Riassunto per appunti della “Vita di don Giussani”

 Capitolo 28 

“Terremoto vergognoso per l’umanità”

La guerra in Iraq e il pellegrinaggio a Lourdes (1991-1992)

820

Giuss.: proprio nei giorni che il conflitto è più cruento, parla di:

«Terremoto vergognoso per l’umanità»,

«ingombro così soffocante di menzogna, da tutte le parti, anche dalle parti con la croce in mano».

Alle parti in lotta, continua, è mancato il

«riconoscimento che tutto è dato, che Tu tutto mi dai, da Te tutto mi viene»,

cioè un sentimento di religiosità autentica. Per questo l’appello del Pontefice è rimasto inascoltato.

821

Giuss.: 

«Sei nella tempesta, irrompono le onde, ma vicino hai una voce che ti ricorda la ragione, che ti richiama a non lasciarti portar via dalle ondate».

Guarda:

«In ogni compagnia vocazionale ci sono sempre persone, o momenti di persone, da guardare.

Nella compagnia, la cosa più importante è guardare le persone.

Perciò la compagnia è una grande sorgente di amicizia.

L’amicizia è definita dal suo scopo: l’aiuto a camminare verso il Destino».

821

Peguy:

«C’era la cattiveria dei tempi anche sotto i romani.
Ma Gesù venne.
Egli non perse i suoi anni a gemere e ad interpellare la cattiveria dei tempi.
Egli taglia corto.
In un modo molto semplice.
Facendo il cristianesimo.
Egli non si mise ad incriminare, ad accusare qualcuno.
Egli salvò.
Non incriminò il mondo, egli salvò il mondo”.

péguy

822

«La novità della cosiddetta nuova evangelizzazione non va cercata in nuove tecniche di annuncio, ma anzitutto nel ritrovato entusiasmo di sentirsi credenti e nella fiducia  dell’azione dello Spirito Santo che ogni giorno aggiunge alla comunità nuovi salvati…occorre risentire la forza del messaggio riascoltandolo nella sua sorgiva genuinità, vivendolo nella liturgia, esprimendolo nella carità, testimoniandolo negli incontri quotidiani».

carlo maria martinni

824

Giuss.:

«Il mondo insegna Dio.

Occorre per impararlo una educazione dello spirito che dipende essenzialmente dalla libertà».

825

Dopo la morte di don Francesco Ricci: 

«Adesso lo vedo con chiarezza che l’unica questione della vita è amare Cristo, l’unico senso della vita è far conoscere Cristo.

Se c’è un esempio che Ricci ci ha dato gli ultimissimi anni in modo clamoroso, ma più clamorosamente ancora gli ultimi mesi, è la devozione all’obbedienza, è la devozione a una dipendenza non formale».

826

Giuss.:

«Offrire è la ricchezza della nostra povertà».

«Don Francesco che cosa potevi dire di più riassuntivo, di più sinteticamente espressivo?».

827

Dalla natura scaturisce il terrore della morte.
Dalla Grazia scaturisce l’audacia

S. Tommaso d’aquino

Giussani commenta:

«Audacia implica innanzitutto l’affermazione di uno scopo, altrimenti non sarebbe audacia, ma stupidità.

827

«Occorre una disponibilità immediata di messa in moto di sé».
«Si deve partire per una avventura in cui chi calcola le cose non sei tu».

giovanni calzone

828

Giuss.: identifica il nemico:

«La paura inevitabile in ciascuno di noi. Perché? Perché ognuno viene dal nulla.

La paura è il fiato del nulla da cui veniamo».

E questo si traduce

«Nell’esaltazione delle piccolezze, delle meschinità: la meschinità dell’abbraccio, la meschinità del possesso, la meschinità dell’appropriazione, la meschinità dell’ira, la meschinità delle pigrizia.

È il fascino delle cose meschini, di cui ha parlato Pascal.

Il mondo, il potere, tutto il potere esalta questa meschinità e la rende contenuto della sua cultura..l’esaltazione che il mondo fa del meschino – del sesso, della politica, dei soldi, della salute – finisce sempre in una catastrofe o personale (la distruzione dell’io) o collettiva».

829

Carlo Maria Martini:

«Noi siamo chiamati a trovare Dio nel mondo, nelle cose, negli altri, nella storia.

Tuttavia ciò non sarà possibile se non partiremo da quella situazione immediata che è la nostra.

In ogni situazione immediata, che comporta anche il più piccolo servizio, noi tocchiamo la totalità del servizio.

In ogni frammento tocchiamo il tutto di Dio che si manifesta».

