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Siccome la Lettera «B»
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Bambino
(148) Siccome la verità naturale dell’uomo è la sua creaturalità, l’uomo è un essere che c’è perché è continuamente posseduto.
Allora egli respira interamente, si sente a posto e lieto, quando riconosce di essere posseduto.
La coscienza vera di sé è ben rappresentata dal bambino tra le braccia della madre e del padre, sì che può entrare in qualsiasi situazione dell’esistenza con una tranquillità profonda, con una possibilità di letizia.
(170) O tu vai di fronte alla realtà spalancato con gli occhi sgranati di una bambino, lealmente, dicendo pane al pane e vino al vino, e allora abbracci tutta la sua presenza ospitandone anche il senso; o ti metti di fronte alla realtà difendendoti, quasi con il gomito davanti al viso per evitare colpi sgraditi e inattesi, chiamando la realtà al tribunale del tuo parere, allora nella realtà cerchi ed ammetti solo ciò che ti è consono, sei potenzialmente pieno di obiezioni a essa, troppo scaltrito per accettarne le evidenze e i suggerimenti gratuiti e sorprendenti.
(177) Qual è l’atteggiamento giusto di fronte alla realtà? È la permanenza della posizione originale in cui la natura formula l’uomo. E tale atteggiamento originale, sigillo nativo impresso all’uomo dalla natura, è l’atteggiamento dell’attesa come domanda.
Nel bambino tutto ciò è curiosità: attesa e domanda.
Nell’uomo è attesa e ricerca.
La curiosità nell’uomo o nell’adulto è apertura piena di affermazione positiva.
(182) Un bambino corre per il corridoio, spalanca con le manine la porta sempre aperta in una stanza buia: impaurito torna indietro.
La mamma si fa avanti, lo prende per mano, con la mano nella mano di sua madre il bambino va in qualsiasi stanza buia di questo mondo.
È solo la dimensione comunitaria che rende l’uomo sufficientemente capace di superare l’esperienza del rischio.
Bellezza
(144) Lo stupore originale implica un senso di bellezza, l’attrattiva della bellezza armonica.
(150) L’esperienza di questa implicazione nascosta, quella presenza arcana, misteriosa dentro l’occhio che si spalanca sulle cose, dentro l’attrattiva che le cose risvegliano, dentro la bellezza come potrà diventare potente? Nell’impatto con il reale.
(159s) Shakespeare in Romeo e Giulietta:
«Mostrami una amante che sia pur bellissima; altro non è la sua bellezza, se non un consiglio ove io legga il nome di colei che di quella bellissima è ancor più bella».
(160) L’attrattiva della bellezza segue una traiettoria paradossale: quanto più è bella, tanto più rimanda ad altro.
Il carattere esigenziale dell’esistenza umana accenna a qualcosa oltre sé come suo senso, come al suo scopo.
Le esigenze umane costituiscono riferimento, affermazione implicita di una risposta ultima che sta al di là delle modalità esistenziali sperimentabili.
Se venisse eliminata l’ipotesi di un «oltre», quelle esigenze sarebbero innaturalmente soffocate.
(165) Così certe frasi che si usano: Dio è bontà, Dio è giustizia, Dio è bellezza, sono piuttosto delle direzioni di partenza che, moltiplicate, arricchiscono il nostro presentimento di questo Oggetto ultimo; ma non possono essere definizioni, perché Dio è bontà, ma non è la bontà come la conosciamo noi; Dio è amore, ma non lo è secondo la modalità nostra; Dio è persona, ma non lo è come siamo noi.
Bene
(3) Alexis Carrel in Riflessioni sulla condotta della vita:
« Nello snervante comodo della vita moderna la massa delle regole che danno consistenza alla vita si è spappolata; […] la maggior parte delle fatiche che imponeva il mondo cosmico sono scomparse e con esse è scomparso anche lo sforzo creativo della personalità […].
La frontiera del bene e del male è svanita, […] la divisione regna ovunque […].
Poca osservazione e molto ragionamento conducono all’errore.
