Temi di “All’origine della pretesa cristiana”

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Lettera «D»



Decisione

(97) O ci si trova davanti a una follia o quell’uomo, che dice di essere Dio, è Dio.

Il problema della divinità di Cristo si riduce a questo: alternativa in cui penetra più che in altre occasioni la decisione della libertà.

Una decisione che ha radici recondite e collegate a un atteggiamento di fronte alla realtà tutta.

La libertà non è rappresentata da scelte clamorose, esse non rendono ragione del dramma della nostra vita.

La libertà è quanto di più discreto esista.

Lo spirito assume una posizione originaria di fronte al reale e poi la sviluppa, e ne prende coscienza, specialmente nelle opzioni più gravide di conseguenze, solo dopo.


Dimostrabiledimostrazione

(46) La convinzione nasce sempre da qualcosa che si dimostra.

Ma per le cose più importanti della vita tale dimostrabilità non è mai matematica o dialettica: questo tipo di dimostrazione avrebbe piuttosto a che fare con una nostra creazione o convenzione.

La dimostrazione di cui stiamo parlando viene offerta dall’incontro evidente con un fatto, dalla presa di coscienza di un avvenimento.


Dipendenza

(36) L’imbattersi in una persona presente è una evidenza facile per il bambino e per il grande.

Nella dinamica rivelativa di questa ipotesi l’accento primo non sarebbe più sulla genialità e sull’intraprendenza, ma sulla semplicità e sull’amore.

Amore che rappresenta l’unica vera dipendenza dell’uomo, l’affermazione dell’Altro come consistenza di sé stessi, scelta suprema della libertà.

In simile ipotesi, comunque, l’affermazione dell’unicità della strada che ne consegue non sarebbe più espressione di presunzione, ma obbedienza a un fatto, al Fatto decisivo del tempo.

(99s)

L’uomo, infatti si muove solo per dimensione universale – implicita o esplicita, cosciente, incosciente -.

La capacità di cui stiamo parlando, dunque, non è necessariamente indicata da un livello di santità, di irreprensibilità etica, ma come originale atteggiamento di disponibilità e di dipendenza, non di autosufficienza come affermazione dell’essere, non di sé.

Eticamente tutto ciò si esprime come confronto vissuto di sé con un ideale che ci supera, quindi come umiltà che vive nello sforzo di «migliorare sé» e che si esprime nel desiderio sincero o, almeno, nel disagio del proprio male.

Si tratta di quel sentimento proprio della creatura, cioè dell’essere in quanto dipendente, e si tratta della radice stessa della religiosità.

(105) L’originale dipendenza.

L’evidenza ultima della vita, subito dopo il fatto che si esiste, è che prima di aver vita non l’avevamo.

Perciò dipendiamo.

(108ss) E’ la scoperta della persona che con Gesù entra nel mondo: ed è la passione per essa che rende Gesù appassionato messaggero della dipendenza, unica e totale, del singolo uomo dal Padre.

La religiosità cristiana sorge come unica condizione dell’umano.

La scelta dell’uomo è: o concepirsi libero da tutto l’universo e solo da Dio, oppure libero da Dio, e allora diventa schiavo di ogni circostanza.

(109) La superiorità dell’io si fonda sulla dipendenza diretta dal principio che gli dà origine e dà origine a tutto, cioè Dio, condizione per cui l’uomo realizzi e affermi sé.

La dipendenza da Dio vissuta, cioè la religiosità, è la direttiva più appassionata che Gesù dà nel suo Vangelo.

(110)

Subdola forma per imporre sé stessi a tutti è l’identificazione del dovere con la propria coscienza.

Mentre la coscienza è il luogo dove si percepisce la dipendenza, un luogo dove emerge la direttiva di un Altro.

Soltanto questa ipotesi fonda la libertà di coscienza.

La libertà, infatti, è responsabilità, cioè risposta a un Altro.

(116) Se l’uomo oblitera ciò cui la preghiera dà consistenza, cioè la coscienza della totale dipendenza e dell’inevitabile stato di domanda, smarrisce sé stesso, rifiuta la salvezza.

Di fatto, l’evidente dipendenza ultima e totale esistenzialmente non può che tradursi in domanda.

Colui che ci fa ci fa vita: l’accorgersi di Colui che ci fa, coincide con la domanda che ci faccia vita.

