Riassunto per appunti della “Vita di don Giussani”

Capitolo 24

“Auguro a me e a voi di non stare mai tranquilli”

La seconda metà degli anni Ottanta

679

Giuss.: al meeting dell’85 racconta di Gesù che

«si scosta sul sentiero, passa un funerale, una donna singhiozza dietro il feretro e Lui domanda:” Cosa succede?”. ”E’ una donna vedova. Le è morto l’unico figlio”. Fa un passo avanti e dice:” Donna non piangere”»

Giussani commenta:

«il cristianesimo non è nato per fondare una religione, è nato come passione per l’uomo».

682

Giuss.: nella omelia della messa dei volontari del Meeting dice che la gratuità.

«E’ l’unico valore proprio dell’uomo, tutto il resto lo possono fare le macchine e le bestie e i superman, ma la gratuità no. Solo l’uomo». Perché la gratuità «E’ l’unico modo con cui l’uomo imita Dio.tutte le regole morali che vengono osservate senza che nascano dalla gratuità, è curvarsi a leggi di uomini: non vale, non bastano, invece è la gratuità che ci rende noi stessi, più noi stessi, cioè ci rende più degni del Signore”.

687

Giuss.: all’incontro con Brandirali. L’amore

«(L’amore) non è una costruzione nostra, tutta la nostra costruzione è al servizio di un amore.

L’amore è riconoscere, è l’affermazione di qualcosa di presente, di presente che non è noi, perché la moglie, i figli, il lavoro come trama di rapporti, con gli amici, coi compagni, questo è, usiamo una parola arida, un dato, vale a dire c’è una origine.

L’amore è affermare qualcosa che originalmente non hai pensato tu».

Al contrario, dice Giussani, è proprio questo

«il demoniaco della pretesa demiurgica dell’uomo moderno»,

cioè

«la pretesa dell’ideologia, la pretesa dell’imperatore, la pretesa cioè del potere è quella di aver saputo o di poter creare una ideologia, che sostituisca l’origine».

687

Giuss.: continua durante l’incontro con Brandirali.

Il cambiamento della natura e dell’uomo: 

«è risaputo essere il contenuto dell’ideologia progressista, con una sicurezza meno romantica e meno poetica di una volta: nel futuro si creerà un tipo umano diverso, non come affermazione spalancata, fiorita, carica di frutto del seme antico, del dato, di un amore, ma una violenza che dissolve quello che siamo per creare l’uomo in provetta.

Ma l’uomo in provetta non è obiezione secondo me, al nostro sentimento dell’origine, perché anche quello è fatto di “dato”».

687

Giuss.: conclude:

«La grande menzogna è la eliminazione dell’uomo nella sua originalità, di quel che sei nel tuo cuore.

è la distruzione del senso dell’io, è questo ammorbidimento, scioglimento, è questa risoluzione in emozioni della forza dell’individualità, della forza della persona, perché è la persona il limite del potere.

Il nemico del potere è tutto ciò che eccita e aiuta lo svolgimento della persona».

688

Brandirali:

«Nella struttura dellio, mosso da Cristo, c’è tutto quello che occorre per dare senso alla vita. Quando questo emerge totalmente, si vede il santo».

689

Giuss.: 30 gennaio 1986 ai primi seminaristi della fraternità di San Carlo:

«Questa fraternità sacerdotale è uno dei frutti non preventivati che Dio ha fatto sorgere nella storia del nostro movimento».

690

GPII: alla fraternità sacerdotale di san Carlo:

«Rinnovate continuamente la scoperta del carisma che vi ha affascinati ed esso vi condurrà più potentemente a rendervi servitori di quell’unica potestà che è Cristo Signore…siate i primi testimoni di quell’impeto missionario che ho dato come consegna al vostro movimento».

