Capitolo 31
“Uno sguardo da imparare”
La responsabilità e l’Italia in pericolo (1995-1996)
928
Di Martino:
«L’attenzione alla forma e la passione per la bellezza coincidevano in lui con la coscienza e l’amore al contenuto».
930
Giuss:
«Il dramma è ciò che esalta i fattori dell’umano; è solo la tragedia che li annichila.
Il nichilismo porta alla tragedia; l’incontro con Cristo porta nella vita il dramma, perché il
dramma è il rapporto vissuto tra un io e un tu»
933
Giuss.:
«Dio nel tempo produce la sua Presenza, il segno della sua Presenza, attraverso il miracolo della santità.
Il miracolo deve venire da qualcosa di vicino, che è dentro l’orizzonte nostro».
935
Giuss.: si vive il mistero del popolo cristiano
«se l’azione che si fa ha come fine, oggetto proprio, la gloria di Cristo».
936
Giuss.:
«E’ una unità nella coscienza di sé, nella immaginazione del da farsi, di fronte al mondo, che si armano di pietà l’un l’altro quando la persecuzione incombe e si armano di richiamo all’umiltà l’un l’altro quando la grazia di Dio rende trionfale la croce di Cristo»
«E’ questa unità che manca tra noi come ideale previsto, pregato, desiderato e pregato, programmato, ricuperato».
La mancanza di unità è
«una invasione di meschinità che non può stare con la parola: “Sì Signore, io ti amo”.
936
Giuss.:
«Siccome tutti i motivi dei nostri entusiasmi, delle nostre recriminazioni, dei nostri sforzi, pescano altrove nel rapporto con il luogo sorgente del carisma, c’è come una sproporzione tra la promessa che il movimento è per grazia di Dio e l’esito cui le nostre mani non partecipano e cui i nostri occhi non partecipano con un minimo di adeguatezza personale».
936
Don Francesco Ventorino afferma di essersi dovuto ricredere rispetto all’idea che si era fatto della natura del carisma di Cl:
«Mi è parso evidente come non mai che si tratta, piuttosto che un criterio metodologico da apprendere e quindi da applicare, di uno sguardo da imparare».
937
don Francesco Ventorino:
«uno sguardo non lo si finisce mai di imparare»,
perché
«il criterio si può supporre già imparato, come una cosa acquisita una volta per sempre; uno sguardo non lo si finisce mai di imparare».
937
don Francesco Ventorino:
«Abbiamo ad un certo punto ritenuto “sufficiente” il giudizio cui eravamo pervenuti, dimenticando che l’uomo è sempre in correzione, ma in correzione “alla presenza” di un Altro».
938
«L’eterno è già presente dentro al tempo».
Jean Guitton
941
Jean Guitton:
«Il nostro destino si gioca tra il tempo e l’eternità.
La mia lunga vita vale un istante, ma un istante che testimonia l’eterno nel tempo.
La vita non è una successione di istanti, ma una partecipazione misteriosa all’eternità divina»
942
Giuss.: «C’è un uomo che ha detto:
«Io sono la via”, il metodo deve essere identico a quello di 2000 anni fa»
«Cristo deve essere sperimentato e, perciò, deve essere un avvenimento presente».
Perciò
«non è pedagogia cristiana, se non piega a trovare nel presente un avvenimento in cui Cristo opera, cioè cambia».
943
Giuss.:
«Il miracolo dei miracoli è Gesù Cristo, cui abbandonarci nella sequela della fede – come bambini che sono fedeli alla loro madre anche se la fanno disperare mille volte al giorno; cui essere fedeli riprendendo ogni mattina il cammino; cui essere fedeli anche secondo la nostra piccolezza e secondo tutta la nostra debolezza».
946
Giuss.:
«Può sembrare strano ma, all’interno di un rapporto che c’entra con il Destino, si possono sostenere tanti compiti, molti di più di quanto uno pensi di saper portare».
950
Giuss.: non tollera alcuna riduzione della fede a una dimensione meramente spiritualistica o moralistica:
«Cristo non è nel cielo tra le legioni degli angeli e sulla terra dice di valori morali da rispettare.
Cristo è dentro il mio rapporto con qualunque cosa, con qualunque persona, in qualunque caso; Cristo è dentro come criterio ultimo, come sole che deve riflettersi nel rapporto stesso.
Il rapporto con le persone e con le cose è una lente che riflette la Presenza, una presenza».
In questo senso
«Il Mistero e il segno di esso sono la stessa cosa
l’azione, il momento umano ed esistenziale è segno dell’eterno, dice il rapporto con l’eterno, rimanda all’eterno».
Infatti, tutto ciò che il cristiano fa
«attinge al grande pozzo della presenza di Cristo.
Guardo in faccia Cristo, allora guardo in faccia te veramente».
E’ «il trionfo di uno sguardo che ama»,
per cui
«è lo sguardo alla faccia di Cristo che mi permette di trattare la tua faccia con rispetto amoroso come non avrei mai pensato di fare. E per quanto riesca, so che sarà imperfetto l’esito, ma tutto in me è teso alla perfezione».
