Riassunto per appunti della “Vita di don Giussani”


Terza parte

1986-2005


Capitolo 25

“Sulle tracce di Cristo”

I viaggi in Terra santa, Giappone e Grecia (1986-1987)

721

Giuss.: a Cesarea di Filippi:

«Stefano, il centurione, Pietro, sono tutte persone che sono passate di qui. E cosa le dominava? Cosa pensavano? Sentivano addosso che c’era un movimento nuovo nel mondo,…… che passava attraverso di loro.

E ciò che è stupefacente è che erano tre, quattro gatti, nel senso letterale del termine», eppure «la loro era una sicurezza, una profezia, che sfidava il tempo, tanto che noi oggi stiamo realizzando la loro profezia».

722

Giuss.: Che cosa c’è di più banale di un matrimonio? Ebbene, proprio questo è

«Il miracolo che porta Cristo vicino all’uomo, dentro la sua vita concreta.

Senza il vino non si fa un matrimonio. È una cosa necessaria dentro la vita normale».

723

Giuss.: a Sichem, al pozzo di Giacobbe dove Gesù incontrò la Samaritana:

«Non c’è miracolo più grande che sentirsi guardati e percepiti….nella profondità della propria persona, guardati e percepiti sia come esigenza, come sete, sia come limite, come male che impedisce la soddisfazione vera delle esigenze della nostra sete».

724

Giuss.: a Betlemme:

«Sant’Agostino diceva che il mondo potrebbe essere stato creato come un piccolo punto nel quale fossero contenute le rationes seminales, vale a dire i semi di tutti gli sviluppi ulteriori (1500 anni prima di Darwin).

Ma è proprio il metodo che ha usato Dio venendo al mondo, facendosi una realtà assolutamente impercettibile». 

E come mai il signore usa questo metodo? 

«Per dimostrare che la potenza non è nostra, non sta nella nostra intelligenza, non è una nostra forza ma è Suo Potere. dal nulla ha tratto tutto».

725

Giuss.: di fronte al Muro del pianto:

«Dio ha eletto questo popolo, lo ha eletto con un fine  messianico e ora gli ebrei pregano perché il loro popolo possa permanere e possa ricostruire il tempio che ne è il simbolo.

Prega perché il senso della vita di ogni ebreo è legato alle vicende del proprio popolo. Il Muro del pianto è umanamente una delle cose più commoventi e drammatiche che esistano».

726

Giuss.: a Gerusaleme. Come i discepoli di Emmaus, anche:

«Noi camminiamo come cristiani tristi. La tristezza non viene dalla prova e dal dolore,

la tristezza viene sempre per l’assenza di significato o dalla fragilità della ragione.

In fondo il dolore nasce da una scetticità.

Ma il Signore non ci abbandona mai in questa tristezza» perché, «se noi come i discepoli di Emmaus manteniamo nel cuore la sete di felicità, il Signore, anche non riconosciuto, ci accompagna nei nostri passi sulla via.

E per ognuno di noi c’è quel momento, c’è quel segno, c’è quell’avvenimento in cui tutto diventa chiaro».

727

Giuss.: sul Calvario di fronte al buco della Croce:

«Quello che ci porta via da quei luoghi è il desiderio, lo struggimento che la gente si accorga di quanto è accaduto.

E invece quello che è accaduto sembra che oggi sia possibile cancellarlo così come si cancella con un piede una lettera sulla sabbia, una lettera sulla sabbia del mondo.

Ma questo avviene proprio perché ciò che è accaduto è una proposta alla libertà dell’uomo e perché sia chiaro che è la potenza di Dio.

Oggi sembra più grande e più importante tutto il resto – la politica e l’economia – che questo avvenimento, così facilmente e a buon mercato identificabile con una fiaba».

728

Giuss.:

«Si può vivere la fede senza averne la radice.

La radice della fede è il senso religioso.

Vale a dire il senso del Mistero, da cui la nostra vita dipende, perché è in questo Mistero che tutti gli uomini sono come fratelli».

In questo contesto il grande incontro tra le religioni col Papa è «certamente una cosa eccezionale».

729

Giuss.:

«Se noi facciamo Scuola di Comunità sul Senso Religioso, è perché siamo stati illuminati dal Vangelo, altrimenti non sapremmo dire quelle cose, non sapremmo chi è Dio, e soprattutto non sapremmo tutta quanta la nostra dipendenza.