691

Giuss.: alla festa dei dieci anni del seminario richiama

«La figura più bella della storia del mondo dopo Maria: Giuseppe, più ancora di san Paolo e San Pietro, più di tutti”,

perché esempio delle due virtù che definiscono la vocazione sacerdotale, verginità e obbedienza; Giuseppe

 «ha amato quella donna, se l’è sposata, l’ha amata. E perché l’amava, sacrificando il possesso, tendenzialmente cieco e ottuso, nella venerazione?».

Giuseppe ha vissuto

«la verginità come virtù del popolo nuovo che l’amore di Cristo pone assieme all’obbedienza», «come fiore supremo dell’obbedienza» e che rappresenta per il mondo «il primo miracolo», di fronte al quale «nessuno può esimersi dal pensare, anche bestemmiando, magari anche negando, a Dio, al Mistero di Dio, che si è fatto uomo, Cristo».

691

Giuss.: la prima condizione per portare Cristo agli altri:

«E’ quella di essere uomini veri. Portare Cristo agli altri significa testimoniare che Egli sperimentalmente risponde alla mia umanità: Cristo è la risposta all’esigenza della nostra umanità».

693

1986 nuova edizione del SENSO RELIGIOSO

694

Giuss.:

«La prima cosa di cui dobbiamo renderci conto è che l’uomo da solo non può essere uomo. Per questo se non lo soffriamo in noi diventa ideologico qualunque discorso sulla Chiesa, sul cristianesimo».

Essere cristiani NON è vivere un pietismo e neppure una supplenza volontaristica alla mancanza della società, ma è

«la presenza di qualcosa che investe la mia persona», la quale, «davanti a questa presenza s’accorge ancora meglio e definitivamente della sua miseria, cioè incapacità ad essere sé stessa».

695

Giuss.: Dal tempo dell’entrata al liceo Berchet a metà anni 50,

«Abbiamo incominciato il nostro cammino gridando la nostra “connivenza”, la nostra implicazione nei disagi che la letteratura italiana mostrava ai suoi autori.

Non avremmo mai incominciato con il catechismo: abbiamo incominciato con conclamare il bisogno umano che è dimostrato in tutta la produzione dignitosa del genio umano».

695

Giuss.: sulla condizione esistenziale molto diffusa:

«La più grave mancanza dal punto di vista cristiano, è che

non sentiamo l’umano, mentre Cristo è la risposta a questa domanda. Se non sentiamo la domanda, come facciamo a capire la risposta?».

695

Giuss.: nel libro “Il Senso Religioso” scrive:

«Il fattore religioso rappresenta la natura del nostro io in quanto si esprime in certe domande: “qual è il significato ultimo dell’esistenza?” “ perché il dolore la morte, perché in fondo vale la pena vivere?””che cosa e per che cosa è fatta la realtà?».

Ecco, il senso religioso si pone dentro la realtà del nostro io a livello di queste domande: coincide con quel radicale impegno del nostro io con la vita che si documenta in queste domande».

696

Giuss.: dal “Senso Religioso”:

«Se sono maturo non posso negare l’evidenza più grande e profonda che percepisco e che io non mi faccio da me» …

«Si tratta della intuizione che in ogni tempo della storia dello spirito umano più acuto ha avuto, di questa misteriosa presenza da cui la consistenza del suo istante, del suo io, è resa possibile.

Io “sono Tu che mi fai”».

E’ ciò che la tradizione religiosa chiama Dio:

«è ciò che è più di me, è ciò che è più di me stesso, è ciò per cui sono».

696

Giuss.: proprio perché è la realtà a mettere in moto nell’uomo i meccanismo del senso religioso sottolinea che

«L’unica condizione per essere sempre veramente religiosi è vivere intensamente il reale. La formula dell’itinerario al significato della realtà è quella di vivere il reale senza preclusioni, cioè senza rinnegare o dimenticare nulla».

696

Giuss.:

«La vita razionale dell’uomo dovrebbe essere sospesa all’istante,

sospesa ad ogni istante a questo segno apparentemente così volubile, così casuale che sono le circostanze attraverso le quali “l’ignoto” mi trascina, mi provoca al suo disegno.