In che senso?
«Mentre tratto con te, amico mio, senza farlo sentire da te con parole espresse: chiedo a Cristo di riuscire, chiedo a Cristo la perfezione».
951
Giuss.: alla comunità romana:
«Che si presenti come unità agli occhi di chi la guarda, che si possa udire nella voce che usa lo stesso accento, lo stesso contenuto di fede, lo stesso motivo si speranza e lo stesso impeto di carità».
951
Giuss.: sa che l’unità tra gli uomini è un fatto
«così impossibile che qualsiasi miracolo non si può paragonare a un simile avvenimento».
952
Giuss.:
«Non è una unità vivente se non nella libertà. La libertà è una caratteristica propria dell’essere fatto a immagine e somiglianza del mistero della Trinità».
Che cosa è la libertà?
«La capacità di aderire all’essere» – «E’ una fonte impetuosa di affezione, una forza di appartenenza».
954
Giuss.: Se l’uomo vive per la presenza di Cristo,
«al suo sguardo umano il mondo diventa più vasto e, nello stesso tempo più minuziosamente imponente, come lo era sotto gli occhi di Cristo, che guardava lontano , verso l’orizzonte di tutti i campi, e segnava il piccolo fiore di campo che aveva ai suoi piedi».
In questo senso la fede non è cultura, ma ne è la sorgente in quanto diventa
«principio di una percezione , di una conoscenza nuova del mondo».
954
Giuss.:
«Perché Cristo ti ha scelto e battezzato? Perché tu lo faccia conoscere agli altri».
E raccomanda:
«Fate un miracolo!»,
quello
«Tanto sognato da ogni rivoluzionario, quanto umanamente impossibile a realizzarsi: l’unità fraterna, comunionale, di pensiero e di ricerca, di affermazione della verità e di eticità, come indomabile tentata plasmazione di tutta la realtà cui diventare familiari».
957
Giuss.: cita di frequente gli ultimi versi di una poesia di Montale:
«Un imprevisto è la sola speranza.
Ma mi dicono che è una stoltezza dirselo».
Giuss. precisa…
«mi dicono il potere: giornali, TV, libri, scuola».
957
Giuss.: un imprevisto
«è al di fuori di ogni regola, di ogni logica, di ogni misura; è immisurabile, incommensurabile, è mistero»
959
Giuss.:
«Un amore reale non può non agitarsi tra queste due sponde: ammirazione e compassione».
La cosa amara, per Giussani, è questa:
«Genitori e società benedicono tale debolezza perché se ne servono, più che averne compassione, cioè più che sentirne dolore; …anche da ciò che è più bello in voi, traggono una giustificazione per possedervi, per trattenervi nella prudenza o cautela di cui essi si pongono come misura: la misura che salva il salvabile!» .
L’esito di questa dolorosa constatazione è che allora, per un uomo così indebolito
«sono uguali a zero suo padre, sua madre, la donna che ama, il figlio che ha davanti agli occhi. Tutto.
Tutto si riconduce a nulla: è il nichilismo».
959
Giuss.: ai giovani:
«Siete amati.
Questo è il messaggio che arriva nella vostra vita, lo vogliate o non lo vogliate, lo comprendiate o non lo comprendiate, l’abbiate già sperimentato o abbiate ancora da aspettare: che la vostra dimenticanza lo confermi, confermi la suggestiva risposta!
Questo è Gesù Cristo nella storia dell’uomo, l’inizio continuo di questo messaggio: ”siete amati” – che cosa è la vita?
Essere amati. E l’essere che abbiamo addosso? Essere amati. E il destino? Essere amati».
961
Giuss.:
«Di fatto il “cuore” dell’eschimese, dell’argentino o del brianzolo è identificabile come esigenza di verità, di bellezza, di bontà, di giustizia e di felicità».
961
Giuss.:
«Nulla è così commovente come il fatto che Dio si sia fatto uomo per accompagnare con discrezione, con tenerezza e potenza il cammino faticoso di ognuno alla ricerca del proprio volto umano».
Si tratta di un avvenimento sconvolgente che ha introdotto nella storia una novità che
«corrisponde alle esigenze elementari e originali del cuore umano, così che ne viene un’esperienza che la ragione riconosce secondo una misura di pienezza.
Negare la possibilità di tale avvenimento è, dal punto di vista della ragione, la suprema irrazionalità”.
962
Giuss.:
«L’unità è in funzione della Chiesa e non di un partito politico o di schieramento».
966
Giuss.: al giornalista Brambilla del Corriere della Sera:
«Che il cristianesimo sia vero lo dimostra proprio l’esperienza: chi segue Cristo risolve tutti i problemi; chi lo rifiuta può illudersi a lungo di essere felice, ma in realtà non fa che rimuovere le sue domande più profonde, e alla fine perde».
