Riassunto di “Si può, (veramente?!), vivere così?”

8° capitolo – IL SACRIFICIO


Indice linkato dei titoli e sottotitoli

  1. Un popolo pieno di canti
  2. Natura del sacrificio
  3. Dialoghi

1 – Un popolo pieno di canti (490)

(491) Chi ha una vocazione come la nostra, che è inconcepibile, è destinato ad essere nell’umanità il trovatore dell’unità.

L’unità, appena si muove, produce un suono delizioso che si chiama amore, che non ha nulla da cedere al tempo e allo spazio, che il tempo non dissocia e  lo spazio non dissolve.

(492) Ma perché tutto diventi vostro va mendicato.

È stato bello il canto che avete cantato dell’uomo che viene dalle ferriere. Non sappiamo più niente di canti popolari; non c’è più la possibilità, perché non c’è più popolo.

Non credo che ci siano sintomi più gravi della distruzione di un popolo che l’assenza di canti popolari abituali.

Ma c’è un popolo che non tradisce mai: il popolo di Dio, che siamo noi.

Questo popolo è pieno di canzoni, pieno di canti per l’eternità.

(493) Questo popolo non dimentica i suoi canti.

Anzi quanto più è ufficiale il raduno, tanto più è obbligatorio il canto che è lo strumento per ridestare il cuore.

Questo è un esempio dell’incidenza della fede sulla vita terrena del singolo, della famiglia, del popolo.

Ma da che cosa sorgono i canti? Dal bisogno umano: bisogno d’amore, bisogno di giustizia, bisogno di salute, bisogno di bellezza, bisogno di primavera.


2 – Natura del sacrificio (494)

(495) Il sacrificio, o la croce, non solo è inevitabile per chiunque, ma è inevitabile perché l’atto che compiamo sia giusto, cioè sia vero, sia buono.

Se la croce è così necessaria, vuol dire che non c’è atto della vita dell’uomo,

non c’è azione vera e buona che non implichi un sacrificio.

Se è così statisticamente generale, non solo è un fattore determinante l’esistenza, ma è un fattore determinante la natura dell’azione in cui l’esistenza si concreta, in cui l’esistenza si traduce, in cui l’uomo crea.

Senza sacrificio l’azione non è sé stessa,

cioè non è vera nel suo significato, non è buona nella sua conseguenza.

Se nessuna azione può essere vera e buona senza che implichi in qualche modo sacrificio, vuol dire che un’azione in qualche modo è impostura se non implica un sacrificio.

(497) Quante volte mi avete sentito dire che noi non possiamo compiere un’azione buona, se non partendo dalla coscienza di essere peccatori?

Ora, la coscienza di essere peccatori è l’aspetto più acuto del dolore, è lo svelarsi più chiaro della necessità del sacrificio.

Io volevo sottolinearvi che

la parola sacrificio diventa valore ai nostri occhi e non obiezione

se la sorprendiamo come l’unica condizione perché la nostra azione «sia».

In tutti gli atti che compiamo tendiamo ad affermare noi stessi secondo una menzogna acuta, che è pretesa, presunzione, reattività, odio, gelosia, invidia.

(498) Il sacrificio è un purità che implica una luce. È una purità in quanto accetta un dolore o una riscossa perché il rapporto che si sta vivendo con una persona o col proprio dovere del lavoro, di studio, di casa, sia più vero.

(Il sacrificio) accetta il giudizio per cui il rapporto diventa più vero, meno equivoco, e per cui il rapporto invece che affermare sé, affermi l’altro, sia utile all’altro.

Insisto:

(499) Il sacrificio è una condizione inesorabile.

L’assenza di sacrificio sottolinea la menzogna che è presente nell’azione,

sottolinea una menzogna presente.

(500) La vita è piena di sacrificio, ma è meglio che sia piena di sacrificio, perché altrimenti non sarebbe vera.

Ciò che corrisponde di più alla gioia che un uomo ha di sentirsi camminare verso il destino con la sua donna, è un’altra cosa, è il «Vien, Signore Gesù»: vieni Signore, sul nostro cammino; dà consistenza al nostro rapporto.

(501) Ecco che cos’è il sacrificio: il non cedere all’idolo.