E dir “” a ogni istante

senza vedere niente, semplicemente aderendo alla pressione delle occasioni».

697

Giuss.: concludendo il “Senso Religioso” :

«All’estremo della esperienza della vita, all’estremo della coscienza sofferta e appassionata dell’esistenza, si sprigiona, malgrado l’uomo stesso, questo grido della umanità più vera, come una implorazione, una mendicanza, si sprigiona la grande ipotesi, cioè “fare il passaggio con qualche più solido trasporto, con l’aiuto cioè della rivelata parola di un dio “ (platone) si chiama Rivelazione».

700:

Giuss.: alla nascente comunità negli USA 1986:

«Riconoscere con profondo stupore che cosa sia Cristo.

Per questo preti, frati, suore, gente di altri movimenti si ritrovano nel nostro accento, si trovano, come dire, amici del nostro accento.

Noi non vogliamo nient’altro che quello che dovremmo avere in comune con tutti, e la nostra azione, il nostro compito è quello di richiamare tutti a questi fattori originali necessari per tutti».

700

Giuss: spiega in che cosa consista l’originalità della tradizione occidentale:

«Credo che innanzitutto, la cultura occidentale possieda dei valori tali per cui si è imposta come cultura e operativamente, socialmente, a tutto il mondo.

Questi valori l’occidente li ha ereditati dal cristianesimo:

il valore della persona, assolutamente inconcepibile in tutta la letteratura del mondo;

il valore del lavoro, che in tutta la cultura mondiale, in quella antica, ma anche in Engels, Marx, è concepito come schiavitù, mentre Cristo definisce il lavoro come attività del Padre, di Dio;

il valore della materia, vale a dire l’abolizione del dualismo fra un aspetto nobile ed uno ignobile della vita della natura;

il valore del progresso del tempo come carico di significato, perché il concetto di storia esige l’idea di un disegno intelligente.

Non ne ho citato un altro perché è implicito nel concetto di persona: la libertà. L’uomo non può concepirsi libero in senso assoluto: siccome prima non c’era, adesso c’è, …egli dipende. Per forza.

L’alternativa è molto semplice: o dipende da Ciò che fa la realtà, cioè Dio, o dipende dalla casualità del vuoto della realtà, cioè dal potere.

L’errore terribile della civiltà occidentale è di aver dimenticato e rinnegato questo.

Così, in nome della propria autonomia, l’uomo occidentale è diventato schiavo di ogni potere. E tutto lo sviluppo scaltro degli strumenti della civiltà aumenta questa schiavitù».

701

Giuss.: Per far fronte a questo:

«Non la battaglia per fermare la scaltrezza della civiltà, ma la battaglia di riscoprire, per testimoniare, la dipendenza dell’uomo da Dio».

701

Giuss: ripete una frase di GPII:

«Il pericolo più grave di oggi non è neanche la distruzione dei popoli, l’uccisione, l’assassinio, ma il tentativo da parte del potere di distruggere l’umano.

E l’essenza dell’umano è la libertà, cioè il rapporto con l’infinito.

Il limite del potere è la religiosità vera –

Il limite di qualunque potere: civile, politico ed ecclesiastico”.

(Sotto lo schema della libertà. Il puntino è l’uomo che facendo riferimento all’infinito (X) si libera dal cerchio in cui il potere lo imprigiona condizionandolo).

fondamento della libertà

702

Giuss.: indica 5 punti per sviluppare l’amicizia:

«1°- Mantenere i rapporti come è necessario.

La coscienza della presenza degli amici sia dentro il cuore tutti i giorni, il più possibile.

Lasciarsi aiutare in tutti i modi dagli scritti, dalle discussioni, lasciarci educare a giudicare tutto; così cresce una fede che diventa cultura.

Non ci sia uno di questi amici che avendo bisogno, nel limite del possibile, non cerchiamo di aiutare.

Desiderare di far qualcosa insieme per gli altri uomini. (Aggiunge che): tutti questi punti li potete sorprendere nel rapporto tra Cristo e i suoi discepoli».

