Riassunto per appunti della “Vita di don Giussani”

 Capitolo 19

“Una irrevocabile distanza critica”

La seconda metà degli anni 70 (531)

533

Giuss.: circa il rapporto con la politica:

«La moltiplicazione e la dilatazione di comunità cristiane vitali ed autentiche non può che determinare la nascita e lo sviluppo di un movimento il cui influsso sulla società civile tende inevitabilmente ad essere sempre di maggior rilievo;

l’esperienza cristiana diventa così uno dei protagonisti della vita civile,

in costante dialogo e confronto con tutte le altre forze e le altre presenze di cui questa si compone».

534

Giuss..:

«C’è fra di noi in quanto Cl, ed i nostri amici impegnati nel Mp e nella Dc, una irrevocabile distanza critica.

Per essere riconosciuti, per essere oggetto dell’attiva simpatia da parte nostra, e per venire più facilmente seguiti dai singoli membri della comunità, essi devono parteciparne ed accettare continuamente che le loro scelte siano sottoposte al giudizio comune, che emerge dalla vita delle comunità, dai suoi bisogni e dai criteri che in essa si affermano e trovano verifica»

E sottolinea:

«a questa distanza critica, non rinunceremo mai».

534

Giuss.:

«Del resto se non fosse così, cioè qualsiasi realizzazione per il solo fatto di essere stata promossa da persone di Cl – sia pur note e rappresentative – diventasse meccanicamente “del movimento”, l’esperienza ecclesiale finirebbe per essere strumentalizzata, e le comunità si trasformerebbero in piedistalli, ed in coperture di decisioni e di rischi che invece non possono che essere personali».

535

Giuss.:

«Cl è un tentativo di evocazione e di educazione alla fede cristiana,

ha perciò un suo patrimonio di ideali, di criteri, di valori, svolti secondo un determinato metodo pedagogico che non ha altri obbiettivi se non quello di attuarli e concretizzarli».

536

Pasolini:

«Conosco anche – perché le vedo e le vivo – alcune caratteristiche di questo nuovo potere ancora senza volto»,

per esempio puntualizzava,

«la sua decisione di abbandonare la Chiesa, la sua determinazione (coronata da successo) di trasformare contadini e sottoproletari in piccoli borghesi, e sopratutto la sua smania, per così dire cosmica, di attuare fino in fondo lo “Sviluppo”: produrre e consumare».

Soprattutto, Pasolini terminava l’articolo osservando che il fine del potere è

«l’omologazione brutalmente totalitaria del mondo».

537

Giuss:(rapporto con Pasolini)riferendosi ai suoi articoli scrive:

«Il delitto del nostro tempo è di aver provocata, poi teorizzata, quindi resa sistematica, la rottura fra la coscienza religiosa del popolo, migliaia di anni l’avevano costruita, e la situazione umana che il popolo deve vivere.

Perché la rottura fra queste due cose divide l’uomo, spacca l’uomo, perché l’uomo vive del problema del pane e del companatico, vive del problema dei figli e della difficoltà d’un matrimonio umano, vive di questi problemi, vive del problema di una società in cui ci sia la libertà espressiva per i sentimenti umani.

Ebbene, la società di oggi pretende di affrontare questi problemi a prescindere, astraendoli, strappandoli via da quel sentimento del cuore che costituisce il luogo dell’unità del tutto».

544

Ci sono due test per verificare se CL educa persone mature:

1° – Se fa cresce della gente con forte senso della vita come vocazione e quindi come compito.

2° – se genera delle persone capaci di prendersi la loro responsabilità insieme agli altri uomini, creando strutture impostate secondo i propri valori, in collaborazione con chi li riconosce, dentro la vita sociale.

545

Nazareno Fabretti giornalista:

«Comunione e Liberazione è di nuovo nell’occhio del ciclone.

Nei conflitti studenteschi delle scorse settimane in varie città, è toccato al movimento l’urto più brutale.

Dicono di CL tutto il male possibile.

