Riassunto per appunti della “Vita di don Giussani”

Capitolo 34

“Gesù mi chiamò, e io mi lasciai prendere da Lui”

Il 30 maggio con Giovanni Paolo II e il lavoro (1998-1999)

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Giuss.: in piazza san Pietro :

«Cristo mendicante del cuore dell’uomo, e il cuore dell’uomo mendicante di Cristo».

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Giuss.: davanti a GPII cita Madre Teresa del Bambin Gesù che scrive:

«Quando sono caritatevole è solo Gesù che agisce in me».

«Tutto ciò significa che la libertà dell’uomo, sempre implicata dal Mistero, ha come suprema, inattaccabile forma espressiva, la preghiera.

Per questo la libertà si pone secondo tutta la sua vera natura, come domanda di adesione all’Essere, perciò a Cristo.

Anche dentro l’incapacità, dentro la debolezza grande dell’uomo, è destinata a perdurare l’affezione a Cristo.

In questo senso Cristo, il Mistero, appare nel suo rapporto ultimo con la creatura come misericordia».

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Giuss.:

«Il Mistero come Misericordia resta l’ultima parola anche su tutte le brutte possibilità della storia.

Per cui l’esistenza si esprime, come ultimo ideale, nella mendicanza. Il vero protagonista della storia è il mendicante.

Cristo mendicante del cuore dell’uomo e il cuore dell’uomo mendicante di Cristo».

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GPII :

«(i movimenti) sono la risposta, suscitata dallo Spirito Santo, a questa drammatica fine di millennio. Voi siete quella risposta provvidenziale.

Nei movimenti e nelle nuove comunità avete appreso che la fede non è un discorso astratto, né vago sentimento religioso, ma una vita nuova».

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Anna Vercors ne L’Annuncio a Maria:

«La pace, chi la conosce, sa che la gioia e il dolore in parti uguali la compongono».

Anna VercorsAnnuncio a Maria

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Settembre 1998 Giussani viene ricoverato al san Raffaele. Ha una crisi respiratoria e contrazioni molto dolorose a una gamba che durano circa tre ore. Quindi si addormenta: nel dormiveglia Jone lo sente dire:

«Se capissero che sono amati da un Altro, che sono amati da Cristo, la predilezione crea unità e apertura.

È un avvenimento ontologico, unico, irripetibile, è una nuova creazione…Gesù di Nazareth».

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Giuss.: davanti a un piatto di spaghetti aglio olio e peperoncino a Gudo :

«Che bontà! Ma io non potrei dire questo se all’origine non ci fosse una Bontà. Dio ci ha dotato di una capacità per aderire che è il piacere, il gusto. Per questo, chi non è educato al piacere non può essere libero».

E pensando a tutta la gente che lo segue, aggiunge:

«Le persone, anche se sono grandi, se non passano attraverso l’esperienza della gioia, finiscono per non capire nulla».

«Non si capisce se non verificando le idee e i valori della propria singolare esperienza…..l’esperienza dice cose che dimostrano la verità»

Augura agli universitari: «una sincerità, una franchezza in tutto e un amore alla verità anche condiviso».

«La mia vita ha conosciuto la letizia a queste condizioni»

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Bergoglio Bergoglio alla presentazione del “Senso Religioso” a Buenos Aires:

«Nel presentare il libro di don Giussani “Il senso religioso” non compio un gesto di protocollo formale, e neppure ciò che potrebbe apparire come una semplice curiosità scientifica davanti a una messa a fuoco dell’esposizione della nostra fede.

Innanzitutto compio un doveroso atto di gratitudine.

Da molti anni gli scritti di Don Giussani hanno ispirato la mia riflessione, mi hanno aiutato a pregare e per questo oggi vengo a dare questa testimonianza.

Mi hanno insegnato ad essere un cristiano migliore».

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Bergoglio:

«Non si può iniziare un discorso su Dio, se prima non vengono soffiate via le ceneri che soffocano la brace ardente dei “perché” fondamentali.

