Riassunto di “Si può, (veramente?!), vivere così?”

PARTE PRIMA – Fede, libertà e povertà

Cap. LA FEDE

Indice linkato ai titoli

  1. Dalla ragione alla fede
  2. La fede in sintesi
  3. Commenti e dialoghi
  4. Fede e razionalità: il caso della storicità dei Vangeli

1 – Dalla ragione alla fede (79)

La verità ultima, il senso della vita, delle cose, è mistero. È mistero: cosa vuol dire?

Che non si può conoscere, che non può essere conosciuto dall’uomo solo con la sua ragione.

Che cosa l’uomo con la sua ragione può conoscere?

Solo l’esistenza del Mistero è comprensibile alla ragione. Perché la ragione è coscienza della realtà secondo la totalità dei suoi fattori


1° puntoRagione(80)

E’ la coscienza della realtà, […] fa vedere i fattori di cui la realtà è composta, coi criteri per giudicare se è bene, se è giusto, se è nel contesto dell’esperienza che si guarda oppure è estraneo ad essa.


2° punto Cuore.

Nella totalità dei suoi fattori,  in primo luogo viene l’imponenza dei criteri con cui la ragione giudica se stessa (autocoscienza), i principi a cui essa si affida per essere e per esistere.

Questi criteri sono quelli che abbiamo chiamato cuore.

Si chiama esperienza elementare questo cuore che si sente battere.

Ogni esperienza è giudicata da qualcosa che c’è in essa e che si chiama esperienza elementare.

Che cosa significa che i criteri con cui giudicare l’esperienza nascono dall’esperienza? (80)

L’esperienza elementare è la percezione inevitabile di ciò che l’uomo in tutte le cose cerca: per la soddisfazione di sé, per essere completo e perché la bellezza si renda visibile, oggetto maneggevole; perché il tempo sia buono, sia bontà; perché l’esistere sia felicità.

(81) Il contenuto dell’esperienza è la realtà. 

(82) Il provare, il mero provare assurge a dignità di esperienza in quanto il contenuto che uno prova viene giudicato dalle domande ultime del cuore: sono i criteri del vero, del vero uomo, della vera umanità, del vero destino dell’uomo.

L’uomo è educato dall’esperienza, non da ciò che prova.

È scriteriato pretendere che il proprio bambino cresca uomo maturo provando tutto quel che vuole.

(83) Il punto di partenza quindi è l’esperienza non quel che si prova,

ma l’esperienza è quel che si prova giudicato dai criteri del cuore, i quali, come criteri, sono infallibili (infallibili come criteri, non come giudizio: può essere una infallibilità applicata male).

Nell’esperienza, la realtà di cui prendi coscienza e che provi – da cui, cioè, sei colpito – ti fa balzare fuori i criteri del cuore, ti desta il cuore che prima era confuso e dormiva, perciò ti desta a te stesso. Lì incomincia il cammino tuo, perché sei desto, critico.

La cultura è coscienza critica e sistematica di un’esperienza;

un’esperienza esige sviluppo critico e sistematico.

(84) Ogni esperienza ha un cuore: il cuore dell’uomo.

Un cuore che è unitario in qualsiasi esperienza l’uomo faccia, che è principio di unità dell’uomo stesso e principio di giudizio su tutto quello che l’uomo mangia, ingloba.

Se non fosse vero che i principi con cui giudicare la propria esperienza sono dentro l’esperienza stessa, l’uomo sarebbe alienato, perché dovrebbe dipendere da altro da sé per giudicare sé.


3° punto (84)

(Esempio dei componenti/fattori della sveglia). Se la ragione conoscesse tutti i fattori del mondo o tutti i fattori di cui una cosa è fatta, mancherebbe ancora un fattore, che è fuori dal numero, è fuori dai pezzi e genera la forma unitaria di cui tutti i pezzi sono funzione per te.

(85) Il tal modo la ragione implica l’affermazione dell’esistenza del mistero, intendendo per mistero un fattore presente in ogni esperienza che non appartiene ai fattori sperimentabili, numerabili, calcolabili dall’esperienza.


4°punto (86)

La difficoltà inizia come fatica morale della non presunzione, del non pretendere.

Manca qualcosa: l’abbiamo chiamato «punto di fuga».

(87) Se la tua natura è l’esigenza di conoscere tutti i fattori della realtà, anche l’esistenza di questo inafferrabile fattore è fattore della realtà: è fattore della realtà e io non lo conosco.

Cioè io non riesco a conoscere tutta la realtà, la realtà nella sua interezza.

La ragione, ini qualsiasi modo si scontri con la realtà, deve ammettere che c’è un punto in cui essa non si può muovere: è il Mistero, Dio, che fa la realtà.

Comunque, di fronte al Mistero, la ragione non può dire: «Se io ci do dentro, lo conosco».

La ragione di fronte al mistero rimane limitata.

Di fronte alla totalità del reale la ragione è impotente ad esaurirla: l’esperienza non è fine a sé stessa, non è compiuta.


5° punto (88)

Cosa deve fare la ragione allora di fronte al Mistero?

(89) L’ultimissima posizione della ragione si chiama, conoscitivamente, categoria della possibilità, esistenzialmente, mendicanza.

Cioè la mendicanza implica la categoria della possibilità.

È solo se il Mistero si comunica che l’uomo incomincia a conoscere qualcosa che non aveva mai conosciuto.

Ed è conseguenza, allora, non l’uso scaltro della ragione, ma dell’uso umile della ragione, del più umile uso della ragione che è là dove la ragione diventa bambino: frigna, chiede, domanda, cioè prega.

La preghiera è domanda al Mistero:

che si faccia vedere, che si dica, che si faccia conoscere.

E l’atteggiamento dell’uomo per cui accetta e capisce sempre di più la risposta, si chiama fede.

(90) «Dio rivelati a me!» questa domanda è l’ultimo gesto razionale, corrispondente cioè alla realtà secondo la totalità dei suoi fattori.

La ragione, quando prega, può dire io perché é di fronte a un tu. Prima non c’è niente a cui la ragione dice “tu”. L’io e il tu si ritrovano a questo livello.


6° punto (91)

Giovanni e Andrea capiscono cosa vuol dire una cosa eccezionale: «Non c’è nessuno come questo qui. E non c’è nessuno che risponde a quello che io desidero come quest’uomo».

Gli dicono: «Ma come fai ad essere così?». «Io e il Padre siamo una cosa sola. Senza di me non potete fare nulla» – Se il Mistero è la verità dell’uomo e come Mistero la verità non si può conoscere,

( 92) Se il Mistero è la verità dell’uomo e come Mistero la verità non si può conoscere, se il Mistero coincide con quell’uomo lì, la verità è quell’uomo lì

Quid est veritas? Vir qui adest: Cos’è la verità? È un uomo presente.

