Temi di “Perchè la Chiesa”

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Lettera «L»



Lacerazione della personalità

(47) Petrarca:

«Il dì s’appresse e non pote esser lunge. \ Siccome il tempo et vola, \ Vergine unica et sola, \ e ‘l cor or coscienza or morte punge. \ Raccomandami al tuo figliol, verace \ home e verace Dio \ ch’accolga ‘l mio spirto ultimo in pace».

Vorrei sottolineare che i versi citati rivelano sì un uomo dottrinalmente frutto di storia cristiana, ma proprio quel “tipo umano” soffre ormai una lacerazione: la sua personalità è divisa e spezzata e la tensione provocata da tale rottura costituisce i sospiro ultimo della sua poesia.

È proprio con un sospiro d’anima inquieta, angustiata, il sigillo dell’opera di Petrarca: è il desiderio e l’aspirazione verso qualcosa di prezioso che ci si sente sfuggire di mano e si sente allontanare.


Laicismo

(76s) Ancora oggi è facile che si ammetta Dio, l’Ente Supremo, purché sia chiaro che con la realtà umana non c’entra.

Non lo si nega, certo, purché sia accettato che l’uomo possa fare a meno di lui.

E se proprio qualcuno non ne può fare a meno, la religione troverà il suo diritto di espressione in un luogo appartato  dalla vita sociale solita, in un luogo estraneo.

È il principio di “confino di polizia della religione”.

Autosufficienza dell’uomo, che di sé fa il criterio ultimo, separazione dal Dio: l’errore è possibile per l’uomo di tutti i tempi, ma la nostra epoca ha dato a questo errore una risonanza che ha potuto influire sulla mentalità di tutti.

Nell’uomo moderno vige la tentazione di sempre: ma la nostra epoca è dominata da criteri, temi, preoccupazioni che censurano la sensibilità religiosa autentica.

Questa mentalità derivata dal razionalismo, frutto tuttavia di una lunga disgregazione, in quanto è arrivata a ispirare la società intera in tutte le sue forme, in special modo quelle educative, si chiama laicismo.

(77) Un Dio perciò confinato al luogo di culto o alla sacrestia è quel Dio inutile alla antica tentazione e l’uomo che vi cede è tragicamente ridotto alle sue possibilità.


Lavoro

(206) L’esigenza dell’uomo di esprimere la sua personalità, con le sue aspettative di incidere sulla realtà di tempo e di spazio che ha da vivere, porta a quei problemi riconducibili alla categoria del lavoro.

(208) Libertà e storia: l’uomo è all’interno di una possibilità di soluzione, perché Dio non ci ha immesso nel flusso del tempo senza ragione.

Ma la possibilità esauriente di soluzione non è dentro il meccanismo concepito dall’uomo, e non viene neppure dall’esterno delle cose.

Tale possibilità è affidata alla tua libertà di mettere te stesso e le cose o le circostanze che creano il problema in nesso con il fondamento della vita.

Dio non obbliga l’uomo a sé stesso se l’uomo non vuole.

Infatti, se si affronta sinceramente quella condizione con cui richiama la Chiesa, non si tarda a sperimentare un’energia e una fierezza nel mettersi al lavoro con una intensità tutta particolare.

(281) Eco della liturgia, del mistero vissuto in tutta la nostra giornata, è il concetto cristiano di lavoro, espansione del mistero della salvezza in ogni momento e attività nel contesto della propria personale funzione e situazione.

Il lavoro è il tentativo dell’uomo di investire di sé, del suo progetto, della sua idea, tempo e spazio.

(282) Per il cristianesimo il lavoro umano è il lento inizio di un dominio dell’uomo sulle cose, di un governo di cui egli aspira realizzando l’immagine di Dio, il “Signore”.

La collaborazione dell’uomo all’opera della comunità che comunica l’opera redentrice di Cristo nei sacramenti è il lavoro.

