
2° Capitolo – RICONOSCERE CRISTO(37)
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«Esiste un punto di arrivo ma nessuna via».
Kafka
Ai margini della realtà che l’occhio abbraccia, che il cuore sente, che la mente immagina c’è un ignoto.
Tutti lo sentono. Tutti l’hanno sempre sentito.
Tacito: «Quella cosa misteriosa che essi intuivano in timore e tremore, questo chiamavano Dio, questo chiamano Dio».
Tacito nel Germania
Immaginatevi che passate per via per andare alla spiaggia dove siete indirizzati; passate vicino e, mentre passate e guardate, sentite l’individuo, che sta in mezzo e dice: «Io sono la via, la verità e la vita».
Scettici quanto possiate esserlo, non potete non sentire il vostro orecchio attirato da quella parte e almeno guardate con curiosità estrema quell’individuo che o è pazzo o è vero: tertium non datur.
Infatti, c’è un solo uomo, uno, a dire questa frase, uno in tutta la storia del mondo – del mondo! -, tanto è vero.
Su 120 milioni lo seguirono in 12.
Ma avvenne: questo è un fatto storico.
Quello che Kafka dice, non è vero storicamente.
È vero, paradossalmente, si potrebbe dire, teoricamente, non è vero storicamente.
Il mistero non si può conoscere! Questo è vero teoricamente.
Ma se il Mistero bussa alla tua porta…un fatto è accaduto.
«Il Verbo si è fatto carne», ciò di cui è fatta tutta la realtà. Si è fatto uomo.
Vi sfido ad i immaginarvi una cosa più grave, più pesante, nel senso di pondus, più grande, più carica di sfida per l’esistenza dell’uomo nella sua fragilità apparente, più gravida di conseguenze, nella storia, di questo accaduto.
Quel giorno Giovanni stava ancora là con due discepoli.
Fissando lo sguardo su Gesù che passava disse: «Ecco l’Agnello di Dio, ecco Colui che toglie i peccati del mondo!».
Ma la gente non si mosse, erano abituati a sentire il profeta ogni tanto esprimersi in frasi strane.
I due che venivano per la prima volta erano là che pendevano dalle sue labbra, che guardavano gli occhi suoi, seguivano i suoi occhi dovunque girasse lo sguardo, hanno visto che fissava quell’individuo e si sono messi alle sue calcagna.
Gesù si voltò e, vedendo che lo seguivano disse: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbi, dove abiti?». Disse:
«Venite a vedere».
È questa la formula, LA formula cristiana.
Uno dei due si chiamava Andrea ed era fratello di Simone Pietro.
Egli incontrò per primo proprio il fratello Simone e gli dice: «Abbiamo trovato il Messia».
Non narra nulla, non cita nulla, non documenta nulla. Come ha fatto a dirlo?
Si vede che stando là delle ore e ore ad ascoltare quell’uomo, vedendolo, guardandolo parlare – chi è che parla così? Chi aveva mai parlato così?…mai visto uno così. E Andrea lo condusse da Gesù. Gesù fissando lo sguardo su di lui disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni. Ti chiamerai Cefa, che vuol dire pietra».
«Esiste un punto di arrivo, ma nessuna via!»NO!! Un uomo che ha detto:«Io sono la via»
è un fatto storico accaduto, la cui prima descrizione è dentro questa mezza pagina.
Se questo fatto è accaduto, riconoscere che quell’uomo era qualcosa di eccezionale, doveva facile.
Perché è facile riconoscerlo? Per una eccezionalità senza paragone.
Perché senti “ECCEZIONALE” una cosa eccezionale?
Perché corrisponde alle attese del cuore tuo, per quanto confuse e nebulose possano essere.
L’eccezionale, cioè, è, paradossalmente, l’apparire di ciò che è più naturale per noi.
Che cosa è naturale per me? Che quello che desidero avvenga.
E’ eccezionalità con cui appare la figura di Cristo ciò che rende facile riconoscerLo.
Occorre immedesimarsi in questi avvenimenti.
Ma fu facile anche comprendere che tipo di moralità, cioè che tipo di rapporto da Lui nascesse; perché la moralità è il rapporto con la realtà in quanto creata dal Mistero che l’ha fatta, è il rapporto giusto, ordinato con la realtà.
Il dramma è ciò che esalta i fattori dell’umano; è solo la tragedia che li annichila. Il nichilismo porta alla tragedia;
l’incontro con Cristo porta nella vita il dramma, perché il dramma è il rapporto vissuto tra un io e un tu.