Questo è il salto mortale contro cui tutti gli uomini di questi secoli si sono ribellati.

(93) La ragione non sa il «come» sia, nello stesso tempo, uomo e Dio, ma risponde finalmente all’ultimo pertugio aperto, al sibilo: il Mistero è uno tra noi, la verità, il Mistero, è un uomo tra di noi: seguiamolo, e quanto più lo si segue, tanto più conosceremo la verità, e la verità ci renderà liberi.

(94) Questo è il cristiano: il testimone di quel che dice Lui di sé. Perciò non è il teologo, ma è l’amico di quello lì: chi gli crede.

La fede afferma una cosa perché l’ha detta Lui,

Punto fermo.

E uno accetta razionalmente: è ragionevole che uno accetti una cosa perché l’ha detta Lui, in quanto è storicamente afferrabile e affermabile una eccezionalità di comportamento, una eccezionalità di performance che non è reperibile in nessun altra parte.

Uno che dice: «Senza di me non potete fare nulla»: è una bella presunzione! No: è la definizione di Dio, è la definizione di Dio, non presunzione.

Ma allora, che Cristo è Dio non lo affermo per dimostrazione diretta. È giusto dire che lo affermo con ragione perché mi baso su una esperienza eccezionale? (94)

(94) La ragione può arrivare al fatto che si trova di fronte al qualcosa di eccezionale, non può arrivare a definire chi è Gesù Cristo, in quanto divino che si comunica all’umano.

Per parlare della fede in Gesù bisogna tirar fuori l’umano: la fede in Gesù costringe a guardare all’umano in modo tale da conoscerlo come non si era mai conosciuto.

Interessa tutto l’umano.

E se l’esperienza dell’amore in humanis sembra avere nel rapporto uomo-donna la sua espressione più suggestiva, non ultima ma più suggestiva, io debbo poter conoscere e approfondire il mio rapporto personale con Cristo e la mia affezione a Cristo così da ritrovarci dentro a un altro livello, più profondo e più suggestivo, la suggestività dell’amore dell’uomo e della donna.

Una volta che si è arrivati alla fede è ancora attraverso il meccanismo della ragione che la grazia dell’Essere agisce.

È grazia il potenziamento della capacità di conoscere della ragione che non è più come prima, è tesa da qualcos’Altro che la fa diventare capace di penetrare anche quest’Altro.


2 – La fede in sintesi (97)

 La fede è un metodo della conoscenza.

2° – Perciò la fede è un metodo della conoscenza della ragione.

Non è un sistema di pietà, non è una devozione a Dio, non è un sentimento verso Gesù Cristo: è un metodo di conoscenza della ragione.

Non è un sistema di pietà, non è una devozione a Dio, non è un sentimento verso Gesù Cristo: è  un metodo di conoscenza della ragione.

È un metodo di conoscenza della ragione per via indiretta, attraverso un testimone.

– Se la fede è un metodo di conoscenza della ragione attraverso un testimone, il problema è quindi la credibilità del testimone.


Due osservazioni

Prima osservazione (98)

Se la fede è un metodo di conoscenza, non c’entra con il cristianesimo come tale, ma con l’uomo, con la natura umana.

L’uomo non saprebbe i nove decimi di quel che sa se non avesse questo metodo da usare.

Seconda osservazione

C’entra con il cristianesimo questo metodo di conoscenza indiretta? Sì, perché il cristianesimo parla del Mistero di Dio.

(99) Ci si può fidare di Gesù Cristo? E’ fidabile? È questo il problema.

Il cristianesimo è la conoscenza attraverso un testimone umano, di una cosa che umanamente non si può sapere:

la natura di Dio e la vita di Dio, la natura del Mistero e la vita del Mistero.


3 – Dialoghi e commenti (99)

(100) Ora se è diventato corpo e sangue tra di noi, siamo chiamati a vedere il suo volto.

E dove lo vedremo il suo volto? In quale contesto? Di che cosa sarà fatto il suo volto?

Delle persone che mette con noi, del contesto di vita che ci chiama a vivere, del lavoro che ci fa compiere, della natura di cui ci circonda, della creatività dell’uomo.

Se uno guarda la faccia di una persona amata senza sentirsi trascinati all’eterno, non è amata quella faccia, o c’è frammezzo qualcosa di cattivo o di alterato.


[22] «Se ho della ragione adeguate per fidarmi di Nadia e non mi fido, faccio un atto irragionevole, cioè contro me stesso; se ho delle ragione adeguate per fidarmi di Nadia, è ragionevole che io mi fidi di lei»

« Nella mia esperienza ho notato che, quando si tratta di contenuti in cui non c’è in ballo qualcosa a cui io posso essere attaccata, è una cosa semplice»

Non è una cosa semplice, è indifferente.

È indifferente: ti fidi perché non hai nessun tornaconto a battagliare, a lottare.

Invece, quando c’entrano interessi della tua vita, allora devi battagliare, perciò devi dare giudizio


«Per cui io divento testimone attendibile se dico una cosa che mi è indifferente?»

No, nossignore! Perché se tu sei testimone di una cosa indifferente alla mia vita, non c’entra che io sia serio con te, semplicemente me ne infischio: « Sì va bene!».

Invece debbo essere per forza serio con la tua natura originale, che è uguale alla mia.

Così io capisco se ti comporti secondo essa o no – non del dettaglio singolo, ma almeno nel complesso -, e, perciò, se posso fidarmi di te.

(102) Il problema è se la vita è una cosa seria o no.

Se è una cosa seria, c’è la verità e c’è l’amore; se non è una cosa seria non c’è né verità né amore, ma bugia e tradimento, sfruttamento che è lo stesso.

Dio è talmente verità che ha bisogno di una cosa sola: del nostro desiderio di verità e basta, della nostra volontà di verità.

[pag.36] «La fiducia è un problema di coerenza, di coerenza con una evidenza della ragione, una evidenza raggiunta direttamente o attraverso il testimone, subito o in seguito ad una convivenza».

Si può vivere così?

(103) Perciò il giudizio circa la credibilità del testimone è un giudizio che do con la mia ragione.

La fede non suppone fede per essere fede, ma suppone la ragione per essere fede.


Tu dici che la fiducia è un problema di coerenza con una evidenza della ragione. Io ho notato che quando nell’esperienza subentra la paura, anche se è riconosciuta irragionevole, essa ha come il potere di annientare questo tipo di coerenza rispetto alla ragione. Perché accade così e qual è il punto per far leva in questi momenti? (103)

Nell’uomo c’è come una malattia mortale che la Chiesa chiama peccato originale: un venir meno delle forze.

