Capitolo 10
“ La mia vita è costruita da quella chiamata”
Il Gruppo adulto, l’antefatto e gli inizi. Excursus storico(1958-1975) (262)
263
A Pigi a seguito della richiesta di entrare nel gruppo adulto:
«Per il fatto stesso che il Signore te l’abbia messa in mente questa ipotesi deve essere aiutata a maturare, perché anche se poi tu capissi che la tua strada è il matrimonio, vivrai il matrimonio in una maniera molto più profonda».
264
Rusconi ricorda la caratteristica più importante:
«E’ l’estrema attenzione che il Gius e madre Ignazia – la superiora del convento che ospita gli incontri – avevano alla tua libertà, attenti a scorgere quello che il Signore voleva da te, senza alcun progetto precostituito».
264
Giuss. in Tracce di esperienza cristiana:
«La vocazione, che è il significato della mia vita, mi si presenta più come possibilità intravista che come ineluttabilità inequivocabile.
Anzi, questo è tanto più vero quanto più è fondamentale ed importante il compito da realizzare.
La coscienza, nel suo aspetto più puro e suggestivo, è il suggerimento più discreto: è l’ispirazione. Così la mia statura personale io la decido aderendo positivamente a delle possibilità delicatissime».
266
Giuss. riguardo alla liturgia e i sacramenti:
«Sono la strada per l’approfondirsi della nostra conoscenza di Cristo, di quello che Cristo è per noi e di quello che noi siamo per Cristo».
266
Giuss.:
«Noi come tentazione, attingiamo sempre la persona riducendola e questa riduzione coincide con una volontà di possesso».
Ciò accade discriminando la persona
«in base a un nostro criterio di convivenza» o «in base ad una corrispondenza che non coincide con l’obbedienza alla realtà di Dio».
267
Giuss.:
«La purità è la trasparenza della realtà».
267
Giuss.:
«Umiltà: coscienza dell’esser dati, coscienza della non consistenza in sé, del nostro nulla originario» e «coscienza di sé come peccatori».
267
Cita la liturgia ambrosiana: «In simplicitate cordis mei, laetus obtuli universa» (Nella semplicità del mio cuore lietamente ti ho dato tutto). Dalla semplicità dipende «L’incidenza creativa sul popolo cristiano». Altrimenti «Tutto diventa pesante, artificioso, precario, cioè in preda allo stato d’animo.
La semplicità del cuore è la cosa più facile da sentire e da capire. Difficile è mantenerla».
Giuss.: «Per vivere, per realizzarci, ci basta la realtà come è, le cose, gli uomini, così come sono: liberi da qualunque calcolo eccetto quello del loro vero destino».
268
Giuss.: «La fedeltà comincia dalla fedeltà di Dio» e non significa «Rimanere attaccati a qualcosa che è successo nel passato».
268
Giuss.:
«Ora è un segno dei tempi che Dio e Cristo non sono negati ma relegati, nel migliore dei casi, a lato della vita, fuori della vita con la sua trama di bisogni concreti. Occorre quindi che Cristo venga testimoniato dentro la realtà mondana, nella sua dinamica quotidiana, nel lavoro». «Il lavoro è il fenomeno espressivo dell’attaccamento alla vita da parte dell’uomo».
E in questo mondo che ha deificato il lavoro, il Gruppo Adulto offre «la testimonianza di un gusto più potente, di una letizia indistruttibile, di un nuovo senso della bellezza, di una vera intensità affettiva e amorosa».
269
Giuss: ai primi esercizi dei Memores parla della vocazione in questi termini:
«Rapporto tra me e Dio…..ogni altro modo di concepire la vocazione finisce per essere, poco o tanto, una alienazione».
270
Giuss. spiega che la fisionomia della dedizione a Dio è quella di «vivere la preghiera nel lavoro».
271
Giuss.:
«La primitiva comunità aveva una coscienza trasparentissima che era Dio che li aveva scelti, che li aveva presi».
Ecco, dunque, chiarita la ragione profonda dell’essere insieme.
272
Giuss. sulla apertura della prima case dei Memores a Gudo:
«Il segno dei tempi è che la vocazione del cristiano è una vocazione ad una immanenza del mondo
…è il tempo del monastero benedettino quando andavano in mezzo ai barbari e li aiutavano a coltivare le terre. Se ha un significato Gudo è perché deve essere immanente a questo mondo».
273
Giuss.: «La salvezza non viene dalle nostre opere e quindi non viene dalla struttura che facciamo noi, viene da Dio ed è una storia». Tuttavia sottolinea: «Proprio la notazione della nostra incapacità ci deve spingere a oggettivare la nostra buona volontà creando ed accettando strutture: allora il Signore prende le strutture e le fa diventare sacramento».
273
Giuss.: «Il silenzio non è un tacere con le labbra, ma il tacere con le labbra in modo tale che venga fuori alla memoria il contenuto profondo della vita che è Cristo. Senza questo silenzio, che è della persona, non si può sostenere la strada della verginità»– «Governo di sé nel tono con cui si parla in casa; deve essere come il canto, un parlare pieno di memoria».