Il primo passo è creare il senso di tale domande che sono nascoste, sotterrate, forse sofferenti, ma che esistono».

1033

Bergoglio:

«La ragione che riflette sull’esperienza è una ragione che ha come criterio di giudizio il mettere tutto a confronto con il cuore, ma con il cuore in senso biblico, cioè quell’insieme di esigenze originali che ogni uomo possiede: bisogno di amore, di felicità e di giustizia».

1033

Bergoglio:

«Noi parliamo di una ragione che non si riduce, né si esaurisce nel metodo matematico, scientifico o filosofico».

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Bergoglio continuando la sua presentazione de “Il senso religioso“:

«Per interrogarsi di fronte ai segni è necessaria una capacità estremamente umana, la prima che abbiamo come uomini e donne: lo stupore, la capacità di stupirsi, come la chiama don Giussani. […] “Solo lo stupore conosce”».

«La degradazione morale e culturale inizia a sorgere quando questa capacità di stupore si indebolisce, si annulla o muore. L’oppio culturale tende ad annullare, indebolire o uccidere tale capacità di stupore».

Al contrario, proprio lo stupore

«è ciò che mi porta a cercare, ad aprirmi; è ciò che mi rende possibile la risposta, che non è né una risposta verbale, né concettuale.

Perché se lo stupore mi apre come domanda, l’unica risposta è l’incontro: e solo nell’incontro si placa la sete. In niente di più».

1034

Giuss.:

«Di fronte alla totalità del reale la ragione è impotente ad esaurirla; si apre così alla categoria che ne rappresenta il vertice espressivo: la possibilità.

Nell’orizzonte della ragione emerge la mendicanza dell’io creato che il Mistero stesso si riveli. È questo che il cristiano partecipa alle lodi della ragione e all’uso di essa meglio degli altri».

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1998 viene pubblicato Generare tracce nella storia del mondo

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Giuss.:

«Perché avvenga la fede nell’uomo e nel mondo deve accadere qualcosa prima che è grazia, pura grazia: l’avvenimento di Cristo, dell’incontro con Cristo, in cui si fa esperienza di una eccezionalità che non può accadere da sola».

In questo senso

«la fede è parte dell’avvenimento cristiano perché è parte della grazia che l’avvenimento rappresenta, di ciò che esso è.

Come Cristo si dà a me in un avvenimento presente, così vivifica in me la capacità di afferrarlo e di riconoscerlo nella sua eccezionalità».

Perciò la fede:

«in quanto riconoscimento, è un atto della ragione, un giudizio, non un sentimento o uno stato d’animo.

La fede rappresenta il compimento della ragione umana.

Essa è intelligenza della realtà nel suo orizzonte ultimo, il riconoscimento di ciò in cui tutto consiste».

1037

Giuss.:

«Aderire con la propria libertà significa, per l’uomo, con semplicità riconoscere quello che la sua ragione percepisce come eccezionale, con quella immediatezza certa, come avviene per l’evidenza inattaccabile e indistruttibile di fattori e momenti della realtà, così come entrano nell’orizzonte della propria persona».

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Giuss.: introduce un nuovo aggettivo per descrivere il fenomeno della fede: 

«In quanto è una conoscenza che si lascia totalmente determinare dall’oggetto, la fede è riconoscimento amoroso.

È una conoscenza amorosa, semplice, senza equivoci, che implica un attaccamento.Tale conoscenza amorosa fa dire, come ha fatto dire a San Pietro: “Se non credessi a quest’uomo, non potrei credere neanche ai miei occhi”».

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Giuss.: Chi ha incontrato Cristo e lo ha riconosciuto con amore diventa una “creatura nuova” attraverso il battesimo, il che significa:

«avere una coscienza nuova, una capacità di sguardo e di intelligenza del reale che gli altri non riescono ad avere, e una affezione nuova, una capacità di adesione e di dedizione al reale, all’altro da sé, che non è nemmeno immaginabile.