830

«Il cristianesimo ha lanciato una sfida a tutti i sistemi filosofici o religiosi.
Ma nello stesso tempo ha risposto agli aneliti della più parte di essi» 

Padre alexander men

commenta così il Giuss.:

«Tutti i sistemi di pensiero sono risposte accanite e vagabonde a un anelito che è nel cuore di ogni uomo, anche di chi non ha nessuna capacità di costruire sistemi filosofici».

830

PADRE ALEXANDER MEN:

«Il punto di forza del cristianesimo consiste proprio non nella negazione ma nella affermazione, nell’ampiezza e nella pienezza d’orizzonte».

Intende così questa parole:

«Nell’abbracciare tutto.

Perfino la morte è assorbita dalla vita,

perfino il capello del capo è misurato, perfino la parola che ti esce senza che tu te ne accorga ha un peso e un valore eterno: non lo perderai più».

830

PADRE ALEXANDER MEN.

«Il cristianesimo, non è una nuova etica…ma una nuova vita.

In che cosa ne consiste dunque l’essenza?

E’ la santificazione della carne.

«Giacché dal momento in cui Cristo ha accolto in sé le nostre gioie e le nostre sofferenze, il nostro amore, il nostro lavoro, da quel momento la natura, il mondo, tutto ciò in cui egli è nato come Uomo e come Uomo-Dio, tutto ciò non è respinto, non è umiliato, bensì elevato, santificato.

Nel cristianesimo c’è la santificazione del mondo, la vittoria sul male, sulla tenebra, sul peccato.

Ma è una vittoria di Dio».

832

Padre Berton scopre ciò che lo lega al Giuss.:

«l’amore per l’uomo. Quell’amore che ha fatto rompere a Gesù le regole della tradizione. E gliel’hanno fatta pagare.

L’amore per l’uomo si paga…eccome».

833

LA MALATTIA.

834

Giuss.:

«La cosa più importante è mettere a disposizione la propria vita per l’opera di un Altro».

«La formula morale più riassuntiva e più indicativa per la prassi della nostra vita…Ma più profondamente questa frase ricorda l’esperienza stessa di Cristo che dà la vita per l’opera del Padre».

837

si pubblica perché LA CHIESA

838

Giuss.:

La Chiesa si pone di fronte al mondo come

«un fenomeno umano che pretende di portare con sé il divino» 

e per questo la sua presenza nella storia

«ripropone in tutto il suo scandalo il problema che Cristo ha sollevato».

La Chiesa, in altre parole,

«sfida la storia come Cristo ha sfidato il suo tempo, o meglio, Cristo attraverso la Chiesa continua a sfidare il tempo».

838

Giuss.:

«La pretesa della Chiesa è di comunicare il divino” attraverso l’umano».

Questo è il primo fattore, presentato da Giussani come pienamente consono al metodo scelto da Dio per farsi conoscere agli uomini: l’Incarnazione.

«Il problema della Chiesa è proprio questo: Dio vuol passare attraverso l’umanità di coloro che ha afferrato nel Battesimo».

839

Giuss.:

«Se è vissuta la coscienza della dipendenza originale, che è la verità prima e suprema, tutti i problemi si situeranno in una condizione più facilitante la soluzione.

Non sono risolti, ma in condizione favorevole perché lo siano”.

841

Giussani passa quindi in rassegna gli strumenti ” i segni efficaci” attraverso i quali la grazia soprannaturale raggiunge l’uomo nella sua situazione concreta: i sacramenti.

Il sacramento è

«L’esperienza del rapporto con Cristo dentro un gesto fisico e concreto.

Ecco perché il catechismo lo chiama segno efficace della Grazia: segno perché la materia richiama concretamente l’aspetto della vita in cui Cristo si comunica; efficace, perché egli attraverso quell’elemento fisico trasmette veramente la sua realtà e potenza divina».

843

Giuss.: ora,

«che Dio si sia incarnato, che – peggio ancora – lo si voglia annunciare, non può essere accettato, è qualcosa di intollerabile».

844

Giuss.:

«Siate uniti a chi guida il movimento, questa è la sicurezza del cammino.

Non illudetevi di essere liberi nel vostro modo di pensare e di decidere

sciolti da questo rapporto cui Dio ha legato la luce e il sollievo del primo incontro».

845

GPII: a Caravaggio:

«A costo di essere emarginati non abbiate paura di restare con Cristo…seguite Cristo e consacratevi al suo servizio, là dove Egli vi chiama e nella condizione in cui Egli vi ha posti…..egli, siatene certi, non vi abbandonerà mai.

Carissimi, Cristo è l’amico più sicuro. Amico che non abbandona, amico che non delude. Rimanete in Cristo: ecco l’essenziale per ciascuno di voi».

