Riassunto per appunti della “Vita di don Giussani”

Capitolo 22

Certi di alcune grandi cose

L’attentato di Giovanni Paolo II e i primi anni Ottanta (607)

607

Giuss. e padre Blachnicki si incontrano e insieme scrivono al Papa:

«La via alla maturità della fede è unicamente l’incontro con la persona vivente del Cristo»,

e che la coscienza di questa fede matura

«rende capaci di giudizio critico sulla realtà circostante, alla luce del valore ultimo della persona, che si realizza nella comunione con Cristo e gli altri».

Aggiungevano che la persona, così liberata, si rende protagonista di un’attività creativa nella vita sociale e culturale.

In questo modo, i movimenti diventano una forma di «autorealizzazione della Chiesa».

608

Giuss.: a seguito dell’attentato al Papa si confida a Renato Farina:

«Dopo un senso di improvviso vuoto come chi è davanti a un fatto impossibile, ho scorto l’inevitabilità di quello che era avvenuto.

Chi difende l’uomo – lo sappiamo da Gesù Cristo – deve passare attraverso tutto il rischio della vita, fino a quello estremo».

«Qualunque sistema di leve abbia mosso quel  braccio, è il potere. È il potere strumentalizzante e alienante che domina questa cosiddetta civiltà d’oggi essenzialmente atea.

Esso vede nel Papa l’unico vero avversario, l’unico nemico.

Lo vede così perché è solo affermando nell’uomo il rapporto con Dio che si libera quest’uomo  dalle maglie del potere».

609

Giuss.: scorge le radici della violenza nell’affermazione dell’istinto di possesso, presente in ogni uomo, che

«in una società atea si libera totalmente».

Egli riconosce che con l’attentato

«è diventato più trasparente, più lucidamente razionale come il senso della vita stia solo nell’impegno della testimonianza a quel vero valore  dell’uomo per il quale il Papa rischia la vita».

611

Giuss.: essere più poveri significa

«essere certi di alcune grandi cose».

Il cristiano è certo di alcune grandi cose, e perciò

«costruisce la cattedrale e vive nelle catapecchie, centomila volte più uomo di chi ha come orizzonte ultimo l’appartamento totalmente confortevole e poi, se viene, dà anche l’obolo alla Chiesa».

612

Giuss.: sottolinea le due “grandi cose”:

« E’ la presenza tra noi del Mistero che fa tutte le cose, sotto forma umana: è diventato uomo, e questa realtà è fra noi e niente potrà mai estirpare dalla carne delle storia, dalla carne del tempo e dello spazio, questa Presenza, neanche il tradimento o l’obliterazione che tutti noi facessimo».

« E’ la nostra compagnia». «Fossimo anche 1000 volte più meschini di quello che siamo, la nostra compagnia è una cosa sacra, grande, perché essa è come l’involucro, è come il segno della cosa grande che è la ricchezza della nostra povertà».

612

Decreto di riconoscimento dei Memores Domini 14 giugno 1981.

614

Giuss.: ai Memores:

«Abbiamo un compito, un posto che non ci è lecito disertare, perché questo posto non ce lo siamo scelti noi, ma ci è stato dato. E io dico sempre che la vocazione è data da Dio, il quale ce la fa trovare addosso e non è scelta da noi«.

Cita la lettera a Diogneto:

Dio li ha messi in un posto tale che ad essi non è lecito abbandonare».

615

Giuss.:

«La verità è riconosciuta da pochi, mentre la menzogna domina tutti».

Ma questo

«Non è un obiezione, è semplicemente riconoscere in modo chiaro che occorre, per fare il nostro cammino, una forza di ragione e una forza di sentimento, una energia affettiva».

615

Giuss.: la presenza cristiana non è altro che essere sé stessi:

Si possono fare delle attività che non vogliono dire niente, mentre si può essere impediti di fare tutto, ma se c’è un cuore c’è una presenza.

La presenza è come un alone di luce, una sorgente di chiarezza che è in noi, è il modo con cui io sono.

La presenza è un cuore, cioè una faccia».

Un cuore e una faccia diversi, che spiega, per loro natura si oppongono alla mentalità dominante.

616

La scritta su un muro e la lettera di un giornalista che il Giuss. giudica di una assoluta disumanità e obbrobrio.

616

Giuss.: commenta la lettera e la scritta:

«(per questo mondo) pervaso da un senso di smarrimento e di distruzione solitaria – per cui il borghese scrive su un giornale quella preghiera per un bambino,  e il metalmeccanico scrive una frase così metropolitana mentre va a lavorare -,  La salvezza è Cristo, cioè la nostra presenza, Cristo diventa cuore per noi e attraverso di noi per il mondo”.

617

14 settembre 1981 GPII firma la Laborem exercens

617

Giuss.: il Papa chiede a Cl durante un convegno di essere lieti, fieri, e impegnati. Giuss. commenta:

«Scoprire e realizzare il proprio essere cristiani con LETIZIA certezza povera di abbandono.

Fierezza cioè nobiltà come coscienza della grandezza a cui apparteniamo e tenacia di fedeltà.

Impegno: cioè impeto di condivisione dei drammatici bisogni umani, devozione e sacrificio per liberarli».

618

convegno dei movimenti …tutti dal 23 al 27 settembre 1981.

618

Giuss.: conclude il convegno sintetizzando i numerosi contributi:

«Tutta questa esperienza è per un’utilità del mondo, un’utilità per i propri fratelli.

Questa è la missione inerente all’esperienza che lo Spirito detta: liberare l’uomo dalla paura diceva padre Blachnicki….morte e schiavitù del potere sono certamente parole che son risuonate a tutti nell’animo quando ha usato queste parole».

«Cos’è un movimento nel mistero di Dio, nel cosmo, nella storia, nella Chiesa tutta? Un particolare; ed è in questo particolare che la ricchezza si concreta, si esistenzializza.

Dice San Paolo che il Signore non ha tergiversato tra il sì e il no, il Suo è stato un sì.

Bene, movimento è il nostro sì»

623

Giuss.: alla domanda: «come credere alla divinità di Gesù, noi che non eravamo presenti?». Il modo c’è ed è alla portata di ciascuno, perchè:

«la compagnia che da Cristo è nata ha investito la storia: è la Chiesa, suo Corpo, cioè modalità della Sua Presenza oggi.

Da questo può nascere l’evidenza razionale, pienamente ragionevole, che ci fa ripetere con certezza ciò che Lui, unico nella storia dell’umanità, disse di sé: io sono la via, la verità e la vita».

624

Giuss.:

«La libertà, essendo un fenomeno estremamente discreto nelle mosse, si decide proprio quasi senza che uno se ne accorga, e la decisione è apertura verso la realtà, oppure chiusura alla realtà; pretesa di giudicare la realtà dal pancone delle proprie misure, oppure stupore umile, anche sofferto, anche doloroso, di fronte a ciò che è, che non è nostro, che diventa nostro se l’abbracciamo».

626

Giuss.:

«Ciò per cui entravo in quella scuola [il Liceo Berchet], ciò per cui stavo tutto affogato nella discussione, ciò da cui nascevano gli spunti intuitivi, le urgenze di valori, era che c’era Cristo, era che Dio si era fatto uomo e percorreva la storia, e la percorreva dentro me stesso, dentro le mie membra, dentro la mia coscienza e dentro il mio cuore, dentro la mia persona.

Ed era un avvenimento tale che doveva investire la gente che avevo attorno».

626

Giussani si lascia dettare la modulazione del passo da quel che accade, mosso da una sensibilità e da una attenzione implacabili per il colpo che viene dal reale e dall’altro, per le sfide della storia, per l’incrociarsi delle circostanze culturali, sociali, politiche.

631

GPII: al Giuss.:

«Voi siete senza patria»

«Il vostro modo di affrontare i problemi umani è molto simile al mio, anzi, dirò, è lo stesso» 

«Esattamente come dicono di me, dicono di voi; definiscono voi così, come definiscono me così».

E ancora:

«Dove il Papa viene accolto venite accolti anche voi».

632

Per Giussani è una cosa stupefacente,

«raramente è accaduta nella storia, che un Papa identifichi la propria esperienza di fede che propone a tutta la Chiesa, che la trovi corrisposta, identificata in una determinata esperienza, nella determinata esperienza di un gruppo».

E subito commenta:

«ma se è stupefacente, è di una terribile responsabilità».

633

Giuss.: riconosce che Testori, a partire da una esperienza di male, ha riconquistato una posizione di fede

«attraverso l’unico metodo conosciuto dal cristianesimo per la risurrezione della vita, perché la vita diventi vera, che è la sofferenza. (Le opere) Conversazione con la morte, Interrogatorio a Maria, Factum est confermano quanto, attraverso la sofferenza e la morte, non è il gusto della sofferenza e della morte, ma il gusto della vita che trionfa».

633

TESTORI:

«Vi vorrei invitare a essere più legati, più impastati, senza dimettere niente della verità, niente della carità, niente dell’amore, niente della giustizia, niente della speranza, essere più impastati col disastro del nostro tempo, perché questo tipo di compagnia è per tutti. Ma questa forma non può essere appiccicata con la saliva; è meglio che nasca stentata, piccola, ma dentro cui passino gli occhi di Cristo».

635

Giuss.:

«E’ importante, nella vita, costruire.

Perciò dal punto dove sei, anche se come circostanze ti sembra un pò infausto, ti sembra un pò penoso, per favore, attraversale!

Ricordatevi questo aforisma: non bisogna naufragare nelle circostanze, ma navigare nelle circostanze»

Spiega che navigare è la prua verso il destino, mentre naufragare è la prua verso gli abissi dell’oscurità.

636

Giuss.:

«Lo scetticismo bisogna troncarlo, tagliarlo con una spada, entrare dentro decisamente come impegno.

Allora lo scetticismo svanisce e uno prova, vale a dire, sperimenta e verifica.

Per Giussani verificare significa paragonare l’ideale, la proposta ideale con la realtà in cui si è impegnato».

636

Giuss.:

«Aspettatevi un cammino non un miracolo che eluda la vostra responsabilità, che eluda la vostra fatica, che renda meccanica la vostra libertà».

636

Giuss.:

«Finora hai potuto seguire senza capire, anche senza essere teso a capire. E finora hai potuto seguire senza amare niente; adesso dovrai cominciare ad amare realmente, dico, la vita e il suo destino.

Altrimenti sì, se non sei teso a capire e non sei teso ad amare la vita e il suo destino, allora ci lascerai: solo in questo caso».

636

Giussani non tollera persone che lo seguano supinamente, come si va dietro a un trascinatore folle.

Per lui è decisivo che chi accetta di coinvolgersi con la sua proposta lo faccia impegnando tutta la propria intelligenza e la propria libertà.

La vita cristiana, infatti, ha le sue ragioni che egli invita a scoprire per non rimanere degli eterni immaturi.

637

Giussani parlando di Leopardi:

«ci hanno insepolcrati vivi nella cultura post-rinascimentale, illuministica, razionalista, moderna».

E Leopardi, purtroppo,«ne è stato una vittima».

Proprio a questo punto emerge il limite in cui è finito il poeta:

«Leopardi non ha avuto un incontro amico che gli rendesse facile, o più facile questa osservazione. E’ sempre fuggito lontano dal suo cuore, da quel cuore che è la ragione.

Forse, per dire proprio tutto, a Leopardi, che aveva un senso etico fortissimo in certi campi, mancò un’ultima banda di animo, e proprio lì si rivelò fragile, anche eticamente….Forse Leopardi non ha trovato amicizia sufficiente, che lo rincuorasse fino a questo punto».

638

Giussani cita la Guadium et spes:

«Cristo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore, svela anche pienamente l’uomo all’uomo e gli fa notare la sua altissima vocazione».

638

Giuss.:

«Una fede che non abbia nulla a che vedere con la vita e con tutte le sue urgenze più significative….prima risulta inutile e poi, col tempo, viene meno».

638

Giuss.:

«In questi anni del post conciclio progressiti e integristi in modo non dissimile tra di loro, hanno ritenuto la fede un dato acquisito.

In fondo hanno dato per scontato che la Chiesa esista, dimenticando che di Essa, del suo Mistero, bisogna fare una certa esperienza.

La Chiesa, invece, avviene e cresce continuamente nel cuore degli uomini e nel vivo degli ambienti e delle situazioni sociali nell’incontro con la presenza viva di Gesù Cristo, nell’arricchirsi esistenziale della certezza di questo incontro, nello sperimentare la sua reale capacità di salvare l’umano in tutta la sua drammaticità e quotidianità».