(104) Ci sono tutte le ragioni e, quando si tratta di aderire, non riesco ad aderire.

È un vuoto in me tra la ragione e la mia volontà, è una divisione fra l’intelligenza e la volontà a quel livello fondamentale che si chiama libertà.

(105) Come si fa a superarlo? Gli apostoli lo hanno superato

  1. Primo quando era presente Gesù.
  2. Secondo quando erano insieme. Presenza di autorità e compagnia sono i primi due fattori che sperimentalmente fanno superare la paura. Ma non oltre un certo limite: quando la paura diventa grande, anche questi due fattori cadono. Tutti gli apostoli hanno provato questo momento di paura grande, e tutti hanno ceduto e tutti sono stati travolti dalla paura.
  3. Terza cosa: la grazia. Ed è solo questa che ad un certo punto compie ciò che la compagnia non è riuscita a compiere e ciò che il grande uomo non è riuscito a compiere. Quindi, il grande uomo è grande perché è strumento del disegno del Mistero, del disegno del Padre; e la compagnia è un grande aiuto come strumento del disegno di Dio.

[pag.36] «L’inizio di un fatto nuovo nel mondo»

Ma l’inizio di un fatto nuovo nel mondo sulla copertina di “Tracce” è tradotto come l’inizio di una lotta: «Natale: la grande polemica». Mi piacerebbe capirlo di più. (106)

Il mondo non vuole misure diverse dalle proprie, specialmente il mondo di questi ultimi secoli: c’è, esiste quello che posso misurare io, quello che posso spiegare io, quello perciò che posso rifare io. Perciò,

(107) il fatto che Dio diventa uomo, di fronte a un mondo con simile pretesa, non può che destare rabbia, ribellione cioè lotta.

E non è contro il cristianesimo quando parla male del cristianesimo; è contro il cristianesimo quando, in qualunque modo, dice che c’è solo quello che l’uomo può misurare.


[36] «E Cristo è l’oggetto totale della nostra fede. Come facciamo a conoscere Cristo in modo tale da potervi appoggiare tutto il sacrificio della vita?»

Io capisco che in certi momenti vorrei che Cristo per me fosse così concreto come può essere il rapporto vivo con una donna, cioè che potesse abbracciarmi nello stesso modo.(107)

Per l’amor di Dio! Passerebbe. Comprendiamo benissimo quello che vuoi dire, perché lo sentiamo tutti.


Ecco questa esigenza che in alcuni momenti ho è solo sentimentalismo? O, se non lo è, com’è che Cristo può diventare così concreto per me? (108)

È solo il tempo che passa che rende esperienza.

Perché Cristo è Dio diventato uomo, perciò è Dio che si obbliga a diventare esperienza carnale nell’uomo.

Verrà il tempo in cui, sorprendendoti a guardare una donna che ti commuove, capirai che diversità c’è tra lo sguardo di allora e lo sguardo di adesso, e avrai pietà per l’infantilismo di adesso, o dovrai aver misericordia per l’egoismo di adesso.


Leggendo la prima caratteristica della fede, ad un certo punto ho alzato lo sguardo e ho visto il presepe che avevo fatto a casa mia, e mi sono chiesta: «Ma perché con l’incontro che descriviamo partiamo sempre da Giovanni e Andrea?». Non sapevo bene, perché poi ho pensato ai pastori che sono andati alla capanna. (108)

(109) Per Andrea e Giovanni l’avvenimento è stato quando, andando a casa sua, hanno cominciato a sentirlo parlare in un certo modo, per cui –“Oddio” – non si poteva spiegare più.

Erano colpiti, oppressi ed esaltati da quello che diceva. Più lo sentivano, più erano ammaliati.

Un avvenimento porta novità.

(110) Ogni istante porta una novità che non c’era prima, tant’è vero che si chiama avvenimento.

Un avvenimento non è mai identico, proprio identico all’altro, altrimenti sarebbe accaduto alle 10 di mattina come l’altro.

Che Dio si sia fatto uomo è un avvenimento che per Giovanni e Andrea è apparso quando sono andati là.

(111) Mounier diventato padre di una figlia idiota per tutta la vita accusa la sua debolezza d’aver pregato Dio che la facesse morire.

Fin quando ha capito che questa era una falsità borghese, come un metodo ricercato di maggior comodità del vivere per lui: che la figlia fosse morta, invece di restare idiota.

Così quando invitava i politici e i letterati dell’epoca non metteva loro a capotavola ma la figlia idiota,

perché quell’idiota era il segno dello spirito infinito, del rapporto con l’infinito,

che è l’anima nascosta come dentro la tomba di una materia resa opaca dalla malattia.

Riconosciuta e accettata e offerta a Cristo, con la sua croce, perché salvasse il mondo.


[pag. 38] «Il fatto in cui per la prima volta il problema di chi fosse Gesù si è posto è il primo istante in cui il problema della fede è entrato nel mondo, non della fede come semplice metodo della ragione, ma come della fede come metodo della fede applicato a qualcosa di sopra-ragionevole, che sta al di là della ragione, impensabile, inconcepibile, perché tutto quello che diceva quell’uomo lì era inconcepibile».

Si può vivere così?

Vorrei capire bene questa differenza rispetto al metodo della conoscenza. (112)

Rispetto al metodo della conoscenza, in quanto

la ragione può conoscere con certezza le cose attraverso il testimone o dei testimoni.

Se il testimone ad un certo punto dice: «Perché il Mistero che fa tutte le cose ha un principio che si chiama Padre e, come bellezza, ha una espressione che si chiama Verbo. Questo Verbo sono io».

(113) Io vado lì, non come se avessi saputo da Nadia particolari sulla vita di un comune amico di scuola: è qualcosa di ben diverso! La differenza in che cosa sta?.

 – Nel testimone che dice di sé stesso: «Chi vede me vede il Padre». Ma chi sei tu? « Io sono il Figlio del Padre».

2° – In quel momento la ragione è come portata sopra sé stesa a capire qualcosa che è sopra il suo oggetto normale, che è al di là della sua immaginazione, che non potrebbe lontanamente pensare.

È la ragione che conosce; una ragione, però, come sublimata, come resa più grande, resa sopra sé stessa da una Presenza eccezionale.

Il testimone eccezionale rende la ragione capace di conoscere cose che abitano le regioni dell’essere a cui la ragione non sarebbe mai arrivata.

Facendo la fatica di remare, facendo la fatica di andare contro, facendo la fatica del sacrificio, giunge a un punto in cui risorge; si spalanca in essa qualcosa che neanche lontanamente prima sentiva di poter capire.