846

Card. Biffi a don Giussani: (La chiesa non può essere in crisi, perché la Chiesa è un fatto, un avvenimento. E’ un fatto: o c’è o non c’è.)

«Vedi il cristianesimo non è l’esaltazione di valori morali, ma è un avvenimento, è un evento»

Giuss.: segnala un rischio permanente del quale si deve essere consapevoli: quel dualismo che è

«il buco di una cannonata che il mondo lancia nelle mura della cittadella cristiana, e tutto il mondo ci passa dentro».

«Di che cosa ha bisogno l’uomo per affrontare la totalità della realtà? Ha bisogno del divino!

Gesù Cristo è la modalità con cui io, chiamato, affronto la totalità della realtà: il divino nell’umano».

847

«Quello che c’è di più imprevisto è sempre l’avvenimento».

Péguy

Infatti Giussani commenta:

«La gente, tutta la gente, compresi noi, lo chiamiamo caso, perché non c’è niente che più posa la nostra fantasia sul Mistero, sul segno del Mistero, come la parola “caso”».

847

«Un avvenimento è qualcosa che irrompe dall’esterno. Un qualcosa di imprevisto. Ed è questo il metodo supremo della conoscenza…bisogna ridare all’avvenimento la sua dimensione ontologica di nuovo inizio. È una irruzione del nuovo che rompe gli ingranaggi, che mette in moto un processo»

Alain finkielkraut

cioè, commenta Giussani, che

«mette in moto un mondo nuovo, una creatura nuova, una creazione nuova”

848

«La cosa più straordinaria è che, se non si salva l’avvenimento, si perde completamente il contatto con la realtà».

alain finkielkraut

«Tutta la cultura moderna, l’uomo moderno, la politica moderna, la rivoluzione moderna hanno perso completamente il contatto con la realtà».

alain finkielkraut

In questo modo,

«l’uomo rifiutando la realtà come si offre ai nostri occhi di carne, non tenta più di formarsi una ragione modellata sull’immagine del mondo, ma di costruire un mondo sull’immagine della ragione. L’esperienza viene abolita».

Alain finkielkraut

848

Giuss:

«L’avvenimento rivela l’essere»

e ha un sinonimo:

«il concetto di esperienza.

Per cui l’esperienza, in quanto percezione nuova, più ricca del reale è un avvenimento: non è esperienza, se non è avvenimento».

Il cristianesimo è l’inizio di un mondo nuovo, che si documenta come unità tra coloro che riconoscono Cristo.

849

Giuss.:

«La concezione e il sentimento dell’io sono tragicamente confusi nella nostra civiltà»

«È solo un avvenimento che può rendere chiaro e consistente l’io nei suoi fattori costitutivi.

È questo un paradosso che nessuna filosofia e nessuna teoria, sociologica e politica, può tollerare: che sia un avvenimento,

non una analisi, non una registrazione di sentimenti, il catalizzatore che permette ai fattori del nostro io di venire a galla con chiarezza e di comporsi ai nostri occhi, davanti alla nostra conoscenza, con limpidità ferma, duratura, stabile».

850

Giuss.:

« …..la parola avvenimento compare come unica categoria che possa definire il cristianesimo».

Ed è un passo necessario: 

«è l’avvenimento cristiano infatti il catalizzatore adeguato alla conoscenza dell’io, ciò che rende possibile una chiara e stabile percezione dell’io, che permette all’io di diventare operativo come io.

Al di fuori dell’avvenimento cristiano non si può capire che cos’è l’io.

E l’avvenimento cristiano è qualcosa di nuovo, di estraneo, che viene dal di fuori, perciò qualcosa di non pensabile, di non supponibile, di non riconducibile a una ricostruzione nostra, che fa irruzione nella vita».

850

Giuss.: Ma qual è la forma caratteristica dell’avvenimento cristiano?

«Un incontro umano nella realtà banale di tutti i giorni

L’avvenimento cristiano si palesa, si rivela, nell’incontro con la leggerezza, la sottigliezza e l’apparente inconsistenza di un volto che si intravvede tra la folla: un volto come gli altri, eppure così diverso dagli altri che, incontrandolo, è come se tutto si semplificasse.

Lo vedi per un istante, e andando via porti dentro di te il colpo di quello sguardo, come dicendo: “Mi piacerebbe rivederla quella faccia!».

851

Giuss.:

«Ciò che si sa o che si ha diventa esperienza se quello che si sa e si ha è qualcosa che ci viene dato adesso: c’è una mano che ce lo porge ora, c’è un volto che viene avanti ora, c’è del sangue che scorre ora, c’è una risurrezione che avviene ora.

