Capitolo 32
“La vecchiaia è scoppiata in me”
La malattia e “Dio è tutto in tutto” (1996-1997)
975
Giuss.:
«La vecchiaia è scoppiata in me».
«Adesso il Signore mi ha fissato, imprigionato quasi, perciò mi ha lasciato, mi lascia il segno quotidiano della sua benevolenza».
Perché quanto meno spazio ci sia,
«tanto più è possibile capire il valore del tempo, il valore dell’uso del tempo, della libertà nel tempo, non è legato alla quantità di espansione, alla quantità di intensità psicologica, ma soltanto al rapporto con Dio».
«Il Signore mi ha fatto improvvisamente capire, e perciò improvvisamente scoppiare, la coscienza dell’età che passava a 74 anni esatti».
975
Giussani, in effetti, si era sempre sentito più giovane di quanto non fosse, perché
«prendere coscienza implica un aumento d’amore, e l’aumento di quella conoscenza e di amore è la giovinezza, un aumento di giovinezza».
Ma ad un certo punto, ha dovuto arrendersi all’evidenza.
976
Giuss.:
«Sia il nichilismo che il panteismo distruggono quello che è più inesorabilmente grande nell’uomo: distruggono l’uomo come persona»,
distruggono l’io.
979
Giuss.:
«Se il mistero e il segno coincidono, l’amicizia con il segno è l’amicizia con il Mistero».
979
Giussani ammalato:
«Una delle visioni più chiare che ho avuto in questo mese è quel che diciamo di solito: tira via Gesù Cristo e tutto finisce in niente».
981
Giuss.:
«Paradossalmente, il primo problema che avvertiamo verso la cultura moderna è che ci sentiamo come mendicanti dell’idea di ragione, e comprendiamo – di rovescio – che la fede ha bisogno che l’uomo sia ragionevole per poter riconoscere l’Avvenimento grazioso del Dio con noi».
982
Giuss.:
«Noi cristiani, siamo tra gli uccisori di Cristo come tutti gli altri, ma lo siamo in un modo assolutamente particolare com’è particolare il suo rapporto con noi».
Tuttavia
«rimane inesorabile questa Presenza nella nostra vita, perché essa Gli appartiene. Egli ha preso su di sé tutti i nostri peccati, noi siamo già perdonati. Deve manifestarsi. Come?
Attraverso il mio cuore che l’accoglie e lo riconosce. È una cosa così semplice».
982
Giuss.:
«La Resurrezione incomincia da questo aspetto di infinita impotenza nostra che è la mendicanza, da questo supremo riconoscimento che Dio solo è potente, per cui ognuno di noi quotidianamente riprende la ricerca, il desiderio, la domanda, il sacrificio della purità».
985
Giuss.: a Dell’Oro che va in Kazakstan:
«La missione non dipenderà dalle cose belle che saprai fare, dalle iniziative importanti che metterai in piedi, ma dal cambiamento che permetterai a Cristo di compiere nella tua vita.
La missione sarà semplicemente l’esito del tuo cambiamento.
La missione è semplicemente la coincidenza della nostra presenza con la presenza di Cristo.
Allora la gente, l’uomo, di questo si accorge e ne è toccato».
986
Giuss:
«Il punto che ci deve animare, rianimare, confortare e rendere sicuri in tutto quello che facciamo: la missione è la vocazione per cui ci è stata data la vita».
987
Giuss.: La misericordia è
«l’abbraccio ultimo del Mistero, contro cui l’uomo – anche il più lontano e il più perverso o il più oscurato, il più tenebroso – non può opporre niente, non può opporre obiezione: può disertarlo, ma disertando se stesso e il proprio bene.
Il Mistero come misericordia resta l’ultima parola anche su tutte le brutte possibilità della storia».
991
Giuss.:
«Le circostanze per cui Dio ci fa passare sono fattore essenziale e non secondario della nostra vocazione, della missione a cui ci chiama».
991
Giuss.: Il dramma dei tempi moderni è segnato dalla progressiva
«prevalenza dell’etica sull’ontologia»
992
Giuss.:
«E’ in gioco la cosa più grande che sia penetrata nella storia dell’uomo e che ha come fine la salvezza di tutti gli uomini»,
vale a dire l’avvenimento cristiano. In questa situazione può rimanere come sorgente di libertà reale solo “l’individuo, la persona”, cioè la realtà più fragile che ci sia.
La persona è sì, una realtà effimera, ma è dotata di una dignità infinita:
«L’io umano fatto a immagine e somiglianza di Dio, riflette originalmente il mistero dell’Essere proprio nel dinamismo della libertà, la cui legge è l’amore».
992
Giuss.: sull’ECUMENISMO. La parola indica
«un amore alla verità che è presente, fosse anche per un frammento, in chiunque».
Per questo il cristiano
«non “tollera”, ma ama ciò che incontra,
afferma la speranza che il destino arrivi fino a lui, che la misericordia lo salvi».
993
Giuss.:
«Se uno ha scoperto la verità reale, Cristo, avanza tranquillamente in ogni tipo di incontro, sicuro di trovare in ognuno una parte di sé.
Se la verità lo possiede, in qualsiasi altra persona egli trova una parte di sé».
993
GPII:
«L’appartenenza a Cristo Signore della storia consente uno sguardo valorizzatore di ogni pur piccolo brandello di verità presente in ogni posizione, e abbiamo così conferma del vero ecumenismo».
994
Le “quasi” Tischreden nascono dalle registrazione fatte a tavola e che vengono inviate ai Memores all’estero.
996
Giuss.: Alla domanda:
«Com’è possibile che tutto ti interessi?»,
risponde:
«Come faccio a non interessarmi, se è un pezzo della compagnia che Dio dà alla mia strada?».
Per questo
«se uno non è appassionatamente alla ricerca dello scopo del suo vivere, non capisce che gli altri sono vivi e alla ricerca dello scopo del loro vivere, non capisce che gli altri vivono, non capisce che tutti insieme si dice Tu».
999
«Il proprio del cristianesimo è questo incastro delle due parti tanto inverosimile: il temporale nell’eterno e l’eterno nel temporale. La mistica che nega il temporale è la più propriamente anticristiana»
charles peguy
999
Giuss.: scrive a a GPII:
«Mai come in questo frangente storico per il mondo e la Chiesa sento la Santità Vostra come padre e maestro. Attraverso la totale trasparenza di testimonianza di Sua Persona, fino al sacrificio di tutto sé stesso…si è resa visibile, udibile, toccabile la contemporaneità dell’avvenimento di Cristo».
999
Giuss.: La presenza di Cristo
«è testimoniata concretamente nella società da compagnie di persone che cercano quel cambiamento della loro vita e nella partecipazione alla vita della società, che rende sperimentale l’avvenimento di Cristo e della Sua Chiesa qui e ora. È se opera».
Per questo Giussani prega affinché si moltiplichino i gruppi di Fraternità
«così che il mondo sia illuminato sempre più capillarmente da una dimora di Dio tra gli uomini».
1000
Giuss. è convinto che proprio l’urgenza dei tempi costringe a ritornare all’essenziale, a ciò che costituisce la natura e il compito del cristiano nel mondo: il riconoscimento di essere stato scelto per testimoniare che solo in Cristo trova soluzione adeguata l’enigma dell’esistenza, di un significato per cui valga la pena vivere. Ogni altra preoccupazione – intellettuale, organizzativa – deve cedere il passo a questa volontà di testimoniare con la propria vita il cambiamento che la fede produce in chi aderisce a Cristo nella realtà concreta della Chiesa.
