Riassunto di “Si può, (veramente?!), vivere così?”

2° capitolo – LA LIBERTA’

Indice linkato ai titoli

  1. Natura della libertà
  2. Commenti e dialoghi

1 – NATURA DELLA LIBERTA’ (183)

La libertà ne “Il Senso Religioso” è definita come capacità di adesione all’essere….(184)

(184) No! Non perché è ne Il Senso Religioso; ma da un punto di vista di pura riflessione sull’umano, di autocoscienza, è vero!

Puoi dire sì o no perchè sei libero, ma non sei libero per il sì o il no che hai detto: sei libero per qualcos’altro.

Dire si o no è in potere della libertà, ma non è il si o il no che ti rende libero.

È una conseguenza, non una definizione delle libertà.

Non va confuso il problema di come la libertà si attua con il problema di cosa è la libertà.

Quando vi sentiti liberi? La strada per trovare una risposta a questa domanda, qual è?.

È una esperienza provata, è qualcosa che si prova!

Per questo la domanda fatta non rimanda a niente – a nessun testo di matematica, né di geografia, né di filosofia alla Bontadini -, non rimanda a niente eccetto che alla vostra umanità.

(185) Se la parola è l’indice di una realtà che viene a galla nell’esperienza, di quale realtà è indice il sentimento della libertà? Di una realtà di soddisfazione.

(186) Perciò, quale sia la natura della libertà deve essere qualcosa di concreto, di sperimentabile.

Per questo, tirando le conseguenze ultime: la libertà è la capacità di felicità, perché la felicità è la soddisfazione totale, e soltanto la soddisfazione totale  è libertà.

Prima della soddisfazione totale non è ancora libertà: ti dà un’impressione di libertà, ma non è ancora la soddisfazione, non è ancora la libertà.


Perché per noi è così difficile rimanere al livello dell’esperienza? (186)

Perché nessuno ti ha fatto riflettere adeguatamente, ti ha educato a riflettere, e spontaneamente nessuno riflette in modo giusto, ma secondo gli impeti che si sente dentro.

(187) Chi (nella vostra vita) vi ha fatto riflettere sul fatto che un sostantivo è indice di una esperienza, di una realtà che si prova?

Ditemi chi, sinceramente, ditemelo!.

2 – Commenti e dialoghi (187)

[ pag. 64-65] la parola libertà normalmente coincide con il fare quel che pare e piace. Ed è giusto, come dimostrerò. Ma non come lo pensano tutti, perché tutti sono superficiali nell’usare “libertà uguale a fare ciò che mi pare e piace”.

Si può vivere così?

Io faccio esperienza della libertà quando finalmente arrivo a casa e posso fare quello che voglio, nel senso dell’autonomia. Mi sembra sia opposto a quello che lei dice. (190)

L’autonomia non puoi né baciarla, né abbracciarla, né accarezzarla, mi spiego?

L’autonomia è una situazione di rapporti, mentre il gusto che provi essendo autonoma, sì, quella è la libertà.


La mia esperienza è che io mi sento libero quando mi sento perdonato…..(191)

Uno si sente libero quando è perdonato? Non necessariamente e non per tutti: non è una definizione.

Uno si sente libero quando il desiderio è soddisfatto.

Per capire se io sono libero devo partire dall’esperienza in cui mi sento libero.

Perché si deve partire dall’esperienza?


Per non essere alienati dalla mentalità dominante (191)

(192) Questo è un aspetto della risposta giusta, un aspetto.


Perché la ragione parte dal presente (192)

L’uomo parte dal presente, non c’è niente da fare!

La conoscenza mi è data da uno sguardo che io porto sul presente, condizionato da quello che ho già dentro la testa: dall’avvenimento!


Ho raccontato della libertà a mia sorella e le dicevo che le parole indicano l’esperienza. Poi quando ho detto che la libertà è imperfetta perché non c’è la soddisfazione totale che raggiungiamo solo quando raggiungiamo l’infinito, mi ha detto: «Però tu adesso stai parlando di una cosa di cui non fai esperienza: come fai a dirlo?».(193)

Perché se la libertà è esperienza di soddisfazione, di un desiderio soddisfatto, logicamente – tira la logica della questione

la libertà in pieno è quando in pieno il desiderio della felicità tu lo compi.

Questo è un dato di esperienza, perché ciò che manca è, in qualche modo, implicato nell’esperienza di quel che si prova.

La libertà totale non può che essere una felicità totale, perché se si può dire: “Mi manca qualcosa”…e, infatti, la stupidità suprema di chi rimedita le nostre parole e i nostri input sulla verginità, è quella di immaginare che la verginità implichi la rinuncia a una realtà.


[ pag. 69] «la libertà è il rapporto con l’infinito, con Dio, il rapporto realizzato con il Mistero. La libertà è la capacità di raggiungere il destino, la libertà è il nesso, il rapporto con il destino ultimo, è la capacità di raggiungere Dio come destino ultimo».

si può vivere così?