Bastava aderire alla simpatia che faceva nascere.
Perché dopotutto quello che gli aveva fatto, e il tradimento, si è sentito dire: «Simone, mi ami tu?». Per tre volte.
E Lui dubitò la terza volta, forse, che vi fosse un dubbio nella domanda. E rispose più ampiamente: «Signore tu sai tutto. Tu lo sai che io ti amo. La mia simpatia umana è per te, Gesù di Nazareth».
Imparare da una eccezionalità è dentro una simpatia: questa è la logica della conoscenza e la logica della moralità
che la convivenza con quell’individuo rendeva necessarie, solo questo.
Imparare è una simpatia ultima.
Come per il bambino con sua madre, che può sbagliare mille volte al giorno, ma se lo portate via da sua madre, guai!
Immaginatevi per un anno, due, sentirlo tutti i giorni così, sentirlo così buono, sentirlo così potente sulla natura, tanto che la natura era come al suo servizio.
Quegli uomini, impauriti dicevano tra loro:
«Chi è mai costui?».
Questa domanda inizia nella storia del mondo fino alla fine del mondo, il problema di Cristo: proprio questa domanda , precisa, che si ritrova nell’8° Capitolo del vangelo di san Luca.
(Dopo il miracolo dei pani e dei pesci) toccati nell’economia la gente diceva: «Questo è veramente il Messia che deve venire!» ritornando d’improvviso alla mentalità comune che avevano sempre vissuto, che tutti avevano – come era infatti insegnato dai loro capi -, il Messia sarebbe dovuto essere un uomo potente che avrebbe dovuto dare ad Israele, al loro popolo, la supremazia sul mondo.
Ma quando cambiò senso a quel che diceva ed esclamò: «Non la mia parola, ma il mio corpo vi darò da mangiare, il mio sangue da bere!», ecco lo spunto!
Finalmente i politici e i giornalisti e i televisivi dell’epoca ebbero lo spunto:«E’ pazzo, chi può dar da mangiare la sua carne?».
A quel punto tutti se ne vanno – rivolto agli apostoli: «Anche voi volete andarvene?».
E Simon Pietro: «Anche noi non comprendiamo quello che tu dici, ma se andiamo via da te, dove andiamo? Tu hai parole che danno senso al vivere».
Quell’uomo era la via.
«Se andiamo via da te, dove andiamo? Quale sarà la strada, quale può essere la strada? La strada sei Tu»
Ma lo dissero anche ad altri amici, i quali non abbandonavano necessariamente anche le loro case, però partecipavano della loro simpatia, partecipavano alla loro posizione positiva di stupore e di fede in quell’uomo.
Così passò il I secolo, e questi amici invasero con la loro fede il II secolo e intanto invadevano anche il mondo geografico.
E giunsero a dirlo a mia madre.
E mia mamma lo disse a me che ero piccolo, e io dico: «Maestro anch’io non capisco quel che dici, ma se andiamo via da te dove andiamo? Tu solo hai parole che corrispondono al cuore».
Che è la legge della ragione.
La legge della ragione è paragone con il cuore. I criteri della ragione sono le esigenze della mia natura, del cuore.
Cuore e unità (56)
Se il cuore è la sede dell’esigenza del vero, del bello, del buono, del giusto, della sete di felicità, chi di noi può evadere questa esigenza?
Chi? Costituiscono la nostra natura, la mia e la tua, per questo siamo più uniti che “assenti” ed estranei come normalmente siamo.
E l’ultimo coreano, l’ultimo uomo di Vladivostock, l’ultimo uomo della più lontana e sperduta regione della terra mi è unito proprio per questo.
Da quella sera è nato un flusso umano che è giunto fino ad ora, a me. Come a questo flusso apparteneva mia madre, così appartengo io, e dicendolo a tanti amici io faccio partecipi di questo flusso anche loro.
Testimonianze (57)
1a Testimonianza – Andrea (57)
Caro don Giussani, le scrivo chiamandola caro anche se non la conosco, non l’ho mai vista, né mai sentita parlare.Anzi a dire il vero posso dire che la conosco in quanto, se ho capito qualcosa de Il senso religioso, e di quello che mi dice Ziba, la conosco per fede e aggiungo io, ora grazie alla fede.Le scrivo solamente per dirle grazie; grazie per aver dato un senso a questa mia arida vita.