La fonte della menzogna si chiama idolo, ed è la proiezione che Satana fa, su un determinato oggetto di rapporto, del suo odio all’uomo e a Dio.

Il sacrificio è lo strumento contro l’idolatria:

non ci è comandato di non amare, ma ci è detto come amare.

Il sacrificio è una lotta contro l’idolatria, perciò implica tutto: intelligenza, cuore e operatività.

Il rapporto che ho non è vero se non vuole ciò che la natura dell’oggetto esige come suo orizzonte pacifico.

L’amore nella sua realtà è affermare l’altro, affermare il bene dell’altro, volere il bene dell’altro, voler il destino dell’altro.

(502) Due fattori determinanti la natura del sacrificio

Primo: Il sacrificio è necessario in generale, per ogni azione dell’uomo, perché l’azione sia affermazione del vero e non di una menzogna, e la sua cordialità sia tributata non a un idolo, ma al Mistero vivente.

Secondo: Senza sacrificio la nostra azione non nasce mai dalla carità.

Senza sacrificio non si ama niente e nessuno, eccetto che la reattività ultimamente animalesca del proprio io.

Ma allora la verginità è la virtù, è l’ideale di qualunque uomo!

«Ti amo» vuol dire «Ti auguro questo: se Dio ha previsto me come tuo compagno alla vita, possiamo vivere bene insieme il cammino».

(503) Il risultato è che se si cerca questa carità, se il rapporto vive il sacrificio di sostituire alla propria immagine e al proprio progetto il misterioso progetto di Dio, scoprirai di amare molto di più quella persona vivendo obbediente alla tua strada, fedele alla tua strada.

Senza sacrificio l’azione è contro la verità, perciò è per l’impostura: converte il cuore ad adorare l’idolo, la menzogna.

Il sacrificio statisticamente è un fenomeno assolutamente generale; non si può fare una azione senza sacrificio. altrimenti quella azione diventa: primo, bugiarda, fa adorare l’idolo, fa sperare in ciò in cui non si può sperare; e secondo, è contro la carità, non è un’azione fatta per il bene del proprio fratello e, quindi, per il bene dell’umanità, per la gloria di Cristo.


3 – Dialoghi (504)

La discussione  è più importante della lezione: bisogna dire quello che non si è capito; bisogna capire in che modo una parola non è astratta, … abbiate la bontà di desiderare di aiutare gli altri prima ancora di rispondere a voi stessi; allora troverete che rispondete anche a voi stessi.


[321] «La natura è fatta per la felicità e il sacrificio è contrario a questo; il sacrificio dal punto di vista naturale è incomprensibile. […] Per questo Pavese scriveva che il sacrificio è una cosa inconcepibile, “bestiale” lui dice».

Si può vivere così?

Andando avanti, guardando il miei cari, c’è quel “dolore bestiale” perché comunque sai che li perdi quei volti. È come un’ombra che più vado avanti, più penso alle persone, più viene fuori (505)

Evidentemente la nostra amica sta tentando di descrivere in breve quello che si chiama tentazione.

L’aspetto materiale della cose offusca la visione del pensiero, la purità dello sguardo dello spirito, la gratuità dell’amore.

Ed è l’apparente ineluttabilità di questo che a Pavese faceva usare la parola “bestiale” a proposito del sacrificio.

Cosa vuol dire essere Memores? Coloro che guardano la realtà immedesimandosi con Cristo.

Immedesimiamoci con Gesù e guardiamo tutte le cose come le guardava Lui.

Allora sentiremo nascere in noi una contentezza: cominceremo a comprendere la giustizia, anche di quello che agli uomini solitamente appare come inganno o menzogna.


Perché il sacrificio è impossibile evitarlo? Perché ovvio?(508)

Il Mistero dell’Essere implica anche che Dio, il Mistero, sia messo in croce, sia assassinato da delinquenti.

Il sacrificio è un aspetto ineliminabile della figura intera del mondo come la concepisce il Mistero che lo fa.

Il sacrificio, dunque, è necessario perché c’è, e c’è perché il Mistero che fa il mondo, fa un disegno che implica la croce e la partecipazione alla croce di ogni uomo.

Se accetto questa condizione, divento migliore; se non accetto questa condizione perdo me stesso.


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