Ma soprattutto non diventerebbe questa dipendenza da Dio, una cosa familiare e normale come il sentimento verso il padre e verso la madre».

729

Giuss.: su Assisi:

«Solo l’uomo, colto nella sua essenza, cioè nell’essenza del suo cuore che è il senso religioso, solo quest’uomo può essere operatore di rapporti pacifici, operatore di pace».

Tanto è vero

«che una valorizzazione profonda della sostanza del cuore dell’uomo può essere fatta in modo mirabile, lucido, solo nella coscienza destata da Cristo, solo nella coscienza cristiana».

729

Giuss.: ancora su Assisi invita a

«lottare contro l’ateismo della vita.

Ci può essere un ateismo teorico, sempre più messo alle corde: ma c’è un ateismo concreto, la vita come edonismoche diventa sempre più grande e che investe tutta le Chiese.

La lotta contro questa falsa soddisfazione ci rende fratelli di tutti quelli che incontriamo.

È un egoismo che ci chiude sempre di più in una solitudine spaventosa.

Si delinea un compito terribile, tremendo, grande, potente ma tenero: rendere presente Cristo per liberare l’uomo dalla schiavitù del potere e l’abolizione nella nostra vita dell’ateismo militante pratico»

733

Giuss.: Assago 1987. Il senso religioso appare come

«la radice da cui scaturiscono i valori.

Un valore, ultimamente, è quella prospettiva di rapporto tra un contingente e la totalità: l’assoluto»….

«O il potere è determinato dalla volontà di servire l’uomo, la cultura e la prassi che ne deriva, oppure il potere tende a ridurre la realtà umana al proprio scopo, e così uno stato sorgente di tutti i diritti riconduce l’uomo a pezzo di materia, o a anonimo cittadino della città terrena»

734

Giuss.: ma se il potere mira solo al suo scopo:

«esso deve cercare di governare i desideri dell’uomo.

Il desiderio infatti, è l’emblema della libertà

perché apre all’orizzonte della categoria della possibilità;

mentre il problema del potere, inteso come ho accennato, è quello di assicurarsi il massimo consenso di massa sempre più determinata dalle sue esigenza.

Così i desideri dell’uomo, e quindi i valori, sono essenzialmente ridotti».

734

Giuss.:

«Nell’appiattimento del desiderio ha origine lo smarrimento dei giovani e il cinismo degli adulti;

nell’astenia generale l’alternativa qual è? Un volontarismo senza respiro e senza orizzonte, senza genialità e senza spazio, e un moralismo di appoggio allo stato come ultima fonte di consistenza per il flusso umano».

735

Giuss.: invitato a chiarire il suo modo di vedere i rapporti tra istituzioni e movimenti:

«Io dico: non più Stato e meno società, ma più società e meno Stato, più creatività resa capace di ordine da un’educazione sociale adeguata e meno pianificazione del potere».

«Il vero problema sta in quello che la dottrina sociale della Chiesa chiama il principio di sussidiarietà.

Uno Stato è l’ambito in cui un potere cerca di servire come suggerisce il Vangelo, la realtà viva di un popolo.

Servire, cioè sostenere, valorizzare, rendere equilibrata la realtà viva di un popolo”.

738

Tomohiro è un giovane che sente Giussani nell’incontro di Nagoya. Confesserà

«Ho sentito oggi dire che si può vivere secondo il proprio cuore, da noi stessi; che ognuno può farlo, senza condizioni. Non ci avevo mai pensato.

Sono impressionato perché capisco che è una cosa facile, ma da un altro lato è difficilissima, perché ci vuole qualcuno che sempre te lo ricordi».

742

Shodo Habukawa maestro dei novizi del Monte Koya:

”Non dimenticherò mai finché vivrò quel giorno straordinario, il 28 giugno del 1987, alle tredici, quando monsignor Giussani comparve davanti ai miei occhi in una luce chiara e abbagliante, la tipica luce di inizio estate. Restammo abbracciati in silenzio per qualche istante, senza bisogno di dire una parola.

La profonda commozione del primo incontro è rimasta indimenticabile».