(114) E adesso la capisce; capisce cosa vuol dire che la faccia di una persona ha un dentro, che la bellezza, per esempio, non è bidimensionale, ma è tridimensionale: uno ha un fattore verticale, ha un fattore orizzontale e un fattore che ha dentro.

E il profondo della ragione non lo vede, ma se le è testimoniato, se le è fatto vedere, dopo non ne può più fare a meno.


Ma anche il testimone richiede un salto della ragione.(114)

No. Il testimone che ha reso persuaso me a 5 anni che l’America c’era senza nessun problema, è stato mio zio quando venne dall’America.


Vorrei capire meglio cosa vuol dire  che la fede è un modo di conoscere più grande.(115)

Il modo di conoscere dell’intelligenza giunge sulla soglia di un orizzonte misterioso.

Arrivati al fondo dell’esperienza della vita o della conoscenza del possibile a noi, è come se tutto cominciasse: di lì  incomincia.

C’è un punto di fuga: la fede ci porta più in là, varca la soglia.

Non perché noi diventiamo più bravi, ma perché uno, che vien dal di là della soglia, si siede con noi a mensa e ci racconta quel che c’è al di là della soglia: Dio diventa compagno dell’uomo.

Per cui innanzitutto la nostra conoscenza viene potenziata.

(116) È una parola misteriosa, ma non estranea: uno si sente più a casa sua con quella parola misteriosa che neanche con le parole che capisce.

La fede come conoscenza nuova.

La fede nasce da un caso, da un avvenimento che ha la forma di un incontro

Occorre che, incontrando quella persona, io capisca se ho ragioni sufficienti per fidarmi.

Normalmente per avere ragioni sufficienti, occorrerà una certa convivenza, occorrerà del tempo.

E qui quanto più uno ha personalità umana, tanto più in fretta capisce di potersi fidare dell’altro; quanto meno uno ha umanità in sé, tanto più dubita facilmente dell’altro.

(118) Ma come faceva a credergli quel gruppetto di aficionados che gli era andato dietro per tre anni?

Perché di settimana in settimana, anzi di giorno in giorno, dopo il primo colpo che avevano avuto, andandogli dietro, diventò loro più evidente di qualsiasi altra cosa che di Lui dovevano fidarsi: «Se non mi fido di quest’uomo, non posso credere neanche ai miei occhi».

Questo è un modo ragionevole di procedere, di credere: «credere» perché si afferma una cosa per testimonianza di un’altra persona; «ragionevole» perché si hanno motivi adeguati per fidarsi di lei.

I motivi adeguati sono indotti, sono scoperti dalla convivenza con Lui.

(120) Perciò la convivenza è un fattore ultimamente tanto più necessario – perché sia ragionevole il nostro assenso, il nostro affidamento al testimone – quanto più il testimone dice una cosa grossa.


Che c’entra la memoria con la convivenza? (121)

La presenza al suo fatto, la coscienza che il suo fatto è una cosa presente si chiama memoria.

Perciò, è la memoria la condizione per la convivenza.

La memoria è il riconoscere come presente quell’avvenimento che è iniziato nel passato.

E perché è giusto riconoscerlo presente?


Perché cambia

Perfetto! Ricordati queste parole, e prega la Madonna che te le faccia vivere e sentire addosso a te.


C’è perché cambia. Non devo immaginarmelo, devo riconoscere qualcuno presente. (122)

L’avvenimento è il cambiamento che accade in te, o nell’altro.

Riconoscere il tuo cambiamento, essere sorpreso dal tuo cambiamento.

Cristo è presente, talmente presente, che opera il cambiamento di una cosa presente e perciò

la memoria è riconoscere, come presente in un cambiamento, Cristo,

che è incominciato duemila anni fa, ma rimane fino alla fine dei secoli.

(123) Da cosa si capisce che Lui c’è? Da una presenza umana cambiata.

Qual è il primo cambiamento, ragione di tutto il resto? Che io so chi è! Io so con certezza che È e chi È.

Tutto il resto che è cambiato in me e perché è cambiato!

Quanto più si ha coscienza di chi è, che è qui, tanto più si ha dolore di quello che non è ancora cambiato, tanto più si ha consapevolezza di quello che dovrebbe cambiare, tanto più si ha certezza che cambierà. Forza!!


Tu sottolinei l’importanza della convivenza, e io sono in Germania da sola: non è una contraddizione? (123)

Inconveniente ma non impossibilità perché per l’etere passano anche gli angeli di Dio e possono portarti intuizioni di chiarezze che le tue compagne pigiate qui non si preoccupano neanche di avere.

(124) Andate a leggere i Padri del deserto: che razza di disponibilità avevano, che conoscenza avevano delle cose umane.


[pag. 42] «Trovare un uomo eccezionale vuol dire trovare un uomo che realizza una corrispondenza con quel che desideri, con l’esigenza di giustizia, di verità, di felicità, di amore…….»

Si può vivere così?

Volevo chiedere se mi potevi aiutare a capire meglio cosa voleva dire questa eccezionalità (125)

Ti dà una suggestività, che ha una forza persuasiva su di te, che ha una evidenza su di te, che opera una impressione, contro cui non hai niente da obiettare.

Anzi più ci pensi e più ti fa impressione.

Quanto più ci vai insieme, tanto più questo eccezionale ti persuade.

(126) «Io non capisco come fa a dire così, non capisco come questo avvenga; dico che se contraddico questo, contraddico l’evidenza che ho di lui, vado contro me stesso, sarei incoerente con me stesso.

(127) Vado contro l’evidenza che ho avuto: non posso.

Perciò, non so come, ma questo è Dio, non so come possa accadere, ma questo è Dio, non so come avvenga ma questo è Dio. Quel che dice lo ripeto».

Nei primi anni fu così: ripeterono quello che aveva detto Lui senza capirlo bene; col tempo che passava, con le cose che davano i frutti, tutto apparve chiaro.

[pag. 42-43]«Terza caratteristica lo stupore. Ma lo stupore è sempre una domanda, almeno segreta. Lo stupore nasconde dentro di sé una domanda profonda che tocca le fibre ultime».

Si può vivere così?

Da un punto di vista psicologico lo stupore porta ad una domanda e approfondisce la domanda, chiede che la domanda sia approfondita fino alla risposta.

(128) Stupirsi e contemplare sono la forma più acuta e più pura della domanda.

La gratitudine che viene subito dopo è anch’essa una forma di domanda: la gratitudine è che l’altro a cui sei grato esista, continui ad esistere, ci sia, che tu l’abbia a ritrovare.


Quando mi imbatto in una presenza eccezionale, che mi stupisce, in me non nasce  semplicemente una domanda: «Ma come fa ad essere così?». Ma è come se mi volessi misurare con quella eccezionalità e volermene impadronire…(129)

(130) Il tentativo di misurarti in modo da essere grande come quella roba lì, è un atteggiamento falso e contraddittorio alla reazione della tua coscienza.

