Riassunto di “Si può, (veramente?!), vivere così?”

PARTE TERZA – LA CARITA’

7° capitolo – LA CARITA’


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  1. Commenti e dialoghi
  2. Carità: sintesi

1 – Commenti e dialoghi (447)

(449) La parte che faccio io, quando vi predico, è quella di una controfigura.

Proprio perché non si ascolta Dio se non attraverso uno, un uomo che parla e dice i suoi pensieri; proprio perché non si ascolta Dio e non si conosce Dio se non attraverso gli uomini, questi uomini possono essere percepiti come controfigure.

(450) Volevo dire che per capire cos’è la carità, non solo bisogna parlarne, ma continuamente parlarne.

Ed è attraverso questo parlarne che un filo d’oro può essere coniato.

(451) La coscienza vede tutte le cose e automaticamente sente l’urgenza di unirle, di radunarle di fronte al loro destino comune, destino che è la loro origine.

(452) La coscienza è una cosa che “prende coscienza”, ma che unisce anche: non può prendere coscienza dell’occhio se non in quanto unito al resto.

Per questo è lo strumento del Creatore per compiere la sua opera.

Ha creato l’uomo come collaboratore suo e gli ha dato la coscienza per essere suo collaboratore.

La coscienza, per essere suo collaboratore, è proprio nella capacità di vedere i rapporti, i nessi, di unire le cose.

[270] La carità, questa terza colonna che  tiene in piedi il grande tempio di Dio che è il mondo, indica il contenuto più profondo, scopre l’intimità, scopre il cuore di quella Presenza che la fede riconosce.

Si può vivere così?

L’intelligenza riconosce che tutto quello di cui la realtà è fatta, anche messo insieme non basta.

La carità che sottolinea il sentimento di insoddisfazione; indica il contenuto più profondo, indica l’intimità, l’ultima terra con cui l’uomo può mettersi in comunicazione, l’ultimo aspetto dell’essere.

(454) «Non basta» è facilitato da una affezione particolare che si chiama carità.

In concetto di «non basta» è dunque la premessa che rende possibile la vita, la grandezza della vita, la nobiltà della vita: di una vita dove tutte le cose che ci sono più le conti e meno bastano.

C’è un altro fattore.

(455) Lo chiamo Mistero perché non  è misurabile, non è finito, non è decifrabile, non è pesabile.

C’è il Mistero. Capisci allora che tu dipendi da quello.

Allora io devo trattare queste cento persone in un altro modo: non posso trattarle da estraneo, con dispregio, giudicandole.

Ti livelli in maniera diversa nel rapporto: così la carità c’entra con il Mistero; diventa possibile, in questo caso, la carità.

Se non in questo caso, la carità non diventa più possibile, perché è impossibile rassegnarsi alla carità.

(456) La carità è quindi un’affezione che porta l’intelligenza ad ascoltare con serietà la vocina “non basta”.

Allora l’intelligenza ci bada al “non basta” e cerca di qua, cerca di là, rovista qui, rovista là, non riesce a trovare quel fattore.

Riassumendo: la carità entra in gioco già in qualche modo con la natura, in quanto la persuade a essere fedele alla percezione del Mistero, ma poi entra a rivelare che cosa sia il Mistero, il profondo del Mistero.

(457) Senza poterlo capire, la nostra ragione è costretta ad ammettere un fattore che si chiama carità.

Madre Teresa di Calcutta, la si sente nell’esperienza, ma non capisci come fa ad essere così, proprio non riesci a capirlo: puoi solo ammirarla.

[270-271] «…Perché la ragione dice: «E’» oppure «non è». Dire «è», e aggiungere «non so spiegarlo», lascia la ragione perfettamente e onorevolmente coerente con sé stessa».

Si può vivere così?

(458) Quante scoperte sono state fatte così. Se dico «non so spiegarlo, perciò lo cancello come problema», vado contro la ragione.

[271] «Carità deriva dal greco “charis“, che vuol dire gratis o gratuità. La carità, dunque, richiama la forma suprema dell’espressione amorosa»

[271]«La gratuità implica la totale assenza di “ragioni” che la ragione capisce, che la ragione spiega».

(459) Nella misura in cui c'è un calcolo, diminuisce l'amore

[271 «La carità implica l’assenza di “ragioni” che la ragione capisce, che la ragione spiega. La carità  implica l’assenza di ragioni, cioè di tornaconto, di calcolo, di proporzionalità ad attese: un ritorno. La ragione di un’azione è il ritorno che l’azione ha».

