Riassunto per appunti della “Vita di don Giussani”

Indice linkato dei vari capitoli

Capitolo 16 

Dall’utopia alla presenza”

L’amicizia con gli universitari (1970-1976) (463)

463

Giuss.:

«Nel progettare e nel compiere le azioni tutte le posizioni che l’uomo assume, con la volontà di eliminare il male nel mondo, partendo dal presupposto che il male sia nelle strutture, sono unilaterali: cioè costrette, per affermarsi, a dimenticare o a rinnegare qualcosa…allora tutte le analisi, tutte le manipolazioni delle cose fatte dalle mie mani, sono ambigue».

463

Giuss. spiega in che cosa consista la posizione del cristiano:

«Il mio atteggiamento nel mondo è diversissimo, perché sono colpito all’origine della mia persona dall’annuncio che Dio è diventato uomo, che è morto per gli uomini e che è risorto».

463

Giuss. di fronte ai problemi sociali illustrati sopra nascono quindi due metodi diversi.

«Nel 1° caso, il tempo non conta o tendenzialmente è nemico, nel 2° caso il tempo può essere parte di un disegno misterioso.

Nel 1° caso la pazienza è un orrore.

Nel 2° caso la pazienza è condizione indispensabile, consapevolezza energica e chiara del fine delle cose e del potere ultimo a cui obbedire, nel far andare avanti le cose, e tutta quanta la propria energia è protesa in questa obbedienza, e il sintomo di questa obbedienza è che uno non può perseguire un valore dimenticando o rinnegando altri.

La mia pazienza è drammatica, molto più drammatica di quella violenza».

464

«Io crederei di più nel vostro Salvatore se voi aveste di più lA FACCIA DI SALVATI»

Nietzsche

464

Giuss. per questo invita a favorire sopra ogni cosa, prima di ogni cosa, una amicizia:

«Occorre dunque, creare un fatto, un fatto nuovo dentro l’università, un fatto di Chiesa.

Occorre che nell’università cominci a rendersi presente un gruppo di gente che viva la comunione cristiana, secondo la sua implicazione intera».

464

Laura Cioni:

«Egli sosteneva con forza che lo specifico del cristiano era di rendere presente Cristo nel mondo e non invece immediatamente cambiarne le strutture.

Come era avvenuto nel corso della storia della Chiesa, l’affermarsi della fede avrebbe portato nei secoli alla nascita di una nuova cultura».

465

Giuss.:

«Non è l’attivismo, così come il moralismo che crea le situazioni vere». 

Che cos’è allora?

«La mia conversione».

E in che cosa consiste?

«Nel riconoscere quello che Lui ha messo alla radice del mio essere, riconoscere che sono una creatura nuova, io sono Tu».

465

Giuss.:

«Comunione e liberazione è una formula che definisce la tua personalità, la tua presenza nel mondo, non una associazione».

466

Giuss.:

«Abbiamo voluto dimostrare che vivere la vita, impostare la vita nella fede a Cristo fa diventare più intelligenti e più fattivi anche nelle cose di questo mondo».

472

Onorato Grassi:

«Ci ha insegnato a fare l’università, ad avere il gusto per la ricerca, attenzione scrupolosa alle parole e al loro uso, stima del ragionamento, dedizione al lavoro, ma, soprattutto, amore alla verità, disinteressatamente e spregiudicatamente».

473

Giuss.(durante una festa): 

«È molto bello vedervi così affiatati e contenti questa sera. Ma quando dentro la gioia del ballo scoprirete una nota di tristezza, vi accorgerete di una bellezza ancora più grande. Vi auguro che questo momento giunga presto».

475

Giuss. in una vacanza fotografa la situazione di CL:

«Ho visto fra voi molta gente di buona volontà, ma che è ultimamente stanca, fino a essere impacciata….Se siamo bloccati dalla fatica, vuol dire che siamo ancora immaturi nella percezione del motivo del nostro vivere e di tutto quel che facciamo».