La “creatura nuova” identifica un’intelligenza e un cuore diversi nel mangiare, nel bere, nel vegliare, e nel dormire, nel vivere e nel morire».

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Giuss.:

«Per vivere il cristianesimo non ci è Chiesto di rinunciare a nulla, ma di cambiare il modo di rapporto con il tutto».

<p class="has-vivid-red-color has-light-green-cyan-background-color has-text-color has-background has-medium-font-size" value="<amp-fit-text layout="fixed-height" min-font-size="6" max-font-size="72" height="80"><strong>1038</strong>1038

Giuss.: 

«Vivendo nella carne partecipo ad un Avvenimento che mi rende capace di una intelligenza nuova, più profonda e più vera, delle mie circostanze».

Con queste argomentazioni Giussani pone le basi per un superamento radicale del dualismo tra fede e vita che segna parte della realtà ecclesiale.

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Giuss.: 

«Lo struggimento che nasce dalla memoria dell’amore di Cristo ”obbliga” alla missione e non lascia tregua! Per chi è chiamato, scelto dal Battesimo, il mestiere della vita non è tanto essere padre o madre, avvocato o professore.

In tutto questo, il suo mestiere è quello di essere profeta, perché la missione è innanzitutto profezia, che vuol dire “parlare davanti a tutti».

1039

Giuss.:

«L’ecumenismo non è una tolleranza generica che può lasciare ancora estraneo l’altro, ma è un amore alla verità che è presente, fosse anche in un frammento, in chiunque».

1039

Giuss.:

«Una positività totale nella vita deve guidare l’animo del cristiano, in qualsiasi situazione si trovi, qualsiasi rimorso abbia, qualsiasi ingiustizia senta pesare su di sé, qualunque oscurità o inimicizia lo circondi, qualunque morte lo assalga, perché Dio, che ha fatto tutti gli esseri è per il bene.

Dio è l’ipotesi positiva su tutto ciò che l’uomo vive, anche se questa positività sembra talvolta essere vinta in noi dalle tempeste della vita». 

Uno dei peccati più grandi che l’uomo può compiere, infatti, realmente diabolico, qualunque sia il motivo ispiratore,

«per i suoi peccati, per la impossibilità a fare il bene che desidera, a riparare le brecce fatte nelle mura delle sue costruzioni dal tempo e dalle circostanze»,

è quello di

«perdere la fiducia in Dio».

Ma il Signore, «come misericordia tutto vince».

1041

Giuss.:

«Il lavoro per un cristiano è come l’aspetto più arido e concreto del proprio amore a Cristo…

è un giudizio dell’intelligenza che trascina con sé tutta la sensibilità umana».

1041

Giuss.:

«Il giudizio è un riconoscimento di verità,

è un riconoscimento dell’essere che viene percepito come da un bambino: l’esito della realtà che emerge ai miei occhi è uno stupore…le certezze nascono lì, le evidenze della certezza nascono lì, altrimenti diventano una definizione del potere, cioè di una estraneità che sempre riduce e cambia a seconda dei suoi tornaconti: il potere non vuole altro che sudditi, nel senso di schiavi».

1041

Giuss.: perciò :

«Il lavoro ci costringe a diventare più cristiani, a ripensare al nostro amore a Cristo, a ripensare come io vivo, all’utilità con cui vivo e per che cosa sia stato dato tutto».

E’ una questione di libertà, sottolinea, di io in azione. Eppure tante volte deve rilevare:

«Tu sei passivo, ultimamente passivo, e ti aspetti che la compagnia faccia in vece tua, ti aspetti che le formule e le cose ripetute facciano al posto tuo, si mettano al posto tuo. Invece no sei tu che….»

1041

Giuss.:

«Il lavoro è la forma espressiva della personalità umana, del rapporto che l’uomo ha con Dio (Gesù definisce Dio l’eterno lavoratore)».

1041

Giuss.: dall’andare al lavoro nella memoria di Cristo sul lavoro scaturisce

«una attenzione alla totalità, una finezza nel giungere a tutti i capillari, una pazienza nell’ampliarsi del tempo, un rispetto, perciò, del tempo che ci vuole, e poi non una mormorazione, non un lamento delle circostanze».

