. In un segno realmente si comunica alla nostra vita un rapporto ontologico, inimmaginabilmente profondo.
- Confessione: letteralmente è quella parola, quel gesto di perdono di Cristo che si prolunga nella storia.
- Cresima: un segno così solido e così potente, che ricorda l’atleta o il soldato.
- Unzione: l’olio santo destinato ai malati, la cui funzione sociale come persone è sempre riconosciuta fino agli ultimi istanti di vita.
- Matrimonio: ha voluto essere presente nella esigenza umana di completamento dell’io e di continuità della stirpe nella famiglia che procrea ed educa.
- Ordine: il sacramento che conferisce il sacerdozio. Egli è veramente l’Uomo-Dio che non dimentica mai di essere uomo
Il sacramento è dunque l’esperienza del rapporto con Cristo dentro un gesto concreto, fisico.
Ecco perché il catechismo lo chiama segno efficace della grazia.
Resta un uomo inetto, incapace, peccatore, ma vive la sua dimensione di identificazione comunionale.
L’io non è più un “io” avulso da un contesto, ma un “noi”: su ogni azione grava la responsabilità per tutti e, anche sull’azione più recondita, il compito della edificazione della totalità.
Così il sacramento è il divino che si rende sensibile nel segno, con una presenza che sfonda tutti i limiti di quel segno, presenza che agisce in noi in modo ineffabile, che ci conferisce la nostra statura di uomo nuovo.
Ed è un potenza unificante, perché non si dà sacramento se non nell’unità con tutti i cristiani.
SEGNO in:
c) Nella partecipazione libera dell’individuo (249).
Tale trasformazione, però, non avviene meccanicamente, bensì attraverso la libertà dell’uomo.
Vale a dire: si verifica solo se l’uomo vive quel gesto consapevolmente, accogliendo e ospitando il suo significato e lasciandosene investire.
Il sacramento […] ha da essere infatti la domanda che uno […] rivolge a Dio come attraverso una piccola fessura di desiderio di essere liberato.
Il sacramento è realmente il gesto divino di Cristo risorto che batte alla porta della personalità, la urge, a meno che sia l’uomo a non volerla accogliere, allora esso si arresta alla soglia.
Ciò che rende trasformatore il gesto, o l’emozione legata al gesto, è la libertà, che rende piena la partecipazione individuale.
Ogni passo dell’itinerario cristiano implica il cambiamento della volontà dell’uomo.
L’uomo sente il bisogno che una concezione ideale della vita si realizzi in una esperienza concreta.
Così il sacramento obbedisce a questa esigenza maturale del sensibile.
La libertà di Dio e la risposta della libertà dell’uomo sono affermate come essenziali.
L’uomo è composto di esperienza sensibile e di atteggiamenti interiori, e tutti e due questi fattori devono essere presenti perché l’umanità si realizzi appieno in un evento.
Dio, infatti, è diventato uomo corrispondendo così alla esigenza totale della nostra natura.
Proprio perché l’uomo è invitato dal Dio incarnato a partecipare alla sua realtà, per ciò stesso partecipa alla libertà di Dio.
Se Dio è libero, e non può non esserlo, se Dio ha voluto comunicare all’uomo la sua realtà divina, gli comunicherà anche la dimensione della libertà. E lo ha fatto dalle origini.
Proprio perché dipende da Dio, la creatura si afferma e si distingue.
Tutto ciò che nasce dalla genialità e potenza infinita di Dio acquista la sua identità inconfondibile per ciò stesso che partecipa a Dio.
L’annuncio cristiano affermando la presenza costante e articolata nella vita dell’uomo di un Altro che l’ha creato e ricreato, richiede l’adesione libera a quella presenza, e dà una certezza non riposta in alcun sforzo e in alcun automatismo, ma nell’amore dell’Altro.
La salvezza per il cristiano, è accettare liberamente la compagnia di un Dio misericordioso che ha voluto intervenire e restare nella storia.
DIPENDENZA in:
- Il senso religioso
- All’origine della pretesa cristiana
- Si può vivere così?
- Si può (veramente?!) vivere così?
- Il rischio educativo
d) Risposta ad un’obiezione (255).
Se si insiste tanto sulla libertà come fatto necessario affinché il mistero di Cristo agisca, perché viene impartito il battesimo ai bambini?
La libertà della persona è concepita dalla Chiesa profondamente inscritta in un contesto comunitario, in un corpo.
Senza un minimo contesto comunitario educatore, la libertà non potrebbe agire.
È vero che il bambino non ha ancora esplicitata la sua capacità di libertà, tuttavia egli non è estraibile dall’unità in cui nasce e di cui è parte.
La libertà nel bambino è una potenzialità, che deve essere messa in condizione di attuarsi, di svilupparsi.
La comunionalità è essenziale allo sviluppo, alla educazione della persona.
In particolare, nel battesimo, il bambino è concepito dalla Chiesa come appartenente alla comunità cristiana.
Per questo la Chiesa dà il battesimo ai bambini solo nel caso in cui è moralmente prevedibile che quel bambino possa essere educato nella comunità cristiana, perché altrimenti quella libertà non potrebbe avere storia.
Sono le due dimensioni della persona che nel cristiano vengono affermate: la comunionalità e la storia.
La personalità è formata nella comunione e nella storia.
Concludendo, dunque, la libertà, nel sacramento del battesimo dato ai bambini, è salvata, da un lato, dalla libertà della comunità di cui egli è concepito come parte, come membro carico di dignità; dall’altro, dal futuro dello svolgimento della sua vita cosciente.
e) Il sacramento come preghiera (257)
Contrariamente a ciò che molti credono, il sacramento è la forma più semplice di preghiera, più alla portata di tutti.
Perciò uno può compiere quel gesto partendo da un animo carico di risentimento, esasperato, con il cuore freddo e la mente bloccata.
Ciò che conta è il libero “andare a”, portando sé stessi come domanda, che si fa domanda.
Davanti alla Grande Presenza che si comunica all’uomo, questo risponde con la sua libera presenza che chiede la vita nuova.
È questa la forma di preghiera più adeguata all’orientamento della nostra natura di uomini, perciò più semplice nella sua obiettività.
La grande trama attraverso cui si svolge il disegno di Dio coinvolge coloro che il Padre vuole.
Quindi la presenza dell’uomo al gesto sacramentale vissuta come preghiera, come domanda, consacra la propria elezione a essere presenza nella storia del mondo.
Andare ai sacramenti innanzitutto è affermare con la propria presenza mendicante la gloria di Cristo.
Così è segnata la coscienza del cristiano: in tutto è la gloria di Dio, in tutto è Cristo presente all’uomo e l’uomo presente a Cristo.
Fra tutti i gesti, il sacramento è il più gratuito, perché l’unica ragione del gesto sacramentale è l’affermazione della morte e resurrezione di Cristo come senso dell’esistenza e della storia.
La Chiesa ci richiede nel sacramento l’affermazione della completezza del gesto della fede, che l’unità con Cristo implica.
E, nel tempo, la grazia, quella esaltazione ontologica che il battesimo genera, mostra la sua efficacia.
DOMANDA in:
- Il senso religioso
- All’origine della pretesa cristiana
- Si può vivere così?
- Si può (veramente?!) vivere così?
PREGHIERA in:
- Il senso religioso
- All’origine della pretesa cristiana
- Si può vivere così?
- Si può (veramente?!) vivere così?
MENDICANZA in:
