Elenco cliccabile
A – B – C – D – E – F – G – I – L – M – N/O – P – Q – R – S – T – U –V
Lettera « I »
Links ai singoli temi
- Idolo
- Impazienza degli educatori
- Impegno
- Impostazione individualistica, intimistica o aridamente razionalista
- Incontro
- Integrità psichica
- Ipotesi esplicativa della realtà
IDOLO
(45) Sovente si tende a ridurre la considerazione di noi stessi all’avere o al non avere assecondato da certe leggi, e in base a questo si definisce sé stessi.
Secondo la tradizione cristiana proprio qui si delinea la struttura del peccato: nel fatto di identificare la propria definitività con un idolo, cioè con una forma, con qualcosa di dominabile, di totalmente comprensibile, con qualcosa di costruito in modo tale da darci sicurezza.
Per questo il moralismo è idolatria: esso è in realtà una impostura della vita morale ridotta a cercare certezze in ciò che si fa o non si fa.
IMPAZIENZA DEGLI EDUCATORI
(99) Ogni impazienza degli educatori (scuola o famiglia) riguarda a questo passaggio (tempo libero) è ingiustificata; rivela astrattezza e non consapevolezza della evolutività sicura ma graduale del fenomeno educativo.
Sarà perciò fuori luogo richiamare l’individuo all’impegno del “dovere” scolastico”, famigliare ecc… come a una priorità in contrasto con una già vissuta dedizione ideale del tempo libero.
E’ il tempo libero lo spazio più facilmente autentico della personalità del giovane, e su questo occorrerà innanzitutto puntare per richiedere da lui un impegno generoso e personale con l’ideale.
IMPEGNO
Carenza di impegno
(72) La pretesa autonomia della concezione laicistica vive di fatto come alienazione di sé in ogni istante, come abdicazione continua a una vera iniziativa, per cedere a una violenza, che non scandalizza i più perché tragicamente furtiva.
A lungo andare le conseguenze sul carattere stesso dei giovani sono gravissime. Dover camminare senza indirizzo preciso è sentito come dispersione di tempo dalla sensibilità di una coscienza viva.
Si genera allora quella caratteristica incertezza che impaurisce il giovane, da natura inscritto in una ovvia esigenza di possibilità chiara, oppure lo confonde come di fronte ad una ambiguità, o comunque lo impazientisce perché l’indecisione dell’offerta gli pare istintivamente contradditoria al richiamo essenziale delle cose – che è richiamo a immediata adesione -.
Il risultato di tutto questo è poi l’indifferenza e quel disamore, quella tremenda carenza di impegno con la realtà che assume così spesso aria smarrita o amaramente distaccata derisione per ogni serio invito a quell’impegno.
Impegno esistenziale
(89) L’educazione oggi è manchevole per quel razionalismo di impostazione che dimentica l’importanza dell’impegno esistenziale come condizione per una genuina esperienza di verità, e quindi per una convinzione.
Non si può capire la realtà se non ci si sta.
Si capisce di essere perché si agisce
Impegno con l’ideale
(99) Attraverso l’impegno con l’ideale nel tempo libero, l’adolescente imparerà a perseguire la sua ipotesi anche nel restante tempo, ove la pressione di necessità e influenze contingenti rendono la cosa più difficile per lui.
Impegno con la tradizione cristiana
(115ss) Noi siamo stati fatti vivere dentro l’ambito di una proposta che per natura sua è la più grossa proposta che l’uomo si possa aspettare.
Ci sono proposte che per la loro natura impongono una risposta, di fronte alle quali il “si” o il “no”, il parteggiare o l’accanirsi contro è inevitabile.
Non esiste una proposta più grave di questa, quella di un uomo che dice: “Io sono Dio”.
(116)….non esiste scampo di fronte a questa proposta: o la adesione che stabilisce un suo dramma ben preciso, il dramma dell’impegno o della santità, o la ricerca altrettanto gravida di conseguenze.
Per ciò stesso che siamo nati in un clima cristiano, in una tradizione cristiana, non c’è cosa che possa essere trattata indipendentemente da essa.
Urge perciò continuamente l‘impegno con questa proposta, impegno che è innanzitutto condizione perché sia possibile una collaborazione all’avvenire della società.
Caratteristiche dell’impegno con una simile proposta sono quelle che la proposta esige.
Non siamo noi a definire che cosa occorre fare per potersi sentire a posto con la coscienza: non possiamo essere noi, con una iniziativa della nostra fantasia a determinare la modalità della verifica che dobbiamo fare, ma è la fisionomia stessa della proposta che ci impone il metodo da seguire.