Dicono che è il nuovo integralismo, il tarlo del Vangelo, una sètta….Dicono che sono falsi progressisti, falsi credenti, falsi pluralisti, falsi ecumenici. E altre cose ancora anche più gravi».

546

Giuss.:

«Le botte sono una realtà e la cronaca di ieri e di oggi parla chiaro: a prenderle siamo stati sempre noi di CL».

546

Giuss.: rispondendo al giornalista circa lo specifico che Cl intende offrire alla società:

«Prima di tutto un mondo più umano, più unitario, coordinato e globale di credere.

Sia un cristiano che un non cristiano vedendo la gente che vive il Vangelo in modo più umano, non possono non arricchirsi di speranza.

In secondo luogo, vorremmo offrire moduli culturali e sociali, associativi e operativi conseguenti a questo impegno di fede.

Moduli certo imperfetti, magari sbagliati, ma sempre correggibili, per animare e trasformare dinamicamente la realtà». 

548

Giuss.: osserva:

«Il rischio è quello di vivere la comunità come luogo di rifugio e di comodo»,

tanto che,

«per la stragrande maggioranza della nostra gente, comprese le diaconie, c’è il pericolo che la comunità sia la risoluzione del proprio problema di convivenza sociale».

Invita, quindi, a non ritirarsi dall’impegno con la realtà, seppure una realtà difficile e per tanti versi ostile:

«se non diventate capaci di sposare le situazioni in cui Dio vi ha convocati, voi non sposerete neppure la vostra donna, perché mettervi dentro la situazione è esattamente il modo, è la strada fatta di concretezza con cui il Padre ti educa all’immedesimazione con la donna, i figli, con gli altri nella vita».

549

Giuss.:

«Tutte le nostre comunità soffrono la cattiveria del mondo, menzogna, violenza, impedimento alla libertà di esprimersi e di radunarsi.

Ma è dalla mortificazione che sorge la resurrezione.

La maturità della nostra fede, ecco la resurrezione.

Ognuno di noi diventi personalmente consapevole che Cristo è il valore supremo della vita.in quest’ora drammatica per il nostro Paese, per il nostro movimento e quindi per ciascuno di noi, la carità ci deve far vivere più appassionatamente e più capillarmente, la responsabilità verso i compagni vicini, gli amici, senza che ci limitiamo soltanto a seguire i raduni o a partecipare a iniziative».

550

Giuss.: colloca le riflessioni a livello metodologico, indicando i due cardini che ogni sana proposta educativa deve prevedere:

«Il di natura teoretica: i contenuti della fede hanno bisogno di essere abbracciati ragionevolmente, debbono cioè essere esposti nella loro capacità di miglioramento, di illuminazione ed esaltazione degli autentici valori umani».

Il  cardine sottolinea che la presentazione dei contenuti della fede:

«deve essere verificata nell’azione, cioè l’evidenza razionale può illuminarsi fino alla convinzione solo nell’esperienza di un bisogno umano affrontato dall’interno di una partecipazione al fatto cristiano».

Qui si colloca la persuasione di Giussani che una tale metodo implica sempre un rischio, perché

«non può pretendere di essere una dimostrazione matematica o comunque apodittica.

E si entra in rischio quando si dice che è dall’esperienza che una convinzione può scaturire: non si tratta infatti di un feeling da evocare, di un’emozione pietistica da suscitare, ma di un impegno che non può barare; si è quindi alla mercé delle sabbie mobili della libertà».

È una risposta alle accuse di integralismo mosse al movimento fin dagli anni sessanta. L’educazione, infatti, non ha niente di deduttivo e di meccanico, ma si affida alla libertà di una verifica che il giovane deve compiere.

551

Giuss.: lo scopo del fenomeno educativo è sostanzialmente questo:

«Introduzione alla realtà totale, ecco cosa è l’educazione.

La parola “realtà” sta alla parola educazione, come la meta sta al cammino.

La meta è tutto il significato dell’andare umano, essa è non solo nel momento in cui l’impresa si compie e termina, ma anche ogni passo della strada.

Così la realtà domina integralmente il movimento educativo passo passo e ne è il compimento».

551

Giuss.: introduce il tema della TRADIZIONE intesa come

«quel dato originario con tutta la struttura dei valori e dei significati” che è “una specie di ipotesi esplicativa della realtà, senza cui nulla si muove, nulla si conquista».

551

Giuss.: porta un affondo sul concetto di AUTORITA’:

«L’esperienza dell’autorità sorge in noi come incontro con una persona ricca di coscienza nella realtà, così che essa si impone a noi come rivelatrice, ci genera novità, stupore, rispetto.

C’è in essa una attrattiva inevitabile, e in noi una inevitabile soggezione». L’autorità è «l’espressione concreta della ipotesi di lavoro»,

di più

«l’autorità è in qualche modo il mio io più vero.

Spesso invece l’autorità si propone ed è sentita come qualcosa di estraneo, che si “aggiunge all’individuo”».

551

Giuss.: la figura dell’autorità è centrale affinché si attui la verifica della proposta che viene dalla tradizione

«e ciò può essere fatto solo dall’iniziativa del ragazzo e da nessun altro per lui».

552

Giuss.:

«Questo amore alla libertà fin nel rischio è soprattutto una direttiva che l’educazione deve tener presente.

Il maestro è colui che comunica una verità divenuta esperienza per sé».

552

Giuss.:

«Quanto più uno vive, quanto più è acuto e vivace, quanto più uno ha intelligenza e sensibilità, tanto più la sua vita è trama di incontri ed ogni incontro è una proposta di affermazioni o cose, o persone o avvenimenti.

In questo immenso coro di proposte, che costituisce la trama della nostra esistenza, l’uomo, per natura, è spinto a paragonare ogni singola proposta con quel complesso di evidenze, di strutture originali che costituiscono il suo essere.

La proposta fatta appare in questo paragone sollecitatrice delle mie esigenze autentiche, valorizzatrice delle mie possibilità; è allora che immediatamente io sento simpatia verso di essa e l’approvo».

552

Giuss.: ritorna sul tema dell’adulto chiarendo che non lo è necessariamente:

«Chi fa il discorso, chi proclama il metodo e neanche chi è responsabile delle iniziative o guida delle cose da fare»

ma è piuttosto,

«chi tende a vivere i rapporti, come diceva S.Paolo, in Cristo, così vive quella grande fisionomia del cristiano che ha varcato le soglie di una maturità di fede (ed è il momento in cui si sente più piccolo): una fisionomia piena di baldanza e di vittoria perché Cristo è risorto».

553

A Giussani la situazione presente richiama un altro momento della storia, 1500 anni prima, all’epoca di Benedetto:

«I disordini, le invasioni barbariche, impedivano ogni stabilità e costruttività e Benedetto visse la sua fede mettendosi a lavorare, e lavorava pregando e pregava lavorando. “Ora et labora” è una frase latina che indica un concetto solo:

quella preghiera che è vita e quella vita che è preghiera».

E come allora, anche oggi essere cristiani significa vivere

«una resistenza al mondo, alla mentalità comune».

Ma chiarisce subito che questa resistenza non avviene

«agitandosi o facendo chissà cosa».

Si tratta, piuttosto, di portare

«dentro il mondo, cioè dentro l’ambiente, uno sguardo ed un atteggiamento nuovi, un giudizio e un’affezione alle cose e alle persone, fino ad esplicitare il motivo della gioia in noi, la consapevolezza della nostra fede».

554

Giuss.: offre una descrizione del seguire che resterà per sempre una pietra miliare del suo metodo educativo:

«la sequela è il desiderio di rivivere l’esperienza della persona che ti ha provocato e che ti provoca con la sua presenza nella vita della comunità, è la tensione a diventare non come quella persona nella sua concretezza piena di limiti, ma come quella persona nel valore a cui si dà e che redime in fondo anche la sua faccia di povero uomo;

è il desiderio di partecipare alla vita di quella persona nella quale ti è portato qualcosa d’ALTRO, ed è questo ALTRO a cui sei devoto, ciò cui aspiri, cui vuoi aderire dentro questo cammino.

Lo scopo di tutto quello che facciamo è l’incremento della persona e il Movimento esiste per questo».

Quindi fa un’amara constatazione:

«ci possono essere ragazzini che vivono da adulti e adulti che vivono da ragazzini».

555

Paolo VI, in udienza generale si rivolge così a 150 ciellini fiorentini:

«Siamo molto attenti alla affermazione del vostro programma che andate diffondendo, del vostro stile di vita, dell’adesione giovanile e nuova, rinnovata e rinnovatrice, agli ideali cristiani e sociali che vi dà l’ambiente cattolico in Italia. Vi benediciamo e con voi benediciamo e salutiamo il vostro fondatore, don Giussani».

«Vi diciamo grazie per le attestazioni coraggiose, forti e fedeli che date in questo momento particolarmente agitato, un po’ turbati per certe vessazioni e certe incomprensioni da cui siete circondati».

«Siate contenti, siate fedeli, siate forti e siate liberi di portare intorno a voi la testimonianza che la fede cristiana è forte, è lieta, è bella e capace di trasformare davvero nell’amore e con l’amore la società in cui essa si inserisce. Tanti auguri e tante benedizioni!».

557

Testori: per l’uccisione di Aldo Moro:

«L’uomo e la sua società stanno morendo per eccesso di realtà, ma di una realtà privata del suo senso e del suo nome: privata cioè di Dio.

Dunque di una realtà irreale».

557

Giuss.:

«Moro è stato ucciso in nome della ideologia, di una analisi politica e di un conseguente programma di azione inevitabilmente certi di cambiar la società.

Da dove è venuta questa certezza infallibile fino ad essere violenta? Dall’astrazione.

Una nuova speranza non si fonda su una sintesi di idee, ma su una certezza di vita.

Su fatti che sono entrati nella nostra vita, incominciando a liberarla a poco a poco, regalandole la gioia insperata di una coscienza nuova di sé, del rapporto con gli altri e con le cose….Questo è quanto ci suggerisce il cristianesimo».

«Domandiamo a noi stessi e a tutti quale speranza abbiamo, di quale vita e società siamo portatori».

558

Storia di una amicizia fuori dagli schemi cattolicisti e laicisti con Testori

560

IL SABATO – genesi

561

Nelle cose necessarie l’unità, nelle cose dubbie la libertà, in tutte le cose la carità.

564

Giuss.:

«La perfezione non è normalmente l’automatismo di certi esiti, il benessere umano, la felicità non sono frutti meccanici.

Occorre certo che sia vero l’atto di ripetere principi.

Occorre esso stesso non diventi menzogna, cioè non diventi formalismo….. non c’è niente di più realistico dell’affermazione del principio giusto, con accanimento e fedeltà.

E il tempo produrrà il cambiamento».

565

Giuss.:

«Non c’è altra strada, al fondo, oltre questa curiosità desiderosa destata dal presentimento del vero».

568

Giuss.:

«La fede investe la totalità della persona, quindi muta il soggetto, perciò non può non qualificare l’azione che poi il soggetto realizza».

569

SENSO RELIGIOSO – ANNI 1978-1979 Ciclo di lezioni al PIME.

Vi partecipa anche Carmine di Martino studente al primo anno di filosofia:

Una passione per la razionalità pervadeva ogni sua parola; tutta l’impostazione del suo discorso era tesa a documentare che la ragione non doveva essere temuta o addomesticata, ma utilizzata fino in fondo, secondo tutta la sua portata, con la massima lealtà”.

570

Giuss.:

«Non sono qui a dirvi cose su cui dovete essere d’accordo, ma a darvi un metodo per giudicare tutto, a cominciare dalle cose che io vi dirò».

571

Giuss.:

«La vita si impara seguendo chi vive: non perché è migliore di te! Può essere un miliardo di volte peggiore di te.

Ma come metodo, come atteggiamento di vita, come comportamento….come atteggiamento applicativo è un esempio.

Si segue un esempio, non si segue un discorso».


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