Riassunto del libro «Il Rischio Educativo»di don Luigi Giussani

Indice linkato dei principali capitoli
NB: all’apertura di ogni capitolo si trova l’indice linkato dei titoli e sottotitoli
- PREFAZIONE
- INTRODUZIONE
- a) Proporre adeguatamente il passato
- b) Dentro un vissuto presente
- c) La vera educazione deve essere una educazione alla critica
- IL RISCHIO EDUCATIVO
- Spunti introduttivi
- 1° – Un problema di metodo
- 2° – Dimensione personale e dimensione comunitaria
- 3° – Tempi e contesti nell’attuazione di un metodo
- Spunti introduttivi
- 1° CAPITOLO – DINAMICA E FATTORI DELL’AVVENIMENTO EDUCATIVO
- 1° – Osservazioni preliminari
- 2° – La lealtà con la “tradizione”, sorgente della capacità di certezza
- 3° – L’autorità: esistenzialità di una proposta
- 4° – Verifica personale della ipotesi educativa
- 5° – Il rischio, necessario alla libertà
- 6° – Conclusione
- 2° CAPITOLO – CRISI E DIALOGO
- 1° – Un passaggio critico
- 2° – Apertura dialogica
- 3° – Conclusione
- 3° CAPITOLO – STRUTTURA DELL’ESPERIENZA

PREFAZIONE:
di Nikolaus Lobkovicz: solo alcuni appunti qui e là
- Il cristianesimo è come impallidito
- Il cristianesimo non pare compiere nessuno dei desideri che realmente ci muovono
- Giussani si è opposto al mondo con una riflessione di tutt’altro genere: ”come io divento me stesso?”. Facendomi trascinare dalle mode del tempo e venendone pilotato dall’esterno, oppure affidandomi a una autorità senza però consegnarmi ciecamente ad essa come succede nelle sette, ma verificando e quindi paragonando la propria esperienza con ciò che l’autorità propone e verificando che corrisponda alle esigenze del mio cuore.
- Don Giussani come autorità propone a tutti la libertà di una esistenza cristiana fedele a Gesù e alla sua Chiesa. Non parla di comandamenti ma di cammino.
- Giussani si ripete la vecchia domanda:”per quale fine siamo su questa terra?”.
- Ciò che dice don Giussani non è nuovo, ma nuovo nello stile. Egli ci ha comunicato che il Giudice di questo mondo vuole il nostro bene ed è fratello e amico.
- Giussani ha rifiutato solo ciò con cui e in cui mentiamo a noi stessi: la testardaggine e la pigrizia che ci impedisce di guardare in faccia la realtà e di smettere di essere pilotati dall’esterno.
INTRODUZIONE (pag. 15)
Attraverso i giovani si costruisce una società, perciò il grande problema della società è innanzitutto educare i giovani.
Educazione quindi dell’umano e dell’originale che è in noi, nel nostro cuore, unico per tutti anche se si flette in maniera diversa in ciascuno di noi.
Educare il cuore dell’uomo così come Dio l’ha fatto.
La morale non è nient’altro che continuare l’atteggiamento in cui Dio crea l’uomo di fronte a tutte le cose e nel rapporto con esse, originalmente
A) Proporre adeguatamente il passato
Se niente propone di privilegiare un’ipotesi di lavoro, il giovane se la inventa, in modo cervellotico, oppure diviene scettico, molto più comodamente, perché non fa neanche la fatica di essere coerente all’ipotesi che si è presa.
B) Dentro un vissuto presente
Il passato può essere proposto ai giovani solo se è presentato dentro un vissuto presente che ne sottolinei la corrispondenza con le esigenze ultime del cuore.
MA se il passato non appare, se non è proposto dentro un vissuto presente che cerchi di dare le proprie ragioni, non si può neanche ottenere la terza cosa necessaria all’educazione: la critica.
C) La vera educazione deve essere una educazione alla critica
Deve diventare problema quello che ci hanno detto!
Se non diventa problema, non diventerà mai maturo e lo si abbandonerà irrazionalmente o lo si terrà irrazionalmente.