703

(dopo Chernobyl 1986) –

«Vorrei far osservare una differenza tra le generazioni dei giovani di oggi e quelle dei giovani che io ho incontrato 30 anni fa. Mi pare che la differenza stia in  una maggiore debolezza di coscienza.

È come se i giovani di oggi fossero stati investiti dalle radiazioni di Chernobyl: l’organismo, strutturalmente, è come prima, ma dinamicamente non è più lo stesso.

Ciò che ci circonda, la mentalità dominante, la cultura invadente, il potere, realizza una estraneità da noi stessi: è come se non ci fosse più nessuna evidenza reale se non la moda, perché la moda è un progetto del potere».

703

Giuss.:

«(ho paura) della gente che dorme e, perciò, permette al potere di far dir loro quel che vuole.

Dico che il potere fa addormentare tutti il più possibile.

Il suo grande metodo è di addormentare, di anestetizzare, meglio ancora, di atrofizzare il cuore dell’uomo, le esigenza e i desideri, imporre una immagine di desiderio o di esigenza diversa da quell’impeto senza confine che ha il cuore.

E così cresce della gente limitata, conclusa, prigioniera, già mezzo cadavere, cioè impotente».

704

Giuss.:

«La persona ritrova sé stessa in un incontro vivo, vale a dire in una presenza in cui si imbatte e che sprigiona attrattiva.

Vale a dire provoca al fatto che il cuore nostro, con quello che è costituito, con le esigenze che lo costituiscono, c’è, esistequella presenza dice: ”esiste ciò di cui è fatto il suo cuore; vedi, per esempio, in me esiste»….

un simile incontro rappresenta

«il superamento e la rottura della solitudine.

Normalmente, invece, l’uomo, dentro la realtà comune, come “io”, è nella solitudine, da cui cerca di fuggire con l’immaginazione.

Questa Presenza è il contrario dell’immaginazione»

705

Giuss.:

«Anche la fatica umana dal punto di vista economico, dal punto di vista della salute, dal punto di vista dei rapporti, del lavoro, anche la fatica umana può essere trasportata sulle proprie spalle con un sorriso ilare, con un volto sereno, se la fede è qualcosa che muove, che determina e muove la vita, se la fede è sentita in modo vivo.

La liberazione è proprio la fede in Cristo.

Essa non è una fuga o una dimenticanza dei nostri pesi umani, ma essa ha una grande incidenza anche sulla capacità che abbiamo di guardare in faccia alla fatica che dobbiamo compiere, e di saperla abbracciare e saperla portare con letizia».

706

Benenati della cooperativa di Alcamo:

«(don Giussani)Non è venuto a ripetere concetti. Era come un bambino che ha da imparare e noi per questo ci sentivamo importanti, era come se lui avesse fiducia nelle nostre persone, per cui non ti sentivi schiacciato dalla sua personalità, ma promosso.

E poi vedevamo come gustava ogni portata con un’attenzione e uno stupore…E quando gli raccontammo che a dorso di mulo trasportavamo fino alla cima della montagna le piantine, lui era lì con noi e si coinvolgeva con nostro destino».

E ancora:

«Quell’uomo ha abbracciato e ha dato significato al sudore del nostro lavoro e per questo meritava di essere seguito».

708

Giuss.: è convinto che

«una fede comunionale, come si cerca di vivere in CL, genera un fervore creativo teso a dare ai bisogni umani, che incontra, delle risposte stabili e strutturate: insomma delle opere».

709

Giuss.:

«La carità aggiunge alla solidarietà la consapevolezza di una imitazione del Mistero dell’essere che è legge per l’uomo,

sicché essa dispone la personalità dell’uomo ad agire con tutte le sue forze, con tutta l’intelligenza e l’affezione di cui è capace.

Allora la carità opera.

Rende la solidarietà un’opera, in quanto crea un soggetto nuovo.

Soggetto equivale a dire creatore.

L’uomo diventa creatore, cioè immaginatore e realizzatore di opere. L’opera esige un soggetto».