Io non riesco a capire cosa vuol dire “capacità” di aderire al destino (194)

Più che spiegare, quando c’è un’obiezione, la prima cosa da fare è che tu, che non sei d’accordo, risponda alla domanda. “La libertà è la capacità del destino?”: ma per te cosa vuol dire?

La risposta al problema di aderire al destino occorre innanzitutto udirla gemere nel cuore,

quando, con semplicità indifesa, sentiamo l’inevitabile desiderio per cui siam fatti.


Come faccio a capire se un rapporto è adeguato perché aiuta la mia libertà, cioè mi aiuta proprio a seguire il destino per cui sono fatta? Nella compagnia vocazionale mi è più chiaro, però con gli altri rapporti no (196)

Molto giustamente: gli altri rapporti si presentano sempre in modo equivoco, sempre, perché c’è di mezzo una interpretazione che diventa mediazione alterante.

È semplicissimo capire se il rapporto tra due persone è giusto o no: se fa ardere dal desiderio che tutti si vogliano bene così.


[ pag. 72] «Perché la libertà è imperfetta, e proprio perché è imperfetta può scegliere una cosa che non è giusta. La capacità di scelta è propria di una libertà in cammino, non di una libertà compiuta. La scelta non appartiene alla definizione della libertà: la libertà è soddisfazione totale. L’errore, la possibilità dell’errore, appartiene ad una libertà che non è ancora libera, che non è ancora libertà, che non ha ancora raggiunto la soddisfazione totale».

Si può vivere così?

Allora, quando la libertà è perfetta, non c’è più niente da scegliere? (198)

Certo! Quanto più una cosa è bella e corrisponde al tuo temperamento, tanto più stai lì con la bocca spalancata e non verresti più via.

La vita della verginità non può sussistere e resistere se non vive tutte queste cose qui, cento volte di più.

L’uomo è fatto per la felicità, lo scopo del Mistero è di rendere l’uomo felice come sé.

(199) La presenza di Cristo riconosciuta incomincia a fargli vivere quella felicità che l’aspetta per l’eternità.

Perché l’eternità o incomincia da qui o non c’è, secondo la mia affermazione che ciò che in qualche modo non si rivela dentro l’esperienza del presente, non c’è; non “non c’è lì”, non c’è, non esiste.

Perciò la libertà è la nostra responsabilità vissuta verso questo scopo.

Impegnare la propria libertà nella sua responsabilità di fronte a Dio è un impegno per la propria felicità.


[pag. 72-73] «L’attrattiva o l’emozione suscitata da una creatura che esercita un influsso immediatamente più forte di un’altra cosa che porterebbe la libertà più avanti, che farebbe camminare la libertà, questo è l’errore; non è un errore l’attrattiva che si sente, è un errore preferire questa attrattiva all’attrattiva più debole, ma più attiva e sicura verso il destino che qualche cosa inoltra nel cuore e propone al cuore». 

Si può vivere così?
traiettoria dell’uomo verso il compimento

Io  non riesco ancora a distinguere ciò che è più attivo e sicuro per il mio destino, per cui mi fido più del cuore, cioè del fatto che quello che mi affascina non mi porta fuori strada, ultimamente (200)

È giusto fidarti del cuore, se per cuore intendi quella simpatia profonda che Simone aveva verso quell’uomo che era lì, e dopo 2000 anni è qui.

Il genio di Dio è l’oggettività, la presunzione del genio umano è la soggettività.

Vale a dire:

l'oggettività è il reale, la soggettività è l'immaginare.


[pag. 73-74] «Però, ragazzi, come nota bene finale, se uno ha una attrattiva più forte e invece il Signore lo vuole qui, per rinunciare a quella attrattiva e andar qui, cosa occorrerà?

a) La coscienza del destino. Primo: una coscienza chiara del destino, l’amore al destino

Vorrei essere aiutata a capire che cosa è la coscienza del destino, che cosa significa amore al destino, e qual è il nesso che li lega.(201)

Coscienza del destino vuol dire che uno, usando la sua ragione, capisce che è costretto a dire: tutto ciò che vive e si muove, si muove verso uno scopo reso significativo da un’idea ultima, suprema, che si chiama anche volontà di Dio.

Coscienza del destino vuol dire, dunque, riconoscere che tutta la realtà appartiene a un disegno  unico nel quale l’attività decisiva è dell’uomo, signore del creato, per cui Dio ha fatto il mondo.

E non solo riconoscimento, ma affezione ad esso, perché uno per natura è spinto ad amare sé stesso, e uno non ama sé stesso se non ama il suo destino ultimo.

(202) Coscienza del destino e coscienza della realtà: il destino non è nient’altro che il significato ultimo della realtà, ciò per cui vale la pena che sia.


[pag. 76] «La comunità è letteralmente, fisicamente Gesù che fa queste cose, Gesù presente; allora è nella comunità che impari cosa è il tuo destino. E ti dà fede…ti fa capire cosa è la libertà ed educa la tua libertà, …nella consapevolezza umile e senza inutile disperazione del tuo peccato…della facilità al peccare. …nell’uomo c’è una ferita enorme, per cui il braccio che avrebbe potuto alzare trenta chili non riesce ad alzarne tre, è come indebolito, è come una paralisi infantile: si chiama peccato originale».