La critica consiste nel rendersi ragione delle cose, non ha un senso necessariamente negativo.
Il criterio ultimo del giudizio è in noi, altrimenti siamo alienati.
E il criterio ultimo, che è in ciascuno di noi, è identico: è esigenza del vero, di bello, di buono.
La nostra insistenza è sulla educazione critica: il ragazzo riceve dal passato attraverso un vissuto presente in cui si imbatte, che gli propone quel passato e gliene dà le ragioni: ma egli deve prendere questo passato e queste ragioni, mettersele davanti agli occhi, paragonarle con il proprio cuore e dire: «È vero», «Non è vero», «Dubito».
La critica è stata ridotta a negatività, perciò stesso che uno fa un problema di una cosa che gli è stata detta.
L'identità tra problema e dubbio è il disastro della coscienza della gioventù.
Il dubbio è il termine di una indagine, ma il problema è l’invito a capire ciò che ho davanti.
Senza uno di questi fattori: tradizione, vissuto presente che propone e dà ragioni, critica, il giovane è foglia frale lungi dal proprio ramo, vittima del vento dominante, vittima di un a opinione pubblica generale creata dal potere.
IL TRIANGOLO DELL’EDUCAZIONE

Lo scopo dell’educazione è liberare i giovani dalla schiavitù mentale, dalla omologazione che rende schiavi mentalmente dagli altri.
Per la mia formazione in famiglia e in seminario […] mi ero profondamente persuaso che una fede che non potesse essere reperta e trova nell’esperienza presente, confermata da essa, utile a rispondere alle sue esigenze, non sarebbe stata una fede in grado di resistere in un mondo dove tutto, tutto, diceva l’opposto.
Mostrare la pertinenza della fede alle esigenze della vita e dimostrare la razionalità della fede, implica un concetto preciso di razionalità.
Dire che la fede esalta la razionalità, vuol dire che la fede corrisponde alle esigenze fondamentali e originali del cuore di ogni uomo.
Quindi intendiamo per razionalità il fatto di corrispondere alle esigenze fondamentali del cuore umano, quelle esigenze fondamentali con cui un uomo giudica tutto.
Per dare ragione della fede significa descrivere sempre più, sempre più ampiamente, sempre più densamente, gli effetti della presenza di Cristo nella vita della Chiesa nella sua autenticità, quella la cui «sentinella» è il Papa di Roma.
È il cambiamento della vita che, dunque, la fede propone.
La separazione del cielo dalla terra è il delitto che ha reso il senso religioso o, meglio, il sentimento religioso vago, astratto, come una nube che corre nel cielo e presto si svaga, si fiacca e scompare, mentre la terra resta dominata – volenti o nolenti – ultimamente, come fu per Adamo ed Eva, dall’orgoglio, dalla imposizione di sé dalla violenza.
La gloria di Cristo è una cosa temporale, del tempo, dello spazio, della storia,
al di qua dell’ultimo limite, perché al di là ci pensa solo Lui a farsi gloria: coincide con l’eterno di là, ma di qua, se io non lo servo la Sua gloria è minore.
«Se tu non fai sacrifici, non preghi come devi e non fai il tuo dovere, è minore la gloria di Cristo»
Padre Motta a don Giussani
«Nell'esperienza di un grande amore tutto diventa un avvenimento nel suo ambito»
Romano Guardini
Se la fede indica il coinvolgimento di Dio con l’umano ora – ora: l’umano, ora! – espressioni come quella di Guardini sono ben comprensibili.
Non ci sono appena la ragione debole e il nichilismo: c’è questo misterioso, ma reale, sperimentabile fenomeno di una realtà che è segno di un’altra.
La fede è l'esaltazione del segno, del valore del segno.
La fede viene proposta come la suprema razionalità […] in quanto l’incontro con l’avvenimento chela veicola genera una esperienza e una corrispondenza all’umano impensabili.
[…] La fede risponde alle esigenze del cuore più di qualsiasi altra ipotesi; per questo è più razionale di qualsiasi altra ipotesi razionale.