710

Giuss. Come può l’uomo sostenere questo cuore di fronte alla società? La risposta di Giussani è che ciò è possibile 

«Non da solo, ma coinvolgendo con sé altri. Stabilendo un’amicizia operativa: cioè una più copiosa associazione di energie basata su un riconoscimento reciproco. Questa compagnia è tanto più consistente, quanto più il motivo per cui nasce è permanente e stabile».

Ma subito precisa che un’amicizia che nasca da

«un cointeresse economico ha la durata del giudizio circa la sua utilità».

Quella, invece, «che sorga dall’intuizione che lo scopo di un’impresa eccede i termini dell’impresa stessa, e che essa è tentativo di rispondere a qualche cosa di molto più grande…stabilisce un’appartenenza».

711

Nell’intervista a Robi Ronza chiarisce che la libertà di lavorare ha il medesimo grado di urgenza della libertà di educare.

Giuss.: Parla a più riprese nelle assemblee della CDO.

Giuss.:

«L’avvenimento Cristiano genera realismo e vera capacità di rispondere al bisogno di tutti».

L’esperienza cristiana, infatti, rende

«Realisticamente ipersensibile al bisogno: a qualsiasi bisogno e sempre».

712

Giuss.:

«Il compito che vi chiama a svolgere ogni giorno, anche l’opera in cui si è provocati all’azione, è perché la vostra vita sia più felice».

Ora,

«La legge originale per cui ci è stata data la vita è che abbiamo ad imitare il Creatore diventando creativi».

712

Giuss.:

«Da quando Dio è diventato uno fra noi per addossarsi tutte le condizioni del nostro cammino, la fatica ha cominciato a portare un nome che la definisce in tutta la sua ragionevolezza: Croce».

Rispettando questo metodo la creatività ottiene:

«una utilità a vantaggio degli uomini che Dio ha voluto al mondo e che vivono la nostra stessa epoca, in funzione di una organicità affascinante, che è la realtà come Dio l’ha fatta».

Si realizza così, una imitazione della gratuità di Dio. La gratuità, infatti,

«è una eccedenza rispetto alla semplice corrispondenza alle cose da fare…in cui la generosità diventa amore»….e l’amore non ha confini.

712

Giuss.:

«Alziamoci ogni mattina per amore, cioè per amare Cristo attraverso tutto quello che faremo.

Tu, o Cristo, mi renderai capace di dilatare le braccia, così da fare entrare nel mio abbraccio tutti gli uomini. Istante dopo istante, nella mia giornata ti offro il mio lavoro, o Cristo, per tutto il mondo, come Tu hai offerto la tua vita per tutto il mondo».

713

Giuss.:

«Le opere nascono solo quando uno ha il coraggio di dire “io”».

A quelli della CDO Giussani aggiunge:

«Voi avete avuto il coraggio di dire “io”, e in qualche modo, secondo svariatissime circostanze, avete richiesto, avete dato spazio e avete dato inizio alla vostra libertà.

Questa è la parola più sacra che la Chiesa e l’educazione cristiana ci hanno abituato a considerare e a venerare. È la parola che viene immediatamente dopo la parola Dio».

713

Giuss.:

«Il lavoro è la sintesi ultima del rapporto che l’io ha con la realtà che lo sollecita, sospingendolo verso il Mistero, il destino».

Così facendo, conclude:

«diventiamo veramente grandi, maturi e saggi col tempo che passa;

proprio l’opposto del cinismo arido, della presunzione accusatrice, del dispotismo senza discussione possibile che domina l’ambiente in cui viviamo».

713

Giuss.:

«Domandiamoci perché Gesù suscitava tanta curiosità e stupore in chi Lo incontrava.

Perché chiunque lo vedeva agire, e lo sentiva parlare, percepiva soprattutto una cosa: non la Trinità, l’inferno o il Paradiso, ma una passione per l’uomo, innanzitutto una passione per il bisogno dell’uomo…si chiama carità”.