La carità a chi la vede con lealtà, con sincerità, appare come un’azione senza ritorno: è un gesto senza aspettarsi niente di ritorno,

[271] «La carità agisce per puro amore, nel senso che dato, fatto: non c’è più nessuna aggiunta, non c’è più nessuna appendice»

[272] «La carità è sostenuta anch’essa da una ragione, altrimenti sarebbe irragionevole: è un gesto umano la carità, se non fosse sostenuta dalla ragione sarebbe irragionevole. Ma la ragione che sostiene la carità è totalmente ed esclusivamente l’oggetto dell’amore. L’oggetto autentico dell’amore. L’oggetto autentico dell’amore. L’oggetto autentico dell’amore cos’è? Il bene dell’altro, il destino dell’altro, perciò il suo rapporto con Cristo».

Si può vivere così?

La ragione unica che può avere la carità per essere gratuita è il bene dell’altro.

(461) L’io è come cancellato, dimenticato. Il bene dell’altro è che l’altro conosca e ami Cristo, il suo destino reale, il bene-bene.

Perciò la carità, come gesto umano, non esce dalla grande regola della ragionevolezza.

Perciò la carità ha una ragione: è proprio la natura di questa ragione che sconcerta, è una ragione che all’uomo appare senza ragioni, perché le ragioni dell’uomo son tutte in un calcolo per sé; lì non c’è più un calcolo per sé: c’è soltanto il bene dell’altro.


[284] «Cos’è questa carità senza della quale non siamo nulla? È che il primo oggetto della carità dell’uomo si chiama Gesù Cristo. il primo oggetto dell’amore e della commozione dell’uomo si chiama “Dio fatto carne per noi”, ed è perché c’è questo Cristo che non c’è più nessun uomo che non mi interessi».

Si può vivere così?

Io vorrei chiedere: cosa vuol dire che il primo oggetto della carità si chiama Gesù Cristo quando io amo una persona? Anche perché, dopo, lei dice: «quando uno si dona così, per l’altro egli è tutto»?(465)

(465) L’oggetto principe dell’amore senza ritorno è Gesù.

Il mezzo per far diventare concreto il rapporto con Cristo, non è innanzitutto quello di ragionare insieme, discutere insieme, ma è quello di chiederlo, di mendicarlo da Lui: si tratta della Sua persona.

Se una persona non si rivela, nessuno può sfondarla per conoscerla.


[284] «Amare Cristo e in Lui, cioè secondo il suo modo, i fratelli, dedizione di sé (dono di sé) e commozione per gli altri, per l’altro. Insomma, è l’io che afferma il tu, è l’io che si esaurisce nell’affermare il tu, è l’io che muore per il tu. Il dramma è risolto».

Si può vivere così?

Cosa significa che il dramma è risolto? Perché a me sembra che i rapporti siano proprio drammatici. (466)

(466) Un uomo non sposa una donna per viverci drammaticamente.

(467) Si mette insieme a una persona per una pace, per un aiuto.

Perciò quello che dice Gesù è che noi dobbiamo affermare l’altro, volere che l’altro sia.

(468) Il bisogno del cammino alla felicità vuol dire che il bisogno di camminare verso il destino con tutti gli altri, chiunque siano.


[286)…«E’ lo Spirito di Cristo la sorgente della compassione e della commozione, per questo Cristo lo chiama il Consolatore».

Si può vivere così?

In me, invece della commozione, è come se prevalesse un sentimento di rinuncia. Tu dici che la sorgente di questa commozione è lo Spirito di Cristo. Vorrei capire meglio questa commozione. (468)

(470) Se la sorgente si inaridisce e io debbo andare avanti da solo con la forza della volontà, per coerenza, perché non posso negare che le cose stanno così, il centuplo – che nella commozione si esemplifica – dove vado a prenderlo?

In quei momenti è la memoria che ti salva; e ti salva l’esito della memoria storica, che è la compagnia in cui sei.

(471) Se ti vengono tre mesi di aridità, non puoi negare tre mesi di commozione per l’aridità che hai adesso.

E non so per quante volte è così: tre, quattro, cinque, sei, sette, non importa.


Ma a Cristo sarà pur venuta meno la commozione quando si trovava di fronte al fatto che coloro per cui era venuto nella vita lo stavano tradendo. Da che cosa era sostenuta la commozione con quegli stessi uomini? (472)

(472) L’oggetto proprio della ragione si chiama verità, la verità è la realtà dell’essere in quanto esiste secondo una varietà che non “contraddice”, ma “profetizza” l’immensità del Mistero infinito.