743

Giuss. dichiara ai monaci che ai pericoli dell’ateismo pratico sfuggono i movimenti,

«che non nascono dalla struttura ufficiale ma sono sostenuti molto dal Papa, proprio perché i movimenti si sforzano di riprendere la tradizione come risposta, intellettuale e pratica, ai problemi presenti.

Per esempio i movimenti sono profondamente ecumenici, si interessano molto della radice religiosa autentica che c’è in tutte le forme religiose e combattono tutti l’ateismo pratico».

745

Giuss. all’Equipe di Corvara:

«Il nostro concetto di fede ha un nesso immediato con l’ora della giornata, con la pratica ordinaria della nostra vita, con la vita come progetto, con la vita come lavoro, con la vita come socialità, come interesse alla res pubblica».

E chi accetta di compiere questa verifica, scopre che

«La lettura dei bisogni è trasformata, la lettura che essa dà dei bisogni vince la suggestione della società, di quello che il potere ci inculca…

uno comincia a capire, a capire che prima non capiva, che gli altri non capiscono, e gli viene compassione per tutto».

746

Giuss.:

«La mentalità comune, creata dai mass media e da tutta la trama di strumenti che il potere ha, altera il senso di sé stessi, il sentimento di sé, più precisamente atrofizza il senso religioso, atrofizza il cuore, meglio ancora lo anestetizza totalmente».

«Qual è il criterio per capire la verità sull’uomo?. È la riflessione su sé stessi in azione.

Non ce n’è un altro, e tu capisci che l’altro non capisce quel che capisci tu perché è bloccato, è anchilosato, è paralizzato, ha il cuore paralizzato».

Di fronte a una persona così cosa si può fare?.

Domandare «Allo Spirito creatore che rinnovi la faccia della terra di quell’uomo lì, perché non possiamo farlo noi».

2° «Porre continuamente davanti la tua testimonianza; non il discorso, bensì come il tuo cuore sveglio cambia la vita».

Solo così, «l’altro vedendo come tu vivi il rapporto con la donna o il rapporto con il dovere, il rapporto con il tuo passato o con il tuo futuro, più o meno lentamente quando Dio vorrà, quando la sua libertà lo accetterà, al momento di Dio, resterà colpito».

E nella testimonianza si documenta

«un modo di vivere l’esistenza e i rapporti dell’esistenza che è senza paragone più completo, compiuto in tutti i suoi fattori, o meglio, è aperto alla totalità, ed è reso possibile esclusivamente dall’ipotesi di lavoro che si chiama Cristo, dalla devozione, dalla fede in Cristo».

Una presenza che sfida l’altro, questa è la testimonianza. È questa la radice dell’amicizia autentica.

747

«Nella mia gioventù avevamo il sentimento che ogni persona che non avevamo convertita fosse persa. Mentre voi non andate nel mondo con il sentimento disperato di dover salvare, ma di annunciare una bella notizia; allora non è più il sentimento disperato che se io non faccio abbastanza, se non lavoro abbastanza, cade il mondo, ma il sentimento che, se io non testimonio la bellezza e la profondità della gioia che è stata data a me, non diventa presenza per gli altri….non siamo noi che salviamo il mondo, ma è Cristo che salva il mondo. Io penso che è una cosa che dobbiamo ricordarci sempre e che è stata anche sottolineata da don Giussani».

Lobkowicz: ai ciellini 1984

A questa affermazione don Giussani replica il giorno dopo ricordanto un episodio della vita di don Gnocchi nel libro raccontata in “Pedagogia del dolore innocente.

748

«I fedeli cattolici inclinano ad essere musoni; don Giussani li educa ad essere magnanimi, ad essere affascinati dalla realtà e a non disprezzare gli altri perché sono diversi e pensano in modo diverso. Comunione e Liberazione è per me uno dei rari esempi dell’affermazione così spesso fraintesa che la verità, e cioè ultimamente Gesù Cristo, rende liberi”.

Lobkowicz:

749

Silvia Giacomoni inviata di Repubblica scrive: 

«C’è un miracolo, con cui si opera la salvezza dalla solitudine, dalla disperazione morale, dall’angoscia: ed è l’unità dei credenti».

750

Giuss.:

«Una fede che non investa operativamente e positivamente, con efficacia sperimentabile, la vita dell’uomo nei suoi bisogni originari ed autentici, questa fede non può alla lunga, nel tempo non diventare una nuvoletta nel cielo».


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