Riassunto per appunti della “Vita di don Giussani”

Capitolo 11

La nave per Macapà

L’inizio della missione in Brasile (1960-1964) (275)

275

«Vivere per l’universo intero, per l’umanità intera»

Giussani lo dice per richiamare al fatto che

«chi lavora senza questo ideale potrà essere accanitamente onesto, ricco di ascetismo, magari eroico, ma non cristiano vero!”.

277

Giuss. in un articolo:

Bisogna pensare al mondo intero, bisogna preoccuparsi del cristianesimo in Africa e in Asia e non solo affaccendarsi intorno alla disubbidienza e alla mancanza di ogni giorno”.

277

Giuss:

«Se uno ha dentro il senso del mondo, allora può riuscire a stare in gabbia per tutta la vita con la grandiosa serenità di una monaca di clausura.

Ma se non ha dentro di sé lo spazio che esige la natura umana, allora l’abbordare le sue fatiche quotidiane in nome di una energia che deve avere, diviene un lavoro improbo e logorante».

278

Padre Gheddo: «Mons. Pirovano chiede a Don Giussani di mandargli alcuni dei suoi ragazzi di GS come volontari laici ben formati cristianamente e professionalmente»; questi insieme ad un altro sacerdote del PIME, padre Giacomo Girardi, apprende direttamente da Don Giussani che intende rispondere positivamente alla richiesta, mandando «alcuni dei suoi giovani in missione con Monsignor Pirovano e con l ‘aiuto finanziario di Marcello Candia».

282

Giuss. vede testimoniato da padre Biraghi che:

«Il cristianesimo nasce proprio come amore all’uomo».

(nb: Episodio commovente di un missionario che affronta un viaggio a piedi nel fango per una sola persona).

284

Giuss. scrive al gruppetto in Brasile:

«Vi prego, amici, di pensare sempre a quante cose dipendono da voi; a quante cose dell’avvenire di tutti noi.

Non è importante quello che riuscirete a fare:

è decisivo quello che riuscirete ad essere.

Noi vogliamo solo il regno di Dio: per il regno di Dio, da Cristo in poi, è importante solo quello che si è, non quello che si riesce a fare« –

«Più spoglia di risposte è la vostra fatica, più essa sarà strada della vostra personalità cristiana».

285

Giuss:

«Tutte le difficoltà, tutta la mancanza di risposte, tutta la tentativa amarezza per non poter fare, tutta la mortificazione per uno sbaglio, altro non è che un richiamo all’essenziale, Dio e il suo Cristo» 

«Non pretendete nulla, non giudicate male nulla.

Siate innamorati del Signore che vi ha scelti per iniziare una cosa che potrà avere un grande frutto per il futuro del suo Regno: e non vi importi nulla eccetto che di essere lì ubbidienti e volenterosi».

286

Giuss:

«Non sostituite il miraggio di una affermazione della vostra personalità, d’una vostra opera, di un vostro esito, di una vostra soddisfazione, di un vostro punto di vista, di un vostro puntiglio all’amore della Croce di Cristo, cioè all’amore del Regno di Dio.

«Non sostituite la vostra piccola misura al Mistero».

287

Bernareggi:

«Prima credevo ottusamente che la verità fosse quello che riuscivo ad inquadrare.

La cosa di cui devo ringraziare voi è la fortuna di avermi fatto capire che la strada della verità, l’idea giusta che ci viene data dal vostro stare insieme e che rende queste cose senza confini».

288

Lettera degli amici che sono in Brasile letta agli esercizi del 1964:

«Noi siamo qui per qualcosa che è accaduto, per un avvenimento che Dio ha iniziato nel mondo tanto tempo fa, e che proseguendo un comportamento misterioso, è arrivato fino a noi oggi.

Senza questo avvenimento le cose erano per noi come un disegno senza vita, erano parole senza dialogo, ci davano una noia sottile.

Questo gesto di Dio ci ha fatto provare una cosa nuova, un amore nuovo, una risurrezione nuova.

Tutta la nostra vita è divenuta un partecipare a questo gesto che salva il mondo, questo gesto che dà senso alla storia e felicità di ognuno di noi».

289

La lettera prosegue:

«Ciò che alimenta la nostra attesa non è qualcosa che deve ancora venire, è qualcosa che c’è già, non è solo una promessa, è una esperienza di intelligenza delle cose, di gusto della vita.

E allora sappiamo che esiste, che è risorto, che è con noi definitivamente, che non riusciremo, nonostante la nostra cattiveria a toglierceLo dai piedi».

289

Giuss. commenta che c’è una sola condizione da rispettare affinché questo inizio promettente non si perda: se tutto è “dato” occorre

«accettare, cioè aderire, cioè obbedire» – 

«Vi giuro che non mi importa quello che mi accadrà domani, perché è l’obbedienza a ciò che Iddio ci comunica attraverso gli avvenimenti».


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