La fede viene proposta come la suprema razionalità, in quanto l’incontro con l’avvenimento che la veicola genera un’esperienza e una corrispondenza all’umano impensata e impensabile.
«Hanno tra di loro un rispetto inconcepibile agli altri»
Lettera a Diogneto
«Rispetto»: etimologicamente vuol dire guardare una cosa “sguardandone” un’altra con la cosa dell’occhio: guardare tutto ciò che c’è, percependo la presenza di un altro.
Insomma, uno può essere pieno di sbagli, di errori, di incoerenze, ma la sua vita da cristiano è la fede, e la fede è questo: coscienza di una presenza dentro l’orbita di qualsiasi esperienza presente.
Ultimamente la ragione che cosa cerca, se non il senso della vita, il senso dell’esistenza, il senso di tutto?
Duemila anni fa il senso stesso è venuto tra di noi a dirci: «Io sono la vita, la resurrezione, la vita».
L’unico uomo che abbia detto così nella storia del mondo!
L’evento di cui tratta la fede è un avvenimento che bisogna vivere, non leggere o discutere: un avvenimento si vive, altrimenti non è adeguato il nostro porci di fronte ad esso.
«Il senso ultimo e peculiare di un evento, e quindi l’evento stesso nella sua verità, si apre [cioè si comunica] solo e sempre a una esperienza che si abbandoni ad esso e in questo abbandono cerchi di interpretarlo»
Heinrich Schlier
«Ad una esperienza»: un evento si palesa a chi partecipa all’esperienza di esso; si palesa solo ad una esperienza che è vera, se è adeguata all’evento in questione.
L’evento in questione è che Dio si è fatto carne, uomo, ed è presente: «Sarò con voi tutti i giorni».
È presente, è presente tutti i giorni!
NOTA FINALE:
La grande legge per capire la fede, siccome essa è “l’accusa” di un evento, di un avvenimento, non una parola o un pensiero, è partecipare all’evento stesso, adeguatamente per quanto si è capaci e domandando a Dio di rendercene capaci.
Per sua natura il cristianesimo è ecumenico e la fede cristiana è ecumenica; pretendendosi verità, non solo non ha paura di accostamenti, ma da ogni incontro innanzitutto estrae quel che è vero, ciò che è già suo, costruendo il proprio volto nella storia con questa magnanimità per cui tutto ciò che incontra guarda l’aspetto vero, lo esalta, dice se è giusto, se è buono, se è vero.
E si costruisce con tutto ciò che incontra, non esclude nulla, non giudica nulla: afferma ciò che le è stato dato, afferma ciò che è.
Noi siamo abituati a cercare ogni cosa, ogni cosa, per quel poco di bene che possa aver dentro ed esaltarla, sentirla fraterna, compagna di viaggio.
Perciò è un abbraccio universale. Per questo di incomincia a mettersi insieme.
È un abbraccio […] che si dilata a tutto il mondo, per sua natura soffre per il mondo, partecipa alla pena che Cristo sulla croce ebbe per il mondo, e sente la risurrezione, il palpito della risurrezione in quel che di buono c’è dovunque e in chiunque.
Ecumenismo è il nostro vero concetto di cultura.
I primi cristiani non usavano il temine «cultura»; hanno incominciato usando questo altro termine: oikouméne, «ecumenismo».
La cultura è un principio da cui si cerca di spiegare tutto il resto, così come si può, costruendo come si può.
Il principio per cui abbracciamo tutto, l’origine di questa magnanimità è Cristo presente tra di noi, Cristo sperimentato tra di noi: la fede.
Così comprendiamo come la fede cristiana è entrata nel mondo di allora, dove imperava la pax romana, ma dove l’uno era lontanissimo dall’altro e dove la legge dei rapporti era la violenza; il cristianesimo è entrato portando la eirene, la pace.
Perché Cristo è la nostra pace, e questo è ciò cui aspiriamo di più, come promessa e anticipo.
Promessa dell'eterno: la pace là dove conviviamo.
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La video conferenza inizia al decimo minuto

Don Carrón risponde alle domande di insegnanti e genitori che presentano esperienze in ambito educativo