Il lavoro, nel suo sforzo lento e faticoso, è prezzo che l’uomo paga alla sua redenzione, è collaborazione al dilatarsi dell’alba della sua resurrezione a tutti i rapporti creativi che l’uomo vive con il tempo e con lo spazio.

Il lavoro, nella concezione dell’uomo cristiano, è il riflesso ancora crepuscolare della liturgia sul cosmo intero.

Con la Grazia operante del disegno di Dio,

il lavoro riempie lo spazio tra la Risurrezione di Cristo e la risurrezione finale.


Legge

Legge ideale di Dio

(56s) «Fa ciò che vuoi perché per natura l’uomo è spinto ad atti virtuosi».

Rabelais

Da 1500 anni il cristianesimo diceva che la legge di Dio, la spinta alla virtù, è scritta nel cuore dell’uomo e che egli perciò la può cogliere in sé perché è naturale, vale a dire costitutiva della sua dinamica originale.

Rabelais però dimentica qualcosa che la Chiesa, attraverso cui giunge fino a noi la persona di Gesù e quindi l’attualità del cristianesimo, non dimentica.

Ascoltiamo il suo avvertimento realistico, per esempio attraverso le parole di san Paolo (Rm 7,18-19.21-25):

«Io so infatti che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene; c’è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo: infatti, io non compio il bene che voglio ma il male che non voglio [ … ]. Io trovo dunque in me questa legge: quando voglio fare il bene, il male è accanto a me. Infatti acconsento nel mio intimo alla legge di Dio, ma nelle mie membra vedo un’altra legge, che muove guerra alla legge della mia mente e mi rende schiavo della legge del peccato che è  nelle mie membra. Sono uno sventurato! Chi mi libererà da questo corpo votato alla morte? Siano rese grazie a Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore!».

Rm 7, 18-19. 21-25

Così si delinea la fisionomia di un uomo visto nella sua completezza.


Legge della vita

(197) In che cosa consiste questa educazione religiosa dell’umanità che la Chieda proclama come suo scopo, per ciò stesso che si riconosce prolungamento di Cristo?

È una sollecita preoccupazione pedagogica perché l‘uomo abbia ad avere coscienza di quel che Dio è, è una preoccupazione che si esprime in richiami continui per condurre l’uomo a vivere questa coscienza di dipendenza totale dal Mistero che ci parla.

Perché questa è la legge della vita: la dipendenza dal Padre che in ogni istante formula la nostra vita, sorgente continua del nostro esistere.

La indipendenza dell’uomo è tracciata dal vivere la dipendenza da Dio


Libertà


Libertà

(122) L’uomo è posto davanti a Gesù Cristo allo stesso modo duemila anni fa come oggi.

Nessun segno potrà mai obbligatoriamente imporre alla libertà dell’uomo di collocarsi davanti alla proposta di Cristo in modo spalancato come il volto di un bambino, invece che guardinga e sospettosa come lo sguardo di tanti adulti.

La verità ha un accento per cui, se l’animo è  nella posizione originale in cui Dio l’ha messo creandolo, suona inconfondibile.

Il contrario di questo è ciò che il Vangelo chiama durezza di cuore.

Un solo grande prodigio oggi sostituisce la normalità dei miracoli e dei segni di allora, un prodigio per riconoscere il quale è richiesta la stessa apertura dell’animo, lo stesso impeto di libertà di allora.

È il prodigio della nostra adesione di uomini alla realtà di quell’Uomo di 2000 anni fa, riconosciuto realmente presente dentro il volto della Chiesa.

È il prodigio per cui lo Spirito di Cristo vince la storia, è quell’evento affascinante per cui la potenza dello Spirito attraversa la vicenda umana e Cristo si rende presente nella fragilità, nella trepidazione, nella timidità e nella confusione delle nostre persone unite.

(130) Non è inutile nel concludere questa breve descrizione dell’atteggiamento etico che vivevano tra loro i primi cristiani, ripetere quanto esso, compresa la spettacolare espressione della condivisione dei beni, fosse motivato dal fatto di essere una cosa sola e avesse come condizione la libertà.