E Gesù si trovava sulla croce di fronte all’infinito Mistero del Padre, l’eterno generatore, l’eterno lavoratore.


[286] – 4. «La moralità è imitare Dio nella gratuità»

Si può vivere così?

(473) Morale è come la propria esistenza vive la dinamica cui è provocata dalla sua natura.

Moralità è affrontare la realtà secondo la dinamica cui ti sollecita il gesto che ti crea e che si vede a occhio nudo nei bambini: lì non c’è opposizione, non c’è tergiversazione.

La morale – come l’uomo reagisce stabilendo una costruttività, una evoluzione, ai colpi che la realtà gli dà – è imitare il Mistero.

(474) Come faremo ad imitarlo? Che nesso c’è tra il Mistero e me? Io sono fatto da Lui. 

Il nesso originale tra il Mistero e me è che il Mistero mi fa,

è quella la sorgente da cui proviene la mia acqua.

C’è un nesso che non puoi sfuggire: ti ha fatto, anzi ti fa.

La prima pace è la prima certezza assoluta che entra nel nostro nel nostro spirito.

(475) La prima certezza assoluta, a mio avviso, è questa: un adulto non può negare che in questo istante l’evidenza più grande che ha, è che non si fa da sé.

Imitare Dio, imitare il Mistero, Colui che ti fa, nella carità: perché […] il cuore del Mistero è amore.

Non lo potevamo capire da soli certamente, ma quando è nato dalle viscere di una donna ed è diventato grande, ce l’ha detto Lui.


Io posso accorgermi in questo momento di essere fatto, ma non so per quale ragione, ancora non diventa il modo di rapporto con la realtà (475)

Questa tua osservazione indica la povertà e la miseria in cui si vive.

(476) La conoscenza del Mistero è tale quando incide e decide,

diversamente da prima, sul come noi guardiamo, udiamo, sentiamo, tocchiamo la realtà creata del mondo.


[290] «La dedizione di sé all’altro non è una cosa generica, è una cosa molto concreta. Perché? Perché l’io vive, non come un nuvolone astratto, vive come atto; l’io vive come atto, si muove come atto».

Si può vivere così?

Cosa significa che la carità è un muoversi per l’altro, quando uno fisicamente non può far niente? Pensavo alla lettera di Andrea, che, pochi giorni prima di morire di AIDS, scriveva di sentirsi utile agli altri anche se poteva solo pregare e offrire la sua sofferenza: non poteva fare niente, ma faceva del bene dal letto(477)

La carità è una mossa per l’altro senza ritorno.

(477) Per questo la puoi fare anche se sei come Andrea (malato terminale di aids) a letto, impossibilitato a muoverti nel senso cinetico del termine. «Una persona è amata quando è voluto il suo destino».


[292] «Una persona vuole veramente bene ad un’altra persona quando si stacca da essa e vede in essa il possesso di un Altro, cioè di Dio. Non si stacca da essa, ma va fino in fondo ad essa, perché l’amore, in quanto finisce nell’eterno, non perde nulla, neanche un capello del capo, come diceva Gesù, neanche un soffio appena accennato».

Una persona è amata quando è voluto il suo destino

(479) Vedere in essa un Altro è vedere in essa il suo destino;

vedere in essa il suo destino vuol dire amarla.

Va fino in fondo ad essa.

In fondo cosa c’è? C’è il suo destino, altrimenti quello che vuoi è rubare ad essa, strumentare per te stesso qualcosa di essa, tradendo il fondo di essa.

(480) PRIMO – Una persona a cui vuoi bene, immagini guardandola in faccia, di andare in fondo, in fondo alla sua faccia, in fondo alla sua faccia c’è un Altro: per questo l’adori.

Se non vai fino a questo punto, non la puoi adorare, sei impostore, vuoi derubarla. Vale a dire: vuoi arricchire te stesso di una sensazione, non amarla.

SECONDOPer amare una persona devi strapparti da essa: strapparti dall’aspetto o dagli aspetti che bloccavano il tuo interesse.

Perciò sia l’andare a fondo che lo strapparti hanno la stessa natura originante: sono immagini che la tua esperienza materiale ti permette di compiere, che realmente imbragano un’idea grande che sta al di là del limite materiale da cui l’immagine è estratta.