Sono un compagno delle superiori di Ziba con il quale ho sempre tenuto un rapporto di amicizia in quanto, pur non condividendo la sua posizione, mi ha sempre colpito la sua umanità e la sua disponibilità disinteressata [che è l’unico modo con cui possiamo gridare a un altro e a tutto il mondo: «Cristo è vero»]. Di questa travagliata vita penso di essere arrivato al capolinea portato da quel treno che si chiama Aids e che non lascia tregua a nessuno. Adesso dire questa cosa non mi fa più paura.
Ziba mi diceva sempre che l’importante nella vita è avere un interesse vero e seguirlo. Questo interesse io l’ho inseguito tante volte, ma non era mai quello vero. Ora quello vero l’ho visto, lo vedo, l’ho incontrato e incomincio a conoscerlo e a chiamarlo per nome: si chiama Cristo. Non so neanche cosa vuol dire e come posso dire queste cose, ma quando vedo il volto del mio amico o leggo Il senso religioso che mi sta accompagnando e penso a lei o alle cose che di lei mi racconta Ziba,, tutto mi sembra più chiaro, tutto, anche il mio male e il mio dolore. La mia vita ormai appiattita e resa sterile, resa come pietra liscia dove tutto scorre come l’acqua, ha un sussulto di senso e di significato che spazza vira i pensieri cattivi e i dolori, anzi li abbraccia e rende veri rendendo il mio corpo larvoso e putrido segno della Sua Presenza.
Grazie don Giussani, grazie perché mi ha comunicato questa fede o, come dice lei, questo Avvenimento. Adesso mi sento in pace, libero e in pace. Quando Ziba recitava l’Angelus davanti a me che gli bestemmiavo in faccia, lo odiavo e gli dicevo che era un codardo perché l’unica cosa che sapeva fare era dire quelle stupide preghiere davanti a me. Ora quando balbettando tento di dirlo con lui capisco che il codardo ero io, perché non vedevo neppure a un palmo dal naso la verità che mi stava di fronte.
Grazie don Giussani, è l’unica cosa che un uomo come me può dirle. Grazie perché nelle lacrime posso dire che morire così ora ha un senso, non perché sia bello – ho una gran paura di morire -, ma perché ora so che c’è qualcuno che mi vuole bene e anch’io forse m i posso salvare e posso anche io pregare affinché i compagni di letto incontrino e vedano come io ho visto e incontrato.
Così mi sento utile, pensi, solamente usando la voce mi sento utile; con l’unica cosa che ancora riesco ad usare bene io posso essere utile; io che ho buttato via la vita posso fare del bene solamente dicendo l’Angelus. È impressionante, ma anche se fosse un’illusione questa cosa è troppo umana e ragionevole, come lei dice ne Il senso religioso, per non essere vera.Ziba mi ha attaccato sul letto la frase di san Tommaso: “La vita dell’uomo consiste nell’affetto che principalmente lo sostiene e nel quale trova la sua più grande soddisfazione“.
Penso che la mia più grande soddisfazione sia quella di averla conosciuta [non l’ho mai visto!] scrivendole questa lettera, ma la più grande ancora è che nella misericordia di Dio, se Lui vorrà, la conoscerò là dove tutto sarà nuovo, buono e vero. Nuovo, buono e vero come l’amicizia che lei ha portato nella vita di molte persone e della quale posso dire “anch’io c’ero”, anch’io in questa zozza vita ho visto e partecipato di questo avvenimento nuovo, buono e vero. Preghi per me; io continuerò a sentirmi utile per il tempo che mi rimane pregando per lei e il movimento. La abbraccio Andrea
[NB: Il Giuss legge questa lettera 2 giorni dopo che Andrea è morto di Aids. Alla fine di questa lettera il Giuss la commenta].
Duemila anni sono bruciati via da questa lettera.
Non fu ieri, è oggi, non è oggi per me, ma è oggi per te, qualunque posizione tu abbia: cambiala se è da cambiare!
Un avvenimento grande diceva Kierkegaar, non può essere che presente, perché non è un passato, un morto, che ci può cambiare.
Ma se qualcosa ci cambia, è presente: «E’ se cambia»
dice un nostro testo.