È questo un grande criterio della mortificazione cristiana, che abbiamo appena ricordato nella citazione che Paolo fa di una frase dei Proverbi, nella sua lettera ai cristiani di Corinto: «Il Signore ama chi dà con gioia».

(177) Il metodo che Dio ha seguito gioca tutto sulla libertà.

In nessun altro ambito, né di pensiero né di realizzazioni storiche, la libertà svolge un ruolo così importante come nella visione dell’uomo, della società e della storia, proposta dal cristianesimo.

Se, dunque, per definizione, il messaggio divino che la Chiesa propone dovrà passare attraverso l’umano, cioè attraverso il limite, qualcosa di finito, è perciò stesso assodato che mai la libertà umana realizzerà integralmente l’ideale; sempre il veicolo umano nella Chiesa si presenterà inadeguato a ciò che pretende di portare al mondo.

Ma ciò che stiamo dettagliando è proprio questo.

Dio si è legato a questa nostra particolare attuazione della libertà alla modalità specifica con cui ogni singolo uomo risponde alla capacità di infinito che è in lui e alle richieste di Dio.

Ciascuno di noi potrà incontrare cristiani generosi e meno generosi, come nella primitiva comunità cristiana, per esempio, si incontravano coloro che mettevano in comune tutti i loro beni e coloro che ne rendevano disponibile solo una parte.

Erano cristiani con la loro libertà, e se ricordiamo l’episodio dei due vecchietti, Anania e Saffira, che furono puniti quando dissero di aver dato tutto alla comunità, dobbiamo anche ricordare che non furono puniti per aver dato metà anziché l’intero, ma per aver tentato di mentire.

La libertà della persona è ciò attraverso cui definitivamente passa il comunicarsi del divino.

È interessante osservare l’impostazione cristiana della vita dal punto di vista della libertà.

Se un uomo dice infatti qualcosa di giusto e non lo mette in pratica, noi che lo notiamo siamo messi con le spalle al muro, di fronte alla nostra ultima responsabilità.

(207s) (Soluzione dei problemi) Da ultimo, va riaffermato che proprio la libertà è il sintomo essenziale dell’umanità della soluzione: la libertà nel suo senso pregnante, potente e completo, quella cui Cristo e la Chiesa richiamano, quella dell’uomo vigile, con l’occhio attento e l’animo spalancato di fronte alla sua origine e al suo destino, quella libertà per cui l’intelligenza non può essere fermata da nulla, per cui la volontà non è fermata da nessun termine di amore equivoco, per cui la sensibilità accompagna l’una e l’altra con il vigore di una pazienza inesauribile.

(208) Nel corso della vicenda terrena la soluzione dei singoli problemi deve essere cercata dall’uomo, lo sforzo risolutivo deve essere applicato a quelle 4 categorie di problematiche.

Questo è il compito dell’uomo singolo e dell’uomo nel suo contesto storico sociale, nel concreto della vita personale, nella contingenza della storia sociale e politica.

Tale compito è affidato alla sua libertà dentro la libertà del disegno di Dio che si attua nella storia.

Libertà e storia: l’uomo è all’interno di una possibilità di soluzione, perché Dio non ci ha immesso nel flusso del tempo senza una ragione.

Ma la possibilità esauriente di soluzione non è dentro il meccanismo concepito dall’uomo, e non viene neppure dall’esterno, dalle cose.

Tale possibilità è affidata alla sua libertà di mettere sé stesso e le cose o le circostanze che creano il problema in nesso con il fondamento della vita.

Dio non obbliga l’uomo ad essere sé stesso se l’uomo non lo vuole.

(250ss) Tale trasformazione non avviene meccanicamente, bensì attraverso la libertà dell’uomo.

Vale a dire: si verifica solo se l’uomo vive questo gesto (sacramento) consapevolmente, accogliendo ed ospitando il suo significato e lasciandosene investire.