Si può vivere così?

Ho visto in me il rischio che il riferirsi al peccato originale possa essere un alibi, mentre è la mia responsabilità che non si muove (202)

(203) La vita è una domanda che Dio pone a noi tant’è vero che la prima risposta a Dio è una domanda nostra a Dio, perché da soli saremmo incapaci.

La libertà implica responsabilità. Lo sbagliare è responsabilità tua

Uno è responsabile di fronte a Dio: può rispondere bene, può corrispondere alla domanda di Dio che Dio gli dà, alla scelta che Dio fa e usa bene la libertà; può non corrispondere, e allora usa male la libertà.

L’esistenza della libertà è quella che assicura la grandezza dell’uomo.

Dio disse: «Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza», che è il paragone più terribile che si possa immaginare: l’uomo paragonato a Dio.

E la dote più grande in Dio è la libertà infinita.

(204) Perciò non ci si può creare un alibi o un punto di fuga con il pretesto della libertà. Dio ti ha dato quella libertà che è necessaria, come tale, per raggiungere il tuo destino.

[pag. 82 ] «Ma la cosa più bella è il concetto di strappo e di mortificazione. Strappandoti a quello che ti emoziona di più per amore di ciò che ti corrisponde di più, che è più giusto, la mortificazione  per affermare la legge morale (cioè il rapporto col destino invece che ciò che ti attira l’istinto), questa mortificazione non elimina niente: omnia creatura bona».

Si può vivere così?

Proprio perché le creature sono buone e giuste, io mi attacco a ognuna a cui arrivo; ma se consento a questo di dominare la mia vita, la mia vita diventa senza scopo: lo scopo viene supplito dalla reattività e dall’istintività, che non è razionale; mentre lo scopo è razionale. 

(205) Se lo scopo è fissato  in base all’ordine del tutto, allora tutto rimane calmo e tutto si compie nella calma.

C’è la mortificazione ma non l’abbandono: niente è rinnegato di quel che c’è.

Così chi vive l’esperienza della verginità, paradossalmente, fa l’esperienza affettiva ad un livello di tensione che prima, gliela si fosse descritta, non l’avrebbe capita.

Se non si fa questa esperienza nell’aldiqua, vuol dire che l’aldilà ha tutti i colori indecisi e mescolati.


La forza dello strappo è uno sforzo a cui bisogna educarsi, una grazia che bisogna chiedere o entrambi? (205)

(206) Entrambi, «perché Dio non vuole servitori schiavi» (Peguy).

L’io e il tu sono caratterizzati dalla libertà.

Non c’è niente di più suggestivo del Dio libero che rischia la Sua libertà con la piccola ribellione della libertà dell’uomo.

Questo è dogma cattolico, cioè la concezione dell’uomo non è cattolica se non implica questo.

La fede è una sfida alla ragione proprio in quanto compie la ragione.

In che senso la fede compie la ragione?


Nel senso che fa cogliere cose che altrimenti da sé non riuscirebbe a raggiungere (206)

E’ giusta la risposta ma manca un pezzo.

La fede fa raggiungere cose che altrimenti da soli non sapremmo raggiungere.

E di quelle cose noi abbiamo un bisogno naturale, originale.

(207) Primo: la ragione è percezione della realtà secondo la totalità dei suoi fattori.

Secondo: a questa totalità di fattori appartiene l’esigenza del vero, del bello e del giusto.

Del contenuto autentico di questo ci è dato esperienza diretta solo attraverso la fede: l’esperienza della giustizia, della verità e della bellezza fatta carne: Gesù è la fede che ce la fa riconoscere «Pur vivendo nella carne, viviamo nella fede del Figlio di Dio».

Se lasci la carne, si distrugge il paradosso: questa fede non interessa più a nessuno.

(209) Credo che questa sia l’osservazione più bella che si possa fare nella concezione dell’uomo cristiano: la moralità nasce come simpatia prevalente, irresistibile,  una persona presente, non a delle leggi, non a una purità: a una persona presente.

E infatti, la verginità, è l’amore a una persona presente.

(210)Non troverete nessuna religione in cui la moralità sorga in questo modo: sorga come al di fuori del campo morale, sorga per un incontro, sorga per una presenza.

[pag. 86] …..l’amicizia è un rovesciare la propria esistenza nella vita di un altro

Si può vivere così

L’amicizia è l’aiuto appassionato, come consapevolezza e come passione a vivere il rapporto con l’altra persona avendo come contenuto di interesse il suo completamento, la sua felicità il suo destino e perciò il suo cammino.

Dire cammino implica per forza la foce, la meta, il destino.

(211) L’amicizia è la passione per il destino dell’altro quando l’altro te lo ricambia, ti accetta.

Cristo è fratello e compagno di tutti. Allora fissa Lui quelli che deve avere: siete voi! Dio se è bello!

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