2a Alluvione Piemonte 1994 [58]
Gli alluvionati scrivono: «In questa ora tremenda vogliamo ringraziare il Signore, Dio nostro e Padre nostro, per averci dato, in Cristo, Francesco, Cecilia, Lucia e Cecilia. Attraverso di loro Tu, o Cristo hai iniziato a farti conoscere a noi con il Battesimo, l’educazione, l’adesione di Lucia al Movimento e l’arrivo di Cecilia, accolta come un miracolo. Fa’, o Cristo, che ora che essi sono in Te mentre fai tutta la realtà, ci aiutino a riconoscerti sempre più in ogni istante della vita».
Dopo duemila anni è ora; per Alberto, Mario, è ora.
«E’, Egli E’ perché presente»
3a Josif , 17 anni, dalla Siberia (60)
«Ho incontrato il movimento subito dopo il mio incontro con la Chiesa Cattolica. Allora non conoscevo praticamente nulla della vita cristiana e capivo anche meno. Ho incontrato una compagnia di gente abbastanza giovane, dove c’erano soprattutto studenti e alcuni italiani che parlavano poco o niente il russo.
Li sentivo parlar della vita, del lavoro; parlavano della loro esperienza cristiana, del loro primo incontro con Cristo; cantavano anche e si divertivano. Poi si andava insieme a Messa, a volte alla recita del Vespero. Ebbi l’impressione di buoni amici, ma, veramente, c’era qualcosa di strano per me:
Perché questi stranieri erano venuti da così lontano, ma perché? Venuti qui dove è così freddo e la vita non è così confortevole come da loro? E poi gente così giovane, diversi l’uno dall’altro, eppure così amici, e poi perché insieme? Solo dopo ho cominciato a intuire e a capire che in questa compagnia è presente Qualcuno, di fronte a cui tutti si inchinano e che mette insieme gente che a prima vista non potrebbe mai stare insieme?
Probabilmente proprio in questo, e anche in questo, consiste la grazia del primo incontro, quando tu, intuitivamente, senti proprio ciò di cui hai bisogno nella vita, senti qualcosa di corrispondente, di buono che risveglia in te curiosità e desiderio, così che ogni volta rivivi il primo incontro senza riconoscere fino in fondo perché.
E in effetti solo dopo ho cominciato ad intuire e a capire che in questa compagnia è presente Qualcuno, di fronte a cui tutti si inchinano e che mette insieme gente che a prima vista non potrebbe mai stare insieme.
Io penso che per me questo è stato una sorta di “momento straordinario”, quando ho riconosciuto la presenza di Cristo, l’ho scoperto in quella compagnia. Ho riconosciuto che sono amato, molto amato da Gesù, proprio attraverso questa gente che Lui stesso mi ha posto a fianco e che mi accompagna.
È già da tre anni che sono nel movimento di CL e questo mi aiuta. Posso dire che adesso provo il gusto della vita e questo mi sembra proprio molto importante [il contrario di quanto domina oggi: la perdita del gusto della vita come sintomo del macabro della cultura presente.
Infatti, gli aspetti della vita sono diversi: lavoro, riposo, studio, vacanze, e vedere il senso di tutti gli aspetti della vita, riconoscere che Dio è diventato avvenimento nella nostra vita: questo è proprio il cristianesimo. Nulla accade a caso, nulla accade semplicemente così e ogni momento della storia può testimoniare la presenza di Cristo qui e ora.
Ho molti amici, incontro tanta gente e provo sempre un grande dispiacere per il fatto che ancora on hanno provato la grazia del primo incontro che permette di cogliere la Sua presenza e costringe a seguirla. Vorrei comunicare a tutti quelli che incontro il desiderio di provare il gusto di questa vita [«gusto»: è un termine così naturale, quel gusto eterno che è lo scopo del vivere].
Certo, la mia esperienza è ancora piccola, ma domando che in tutti gli aspetti della vita, io possa testimoniare Cristo, presente qui e ora».
Josif
4a Gloria, “Memores” a Kampala (63)
«Niente qui mi è immediato [ niente mi è confacente, niente mi è facile]. E in certi momenti ho provato come una impossibilità a star di fronte alla gente ammalata, sporca, senza il minimo di condizioni igienico sanitarie [ Ma chi le fa fare così? Il ricordo di 2000 anni fa? No! Qualcosa ora. Una presenza che è ora].
Una mattina mentre salutavo Rose lei mi ha detto: ” Prega la Madonna perché non ti abbia a spaventare a vedere come Cristo ti si presenterà”. Con queste parole nel cuore sono andata con Claudia al carcere minorile.