Il fenomeno del nostro bisogno ci richiama alla dipendenza, è spunto per approfondire la coscienza della dipendenza da Dio: Gesù non misconosce qualsiasi domanda.

(120) Ordinare il tutto allo scopo. cioè al tutto, è il fondamentale dono di sé al tutto: è il cosiddetto dovere, la cui essenza, quindi, non può essere che amore, cioè consegna di sé.

Ma non è umano dare se stessi se non a una persona, non è umano amare se non una persona.

Il «tutto» è l’espressione di una persona: Dio.

Qualsiasi dovere è coscienza della volontà di Dio.


Dipendenza dal reale

(64) (Gesù reagisce a chi vuole allontanare i bambini) Raccomandando a tutti, per poter entrare nel Regno dei cieli, quell’atteggiamento di positiva dipendenza dal reale che i bambini hanno.


Dipendenza dal Padre

(92) (Gesù) ribadirà, quasi a dare una estrema possibilità alla libertà di qualche suo ascoltatore, la sua dipendenza dal Padre.


Disordine

(120s)

Il disordine umano: invece di ordinarsi al tutto, tenta di ordinare il tutto a sé; invece di darsi, tenta di prendersi, invece di amare, sfruttare.

La tradizione cristiana lo attribuisce a un disordine che l’uomo eredita dalle origini della sua razza.

Esso determina il clima del mondo.

Si chiama peccato originale.


Disponibilità

(69) Senza il tempo della convivenza l’oggetto reale resta inconoscibile, mentre la certezza morale, quella che nasce da una spalancata disponibilità, fedele nel tempo, è la culla di un’esistenza ragionevole.

(100) L’uomo si muove sempre per dimensione universale – implicita o esplicita, cosciente incosciente-.

La capacità di cui stiamo parlando non è necessariamente indicata da un livello di santità, di irreprensibilità etica; ma, essendo in gioco l’elementare rapporto del particolare con il tutto, essa è più definibile come apertura originale dell’animo, come reale atteggiamento di disponibilità e di dipendenza, non di autosufficienza; come una volontà di affermazione dell’essere, non di sé.


Domanda

(65s) Il margine di eccezionalità di quell’uomo era tale che nasceva spontanea una domanda paradossale: «Chi è?».

(66) Paradossale perché di Gesù conoscevano benissimo l’origine, i dati anagrafici, la sua famiglia, la sua casa.

Questa domanda sorge prima negli amici e poi, molto tempo dopo, anche nei nemici, che pure erano bene informati su di Lui.

Questa domanda mostra che ciò che Egli sia in realtà non lo si potrebbe dire da soli.

Così si domanda a Lui chi egli sia.

Soltanto che gli amici, quando Lui dà la risposta, credono alla Sua parola per l’evidenza dei segni indiscutibili, che impongono la confidenza; i nemici, invece, non accettano quella risposta e decidono di eliminarlo.

(111) Una consapevolezza che si esprime in domanda.

L’espressione della religiosità e della moralità in quanto coscienza della dipendenza da Dio si chiama preghiera.

La preghiera è coscienza ultima di sé, come coscienza di dipendenza costitutiva.

(114) L’espressione compiuta della preghiera è di essere domanda.

E, quindi, l’espressione originale dell’esistenza umana è la domanda.

Qui sta tutta la dignità della coscienza e dell’affetto.

(Gesù) nel suo rapporto con il Padre la sua realtà d’uomo si consumava in questa domanda; e nella preghiera dell’Ultima cena, con tutta la sconfinata grandezza dell’animo suo, mendicò il compiersi del Disegno «nascosto nei secoli».

(115) In due luminosi e commoventi brani del Vangelo Gesù ha con forza definito la natura di domanda che è la preghiera, proprio come gesto supremo di realismo nei confronti della condizione umana. (L’amico insistente che chiede del pane e la vedova insistente dal giudice).

(116) Se l’uomo oblitera ciò cui la preghiera dà consistenza, cioè la coscienza della totale dipendenza e dell’inevitabile stato di domanda, smarrisce se stesso, rifiuta la salvezza.

Di fatto l’evidente dipendenza ultima e totale esistenzialmente non può che tradursi in domanda.

Colui che ci fa, ci fa vita: l’accorgersi di Colui che ci fa, coincide con la domanda che ci faccia vita.

Se la grande consapevolezza non si traduce in domanda, non è vera consapevolezza.

La preghiera è soltanto domandare, domandare prendendo spunto da qualsiasi cosa.