Il paragone tipico per il cristiano qual è? È la santità.

Madre Teresa di Calcutta è una cosa eccezionale…..ma anche tu puoi diventare come lei! Sì, ma non come sforzo tuo, misura tua: deve c’entrare qualcosa d’altro.

Se cancelli l’eccezionalità che dici d’aver visto, la tua è una incoerenza, non  un tentativo di eguagliarla.

[pag. 45] Chi è costui? Quarto fattore. La fede incomincia esattamente con questa domanda: «Chi è costui?»

Si può vivere così?

Il problema della fede, il gioco della ragione nella fede, avviene con questa domanda: «Chi è Costui? Come fa ad essere così?».

Siccome la fede cristiana si è diffusa nel mondo e nella storia – attraverso la testimonianza di chi crede, sempre essa sarà generata dal fatto che davanti a te uno si domanda: «Come fa ad essere così?».

Non con l’espressione formidabile che destava Gesù, ma come riflesso di quella.

Cristo è presente nel mondo attraverso questo: la domanda che nasce nel cuore di uno, anche se non lo dice a parole, vedendo una certa persona o certe persone o una certa comunità o un certo modo di vivere: «come fanno ad essere così?». 


Non avevo mai pensato che Cristo fosse come me! Ma allora tutto è possibile anche a me?(131)

No questa tua ultima frase dimentica che la realtà di Cristo affonda nel Mistero che lo costituisce: Cristo è Dio.

(132) Perché è Dio può dare la sua carne e il suo sangue da mangiare e da bere; ma può avere il pensiero di dare la sua carne e il suo sangue perché è uomo.

Comunque hai toccato l’esempio dove il rapporto tra il divino e l’umano diventa più carico di sfida alla nostra mentalità e, nello stesso tempo, più dolce e tenero per il cuore.

Per dare la pelle occorrerebbe una potenza infinita, un potere infinito: perché

l’uomo non può dare la sua pelle per salvarti, occorre che sia Dio.


Pietro non capiva però gli ha detto: «Se andiamo via da Te, dove andiamo? Solo Tu hai parole che spiegano la vita». Ultimamente mi sono capitate certe cose, ma non riesco ad andare in un altro luogo che non sia questo.(133)

Spero che siamo tutti d’accordo che della maggior parte delle cose che accadono – perché accadono! – non sappiamo il perché.

(134) Tu non capisci tante cose, ma qui ti è detto qualcosa che, preso sul serio, diventa come l’ipotesi esplicativa senza paragone migliore.

Il cristianesimo appare sulla scena del pensiero umano come una ipotesi senza paragone con tutte le altre, l’ipotesi meglio esplicativa di tutto ciò che è nell’uomo.

Il caso più impressionante è quello del peccato originale.

Il peccato originale è la parola più odiata da tutta la mentalità contemporanea, perché dichiara un limite a tutto ciò che è l’uomo.

Se tu ammetti il peccato originale, capisci come mai l’uomo sente l’ideale dell’amore ma odia, piega subito l’amore a egoismo fino all’odio.


Pensando alla vocazione, alla strada, a tutto quello che mi ha portato qui, mi sono sentito quasi nella stessa situazione in cui si son sentiti Pietro e gli altri, anch’io non riesco a capire, ma questa strada a me sembra come la risposta di Pietro: «Se andiamo via da Te, dove  andiamo?»(135)

(136) Nessuno di noi sa come mai è qui, eppure capisce che non c’è niente di meglio, di più bello, di più ricco di promessa dell’essere qui; e capisce che non può andar via senza andar via da sé stesso.

«E’ vero anche se non so come».

La vocazione alla verginità è inspiegabile anche nella sua difficoltà oltre che nel suo valore.

(137) Tu non sai come ci arriverai, è mistero come arrivarci, ma ci arrivi. Cioè: “non ci arrivi” capisci che “ci stai arrivando”.

Per questo, quanto più gli anni passano, tanto più son freschi e giovanili.

(140) Io non so come – e neanche tu lo sai: «Nessun uomo ha mai visto il Suo Volto» – io non so come mai il Tuo, volto di Cristo, coincide con il volto che io amo, con il volto del mio amico, con il volto del mio compagno; ed è capace, questa Tua faccia, di rendere presente – nella esperienza presente, perché prima del presente tutto non è più e dopo di esso non c’è ancora niente: solo il presente «è»! – di rendere presente con se stessa, in questo mio momento presente, tutti coloro che sono stati e tutti coloro che saranno: tutta la storia e tutto il mondo.

[pag. 47] «la responsabilità di fonte al fatto. Ultimo punto: la risposta».

Si può vivere così?

Io farei sei punti: il quarto è la nostra domanda: «Chi è costui?». Il quinto è la risposta sua, perché non dimostriamo noi che è Dio; e allora il sesto è il coraggio di dir di sì: la nostra parte come coraggio.

Nei primi cinque punti la nostra partecipazione è intelligenza, conoscenza; il sesto è cuore. Volontà, affettività, adesione (che è sempre la conclusione di una conoscenza, come abbiamo detto – (rileggere “Touché o della vera conoscenza”pag.55-58). La lealtà con la nostra affezione, cioè l’unità dell’io, lealtà con me stesso, mi deve far dir di sì.


Mi chiedevo: tra il riconoscimento dell’eccezionalità e la domanda; “Chi è Costui? Ci deve essere di mezzo una convivenza. La persona deve voler questa convivenza o no?(141)

La convivenza riesce ed è fatta, è realizzata da persone di buona volontà, dice il Vangelo.

Le persone di buona volontà sono le persone morali.

La persona morale è chi continua, di fronte ad ogni cosa, ad avere l’atteggiamento con cui Dio l’ha fatto.


A me sembra che la libertà venga anche prima, cioè stia anche nella disponibilità che io ho di fronte a questo fatto.(141)

Di fronte a Cristo viene la domanda: «Chi è questo qui?».

Di fronte a questa domanda posso aderire o no: libertà.

La libertà viene dopo che la proposta è fatta.

(142) Al giovane ricco disse: «Ti manca una cosa, vieni con me». Ti manca una cosa: cos’è questo «vieni con me»?.

È il sì di Pietro.

Perché san Pietro gli ha detto sì? Perché era attaccato. «Attaccati a me!». Vale a dire: «C’entro io con la perfezione della moralità. È buono chi riconosce e ama me».

«Me»: quid est veritas? Vir qui adest.

E quello se ne andò triste: da quel giorno in avanti non  fu più semplice.