Tutto mi faceva ribrezzo: l’odore, la sporcizia, la scabbia, i pidocchi. E il quel momento capivo che la mia domanda coincideva con la posizione della mia persona».
La domanda di essere di essere, la domanda di essere felice, la domanda del vero, la domanda del bene, del buono, del giusto, del bello, questa domanda coincideva con la posizione stessa che assumeva-
5a Edimar – assassino di Brasilia morto martire (64)
Edimàr, questo ragazzetto tra i più delinquenti di Brasilia, più volte assassino, perché la sua banda è una banda di assassini. Nella sua classe all’inizio dell’0anno va una insegnante dei Memores Domini, libanese, attualmente in Brasile.
Parla il nostro linguaggio. È sconvolto Edimàr, vuole avere anche lui gli occhi pieni di azzurro come i suoi e non scuri scuri, neri, sporchi, come li ha lui. Si ripromette di cambiare.
Il capobanda capisce che c’è qualcosa che non va, subito lo mette alla prova, gli intima di andare ad ammazzare una persona.
Edimàr risponde: «Io non ammazzo più nessuno». E lui: «Io ammazzo te, allora»: lo ammazzò.
È il secondo martire della storia di CL.
La formula sintetica che descrive tutta la dinamica di Gesù è che è stato “mandato” dal Padre.
Perché è diventato uomo e agisce nella storia così, diventa presente in questo modo?
Per eseguire il disegno di un Altro.
Lui usa, Lui stesso usa l’estrema parola per indicare l’origine di tutto, ciò da cui quindi la vita nasce: il Padre.
La vita sua si definisce come chiamata dal Padre a svolgere una missione:
la vita è una vocazione.
Questa è la definizione di vita cristiana: la vita è vocazione.
E vocazione è compiere una missione, svolgere un compito, che Dio determina per ognuno attraverso le circostanze banali, quotidiane, di istante in istante, che Egli permette che noi abbiamo ad attraversare.
[65]Niente è così evidente come
il fatto che in questo istante non mi faccio da me,
non mi do i capelli, non mi do gli occhi, non mi do il naso, non mi do i denti, non mi do il cuore, non mi do l’anima, non mi do i pensieri, non mi do i sentimenti, tutto mi è dato: perché compia il Suo disegno, un disegno che non è il mio.
Cristo è l’ideale della vita…che cosa vuol dire? Vuol dire che è l’ideale per il modo con cui trattiamo tutta la natura; è l’ideale per i modo con cui viviamo l’affetto, con cui perciò concepiamo, guardiamo, sentiamo, trattiamo, viviamo il rapporto con la donna e con l’uomo, con i genitori e i figli.
Caratteristiche dell’ideale (66)
- Niente è più evidente in questo momento, per me e per te, del fatto che non ti fai da te, che tutto ti è dato, c’è un Altro in te che è più te stesso. Così, analogamente capisci che tutte le cose sono fatte da un Altro. Tu come uomo, sei la coscienza della natura: l’io è il livello in cui la natura prende coscienza di sé stessa: la gratitudine come fondamento e premessa di ogni azione, di ogni atteggiamento.
- Gratuità. Che cosa insinua in tutte le azioni questa gratitudine? insinua un aspetto, una sfumatura, un’aura di gratuità. Una sfumatura di questa purità, di questa gratuità entra dentro di noi anche senza che noi ce ne accorgiamo; quasi naturalmente entra dentro ogni nostra azione.
- L’esito è il centuplo. L’esito di vivere la vita come vocazione è il centuplo. Una ricchezza più grande in tutti i rapporti, nel modo di guardare il fiore, nel modo di guardare le stelle, nel modo di guardare le piante, le foglie, nel modo di sopportare me stesso.
- Fecondità. Da questa ricchezza deriva una capacità di fecondità che nessuno ha: fecondità che è una comunicazione della propria natura, della propria ricchezza, della propria intelligenza, della propria volontà, del proprio cuore, del proprio tempo, della propria vita. È una fecondità nel lavoro, una passione per il lavoro che non è per tornaconto o per gusto o per particolari incidenze sull’esito della mia presenza nella società; è amore al lavoro come perfezione di azione, comunque riesca. È una fecondità che è amore a quel che sono, a darti me stesso, vale a dire a dare sé stessi ai figli: è amore a tutto ciò che entra ed entrerà in rapporto con i figli, amore agli altri, che sono figli, anche loro sono figli, amore a tutti gli uomini: al popolo.
