Capitolo 14
“Una rivoluzione di sé”
Il sessantotto (373)
387
Benedetto XVII: il 68 nasce da questa considerazione:
«Non abbiamo creato in duemila anni di cristianesimo il mondo migliore.
Dobbiamo ricominciare da zero in modo assolutamente nuovo; il marxismo sembra la ricetta scientifica per creare finalmente un mondo nuovo».
388
Incontro pubblico con don Franzoni dal titolo “Il cristiano e il marxista”. Chi è il vero cristiano? Uno che vuol fare giustizia ai poveri. Chi è il marxista? Uno che vuole fare giustizia ai poveri.. dunque il cristiano deve essere marxista. Tale fu lo schema sviluppato come d’uso in quegli anni presso molti. Una vecchietta che assisteva alla conferenza alzò la mano timidamente e chiese: «Ma allora qual è la differenza?». Il conferenziere dopo essere rimasto perplesso rispose: «Il cristiano vede nel povero il Cristo, il marxista no». Allora si alzò un amico presente e disse: «Allora io potrei dire che il cristiano è un visionario»…
389
Giuss.:
«Se Cristo non modifica il modo con cui affrontiamo i problemi umani, Cristo è una fantasia»
La fede riempie tutta la vita, crea un soggetto diverso, una nuova creatura, riempie la vita intera ed è una proposta per la vita di ogni giorno».
389
In quegli anni anche GS va in crisi e molti lasciano.
389
Secondo Giussani coloro che poi avrebbero lasciato GS ponevano l’accento su una concezione in cui il cristianesimo veniva in pratica inteso riduttivamente come una forma di impegno morale e sociale.
A suo avviso, tale atteggiamento
«non era allora consapevole, né criticamente teorizzato, ma in pratica ispirava la loro vita di ogni giorno».
389
Giuss.:
«Secondo me ed altri, la realtà che salva l’uomo e il mondo sono Cristo e la Chiesa, di cui l’unità dei credenti (tra di loro e con l’autorità) è espressione suprema e segno della storia».
L’altro gruppo, invece,
«mettendo l’accento sul’impegno pratico e organizzativo nonché su un affronto dei problemi sociali ispirato aprioristicamente ad esigenze di ordine morale, ponevano appunto ogni speranza nell’intraprendenza delle iniziative dell’uomo e nella sua capacità di azione».
391
Giuss.:
«Se alla parola di Dio non si risponde – mi pare che sia una constatazione tremenda della mia esperienza di tanti anni e personale e di contatto con tante persone –
essa SI RITIRA,
Non bisogna lasciar scappare i tempi di Dio, il tempo della misericordia, il tempo della sua iniziativa».
391
Giuss.:
«La verità del gesto non nasce dalla scaltrezza politica, altrimenti il nostro discorso si confonde con quello degli altri e diventa strumento del discorso degli altri.
Possiamo fare le nostre cose e assumere come paradigma, senza che ce ne accorgiamo, quello di tutti, il paradigma offerto da tutti gli altri.
È nell’attender–Lo giorno e notte che si distingue il nostro discorso, le nostre azioni».
392
Giuss.:
«Ma quello che, almeno fenomenicamente, è defezione, deriva dal fatto che non Lo si è atteso giorno e notte; è una carenza di attesa, è una carenza di desiderio».
Carenza di desiderio vuol dire che
«si desidera qualcosa d’altro più di questo. Magari non ce lo si dice apertamente, ma si desidera qualcosa d’altro più di questo».
392
Giuss.: durante l’occupazione della Cattolica:
«Non sarà mai nella cultura o nella vita della società, se non è prima in noi.
Se non incomincia tra di noi questo sacrificio di sé….non un obolo da dare, ma una rivoluzione di sé, senza pre-concetto, senza mettere in salvo qualcosa prima».
393
Giuss.:
«La irreligiosità di cui tutti siamo estremamente tentati» coincide con il pensare «che venga prima l’azione nostra».
Ma se viene prima l’azione «qual è il criterio dell’azione? IO».
394
Giuss.:
«Dio non permette che accada qualcosa se non per la maturità, se non per una maturazione di quelli che Egli ha chiamato.
È questo il sintomo della verità, della autenticità o meno della nostra fede; se in primo piano è veramente la fede o in primo piano è un altro tipo di preoccupazione, se ci aspettiamo tutto dal fatto di Cristo, oppure se dal fatto di Cristo ci aspettiamo quello che decidiamo di aspettarci, ultimamente rendendolo spunto e sostegno a nostri progetti o a nostri programmi».