Molta osservazione e poco ragionamento conducono alla verità».
(67) Alla presunzione del potere, carica di censure e di rinnegamenti, corrisponde nel singolo, nell’uomo reale, la grande tristezza, carattere fondamentale della vita consapevole di sé, «desiderio di un bene assente» diceva san Tommaso.
(85) Russel in Misticismo e logica:
«Cieca al bene e al male, incurante di distruzioni, la materia onnipotente prosegue implacabile il suo cammino … ».
(119) Una intelligenza che si applichi è l’inizio di ogni bene.
(125) Qui si fonda e si spiega il diritto fondamentale alla libertà di coscienza, alla capacità e al dovere quindi di giudicare e di agire secondo un ultimo proprio paragone con la verità e il bene.
(148s) C’è un ultimo vivido significato all’interno stesso di questo «io» sorpreso come «fatto da», come «appoggiato a», «come «contingente a».
Si tratta ora del fatto che nell’io freme dentro come una voce che mi dice «bene», che mi dice «male».
Questa coscienza dell’io reca con sé la percezione del bene e del male.
(149) La sorgente del nostro essere ci mette dentro la vibrazione del bene e l’indicazione, il rimorso del male.
L’esperienza dell’io reca con sé la coscienza del bene e del male, la coscienza di qualcosa con cui non si può rifiutare l’omaggio della propria approvazione o accusa.
Comunque venga applicata questa categoria del bene perché è bene e del male perché è male, è inestirpabile.
Perché risponde a una destinazione ultima, risponde al nesso con il destino.
È il binario con cui Ciò che ci crea convoglia a sé tutta la nostra esistenza.
Il binario di un bene, di un giusto cui è legato il senso stesso della vita, della esistenza propria, del reale; che è bene ed è giusto perché è così, che non è alla mercé di niente, è infinito nel suo valore.
Che una madre voglia bene al bambino, è bene perché è bene.
(192) Non è vero che c’è qualcosa che tu non puoi misurare: ma se tu decidi di farlo, se tu parti per questa avventura: «conoscerai il bene e il male e sarai come Dio».
L’uomo misura di tutte le cose: la prima pagina della Bibbia è realmente la spiegazione più chiara.
La Bibbia chiama con un determinato nome il particolare con cui la ragione identifica il significato totale del suo vivere e dell’esistere delle cose.
Questo particolare nel quale la ragione identifica la spiegazione di tutto, la Bibbia lo chiama idolo.
Qualcosa che sembra Dio,ha la maschera di Dio, e non lo è.
(195) Questa è realmente la pressione barbarica: la violenza delle forze sociali identificate come portatrici di significato ultimo è sempre giusta, per cui se si ammazza in nome di esse è sempre un bene.
Bisogno
(120) La libertà si annunzia esperienza della nostra esistenza come realizzazione di un bisogno o realizzazione di una aspirazione, come compimento.
(131) Di fronte, per esempio, all’esistenza dell’uomo «povero» si teorizza sul problema del bisogno, ma l’uomo concreto con il suo bisogno concreto, diventa un pretesto; l’individuo nella sua concretezza viene emarginato una volta che ha dato spunto all’intellettuale per i suoi pareri, o al politico per giustificare e pubblicizzare una operazione.
(161) C’è qualcosa nell’universo, nella realtà, c’è qualche cosa che corrisponde a questo bisogno, alla mia esigenza, e non coincide con niente di ciò che posso afferrare, e non so che cosa è.
Bontà
(13) L’esigenza della bontà, della giustizia, del vero, della felicità costituiscono il volto ultimo, l’energia profonda con cui gli uomini di tutti i tempi e di tutte le razze si accostano a tutto.
(54) L’idea di bontà, quel criterio che ci si trova dentro, per cui si può dire di qualcuno: «E’ buono», questa idea non potrebbe essere misurata, quantificata, e non si modificherebbe nel tempo.
(165) Certe frasi che si usano «Dio è bontà» non possono essere definizioni, perché Dio è bontà, ma non è la bontà come la conosciamo noi.
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