714

Giuss. elenca alcuni punti come verifica del “PIU’ SOCIETA’ E MENO STATO”:

« stima sincera per il lavoro: l’insofferenza per la disoccupazione, perché un uomo disoccupato soffre un attentato grave alla coscienza di sé stesso.

La libertà: ha la sua prima espressione nel poter educare. Come è desiderabile di fronte a chi si ama,la libertà dell’educazione, nell’educazione nell’aiutarlo a entrare in tutta la realtà!.

3°- Giustiziache esista, in una vita sociale, una giustizia attivata seriamente, lealmente, innanzitutto rispettando quei diritti del singolo, della persona, che hanno caratterizzato la storia della giurisprudenza nella civiltà. (Ma affinché la giustizia sia più giusta) occorre che il giudice sia umile, cosciente del suo limite.

una vita politica che sia secondo una posizione ideale….una politica che sia preoccupata non di una posizione ideale, ma di “riuscire” attraverso il potere conquistato, è una politica malvagia».

714

Giuss.:

«Io sono profondamente persuaso come cristiano, anzi, -sono rimasto cristiano solo per questo – che la fede cristiana non è concepibile come separata dallo sforzo che l’uomo fa per vivere dignitosamente, cioè per vivere con il suo lavoro».

714

Giuss.:

«Come sarebbe brutta una fede senza le opere e come sarebbero brutte le opere senza la fede»..

715

Giuss.:

«La fede rende così commossi di fronte al bisogno dell’altro che questo diventa un bisogno mio».

715

Giuss.:

«L’urgenza è un modo con cui la realtà emerge. Rispondere all’emergenza fa parte di un solo progetto: rispondere a Dio».

716

Giuss.: in un momento di dolore grave:

«il dolore è la sapienza del cuore….

nell’oggettività della domanda c’é la risposta di Cristo”.

717

Giuss.: ai fratelli Figini:

«La comunione, è verità, giudizio, unità. Non nasce da temperamenti simili, ma dall’unità tra i cuori.

Siate costruttori di comunione vera nelle vostre famiglie e in questo dono di verità svolgete la vostra esistenza nel centuplo reale e non in quello prefigurato artificiosamente dal mondo, che è la falsa bontà della donazione al mondo.

E’ solo la comunione che tiene desto lo scopo delle decisioni».

717

Giuss.: continua a fare scuola di comunità con i Figini e le famiglie:

«Vivete in comunione nell’umiltà e nella povertà del cuore. Siate testimoni di pace e amore nel mondo. Accogliete i figli della Croce e vivete nella compagnia di Cristo che è l’unica strada di salvezza e redenzione…aprite le vostre porte ed accogliete i figli di Dio, non risparmiatevi in alcun gesto, perché l’energia è nell’amore a Gesù.

I ragazzi che accogliete siano la vostra verità…il metodo di comunicazione: il fidarsi che la verità sopraggiunge in un paragone serrato e desiderato.

L’unità è dono della Sua presenza».

717

nasce nel 2000 l’associazione Cometa e Giussani raccomanda loro:

«Non misurate la fatica, ma affermate la gioia di questa comunione

la vita è tortuosa e piena di prove, ma chi ha incontrato Gesù sa che con Lui ogni passo è possibile, che

la comunione è la vera liberazione…la comunione fraterna è roccia salda contro ogni avversità».

718

Giuss.: alle famiglie di Cometa:

«L’educazione è dare il senso della vita, non è una parola, è un esperienza.

È un uomo che si muove quando lo vedono e quando non lo vedono. È questo il senso della vita che l’altro respira, perché non servono le parole, ma serve questo significato, questo significato deve essere educato perché bisogna proprio scardinare il pensiero moderno che soffoca il desiderio del cuore”.

718

i fratelli Figini riconoscono il compiersi di una promessa che Giussani aveva fatto molti anni prima:

«La fedeltà all’incontro è lasciarsi cambiare nell’istante: questa è l’eterna giovinezza del cuore”.


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