A–B–C–D–E–F–G–I–L–M–O–P–R–S–T–U–V
Lettera «V»
Links ai singoli temi
Valore
(11) L’uomo pur avendo dimostrato lungo tutto il suo cammino di aver percepito il senso di questa sproporzione primordiale, avendola gridata e modulata in diversi accenti, mostra però di non riuscire a ricordarsene nella sua vita pratica.
Subentra sempre un desiderio di piegare il destino al proprio volere, un desiderio di fissare il significato o il valore a proprio piacimento.
(104ss) Il valore della persona.
Fattore fondamentale dello sguardo di Gesù Cristo è l’esistenza nell’uomo di una realtà superiore a qualsiasi realtà soggetta al tempo e allo spazio.
Tutto il mondo non vale la più piccola persona umana: questa non ha nulla di paragonabile a sé nell’universo, dal primo istante della sua concezione fino all’ultimo passo della sua decrepita vecchiaia.
Ogni uomo possiede un principio originale e irriducibile, fondamento di diritti inalienabili, e sorgente di valore.
Il valore non si può confondere (come siamo abituati da una mentalità corrente sempre tentati di fare) con le reazioni che siamo indotti ad assumere.
In questo modo il valore della persona tende ad essere ridotto ai termini prevalenti della mentalità propria nell’ambito in cui vive.
Al contrario, la persona gode di un valore e di un diritto in sé, che nessuno può attribuirle o toglierle.
Il valore racchiude il motivo, lo scopo di un’azione, il «ciò per cui vale la pena» agire o esistere.
Quindi essere sorgente di valori significa per la persona avere in sé lo scopo del proprio agire.
(105) Per tutto ciò Gesù dimostra nella sua esistenza una passione per il singolo, un impeto per la felicità dell’individuo che ci porta a considerare il valore della persona come qualcosa di incommensurabile, irriducibile.
Il problema dell’esistenza del mondo è la felicità del singolo uomo.
Il motivo ultimo che spinge a voler bene a sé e all’altro è il mistero dell’io; ogni altra ragione è a questo introduttiva.
Abbiamo detto che il valore della persona così definito è affermazione che corrisponde profondamente alla nostra natura.
Come si motiva l’appassionata e intransigente affermazione che ci viene da Gesù del valore assoluto del singolo, se questo prima non esisteva, se esso sorge dal mondo come la schiuma della cresta dell’onda e nel mondo si dissolve, se esso è fenomenicamente derivazione del passato, effetto di dati biologici precedenti e destinato a consumarsi?
(106) Come è possibile che il diritto e il valore della persona non stiano soltanto nella partecipazione al flusso della realtà, tanto quanto il dito vale perché parte del corpo, e al di fuori di esso non vale nulla?
Cristo evidenzia nell’uomo una realtà che non deriva da dove l’uomo fenomenologicamente proviene, realtà che è in rapporto diretto con Dio.
Verità
(124) E’ il problema della conoscenza del senso delle cose.
Vertigine/vertiginoso
(6ss) La vertiginosa condizione umana.
(7) Il senso umano, il gusto di ciò che provo, che approvo e a cui approdo dipende da quel destino, ma esso resta un ignoto.
La ragione al suo vertice può giungere a coglierne l’esistenza, ma una volta raggiunto questo vertice è come se essa venisse meno, non può andare oltre.
È vertiginoso essere costretti ad aderire a qualcosa che non si afferra, che non si arriva a conoscere.
E’ come se il mio essere fosse sospeso a qualcuno che sta alle mie spalle e il cui viso io mai potessi vedere.
(8) È una condizione vertiginosa dover obbedire a qualcosa di cui intuisco la presenza, ma che non vedo, non misuro, non possiedo.
L’uomo si sente uno che cammina verso l’ignoto, aderendo ad ogni determinazione, a ogni passo secondo le circostanze che gli si pongono come sollecitatrici inevitabili, ma alle quali egli, proprio perché le riconosce tali dovrebbe dire sì con tutte le risorse della sua mente e del suo cuore senza «capire»: una precarietà assoluta, una vertiginosa.
L’uomo coglie nell’attimo la sua condizione vertiginosa, misura la sua sproporzione.
(10) Grande si erge in questo contesto la figura di Abramo.
La Bibbia narra che quando l’Ignoto, che pure gli si era palesato con la promessa di una grande discendenza, gli chiede di uccidere quel figlio che era stato donato come prima realizzazione di quella stessa promessa, quando cioè l’Ignoto si ripropone al patriarca con tutto il peso dei suoi disegni misteriosi e sfidanti, egli risponde: «Eccomi!»
E se ne va, in quello strano mattino, con il figlio accanto verso un luogo che non conosce, per una ragione che non conosce, disposto a compiere il sacrificio dove Dio gli indicherà, sacrificio che poi per volontà del Signore non verrà consumato.
Abramo è in quest’attimo figura paradigmatica dell’uomo in tutta la sua statura e drammaticità, dell’uomo posto in quella vertigine, trascinato dentro quel vortice nel quale il Mistero lo avvolge.
(11) Una vertigine che normalmente si cerca di dimenticare, un vortice nel quale l’uomo normale non può reggere.