Avevi detto che il primo miracolo del nostro cambiamento è che noi lo riconosciamo, lo riconosciamo che c’è. (142)

Il miracolo lo fa Iddio.

e tu avevi detto che è semplice riconoscerlo

Vuol dire che chi ha la semplicità d’animo, la mossa potente dello Spirito divino, del mistero, lo muove a capire facilmente.

Il giovane ricco che davanti a Gesù schizza, dimostra che non è vero che lui è disponibile totalmente al Mistero.

È disponibile al Mistero fin quando gli pare e piace.

(143) Per questo l’avvenimento supremo nella storia dell’uomo è l’avvenimento della verginità, perché è la dimostrazione più potente che Cristo è Dio.

E tutto il resto, senza questa testimonianza, sarebbe niente: «Senza di me non fate niente».


Leggendo i paragrafi sulla conoscenza per fede e quello sulla responsabilità di fronte alla domanda «Chi è costui?» mi veniva questa domanda: che rapporto c’è tra l’evidenza e la certezza? Come gioca la libertà? (143)

Prima di tutto l’evidenza è un tipo di certezza, è un metodo per la certezza.

La certezza che come quell’uomo non c’era nessuno, la gente l’aveva per esperienza diretta, per l’impressione di un immediato incontro.

(144) Mentre negli altri casi i metodi usati per la conoscenza quanto più li usi e li sviluppi tanto più si complicano, questo, quanto più stai insieme tanto più si semplifica.

Il giudizio si forma quanto più vivi la convivenza.

Quanto più vivi insieme a quella persona, tanto più diventa semplice e chiara la persuasione, tanto più diventa evidenza: non si “complica” ma diventa evidenza.


Vuol dire, quindi, che nel tempo la certezza per fede può diventare più certa della stessa evidenza?(144)

Più certa dell’evidenza no, perché

l’evidenza indica il massimo della connessione tra soggetto e oggetto.

La certezza per fede diventa più ricca dell’evidenza solita.


Sul corriere della sera Severino ha intitolato il suo articolo: «Dio? Può essere tutto, tranne che un’evidenza della ragione»(145)

Non c’è stato neanche uno dei grandi, tra i nostri amici, che abbia risposto.

L’articolo di Severino è tale e quale la mia prima ora al Berchet.

(146) È la più grande delusione che ho avuto da anni a questa parte. Pensate che ingenuità, la mia, di essermi fidato di voi,

dei ragazzi, di chi mi ascoltava, della serietà di chi mi ascoltava.

E ho capito tre sere fa che non mi posso fidare perché fanno Scuola di Comunità come se non la facessero.

L’evidenza non indica immediatamente quello che tocco con la mano, è l’oggetto più squallido dell’evidenza.

Ma pensate che evidenza viene all’uomo, volendo veramente bene alla sua donna, ha fatto una famiglia e ha portato avanti con fatica per anni la vita insieme…come la può conoscere di più, come è più evidente ciò che lei è.

Con mille difetti che prima non vedeva.

E non ha più l’entusiasmo – come diceva Ada Negri – « senza quel riso che aveva al tempo che non torna, senza quel canto: un’altra sei, o giovinezza, più bella», perché  più vera.

Noi siamo sicuri che l’America c’è per miliardi di indizi, tutti convergenti a quel punto: c’è l’America.

Se tu tiri via «c’è l’America», non capisci più perché parlano, non si capirebbe più perché si parla.

Ma per avere la capacità dimettere insieme tutti questi indizi, occorre una grandezza di mente, una maturità di spirito, che il bambino non ha.

(149) Per essere certo dell’America, prova a pensare a quanti milioni di testimonianze io ho.

Milioni: se leggo il romanziere Hardy, oppure leggo Joyce, ho migliaia di migliaia di testimonianze che l’America c’è.


Adesso hai detto che eri più certo dell’esistenza dell’America (anche se non c’eri mai stato) che neanche dell’esistenza del professore che avevi davanti (149)

Certo.

Hai anche detto che l’evidenza è il massimo della connessione tra soggetto e oggetto.

Ho detto che l’America non è evidente? Della persona che avevo davanti avevo una certa evidenza, quella del bambino.

Dell’esistenza dell’America ho una evidenza che è dell’adulto, ma è una evidenza anche quella.

Per cui resta vero che solo l’evidenza è il massimo della connessione tra soggetto e oggetto? (150)

Certo, perché il Paradiso è il massimo, il supremo e definitivo della connessione tra il soggetto e l’oggetto; il soggetto è il cuore dell’uomo che aspira alla felicità; Dio è l’oggetto di questo desiderio perché Dio è la felicità; il massimo del rapporto è quel possesso evidente che è il paradiso.


Perché io ho la fede e quell’altro no? La fede è un problema solo di ragione e libertà o c’è qualcosa di più misterioso?(150)

Se tu hai la fede significa che impegni in essa tutta la tua ragione e tutta la tua libertà; ragione e libertà sono alla radice della fede.

Invece che la fede si riconduca alla ragione e alla libertà: no, mai detto.

Siccome la fede è rapporto diretto col Mistero di mezzo, la cui  necessaria comunicazione, se vuol farsi conoscere dall’uomo, si chiama Grazia.

Per fare questa strada occorre che si possa dar ragione della speranza che è in noi: è la prima condizione per essere cristiani.

(152) Non esiste niente di più ragionevole, di più razionalmente evidente, documentabile, di più facilmente documentabile come razionalità, che la fede in Cristo, che l’adesione a Cristo.

La ragione per cui io seguo Cristo è perché seguire Cristo è bello.

Il bello è lo splendore del vero,

è il vero in quanto ti colpisce e ti attira.

Un bello che non fosse vero, sarebbe triste; tanto più è triste quanto più è bello.

La nostra fede deve essere intelligente, deve saper rendere conto

a noi stessi innanzitutto, perché sia fonte di quella tenerezza, di quella capacità di amore e di quell’entusiasmo di dedizione che sono le cose migliori della vita.


Il plagio è accettare che il criterio per giudicare quello che vivo, venga imposto o dalla pressione sociale, o dai giornali o…..(153)

Il preconcetto, da qualunque parte venga, è qualcosa che ammetti tu (nella tua vita).

Concetto: sei concepito da qualcosa che sta prima.

Segui e persegui questa dipendenza sempre.

Semplice è chi persegue la modalità con cui è concepito e non introduce qualcosa di estraneo perché immaginato da lui o insistito dall’ambiente.

(154) «Questa è la vittoria che vince il mondo: la fede» – Il “mondo” è la realtà nel suo aspetto falso.

Ma allora le bellezze che teneramente amiamo e con ammirazione guardiamo? È proprio questo che rivela l’equivoco:

la verità non è la forma e l’aspetto con cui gli occhi sorprendono la cosa, ma è ciò che sta dietro l’aspetto che ne è come la sorgente.