1041

Giuss.: in chiunque si accosta al lavoro così, si ravviva

«il senso di una fraternità anche di fronte a chi gli ruba la casa, al potente, al signore, al padrone».

1042

Giuss.: se non si ama Cristo,

«il lavoro si subisce, si tollera; ci si adatta».

Al contrario Chi ama Cristo tratta qualsiasi cosa

«perché il rapporto con essa diventi parte della veste di Cristo che si dilata in tutta la storia.

Così l’uomo spinge la mano e prende la cosa e la plasma, e allora gli altri….vedendo una cosa plasmata in quel modo domandano stupiti: “ma come mai? non c’è nessun posto al mondo in cui ci sia uno stabilimento che faccia questa cosa così!”».

1043

Giuss.: elencando 3 emergenze che gli pare coprano tutto l’orizzonte della vita umana inizia con la giustizia citando Nietzsche:

«Non mi piace la vostra giustizia fredda e nell’occhio dei vostri giudici riluce sempre per me il boia con la spada gelida. Dite: dove si trova la giustizia che è amore e ha occhi per vedere? Inventatemi, dunque, l’amore che porta su di sé non solo tutte le pene, ma anche tutte le colpe».

Giussani: 

«Quando la giustizia è amore non può essere senza carità, in chiunque, perché la legge dello Stato non può sostituire, coprire tutto il rapporto che la società e l’individuo che la rifletta, cioè il magistrato, possono avere con l’accusato».

Il rapporto tra l’uomo e la donna, che,

«Istintivamente sentito non può che diventare grettezza, chiusura

Per questo noi abbiamo sempre detto che l’amore è innanzitutto – sopra a tutto, a qualsiasi cosa – senso del destino dell’altro».

Se l’uomo non vuole ridurre il rapporto a un livello puramente istintivo, animalesco,

«questa gratuità assoluta è essenziale all’amore dell’uomo e della donna».

E chi non l’ha diventa violento perché

«rende la vita più succube e soggiogata all’impero del potere».

La terza emergenza è il lavoro:

«il lavoro è il momento in cui l’amore a Cristo diventa più concreto, più potente, ma più faticoso».

E quando Gesù dice:

«il Padre mio opera sempre. Mio Padre è l’eterno lavoratore»,

vuol dire che il lavoro è

«l’essenza dell’Essere, l’attività del Mistero».

«La vita della Trinità è lavoro, come è lavoro una madre che genera un figlio».

1045

Giuss.:

«Se Dio ci ha fatto il dono di questo oggetto, di questa persona, non possiamo fare con quella persona secondo il nostro piacere, secondo l’istinto!».

Ma questa affermazione constata amaramente:

«non vale niente per la stragrande maggioranza della gente! E’ niente! E anche per noi! Anche noi siamo dentro questa nefandezza, questa distrazione, questa smemoratezza.

Perché alzarsi al mattino e ricordarsi che tutta la giornata è di un Altro, accettarlo e offrire tutto, questa è la libertà».

1046

«l’appartenenza è avere gli altri dentro di sé».

Giorgio gaber

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Giuss.:

«L’invasione che Cristo fa nella realtà è umanamente inattaccabile ma fisicamente perseguitabile».

Perciò quello che è accaduto all’epoca di Gesù può accadere ancora.

E questo spiega a Giussani perché il cristiano non può provare il

«gusto dell’egemonia, del prendere il potere, perché questo è di Dio».

1050

Schoenborn: tutta la vita di don Giussani è sempre stata

«L’esperienza di un uomo che ci dà la sua amicizia e ci tira fuori dalla tentazione di diventare gruppo, partito e falsificare il dono dell’amicizia.

Come evitare questa falsificazione dell’amicizia? Don Giussani ce ne dà la traccia: l’amicizia innanzitutto, è un avvenimento, mai si lascia mettere in una scatola».


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