(interessante il dibattito da rileggere perché assai attuale).
967
Socci: Giussani è curvo su un minuscolo pezzo di papiro il cosiddetto 7Q5 – 3.9 cm x 2.7 cm – coi resti di alcune parole greche. Quasi un niente, eppure
«Sta provocando un terremoto sotterraneo nella Chiesa. Per gli addetti ai lavori è una bomba a orologeria finora neutralizzata, reclusa nella cerchia ristretta degli esperti».
Ora finalmente sotto gli occhi di tutti.
967
Giuss. davanti al 7Q5:
«Avvertire il problema della venuta di Cristo è il culmine di una vita vissuta alla luce della ragione. Noi amiamo Cristo perché il Lui la verità si è resa uomo…un uomo presente».
967
Giuss.:
«Ci accumuna al popolo di Israele il senso di una storia cui si appartiene per misteriosa scelta ad una missione.
Da tempo ripeto che la storia del popolo ebreo deve diventare coscienza della storia della nostra persona, perché nella misura in cui questo non lo fosse, non saremmo cristiani veri».
La mostra “Dalla terra alle genti” è un
«gesto di ecumenismo reale, dal quale emerge l’importanza del rapporto con la cultura e storia ebraica, di cui vorremo – se possibile – sentirci parte per comprenderne appieno il valore».
968
La scoperta del Tu
Giuss.:
«Tutta l’essenza dell’uomo , tutta l’essenza e la dignità, la passione…sì la passionalità e la commozione che desta a chi guarda come fosse a teatro l’io dell’uomo, è quando l’io si scopre a dire tu a una persona. Il tu!. Significa un’altra cosa: tu non sei me».
A causa di tale scoperta
«non posso abusare di te, non posso usare di te, non posso appropriarmi di te, non posso rubarti, non posso finalizzarti a me, no! Allora uno s’accorge di cosa vuol dire rispetto, venerazione, adorazione».
«Un uomo che non viva un momento così con la sua donna, non ha mai amato la sua donna, mai! Uno grande che non ha mai amato il suo bambino così, che non s’è mai sentito quest’onda dentro di sé, questo rispetto improvviso verso questa faccina che potrebbe prendere a schiaffi o accarezzare a suo piacimento, non ha mai amato suo figlio».
«Quando uno arriva a questo tu con l’uomo e con la donna o col bambino o con l’estraneo – perché non ci è più estraneo –allora capisce cosa è Dio».
Ecco, dunque, che
«l’Infinito è questo Tu divino che permette questi “tu” umani. E come questo Tu fa sorgere in me questa incognita assoluta: io […] così fa sorgere il “tu“; è la stessa identica cosa».
969
Giuss.:
«Io e tu: ragionate su queste due parole, capirete a che cosa può giungere un aiuto educativo: un amore, un abbraccio, un calore, una eliminazione della solitudine, una forza di fronte a tutto ciò che accade, che può rendere ragionevole veramente ogni passo dell’uomo».
969
Giuss.:
«La realtà si rende evidente nell’esperienza».
«Se la realtà si rende evidente nell’esperienza, se l’esperienza è il rendersi evidente della realtà, allora per conoscere qualsiasi cosa, per pronunciarsi al riguardo di qualsiasi cosa, occorre partire dall’esperienza.
Il resto è pregiudizio o costruzione indebita».
970
Giuss.:
«Non puoi dire:”Signore Dio del cielo e della terra” senza partire da una esperienza».
Il che significa che per l’uomo Dio
«è realtà se entra nell’esperienza».
Altrimenti è un’illusione.
971
Giuss.:
«La cosa più importante che io abbia detto in vita mia è che Dio, il Mistero, si è svelato, si è comunicato agli uomini in modo tale da rendersi oggetto della loro esperienza.
Il Mistero diventa anche oggetto della nostra esperienza”.
971
Giuss.:
«Scelti a essere partecipi degli occhi con cui Gesù guardava gli uomini».
972
Giuss.:
«Nessun altra cosa, neppure un desiderato successo missionario vale più dell’esser stati scelti».
«Scelti a che? A essere partecipi della ricchezza di Gesù, degli occhi con cui Gesù guardava gli uomini, del cuore con cui Gesù sentiva gli uomini, tutti gli uomini».
973
Giuss.:
«Un carisma che incontra un altro carisma, non lo esclude, ma lo abbraccia, lo potenzia, lo vivifica, perché Dio non può contraddire sé stesso».
973
GPII 25 MAGGIO 1996: «Uno dei doni dello Spirito Santo al nostro tempo è certamente la fioritura dei movimenti ecclesiali, che sin dall’inizio del mio Pontificato continuo ad indicare come motivo di speranza per la Chiesa e per gli uomini.
Essi sono un segno della libertà della forma in cui si realizza l’unica Chiesa, e rappresentano una sicura novità, che attende di essere adeguatamente compresa in tutta la sua positiva efficacia per il Regno di Dio all’opera sull’oggi della storia».