(481) Se Dio, il Mistero, è diventato carne, non si può capire niente di questo Mistero se non partendo da esperienze materiali.

Ecco perché l’esperienza che un bel viso ti desta è segno.

Ma perché un viso sia segno “di sovrumani fati e d’aurei monti” bisogna che ti strappi a qualchecosa d’altro, cioè qualcosa inerente all’esperienza che fai: devi trasformare l’esperienza.

Deve subire una metamorfosi la faccia che hai davanti; se non subisce un cambiamento non l’ami più, si perde ili divino, si perde il meglio della faccia: è triste.

(482) Non c’è nessuna filosofia più materialista del cristianesimo.


Allora per la carità si vive sempre un apparente contrasto? (482)

Molto giusto: hai tirato le somme del nostro discorrere.

Vivere la carità verso una persona significa sempre subire questo tipo di contrasto, proprio perché è la verità nell’affermare l’altro.

Affermare il suo aspetto materiale concreto, l’apparenza esistente, e affermare il suo eterno, appaiono in contrasto: quanto più li devi esprimere contrastandoli, tanto più senti l’unità che c’è dentro.


Ma come faccio ad andare in fondo alle cose che ho da fare o alle cose che succedono, per amare Cristo attraverso queste cose? (483)

(484) Ciò che non ti dilata il cuore ad abbracciare tutto – non allo stesso modo, ma ad abbracciare tutto – non è vero.

Quanto più una cosa è segno del tutto, tanto più la sua considerazione, l’amore ad essa, il connubio con essa, genera un abbraccio a tutto ciò che c’è, una emozione e una commozione per l’umanità di ogni viso e di ogni situazione.

Andare fino in fondo vuol dire cogliere qualcosa in modo autentico come segno di Dio.

[293] Primo: affermazione dell’altro perché c’è e come è.

[293] Secondo: la condivisione dei bisogni

Si può vivere così?

 (485) Qualunque esistente è costruito su bisogni insoddisfatti, ogni giornata ha una trama di bisogni insoddisfatti.

Aiutare l’altro così che il giorno abbia un po’ di più dei soldi di cui ha bisogno, questa è carità; o che sappia meglio il testo di matematica che deve portare all’esame, questa è carità, e siccome è ammalato ed è lì tutto il giorno da solo, andarlo a trovare, questa è carità.

[293] «È attraverso il bisogno che l’uomo è spinto al suo destino, attraverso il bisogno impara che gli manca qualche cosa. condividere il bisogno vuol dire sorprendersi presenza amorosa a cui interessa il destino dell’altro.

Terzo: perdono, capacità di perdonare vuol dire dare spazio e libertà all’altro in sé stessi.

[293] Quarto: attaccamento all’altro, affezione all’uomo»

Si può vivere così?

(486) Questi sono i punti emergenti di una diversità di mentalità da tutto il mondo.

[293] «Nella misura in cui nell’uomo agiscono questi atteggiamenti nuovi, avvengono anche altre due cose, sinteticamente espressive del possibile cambiamento dell’uomo. PRIMA di tutto avviene un cambiamento di mentalità»

Per sentire mio l’uomo che mi è antipatico bisogna capovolgere la mentalità.

[294] Il vertice di questo cambiamento di mentalità è l’offerta della propria vita; se l’amore ne è la legge, il vertice è l’offerta.

Si può vivere così?

2 – Carità: sintesi (487)

  1. La carità è introduttiva alla conoscenza dell’intimo dell’essere. È affezione a sentire il “non basta”.
  2. Quindi te ne infischi di tutto il resto. La stessa affezione che ti introduce all’intimità con Dio, all’intimità con l’essere, ti spinge a farlo, a realizzarlo: si chiama gratuità. La gratuità è la dote del Dio, la dote dell’Essere.
  3. Ma Dio è un vetro di cristallo, freddo e glaciale? Dio è un uomo, è più uomo dell’uomo: si chiama compassione, la gratuità di Dio è piena compassione.

PRIMO: L’intelligenza diventa fede e ammette il Mistero.

SECONDO: La strada è così aperta che uno ci entra, arriva al cuore dell’essere e vi partecipa: la carità è gratuità; la capacità di Dio diventa capacità dell’uomo.

TERZO: si ritorna improvvisamente indietro (come il figliol prodigo). Improvvisamente dall’intimità dell’essere, l’uomo vede Gesù, il Mistero e lo insegue.

Senza questa commozione – mossa per una Presenza – non c’è gratuità.


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