Che cosa non è menzognero? Quello che è più che uomo: là dove l’uomo si radica nel mistero di Dio.

La bugia più melanconica, più triste, con le conseguenze umane più sottilmente amare, è l’amore dell’uomo alla donna senza che esso implichi questo affondarsi nel Mistero, senza Cristo.

Ma allora uno che è chiamato a incontrare, a scoprire, a guardare, ad accorgersi, a seguire, ad entusiasmarsi ogni giorno di più della presenza di Cristo, questo è un uomo che gusta la carne, è un uomo che gusta il tempo e lo spazio, è un uomo che gusta l’effimero

(156)E nell’istante c’è la dimensione dell’eterno, e non perde neanche un capello del capo dell’altro.

Questo è un uomo che ha la familiarità con il vero, che dà del “tu” alla verità, e quindi alla bellezza, e quindi

del "tu" alla gioia


Vorrei riuscire a capire meglio cos’è l’immedesimazione e cosa è l’immaginazione, e che rapporto c’è tra le due cose. (156)

(157) L’immaginazione sta alla immedesimazione, come uno strumento sta al frutto determinato, come uno strumento sta ad una opera fatta.

L’immedesimazione è molto più potente che familiare, perché tocca l’essere dell’altro. 

L’immedesimazione ti fa accarezzare, prendere sotto braccio o abbracciare l’essere dell’altro.

(158) Immedesimazione vuol dire diventare il medesimo come esperienza dell’essere, come auto scienza, come sentimento di sé, come gusto di sé, come conoscenza della possibilità di sé, come coscienza del destino, soprattutto.

L’altro mi è noto come sono noto a me stesso, lo sento come me stesso: «Ti conosco».

Immedesimarsi vuol dire percepire l’essere dell’altro, percepirlo nella sua espressività, percepirlo nella sua potenza creativa, percepirlo nel suo destino, come si percepisce sé stessi: il medesimo; io sono il medesimo, io sono tu, tu sei io.

Per immedesimarsi occorre amare: io sono tu, tu sei io.


Cosa vuol dire assimilarsi a te?(159)

È un assimilarsi non a  me, ma ad una esperienza che può essere fatta da te, a una esperienza che si può ripetere in te.

«Se tu segui tua stella, non puoi fallire a glorioso porto» (Inferno, canto XV, vv. 55-57)

Perciò, per esempio, non è l’ascolto che ti cambia, ma il guardare che ti cambia.


Come tu ti immedesimi con i sentimenti che Cristo aveva?(160)

L’invito di Carlo prima di tutto obbliga a guardare voi stessi, a prendere sul serio quello che sentite; solo più vivi questa esperienza, capirai come l’ha vissuta Cristo.

La prima cosa da fare è che dovete rendervi conto di voi uomini, di te come uomo.

(161) Per poterti immedesimare con Gesù, la prima cosa che devi fare è essere vero tu come uomo.


[pag.52-53] Le esigenze sono chiarissime, non è chiaro come le applichi, non è chiaro come applicarle e come usarle. Per giudicare, che cosa devi usare? Le esigenze che hai dentro; se usi un’altra cosa ti alieni, diventa un’alienazione; se usi altri criteri, sono i criteri della cultura che ti circonda e percià sei alienata, sei schiava dei criteri altrui.

Si può vivere così?

Tu dici che le esigenze sono chiarissime, il problema è come applicarle. Invece a me spessissimo capita che proprio le esigenze non sono chiare. È come se ci fosse una crosta al cuore; a volte c’è una fessura e riesco a capire, altre volte invece….(162)

Quella fessura è una ferita.

Il problema perciò è: ritornare sempre a quella ferita  o farti ritornare a quella ferita (questo si chiama amicizia), o qualcosa che irrompe nella tua vita e ti costringe a vivere quella ferita ( e queste sono le prove che Dio manda alla tua vita).

L’obiezione che hai fatto è più una specie di irritazione che neanche ragione: è come un’ombra che passa, non è il sole.


[pag. 56] «Ragazzi, Giovanni e Andrea di fronte a Cristo capivano che era un altro mondo che si svelava loro, era un altro mondo! Noi dobbiamo abbordare questo altro mondo. Dio ci ha spinto sulla soglia, ci ha spinti al suo confine: bisogna sorpassare questo confine ed entrare. E vivere è entrare dentro questo vero mondo, infatti le cose diventano cento volte più belle».

Si può vivere così?

È come se mi sentissi sempre sulla soglia, cioè nella posizione che lei descrive: «bisogna sorpassare quel confine e entrare». Ma qual è questo passo che devo fare?(164)

Il nostro amico vorrebbe capire. Ma si trova sempre ad essere come su una soglia, su una soglia che non supera mai.

È sempre fuori: ecco, noi siamo sempre fuori, fuori dal quadro di una realtà attraverso cui Dio ci si presenta e ci presenta il significato di tutta la realtà.

Tutte le volte che parliamo della soglia dell’eterno che si sperimenta in questo mondo è l’inizio dell’eterno in questo mondo.

L’amore verginale di un uomo ad una donna è una soglia dell’eterno, è un aspetto dell’eterno, è un vibrare dell’eterno dentro l’esperienza di questo mondo, è già presenza dell’eterno in questo mondo.

È una cosa sperimentabile.

(165) Quando Pietro disse: «Si, Signore, tu lo sai che io ti amo» era già dentro la soglia.

Ed è questa soglia il definirsi della moralità.

Non vien più meno, questo è impressionante, non vien più meno la volontà di camminare: uno fa quel che può, soprattutto uno fa quel che Dio gli permette di fare, ma non viene più meno.


4 – Fede e razionalità: il caso della storicità dei Vangeli (166)

Abbiamo la fortuna di avere con noi l’unico gruppo di studiosi che contrattaccano l’opinione comune che da cento anni viene resa normale da tutte le cattedre universitarie, da tutti i giornali e da tutte le riviste: il fatto cioè che Cristo non avrebbe documenti storici adeguati che ne dimostrino l’esistenza: è la grande menzogna con cui il secolo “della ragione”, anzi della ragione applicata.

Questa è la grande menzogna con cui il secolo della ragione, anzi della ragione applicata, perché il secolo dei lumi, dell’innamoramento dell’uomo per la sua ragione astrattamente concepita è il 700, mentre

l’800 è il secolo della ragione applicata, quella che dovrebbe risolvere le questioni, che ha preteso negare l’avvenimento cristiano.

Loro, giovani spagnoli teologi, hanno sentito la passione per la verità che era nel loro maestro, padre Herranz.

Seguendo questo maestro e sviluppando la sua ipotesi di lavoro, hanno fatto scoperte dell’altro mondo, così che adesso rappresentano l’unico punto sulla terra contestatore sistematico della mentalità dominante.