639

Giuss.:

«Puoi essere indifferente a te stesso, ma non così da togliere alla tua vita la possibilità della paura, ma più ancora, prima ancora, più acuta ancora che non la paura, il desiderio della bellezza e del destino».

Sono parole con le quali Giussani intende riaprire la partita della vita: anche la situazione più sfavorevole non riesce a cancellare del tutto l’impeto del cuore verso qualcosa di bello e di diverso, per quanto indefinito.

640

Bakanibona primo martire di CL.

642

Giuss.: «Non posso essere solidale con il dramma umano della gente se il mio bisogno umano non è provocato a paragonarsi con Cristo».

642

Giuss.: «Se il movimento, non è una avventura per sé e non è il fenomeno d’un allargarsi del cuore, allora diventa un partito, che può essere sovraccarico di progetti, ma nel quale la singola persona è destinata a rimanere sempre più tragicamente sola e individualisticamente definita».

644

Giuss.: racconta di una frase detta da Alfredo Fecondo. «Nel silenzio generale attento, “Colui che è tra noi” è stato detto in modo tale che è il ricordo che mi commuove di più in trent’anni». E con stupore dichiara: «Perché che Cristo sia passato attraverso le nostre mani e le nostre parole, e in questo modo, è realmente una cosa estremamente commovente. Per Te che sei tra noi, per Te mangio e bevo, veglio e dormo, vivo e muoio».

645

Giuss.: «E se la fede investe e cambia la vita, la tua presenza dovunque diventa diversa, cioè diventa una presenza».

645

il Pontefice annuiva mentre gli parlava del rischio che Cristo possa essere ridotto «a simbolo di un aspetto di una vita che nei suoi interessi si svolge a prescindere da Cristo. È questo il dualismo che mina la fecondità e specialmente l’impeto missionario della cristianità: una antropologia senza Cristo». Ricorda anche di aver detto al Pontefice: «Per noi il cristianesimo è un avvenimento che investe l’uomo dovunque e comunque agisca. Non sostituisce nessun lavoro, non sgrava dall’obbligo di nessuna ricerca, non crea alternative a nessuna delle esigenze che gli oggetti da studiare o da fare implicano, ma cambia l’uomo, cambia il cuore”.

647

Giuss.: a dei giornalisti spiega che cosa è la missione di CL: «Collaborare al rinnovamento della coscienza che l’essenza del cristianesimo è un fatto nuovo, fisicamente presente nel mondo iniziato da Cristo e prolungato nel segno sacramentale del suo corpo, cioè la Chiesa”.

648

meeting 1983 Olivier Clement (profezia): «Noi apparteniamo all’epoca post Hiroshima, in cui la morte non segna più solo il destino dell’individuo, ma dell’intera umanità …l’uomo rischia di diventare un fantoccio che subisce manipolazioni psicologiche e biologiche, un oggetto passivo del conformismo sociale, delle mode culturali, del potere e del profitto e non più un oggetto animato dalla libertà. Alcuni, però, anzi direi molti, hanno rifiutato e rifiutano di arrendersi».

649

Risposta del Giuss. a Clement: «Io ci tengo alla mia libertà, la libertà è un irrinunciabile: non esiste persona, non esiste un io se non nella libertà. Quando l’uomo è capace di valutare e di giudicare ciò che compie alla luce di quello che in qualche modo riconosce come ideale, questo giudicare è libertà»….«La libertà è capacità di giudizio e di capacità di responsabilità». Giussani continua: «La libertà di Dio costringe alla libertà l’uomo, costringe l’uomo a prendere posizione…E’ la scelta di fronte all’Essere”.

649

Giussani conclude: «Libertà è la capacità di affermare l’essere, è la capacità di affermare il reale. Per questo l’accettazione di ciò che Dio ha fatto, di ciò che Dio, il Mistero ha creato – il Mistero che si è rivelato, che ha detto “io”, “io sono la via, la verità e la vita”; accettare ciò che in Cristo è stato creato, questa è la libertà dell’uomo. Affermare l’essere».

650

Olivier Clement: «(Giussani) detestava le paure, gli interdetti, così come i rifiuti paralizzanti. Bisogna intensificare la vita, diceva».


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