Quindi invita tutti a riconoscere:

«Il problema non è la comunità, non è il Clu, ma sono <io>»;

infatti

«ciò che è in questione è la vocazione della mia vita: una identità cosciente e stabile».

475

Giuss.:

«L’unità di sé e l’unità con gli altri. L’unità di noi stessi la troviamo nell’unità di Cristo…e l’unità con gli altri ne è la conseguenza, conseguenza pura di questo.

Ma l’unità con Cristo è condizionata alla modalità con cui questa Presenza si rende sensibile, cioè al corpo in cui si rivela, vale a dire la vita della comunità in quanto realizza il mistero di Cristo».

475

Giuss. fissa anche i tre fattori che definiscono il modo nuovo di affrontare la realtà che nasce dalla fede:

« Si parte da una identità consapevole

Si entra, si interviene nella realtà provocando una reazione, è ciò che si chiama giudizio e prassi nuova.

Il metodo del giudizio parte dall’unità di me e, per questo motivo, il giudizio crea ed opera».

Pertanto in ogni cosa

«occorre salvare la propria appartenenza alla comunità.

Per l’intellettuale il problema principale è l’interpretazione;

per il sapiente è invece salvare la propria appartenenza al popolo».

475

Giuss.: E’ solo questa identità nuova che

«crea un soggetto agente nel mondo.

Non per le iniziative che fate, ma per quello che siete: tu aggreghi se sei».

475

Laura Cioni descrive così la situazione:

«Eravamo dei gran bravi ragazzi, ma una associazione di attivisti»;

durante un dialogo la giovane utilizza un’immagine che Giussani farà propria per descrivere la situazione:

 «Una grande fioritura senza radici».

Don Giussani intuisce che gli universitari vivono di reazione e non creativamente:

«Si rende conto che questo lentamente li spompa: lo vedeva in me e lo capiva anche dai colloqui frequenti che aveva con alcuni di noi».

Laura Cioni

476

Giuss:

«Quando siamo entrati in università ci sono stati momenti in cui lo struggimento, il desiderio o addirittura la passione per una realtà nuova, per qualcosa di nuovo, ci hanno animati.

Adesso viviamo in università senza più questo gusto, il gusto della vita nuova».

476

Giuss.:

«Le comunità hanno segnato una deficienza sterminata di questa capacità di missione.

Se non proponete attraverso la vostra amicizia ciò che vi rende liberi, prima di tutto vuol dire che non l’avete tanto a cuore, in secondo vuol dire che non siete amici di nessuno, perché

l’amicizia è dare quello che libera.

Non ci deve essere nessuno tra i vostri compagni con cui studiate nel corso che non trovi, attraverso l’amicizia che nasce, il legame di un volto diversamente puntato sul suo, che non possa vedere qualcosa, l’annuncio che noi portiamo»..

477

Giuss.:

«Di fronte all’attacco ideologico, rivoluzionario, ultimamente marxista, noi sprovveduti ci si diceva: e adesso cosa rispondiamo? Il cristianesimo dove va a finire qui?

Se tutto dipende dal progetto rivoluzionario, utopico, Cristo cosa c’entra?»

478

Giuss.:

Il cristianesimo infatti

«non è un messaggio di vittoria politica o di benessere sociale, o di perfezione morale, non è questo. Il cristianesimo non è una ideologia, ma sono delle persone che hanno incontrato Cristo.

478

Giuss.:

In questo frangente richiama al fatto che una presenza nella società è originale quando si fonda sulla consapevolezza della propria identità prima che sul tentativo di trarre conseguenze di ordine culturale, sociale e politico.

E l’identità cristiana è definita unicamente dal rapporto personale con Cristo e si manifesta come esperienza diversa, nuova tra le persone che si riconoscono cristiane.

Poiché i cristiani vivono come tutti nel mondo, sono di per sé una presenza visibile e incontrabile alla stregua di ogni altra realtà sociale.

Fu così sin dall’inizio, quando i primi seguaci di Cristo venivano identificati come coloro che si radunavano sotto il portico di Salomone, a Gerusalemme.

478

Laura Cioni annota questa frase del  Giuss.:  

«La novità non è l’avanguardia, gli intellettuali, ma il resto di Israele».

479

Giuss.:

«La fede non è una origine a cui si aggiunge qualcosa, ma è l’avvenimento della comunione con il Signore come la struttura del proprio essere,

è una origine che accade ogni istante come nuova e che, se vive, trasfigura quello che facciamo, trasfigura secondo i tempi del Signore l’esistenza intera”.

480

Giuss.:

«Il destino della nostra comunità, dipende dal

privilegio della presenza

contro

la tentazione dell’utopia».

480

Giuss.:

«Una presenza è originale quando scaturisce dalla coscienza della propria identità e dall’affezione ad essa, e in ciò trova la sua consistenza».

E l’identità è quella definita da san Paolo:

«né Giudeo né greco, né schiavo  né libero, né uomo né donna.

Tutti voi siete in Gesù Cristo» 

 Giussani commenta:

«questa è l’identità nostra….non esiste niente di culturalmente più rivoluzionario di tale concezione della persona».

480

Giuss.:

«Il termine utopia identifica una modalità di espressione che fa perno sul discorso, il progetto e la ricerca ansiosa di strumenti e di forme organizzative.

Non si costruisce una realtà nuova con dei discorsi o dei progetti organizzativi, ma vivendo gesti di umanità nuova nel presente.

Cedendo alla tentazione dell’utopia facciamo concorrenza agli altri, al loro stesso livello e ultimamente con gli stessi metodi».

481

Giuss.:

«Non si coagula la gente con delle iniziative, ciò che coagula è l’accento vero di una presenza, che è dato dalla Realtà che è tra noi e che abbiamo addosso: Cristo e il suo mistero reso visibile nella sua unità».

481

Giuss.:

«E deve, dunque, diventare una lotta che incomincia sempre e non è mai finita dentro di noi, perché la resistenza che troviamo in università, è l’oggettivarsi enorme della resistenza che è in noi».

481

Giuss.:

«La presenza ha come modalità di espressione un’amicizia operante, gesti di una soggettività diversa che si pone dentro il tutto, usando il tutto (i banchi, lo studio, il tentativo di riforma della università..ecc.), e che risultano prima di tutto gesti di umanità reale, cioè carità.

Ma con tale insistenza sulla presenza, in che senso interveniamo nelle necessità e nei bisogni di tutti e di qualunque natura privata e pubblica?».

Giussani chiarisce ricordando come è iniziato tutto:

«La presenza iniziale del movimento nel 54 era un interessamento ai compagni di scuola, e a partire da quel gesto di amicizia, abbiamo creato una struttura di grande di caritativa (vedi pag. 242 e ss.), non per un progetto politico ma per una condivisione del bisogno.

Lottare per qualcosa che non esiste ancora è la più grande illusione e quindi la sorgente più terribile di delusione della vita.

Perché l’uomo non è creatore: l’uomo collabora al manifestarsi di ciò che Dio ha già fatto come seme che si sviluppa, impianta fiore e frutto.

Il problema è, allora, quello di piantare il seme, cioè la presenza.

Si può manifestare solo ciò che già c’è; il disegno, il progetto è dentro il seme, dentro quello che già c’è, dentro il Mistero che siamo, e verrà a galla, per coerenza a suo tempo».

484

Cesana cita il Giuss.: 

«Un attimo prima di tutto c’è Cristo,

ma a voi non ve ne frega niente».

Cesana:

«Con questa frase don Gius ha cambiato la percezione della proposta del movimento, la percezione di me stesso».

485

Giuss.:

«Il movimento è un avvenimento da creare, non una organizzazione da pensare…sei in gioco tu».

486

Giuss.: altrimenti

«il movimento diventa una cosa tremenda: invece di mobilitare la vita e convertirla è una montagna di condizionamenti».