Questo nesso con la libertà della coscienza è proprio ciò che distingue il Mistero cristiano dai misteri pagani.

La libertà dell’uomo è condizione essenziale alla salvezza operata dal mistero cristiano, mentre è totalmente estranea all’affermarsi del mistero pagano.

L’antropologia cristiana esalta la libertà , la responsabilità della persona, mentre l’antropologia non cristiana non riesce a non eludere qualche fattore dell’umano e quindi ultimamente tende a oscurare, fino a eliminare, responsabilità e libertà.

(251) Ciò che rende trasformatore il gesto, è la libertà, che rende piena la partecipazione individuale e impegna l’uomo in modo non meccanico, lo coinvolge con il significato del gesto, significato che varcherà la soglia del luogo di culto perché germe di una coscienza nuova che affronterà la vita.

(254s) E, per ciò che riguarda il gesto sacramentale, l’efficacia del segno, legata alla nostra tradizione al rito in sé e non alla perizia del ministro, non vuole escludere la libertà dell’uomo che vi si accosta, ché anzi necessariamente la richiede: vuole invece sottolineare che quei segni efficaci sono tali in quanto dono di Dio, non per lo sforzo umano compiuto dal ministro o dal fedele; vuole dire che la grazia si comunica in un incontro concreto con Cristo, liberamente voluto dall’uomo.

L’annuncio cristiano, però affermando la presenza costante e articolata nella vita dell’uomo di un Altro che l’ha creato e ricreato, richiede l’adesione libera a quella presenza, e dà una certezza non riposta in alcun sforzo e in alcun automatismo, ma nell’amore dell’altro.

La salvezza per il cristiano è accettare liberamente la compagnia di un Dio misericordioso che ha voluto intervenire e restare nella storia.

(255) La libertà delle persone è concepita dalla Chiesa profondamente inscritta in un contesto comunitario, in un corpo.

Senza un minimo contesto comunitario educatore, la libertà non potrebbe agire.

Il cristianesimo evita l’astratta affermazione della persona secondo una visione di autonomia, che in effetti non corrisponde alla realtà.

L’uomo è profondamente legato agli altri uomini, e il bambino nella sua dipendenza dai genitori è emblematico in questo senso.

È vero che il bambino non ha ancora esplicitato la sua capacità di libertà, tuttavia egli non è estraibile dall’unità in cui nasce e di cui fa parte.

Ed è proprio questa dimensione comunitaria in cui viene al mondo che permette come prospettiva educativa lo sviluppo della sua capacità di libertà.

(256) Concludendo, dunque, la libertà, nel sacramento del battesimo dato ai bambini è salvata da un lato dalla libertà della comunità di cui egli è concepito come parte, come membro carico di dignità; dall’altro, dal futuro dello svolgimento della sua vita cosciente.

(268) Ognuno di noi, anche nella più semplice contingenza quotidiana, cerca proprio quella maggiore pienezza.

È questo il criterio che ci guida, anche nelle minime scelte: gli uomini aderiscono a quello o a quell’altro invito, scelgono di stare con quella o quell’altra persona perché da queste scelte sperano maggior soddisfazione, più intensa corrispondenza al proprio desiderio.

Essendo la libertà una forza di adesione all’oggetto cui aspira, l’uomo fatto per la felicità muove il suo  libero dinamismo alla ricerca del fascino più grande, diceva sant’Agostino, vale a dire di una sempre maggiore pienezza di vita, un sempre più totale possesso dell’essere.


Test della libertà umana

(128) Vi sono brani nelle lettere di Paolo eccezionali per indicare il tipo ci clima umano che stava nascendo tra le prime comunità dei cristiani, la radicalità e insieme la discrezione e la libertà con la quale veniva concepita questa tensione fondamentale del vivere cristiano.