Questo è lo scopo per cui Dio ha fatto il mondo: il bene di tutto, il bene.
Verginità (69)
C’è una forma di vocazione che decide per una strada inopinata e inopinabile, impensata e impensabile nella mente di chiunque e che si chiama verginità.
È una forma di vocazione che trapassa le urgenze più naturali, così come si presentano all’esperienza di tutti.
In loro, con questa vita, con questa forma di vocazione, il lavoro diventa obbedienza.
L’obbedienza è fare un lavoro per affermare un Altro.
Cos’è l’azione? l’azione è il fenomeno per cui l’io si afferma, afferma sé stesso, realizza sé stesso.
Per realizzare me stesso, l’azione che faccio non la faccio per me stesso, ma per un Altro: questa è obbedienza.
Se il lavoro diventa obbedienza, l’amore alla donna all’uomo si esalta.
L’amore alla donna si esalta come “segno” della perfezione, dell’attrattiva per cui l’uomo è fatto.
Sesta testimonianza (71)
L’ex moroso scrive alla sua ex ragazza che ha deciso di entrare nei memores:
Carissima, voglio imprigionare solo poche parole, poiché tutto è racchiuso nei nostri cuori per sempre [per sempre! Non è eliminato nulla].
Sono commosso, cioè mosso a stupore per ciò che si sta compiendo nella tua vita, o meglio, per chi la sta compiendo. È una gioia che mi condurrà nel tempo il destino di bene che ti ha preso con sé. Anche il dolore che mi assale, qualche volta più forte delle altre, per quello che ti ho fatto in certi momenti del nostro incontro, è respirato da una misericordia che lo rende più vero.
Rimane un mistero, che però già si rivela. Tutta la pienezza del rapporto tra noi, di quel pezzo di storia camminato insieme, è più spiegato così.
«Mi piace credere che ogni istante che hai speso con me, perfino di fronte alla mia incapacità, non vada perduto e sia servito, cioè sia stato usato da Cristo per accompagnarti a Lui. Ti chiedo perdono, ovvero di donare a me la tua mendicanza, nella certezza che hai dato amore più grande alla mia persona, appartenendo così ai “Memores”, che mi hai voluto più bene così che l’avermi sposato.
Ti ringrazio di questa tua attesa e prego la Madonna perché ci siano attorno a te volti di speranza come hai adesso, per proteggerti e amarti in ogni tuo passo. Ti ho regalato una icona di Cristo, segno della Sua incarnazione [un concetto che l’ortodossia ha ben chiaro] affinché ti conforti sempre la Sua presenza e perché ti ricordi di pregare per me, per il compito ora affidatomi di amare Elisabetta, per i miei familiari e i nostri amici, ma soprattutto affinché non abbandoni quell’abbraccio di Spirito Santo che è il movimento e la sua misteriosa sentinella ».
Lui ha capito.
Il lavoro diventa obbedienza, l’amore alla donna diventa segno supremo di perfezione dell’attrattiva che essa esercita su di noi, della felicità che ci aspetta.
Si chiama CARITÀ, questi cambiamenti si chiamano carità. [73].
Il lavoro che diventa obbedienza si chiama carità.
L’amore alla donna che diventa segno della perfezione finale, della bellezza finale, si chiama carità.
È il popolo che diventa storia di Cristo, regno di Cristo, gloria di Cristo, è carità.
Perché carità è guardare la presenza, ogni presenza, colti nell’animo della passione per Cristo, dalla tenerezza per Cristo.
Ci sono una letizia e una gioia che sono possibili solo a queste condizioni.
La letizia esige la gratuità assoluta, che è possibile solo con la presenza del divino, con l’anticipo della felicità, e la gioia ne è una esplosione momentanea, quando Dio vuole, per sorreggere il cuore di una persona o di un popolo in momenti educativamente significativi.
Che il popolo non sia un groviglio di facce, ma il Regno di Dio che avanza è la legge di tutti, non dei vergini.
La verginità è la forma visibile di vita che richiama a tutti lo stesso ideale che è per tutti.
È per tutti, ma alcuni sono chiamati al sacrificio della verginità proprio perché siano, fra tutti, presenti a richiamare questo ideale che è per tutti.
La Chiesa è il luogo in cui tutta questa gente si arricchisce del dono altrui. È una cosa veramente commovente la Chiesa.
La lotta contro il nichilismo è questa commozione vissuta.
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