Carròn (168): Ognuno di noi si mette sempre davanti alla realtà in un certo modo: non è neutrale, perché la ragione si muove sempre dentro una certa posizione che la persona ha in rapporto con la realtà.

Giussani (169): Se l’individuo si pone verso la realtà con sospetto, guarderà tutte le cose con sospetto appena trova un intoppo lo interpreta a favore del suo sospetto.

Se invece è uno che si pone di fronte alla vita non con sospetto ma con positività considera un fattore che gli altri non considerano.

Qual è questo fattore? È che tutta la tradizione cristiana primitiva dice che Cristo non è affatto contradditorio e che i testi non sono contradditori.

Garcia (170): Tantissimi libri sono scritti, non per trovare la verità, cioè non per amore alla verità, ma per provare un pregiudizio o per sostenere un pregiudizio che c’è prima di iniziare lo studio.

GiussaniNon sono alla ricerca del vero, sono alla ricerca di pretesti per avallare il loro pregiudizio.

Garcia (170): Una delle cose che ho visto è che tutta l’esegesi protestante vuole mostrare che la divisione che si è creata da Lutero in poi nella Chiesa, esisteva dagli inizi della Chiesa.

Quando uno inizia invece a studiare con questo metodo, cioè parte con questa fiducia che dà alla tradizione, che dà alla Chiesa, comincia a rendersi conto che le cose non sono così evidenti come dicono questi libri.

Iniziare aperti a tutte le possibilità è l’unico modo per mettersi nel reale e poter scoprire e riconoscere il reale.

L’inizio del lavoro che stiamo facendo è una fiducia: se io riesco a fare una scoperta scientifica è perché parto dalla possibilità che ci sia questa soluzione.

GiussaniPer cui chi parte con posizione di sospetto, sempre, necessariamente è obbligato a cancellare alcuni fattori in gioco, per esempio la tradizione della Chiesa, la tradizione di 2000 anni, per poter andare avanti la sua parte.

(172) Mentre la forza dei nostri due amici è che hanno tenuta aperta la possibilità emergente secondo tutta la tradizione cristiana.

Non può essere uguale a zero una tradizione di 2000 anni così.

Carròn (172): I vangeli sono i testi su cui sono state fatte più ricerche tra tutti i libri del mondo, si è cercato di verificarne i dati: il 99% dei dati è perfettamente comprovato.

Tutto questo bisognerebbe metterlo da parte per dare fiducia ad alcuni dati che non si possono dimostrare!

È impossibile, per esempio, dimostrare l’esistenza di un certo discorso in un momento della storia attraverso l’archeologia.

Ma prendendo spunto da alcune cose che non si possono dimostrare, si cancella tutto il resto, per dare credito a qualcosa che ancora non è provato.

Tutti i Padri della Chiesa si rendono conto della difficoltà dei Vangeli, ma prima di tutto non cancellano questi dati, non c’è nessun dubbio.

Giussani: Per ripetere quello che ha detto lui: quando si ha un preconcetto, se si è attaccati a sé stessi, si porta avanti questo preconcetto, imperterriti fino a quando si trova qualcosa che sembri finalmente dar spunto per una conferma.

Invece è banalmente un pretesto in più.

Loro due, ponendosi positivamente di fronte alla realtà, non sciogliendo la questione abbandonando la tradizione, ma tenendola presente, hanno trovato che quella contraddizione non è una contraddizione.

Gli altri hanno continuato a fare il loro mestiere scettico e bugiardo.

Garcia (175): Quando uno parte da questo preconcetto, alla fine la sua ragione diventa irragionevole, arriva a fare delle affermazioni che sono veramente stupide, anzi, non sono solo stupide, ma sono anche contro l’evidenza.

Giussani: (I componenti del gruppo di Herranz) hanno raschiato la superficie latino-greca e sono pervenuti alla radice aramaica, la lingua originale dei vangeli. Questo confermava ciò per cui la tradizione non si era scandalizzata delle diversità del testo greco. Ecco perché la tradizione che adorava il vangelo, ha mantenuto il vangelo in greco come l’ha ricevuto, e lo ha letto come se leggesse dall’aramaico.

Carròn (176): E quello che impressiona di più è che non ha ceduto alla tentazione di migliorare il testo, di cambiare il testo, anche se c’erano sensi contradditori o che sembrano tali. E questo è un indice prezioso.

Interventi delle persone presenti

Newman cercando la verità si è fatto cattolico …(177)

Infatti cercava la verità sopra ogni cosa e, avendo abbordato i documenti cristiani dai primi secoli per dimostrare che la Chiesa cattolica li aveva alterati – mentre la Chiesa inglese no – ha trovato che la Chiesa li aveva rispettati e quella inglese li aveva alterati: è l’amore alla verità.


Per cui la nostra difficoltà nel capire la fede è proprio la mancanza di amore alla verità (177)

Questa è la conclusione per cui ho disturbato i nostri amici.

(178) Se parti con sospetto, innanzitutto sei portato a non guardare quei fattori che ti romperebbero le scatole; mentre se parti con cuore aperto, non hai paura di nessun fattore che entri in gioco, neanche di un fattore come la tradizione di 1000 anni che non trova analogo corrispondente.


Allora la ragionevolezza della loro fiducia si fonda sulla tradizione? (179)

Abbiamo detto che il punto principale è la fiducia di fronte all’essere e alla realtà e, perciò, anche di fronte alla tradizione!

Tant’è vero che l’aspetto negativo è costretto a dimenticare la tradizione, a rinnegarla.

Perchè rinnegarla? Il rinnegamento della tradizione ti fa essere prigioniero del testo greco, il quale è una menzogna.

È una menzogna? No, è stata la traduzione letterale di cristiani che volevano essere fedeli al testo aramaico, al testo primitivo e perciò traducevano parola per parola; ma tradotto, parola per parola, il testo aramaico aveva un altro significato.

Due cose dovete tener presenti, che sono nuove, che sono dette per la prima volta così.

– quando si tratta di Gesù o del cristianesimo, del fatto cristiano, c’è una tradizione lunghissima, che è cominciata proprio all’inizio: è un  fattore importante da tener presente per la spiegazione, una spiegazione non può prescindere da questo.

– Quello che di bene la posizione positiva ti ha portato a fare, non puoi scordarlo; non puoi dimenticare che un atteggiamento positivo di fronte a una questione di verità ti ha portato ad essere migliore in questa cosa, in quest’altra cosa, ( per esempio più attenta allo studio, nell’indagine).

Mentre il sospetto rabbuia tutto: è come vedere una vallata splendente al sole e, dopo un’ora, coperta di nebbia.

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