395
Giuss.:
«Per affermare l’autenticità al posto dell’equivoco, della menzogna, della maschera di cui si viveva, la proposta fondamentalmente e globalmente, si poneva come eversione del passato,
inimicizia col passato, ostilità al passato,
negazione del passato, o perlomeno, ma è la stessa cosa, dimenticanza o disinteresse di esso»
un tale atteggiamento, a suo avviso, è semplicistico e ingenuo:
«E’ l’ingenuità di Adamo, quando ha creduto che mangiando del frutto proibito potesse esaurire la conoscenza del bene e del male.
Insomma, è l’ingenuità di “me misura di tutte le cose“, è l’ingenuità dell’uomo che dice: “Adesso vengo io a mettere a posto le cose”»
396
Giuss.: sulla situazione del movimento in quegli anni:
«Vi fu uno smarrimento: questa è la parola che intende motivare benevolmente ciò che è accaduto, uno smarrimento generale. Lo smarrimento non fu caratteristica soltanto di una certa parte, ma di tutti».
396
Giuss.:
«Lo smarrimento ristagna» operando «una riduzione o vanificazione dello spessore storico del fatto cristiano» –
« che porta inevitabilmente con sé un dualismo ultimo come presenza nel mondo».
Per cui si riduce il cristianesimo a
«un soprannaturale incombente sul presente, senza che possa dare giudizio nel presente storico, senza che aiuti il presente se non in un senso puramente moralistico di ispirazione all’azione».
396
Giuss. vede almeno tre ricadute sull’atteggiamento assunto:
1°- «Una concezione efficientistica dell’impegno cristiano con riduzione intera a moralismo».
2° – «Incapacità a portare la propria esperienza cristiana fino al livello in cui essa diventa giudizio sistematico e critico e quindi suggerimento di modalità di azione (non diventa cultura)».
3° – «Sottovalutazione teorica e pratica dell’esperienza dell’autorità. O l’autorità è grazia della tua storia, grazia di Dio dentro la tua storia, oppure scegli la tua autorità».
398
Giuss.:
Il cristiano nelle sue azioni parte già «rivoluzionario in principio», non prende le mosse da un progetto, ma «da una rivoluzione che è accaduta dentro di lui e che anima e suggerisce i suoi progetti».
Questo misura la distanza dai giessini che si sono buttati nell’avventura del 68 aderendo al movimento studentesco.
398
Giuss:
«La vita cristiana è un metodo per cambiare anche le strutture»,
ma
«è illusione pretendere di cambiare le strutture senza che sia avvenuto qualche cosa di gratuito in noi»,
cioè una conversione.
399
Giuss.:
questo modo di essere
ci è dato
proviene da qualcosa che ci precede: non può essere generato, come tale, dai nostri programmi».
400
Ratzinger dal libro “Introduzione al Cristianesimo“:
«(la fede) è la forma con cui l’uomo coglie in modo stabile il tutto della realtà, è il dar senso senza il quale la totalità dell’uomo rimarrebbe utopia, senso che precede il calcolo e l’azione dell’uomo».
La fede è
«qualcosa di più di un’opzione per un fondamento spirituale del mondo, è l’incontro con l’uomo Gesù».
402
Giuss.: dagli appunti di Marina Valmaggi:
«Si può salvare il mondo solo esprimendo socialmente una comunione che già esiste: non può avvenire il contrario. Gruppi “già” salvati possono farlo».
402
Giuss.:
«Cambiare il mondo con la propria volontà è una cosa malinconica perché non può vincere».
403
Paolo VI durante un’udienza:
«La religione è la scienza fondamentale della vita».
404
Giuss.:
«Il messaggio (del cristianesimo) non è un discorso: è una presenza, è una persona. È un modo di presenza di una persona o di persone”.
405
Giuss.: l’annuncio cristiano è sì un “discorso”,
«ma attraverso una presenza, legato alla presenza di una persona».
Il contenuto dell’annuncio cristiano
«era la Sua persona stessa», Cristo «una struttura nuova dell’uomo, un nuovo essere è comparso nel mondo».
405
Giuss.:
«Che cosa ci mette in rapporto con Cristo? Il fatto che è risorto»
e quindi rimane presente nella storia.
406
Giuss.: lo scopo,
«il contenuto della nostra vocazione è fare la realtà cristiana, non salvare il mondo, se non attraverso la realtà cristiana”.
406
Giuss.: La comunione è una
«struttura nuova dell’io che non è tanto un complesso di formule, di dogmi, di concezioni astratte, di idee»,
essa è una
«realtà fisica, è l’appartenenza a Cristo, ma Cristo non è il Cristo di 2000 anni fa, il Cristo è la realtà che si compie, che si rende presente nel suo corpo mistico, nella Chiesa.
Perciò è attraverso la Chiesa, con Paolo VI che vado al mondo».