Fuori da questo “ORA” non c’è niente!

Il nostro io  non può essere mosso, commosso, cioè cambiato, se non da una contemporaneità: un avvenimento.

Cristo è qualcosa che mi sta accadendo.

Allora, perché quello che sappiamo – Cristo, tutto il discorso su Cristo – sia esperienza, occorre che sia un presente che ci provoca e percuote: è un presente come per Andrea e per Giovanni è stato un presente».

852

Wolfsgruber: 

«Don Giussani (nella sua risposta di cui sopra) mantenne costante il metodo: come all’inizio fu un avvenimento, così la continuità è assicurata solo da un avvenimento».

853

Giuss.: 

«La benevolenza di Dio nei confronti dell’uomo non può saltare, deve attraversare la libertà dell’uomo».

854

Giuss.:

«Drammaticamente, Cristo ha un primo nemico che si erge contro di Lui; un primo nel senso immediato del termine: siamo noi.

Questa compagnia si sfalda: ognuno fugge per la strada della paura che riveste di opinione intellettuale, che riveste di “è impossibile” che riveste di istintiva ripugnanza a cui cedere».

856

Giuss.: 1992 a Lourdes:

«Mi spaventa l’Italia, mi sembra un sommovimento terrestre, un terremoto. Dove chi spinge di più riesce a buttare via più pietre che gli ingombrano il terreno. È una situazione civile dove non c’è un ideale adeguato, dove non c’è nulla che ecceda l’aspetto utilitaristico.

Un utilitarismo perseguito senza alcun punto di fuga ideale. Questo non può durare. Il timore è che si scatenino conflitti senza fine».

857

Giuss.:

«Il fattore scatenante la caduta morale dei nostri tempi è che a tutte queste generazioni di uomini non è stato proposto nulla. Eccetto una cosa: l’apprensione utilitaristica dei padri».

858

Don Pontiggia:

«Ogni volta che capitava di incontrarlo, anche solo per pochi minuti,  quanti facevano l’esperienza di essere posti al centro del mondo, unici nella loro singolarità, come se per don Giussani in quel momento non esistessero altri!”.

859

Giuss.: (ai preti della fraternità Studium Chisti):

«Siete in tanti ma non siete incidenti, non siete incidenti perché non siete uniti, non siete uniti perché non seguite una regola».

«La fedeltà al vostro raduno e la sincerità nel parlare rappresentano un nucleo di ricchezza….dimostrano l’esistenza di una bontà attiva»;

ma subito fa notare che

«poi ognuno fa da sé: ricorda quel che ricorda, applica quel che vuol applicare, tenta quel che vuol tentare. È come se non ci fosse un “protagonista».

859

Giuss: (sempre ai preti di sui sopra)

«collaboro alla storia se faccio l’opera di un Altro;

se faccio l’opera mia sono finito.

La regola è una compagnia guidata al Destino».

860

«La fede è una obbedienza di cuore a quella forma di insegnamento a cui siamo stati consegnati»

Ratzinger

861

Carlo Maria Martini: a un incontro con lo Studium Christi e don Giussani: 

«io ringrazio il Signore che ha dato a monsignor Giussani questo dono di riesprimere continuamente il nucleo del cristianesimo. Ecco, tu, ogni volta che parli, ritorni sempre a questo nucleo, che è l’Incarnazione, e – con mille modi diversi – lo riproponi».

862

Giuss.:

«Il rapporto con l’Infinito non è fissato, immaginato, concepito dall’uomo, ma è determinato dalla presenza misteriosa e reale di Dio stesso nella storia umana….

Il coinvolgimento di Dio con la vita dell’uomo si attua sempre attraverso un punto preciso, carnale, nel tempo e nello spazio».

964

Giuss. a Cobacha:

«L’argomento centrale della nostra conversazione è chiarirci la parola avvenimento, dal punto di vista ontologico e dal punto di vista della sua applicazione al fatto cristiano, perché il metodo deve conseguire questa parola, e dove per metodo si intenderà e la comunicazione e la morale.

La morale deriva direttamente dall’ontologia della cosa e il metodo dalla comunicazione».

966

Giuss.:

«Per il peccato originale la ragione vuole essere padrone, vuol possedere ciò che definisce,

così da essere ultimamente arbitra, da essere lei ultimamente padrona di ciò che afferma fino all’arbitrarietà».

Al contrario, la natura della ragione

«è l’obbedienza al Padre che ci ha creati»,

per cui la suprema evidenza della ragione è che

«si può appartenere solo a ciò che non si possiede (Mistero)».


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