Il fenomeno del nostro bisogno – qualunque esso sia – ci richiama alla dipendenza da Dio: Gesù non misconosce qualsiasi domanda.

Perciò è giusto chiedere qualunque cosa, con la clausola implicita che fu quella di Gesù nel Getsemani: «Però non la mia, ma la tua volontà sia fatta» (Lc 22,42).

La sua volontà significa la mia completezza, la felicità suprema, quella cui ogni domanda è funzione.

Come la mia origine è in mano sua, così il mio fine è in mano sua.


Dono di sé

(117ss) Se l’uomo come essere è qualcosa di più grande del mondo, come esistente è parte del cosmo.

Perciò lo scopo del suo agire, se in ultima analisi è la sua completezza, o felicità, immediatamente però è servire il tutto di cui fa parte.

In quanto parte del mondo l’uomo deve servirlo, anche se tutto l’universo ha per scopo di aiutarlo a raggiungere meglio la felicità.

(118) L’esistenza umana si snoda in un servizio al mondo, l’uomo completa sé stesso dandosi via, sacrificandosi.

Violaine, nell’ Annuncio a Maria di Paul Claudel:

«Forse che fine della vita è vivere? Forse che i figli di Dio resteranno fermi su questa misera terra? Non vivere ma morire …. E dare in letizia ciò che abbiamo. Qui sta la gioia, la libertà, la grazia, la giovinezza eterna! Che vale il mondo rispetto alla vita? E che vale la vita se non per essere data?».

L’esistenza umana è consumarsi per qualcosa.

Ma qual è la natura di questa consumazione? Nel mistero della Trinità la sostanza dell’essere ci viene svelata come rapporto; aggiungiamo ora: ci viene proposta come dono.

Questa è la grandezza dell’uomo: così come l’Essere che lo ha creato, la sua vita è di essere dono: egli è l’unica creatura che può essere cosciente di questo elemento strutturale del reale.

La legge dell’esistenza umana è l’amore nella sua realtà dinamica che è l’offerta, il dono di sé.

Lc 9,24:

«Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per me, la salverà».

Ci viene così sottolineata la paradossalità di questa legge: la felicità attraverso il sacrificio.

Ma quanto più uno lo accetta, tanto più sperimenta già in questo mondo una maggiore completezza.

Gesù la chiamava «pace».

(119)

La destinazione dell’io essendo il tutto, la sua legge è darsi al tutto.

L’uomo, al di fuori della coscienza del tutto, si sentirà sempre prigioniero o annoiato.

(120) L’ordinare l’istinto allo scopo, cioè al tutto, è il fondamentale dono di sé al tutto: è il cosiddetto dovere la cui essenza, quindi, non può che essere amore.

La risposta al problema dell’indissolubilità del matrimonio ha la stessa motivazione della verginità: la dedizione «al Regno dei cieli», il servizio al grande disegno.

Il procedimento che la natura esige «da principio» sollecita allo stesso dono di sé in funzione del tutto, così come viene affermato nella radicale volontà di mortificazione verginale di coloro «che si sono fatti eunuchi per il Regno dei cieli» (Mt 19,12b).


Dovere

(108) La religiosità sorge come unica condizione dell’umano.

Gesù ci avverte di non farci ingannare su quel rapporto definitivo con Dio: esso, cioè la religiosità, conviene per salvare la propria persona.

Notiamo che niente è più farisaico dello stracciarsi le vesti per un dovere compiuto in vista di un premio, niente più schiavizzante del dovere per il dovere.

La coincidenza del dovere con la felicità è la cosa più concreta che, sia pure per approssimazioni, la natura ci insinui.

(110) E’ una ambiguità carica di menzogna una moralità che non parta da qualcosa che sia più dell’io: subdola forma per imporre sé stessi a tutti è l’identificazione del dovere con la propria coscienza.

Mentre la coscienza è il luogo dove si percepisce la dipendenza, un luogo dove emerge la direttiva di un Altro.

(120) L’ordinare l’istinto allo scopo, cioè al tutto, è il fondamentale dono di sé al tutto: è il cosiddetto dovere la cui essenza, quindi, non può che essere amore, cioè consegna di sé.

Ma non è umano dare se stessi se non a una persona.

Il «tutto» in ultima analisi è l’espressione di una persona: Dio.

Qualsiasi dovere, dunque, è coscienza della volontà di Dio.

ABCDEFGILMOPRSTUV