407
Giuss.: durante Esercizi spirituali:
«Questi giorni è un avvenimento che ci deve accadere dentro, perché non è affatto un’associazione che noi vogliamo fare, a prescindere da tutto l’organismo in cui un’amicizia cerca strada e affermazione……ma una chiarezza, una data determinata chiarezza di fede.
Perché allora, la tua persona, trasformata dentro, dovunque andrà, qualunque cosa farà, qualunque rapporto stabilirà, creerà parte di quell’organismo di cui noi siamo così sensibili partners: l’organismo di Cristo nel mondo».
407
Giuss.:
«Il cristianesimo è quel ciò che fa diventare realtà viva la tradizione, ciò che è passato, che fa diventare vivente il pensiero, l’idea, il valore. Ma vivente è un presente! Metodologicamente non possiamo fare altro, se non vogliamo confonderci, che ritornare all’origine, come è sorto, come è cominciato.
Fu un avvenimento.
Il cristianesimo è un avvenimento, che salda il passato con il presente».
408
Giuss.: Perché hanno creduto i primi discepoli?:
«Per quella Presenza non per questo o quello che fece e disse. Credettero per una Presenza……una Presenza con una faccia ben precisa, una Presenza carica di parola, cioè carica di proposta, di significato».
409
Riesner teologo protestante:
«Il contributo di Giussani è stato quello di rimanere saldo nel testimoniare che qualsiasi siano le condizioni che sono date da vivere all’essere umano, nulla è per esso più importante della domanda sull’identità di Gesù Cristo.
Il cristianesimo, infatti, è prima di ogni altra cosa il legame della nostra persona umana con la persona divina di Gesù Cristo».
410
Giuss:
«E’ proprio dalla capacità che ognuno di noi ha e che ogni realtà ecclesiale ha di valorizzare come strada maturante ciò che appare come obiezione, persecuzione o comunque difficoltà, è dalla capacità di rendere strumento e momento di maturazione questo che si dimostra la verità della fede.
Del resto, è un’altra imitazione di Cristo che si impone, perché è attraverso la morte, attraverso la Sua agonia e la Sua morte che s’è visto che Cristo era veramente Figlio del Dio».
411
Giuss.: sempre a proposito del 68 e della contestazione in ambito ecclesiale:
«Il contestatore non è affatto che voglia la distruzione del cristianesimo, è che in lui il fattore predominante è la modulazione del cristianesimo secondo le categorie mondane, fino alla riconduzione del cristianesimo alle categorie mondane.
Insomma, il fattore prevalente è il mondano; in nome della concretezza, in nome dei poveri, in nome della serietà, in nome dell’impegno, in nome di tutto quello che volete è la ri-emergenza del fatto mondano come prevalente».
411
Giuss.: ma così facendo il cristianesimo diventa
«succedaneo a questo primo, deve servire questo primo, deve essere perciò modulato e flesso secondo questo primo. Una volta lo chiamavano modernismo».
«La nostra posizione è quella per cui è chiaro che il cristianesimo è l’annuncio dell’eterno al mondo.
L’eterno non è affatto qualcosa di sovrastante al mondo, ma è il significato che è dentro il mondo, il tempo e lo spazio.
Per cui l’annuncio è di qualcosa che è permanente. Ma che cosa è permanente? Non è la flessione sociale, non è la flessione culturale, perché quella cambia di generazione in generazione.
Il permanente è nella persona e basta, come avvenimento».
411
Giuss.:
«Le forze che muovono la storia sono le stesse che rendono l’uomo felice».
Infatti :
«la forza che fa la storia è un uomo che ha posto la sua dimora in mezzo a noi, Cristo.
La riscoperta di questo impedisce la nostra distruzione come uomini, il riconoscimento di questo introduce la nostra vita all’accento della felicità, sia pure intimidita e piena di reticenza inevitabile».
413
Giuss.:
«Se si riduce il cristianesimo a morale o ad azione, va perduta l’ontologia del fatto cristiano».
413
Ratzinger nell’introduzione al libro “Comunione e Liberazione: le origini (pag. 8,10)
«Io trovo sorprendente e grande che la parola emerga qui come segno di separazione e che ciò accada proprio in Giussani, un uomo che aveva rinunciato alla metafisica astratta per mettere al suo posto l’avvenimento».
«Qui sono restituiti alla ontologia i suoi diritti, ma ciò accade in modo assolutamente nuovo grazie al nesso stabilito con l’avvenimento;
si arriva cioè a far breccia in modo genuinamente cristiano verso l’Essere, verso il fondamento che ci sostiene».
413
Giuss.:
«Essere fedeli alla Chiesa, essere di Dio nella lotta del mondo, non si può esserlo se non per un annuncio continuamente vissuto».
Indice linkato dei vari capitoli