(117) Di fatto questa proposta cristiana coincide con una realtà umana intorno a noi; questa proposta ha un volto che, se non lo consideriamo, tradiamo; e questo volto è la comunità della Chiesa.
Solo un impegno di noi e della nostra vita con la comunità della Chiesa, con questo mistero di Dio nel mondo, con questa emergenza continua, indefettibile della proposta di Cristo attraverso i secoli, può costituire un confronto serio e generare una valutazione adeguata della tradizione in cui nasciamo.
Occorre vivere questa Realtà, impegnare noi, tutti noi, con questa Realtà, cioè entrarvi dentro e paragonare tutte le sue movenze, tutti i suoi suggerimenti, tutte le sue direttive con le esigenze ultime della propria umanità; ed è nella misura in cui quei suggerimenti, quelle direttive, quelle iniziative noi scopriamo risolutrici delle nostre autentiche esigenze di uomo e quindi valorizzatrici di queste, che si spalancheranno in noi, sempre più gravi e definitive, la adesione e la convinzione.
Non è dunque solo studiare la teologia o fare associazione, ma è tutto, è tutta la vita, perché la proposta ci arriva, ci raggiunge come vita nuova, la nascita di un uomo nuovo.
Essere “convinti” vuol dire essere “legati” in tutto il proprio io a qualcosa: saremo dunque legati tutti a quella Realtà; quella Realtà diventerà noi e noi ci sentiremo quella Realtà.
L’impegno strumento di verifica
(119) Tutto deve essere consapevolmente impostato come “verifica“, come prova del valore della tradizione cristiana.
Non esiste niente di più importante oggi, che impegnare noi come parte viva della comunità della Chiesa, ma la comunità grande della Chiesa sarebbe una cosa lontana e astratta, se non emerge là dove siamo.
Perciò non esiste nulla di più importante del contribuire a rendere presente o a far vivere la comunità della Chiesa nel nostro ambiente, attraverso la “crisi” del nostro impegno.
Chi non passa attraverso questo impegno o rimarrà cristiano senza dir nulla di nuovo, oppure se ne andrà.
L’unico modo per non vivere da “alienati” in questa società, così terribile nei suoi strumenti di invadenza, è avere il senso della storia, vivere genuinamente la propria “crisi”, impegnandosi adeguatamente con la tradizione in cui si è nati, con la proposta cristiana, ed è magnifico che questa proposta, unica fra le altre, abbia un carattere così concreto, così esistenziale: sia una comunità nel mondo, un mondo nel mondo, una realtà diversa dentro la realtà, e non diversa per interessi diversi, bensì per il modo diverso di realizzare i comuni interessi.
IMPOSTAZIONE INDIVIDUALISTICA, INTIMISTICA O ARIDAMENTE RAZIONALISTA
(97) Una ipotesi di senso totale veramente vissuta non può che presentarsi come comunità.
Questa struttura “ontologica” della ricerca del vero è dal cattolicesimo fatta addirittura condizione di salvezza, presenza inesauribile del significato tra gli uomini.
L'”autorità” stessa ha come funzione tipica la genesi della comunità (plantatio Ecclesiae).
E qui sovviene il ricordo di tanta impostazione educativa magari “religiosa”, ma individualistica, intimistica o aridamente razionalistica, sia in famiglia che altrove.
Essa non riesce a formare personalità veramente aperte e intimamente coscienti dei valori che affermano.
Perché la verifica di una valore è data dalla capacità di sostenere rapporti e prima di tutto i rapporti con le persone.
Anche la scuola “neutra”, nella sua assenza di preoccupazione ideologica unitaria, è incapace di generare vere comunità: col che priva il giovane di una struttura capitale per la sua stessa ricerca (tanto è vera la legge per cui negare un lato dell’umano è contraddirlo nella sua totalità).
INCONTRO
(130) L’incontro con un fatto obiettivo originalmente indipendente della persona che l’esperienza compie; fatto la cui realtà esistenziale è quella di una comunità sensibilmente documentata così come è ogni realtà integralmente umana; comunità di cui la voce umana dell’autorità nei suoi giudizi e nelle sue direttive costituisce criterio e forma.
Non esiste versione dell’esperienza cristiana, per quanto interiore, che non implichi almeno ultimamente, questo incontro con la comunità e questo riferimento all’autorità.
INTEGRITA’ PSICHICA
(82) In particolare la genialità educativa della famiglia si rivela nella scelta dei collaboratori che essa si assume nell’opera di educazione dei figli.
Genera alquanto stupore lo spettacolo, oggi, quasi generale, di famiglie che, dopo aver dato per anni ai loro ragazzi precise idee di fondo ai loro ragazzi, non si preoccupano che essi le possano verificare nel tempo dell’adolescenza.