Per Giussani, al contrario, si tratta di

«immedesimarsi con una esperienza, con una realtà, con una persona vivente….

il resto è sentimentalismo e intimismo».

486

Giuss.:

«Parlavamo della decadenza del metodo.

Ora la decadenza di metodo si può formulare così: noi che siamo entrati nell’agone ecclesiale e sociale quali affermatori del cristianesimo come esperienza,

adesso privilegiamo l’intellettualismo sull’esperienza e con l’intellettualismo si accompagna a un esasperato attivismo.

E questo è gravissimo.

Ognuno di voi ora può dire: il movimento non è la mia vita, meglio, la vita mia non  è movimento; il movimento è una serie di condizionamenti alla mia vita, che non è perciò evocata da esso».

486

Giuss.:

«Siamo così tenaci nell’amor proprio che, senza l’esperienza del nostro limite, non diremmo con autenticitàDio sei tutto, io sono niente”».

Queste invece sono le verità uniche della vita.

Dio è tutto e il resto è niente,

meglio, il resto è, nella misura in cui riconosce i rapporto con Dio».

487

Giuss.:

« E’ venuto il tempo della persona».

Ma dire “persona” non è pronunciare una parola generica o un concetto astratto. Nel vocabolario di Giussani,

ciò che urge affinché la persona sia, affinché il soggetto umano abbia vigore in questa situazione in cui tutto è strappato dal tronco per farne foglie secche è l’autocoscienza, come percezione chiara ed amorosa di sé, carica della consapevolezza del proprio destino e dunque capace di affezione a sé vera, liberata dalla ottusità istintiva dell’amor proprio».

487

Giuss.:

«La drammaticità della vita consiste nella lotta tra la pretesa affermazione dicome criterio della dinamica del vivere e il riconoscimento di questa Presenza misteriosa e penetrante»..  

488

Giusss.: Ma come si realizza questo riconoscimento?

«Il fenomeno che permette alla personalità di realizzarsi è l’iniziativa; l’iniziativa che documenta l’inizio di una identità cristiana vera è il desiderio della Memoria di Cristo, il desiderio della consapevolezza di Lui, della sua Presenza.

Avere il coraggio di affermare che il problema fondamentale è rendere abituale il desiderio del Suo ricordo, la coscienza della Sua Presenza non può non giungere a noi come qualcosa di astratto, che si aggiunge o che si sovrappone a problemi avvertiti come più pressanti e concreti».

Ma in chi la pensasse così l’esito sarebbe un tradimento della natura del Movimento.

488

Giuss.:

«Il desiderio del ricordo di Cristo matura come storia in noi, cresce non automaticamente ma, come cresce ogni nostra capacità, seguendo qualcuno».

488

Giuss.: il tema del maestro da seguire è decisivo all’interno di un cammino di educazione cristiana fedele alla tradizione della Chiesa. Infatti, conclude:

«In questa sequela si nasconde e vive la sequela a Cristo.

Non l’attaccamento alla persona, ma la sequela a Cristo è la ragione della sequela tra di noi.

A questa magisterialità deve tendere l’amicizia tra noi, poiché vero amico è colui che, nella discrezione e nel rispetto, aiuta l’altro verso il suo destino».

488

Giuss.:

«La comunità nel suo aspetto contingente, in ciò per cui ti tocca, non è la mediazione tra te e il Signore, perché il rapporto che Cristo ha instaurato con te è costitutivo della tua persona, la comunità è piuttosto la misura totale della tua persona, ciò che sei nel profondo»

«Questo elimina l’individualismo, perché scende nel profondo dell’essere e non gli si giustappone soltanto, come fanno tutte le ideologie».

489

Giuss.:

«La soluzione dei problemi non avviene direttamente affrontando i problemi, ma approfondendo la natura del soggetto che li affronta»

In altri termini, 

«Il particolare lo si risolve approfondendo l’essenziale».

489

Don Scola sottolinea che chi non è educato a vivere l’interezza della vita cristiana compie una «scelta religiosa che ti fa stare in pantofole dalla sera alla mattina».


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