Si permette così – con una inconsapevolezza che per non essere colpevole non è tuttavia meno rovinosa – che la scuola “neutra” e laicista compia indisturbata il suo capolavoro di distruzione e squilibrio nella coscienza dei figli.
Occorre sottolineare ancora che non si tratta soltanto della difesa di certi valori che una scuola laicista minaccia; ma si tratta ancor prima, della salvezza di una integrità psichica, della valorizzazione di una energia vitale nei giovani, a qualsiasi concezione della vita la famiglia li abbia educati.
IPOTESI ESPLICATIVA DELLA REALTA’
Ipotesi esplicativa della realtà
Se chiamiamo “tradizione” quel dato originario, con tutta la struttura di valori e di significati in cui il ragazzo è nato, si deve dire che la prima direttiva per una educazione dell’adolescenza è la leale adesione a questa “tradizione”.
Tale tradizione funziona per il giovane come una specie di ipotesi esplicativa della realtà.
Non ci può essere scoperta, cioè un passo nuovo, un contatto con la realtà generato dalla persona, se non per una determinata idea di significato possibile, idea più o meno clamorosamente riflessa, ma presente e attiva.
L’ipotesi di lavoro, in fondo, rappresenta quella certezza nella positività della propria intrapresa, senza cui nulla si muove, nulla si conquista.
(69) Così può avvenire quel mirabile erompere di scoperte, quel mirabile seguito di passi e quella catena di contatti che definiscono lo sviluppo, l’educazione di un essere, cioè la sua “introduzione alla realtà totale“, senza una idea che all’individuo in formazione si presenti adeguatamente solida, intensa e sicura.
E’ la natura che esige questo, con una analogia perfetta in tutti i suoi campi.
L’accendersi di questa ipotesi è segno del “genio”; offrirla ai discepoli è l’umanità del maestro; l’aderirvi come a luce nell’avventura del proprio cammino è la prima intelligenza del discepolo.
Il genio è testimonianza di una visione del mondo, e quindi sempre è offerta di una ipotesi di vita.
E’ nell’educazione così concepita che l’avvenimento del genio trova giustificata lasua espressione, il genio diventa maestro.
L’incontro con qualcuno che sia per il bambino o il ragazzo portatore di quella che abbiamo chiamato “ipotesi esplicativa della realtà” non è cosa che si possa evitare.
Il luogo primo in cui questo avviene è infatti la famiglia: l‘ipotesi iniziale è la visione del mondo che hanno i genitori, o coloro con cui i genitori demandano la responsabilità di educare il figlio.
(70) L’educazione consiste nell’introdurre il ragazzo alla conoscenza del reale precisando e svolgendo questa originale visione del mondo che hanno i genitori, o coloro cui i genitori demandano la responsabilità di educare il figlio.
(70) L’educazione consiste nell’introdurre il ragazzo alla conoscenza del reale precisando e svolgendo questa originale visione.
Essa ha così l’inestimabile pregio di condurre l’adolescente alla certezza dell’esistenza di un significato delle cose.
La realtà, lo ripetiamo, non è mai veramente affermata, se non è affermata l’esistenza del suo significato.
In questo si risolve quell’esigenza assoluta di unità che costituisce l’anima di ogni impresa dell’umana coscienza.
Mancanza di una ipotesi esplicativa della realtà
(75) L’influsso della mentalità laicistica è visibilissimo nella scuola. Innanzitutto l’insegnamento non si cura di offrire aiuto per l’effettiva presa di coscienza di una ipotesi esplicativa unitaria.
La predominante analiticità dei programmi abbandona lo studente di fronte a una eterogeneità di cose e a una contraddittorietà di soluzioni che lo lasciano, nella misura della sua sensibilità, sconcertato e avvilito di incertezza.
(78) E dobbiamo pensare che l’assenza di una ipotesi come criterio esplicativo unitario implica addirittura, per degli insegnanti cristiani, l’assenza della figura di Cristo come chiave di volta di tutto il reale.
Luogo dell’ipotesi esplicativa della realtà
(83) I punti in cui la tradizione è più cosciente sono i responsabili ultimi dell’educazione dell’adolescente, il “luogo dell’ipotesi” per lui. E’ questo il concetto autentico di autorità (auctoritas, cioè, “ciò che fa crescere”).
(84)…..L‘autorità è l’espressione concreta della ipotesi di lavoro, è quel criterio di sperimentazione dei valori che la tradizione mi dà; l’autorità è l’espressione della convivenza in cui si origina la mia esistenza.
L'autorità è in un certo modo il mio "io" più vero.
Elenco cliccabile
A – B – C – D – E – F – G – I – L – M – N/O – P – Q – R – S – T – U –V