«[ … ] … se infatti c’è buona volontà, essa riesce gradita secondo quello che uno possiede». E concludendo il suo richiamo definisce il grande test della libertà umana: «Ciascuno dia secondo quanto ha deciso nel suo cuore, non con tristezza né per forza, perché Dio ama chi dona con gioia».

2 Cor. 8,7 – 12; 9,7

Ho citato questo noto caso della colletta a favore della comunità di Gerusalemme non tanto perché è stato un grande sforzo organizzativo di Paolo e della prima cristianità, ma soprattutto perché l’impresa, in realtà non è stata solo di carattere materiale, ben definisce infatti le caratteristiche di una tensione verso la condivisione della vita in tutti i suoi aspetti.


Attraverso la libertà

(176ss) La rilevanza delle implicazioni che stiamo dettagliando diventa ancor più penetrante e profonda se affrontiamo questa seconda affermazione: l’uomo è cristiano con tutta la sua particolare libertà.

Il che vuol dire che l’ideale cristiano lo vuole; perciò l’individuo potrà portare l’ideale e nel medesimo tempo contraddirlo per vivere.

Il messaggio cristiano è legato alla serietà e capacità morale dell’uomo.

Qui è il risvolto drammatico del metodo di Dio.

Il metodo che Dio ha seguito gioca tutto sulla libertà.

In nessun altro ambito, né di pensiero, né di realizzazioni storiche, la libertà svolge un ruolo così importante come nella visione dell’uomo, della società e della storia, proposta dal cristianesimo.

Se dunque, per definizione,  il messaggio divino che la Chiesa ci propone dovrà passare attraverso l’umano, cioè attraverso il limite, qualcosa di finito, è perciò stesso assodato che mai la libertà umana realizzerà integralmente l’ideale; sempre il veicolo umano si presenterà inadeguato a ciò che pretende di portare nel mondo.

Ma ciò che stiamo dettagliando è proprio questo.

Dio si è legato alla nostra particolare attuazione della libertà, alla modalità specifica con cui ogni singolo uomo risponde alla capacità di infinito che è in lui e alle richieste di Dio.

(177) La libertà delle persone è ciò attraverso cui definitivamente passa il comunicarsi del divino.

È interessante osservare l’impostazione cristiana della vita dal punto di vista della libertà.

Se un uomo dice infatti qualcosa di giusto e non lo mette in pratica, noi che lo notiamo siamo messi con le spalle al muro, di fronte alla nostra ultima responsabilità.


Libertà religiosa

(192) Il Concilio Vaticano II ha affermato con forza la libertà religiosa confacente alla libertà umana, applicando appunto un criterio etico-soggettivo, che, in ogni caso, un cattolico di qualunque epoca avrebbe potuto sottoscrivere proprio in base alla sua tradizione.


Libertà di coscienza

(252) La coscienza libera dell’uomo credente è dunque chiamata non a rinchiudersi in automatismi, in cicli ripetitivi, che la soffocherebbero, ma a scoprire una realtà, anzi – aggiungiamo – a entrare in contatto profondo con questa realtà (il sacramento come risposta all’esigenza del sensibile) con tutte le risorse della propria umanità.

L’uomo è composto di esperienza sensibile e di atteggiamenti interiori e tutti e due questi fattori devono essere presenti perché l’umanità si realizzi appieno in un evento.

Ora il cristianesimo risponde, con la sua improrogabile istanza di libertà di coscienza e con la sua attenzione al sensibile, a entrambi i fattori.


Nesso tra la libertà di Dio e libertà dell’uomo

(253) Osserviamo che, proprio perché l’uomo è invitato dal Dio incarnato a partecipare alla sua realtà, per ciò stesso partecipa alla libertà di Dio.

Se Dio è libero, e non può non esserlo, se Dio ha voluto comunicare all’uomo la sua realtà divina, gli comunicherà anche la dimensione della libertà.

E lo ha fatto dalle origini.

Se è vero che il nesso tra la libertà di Dio e quella dell’uomo, è un nesso misterioso, è anche vero che i fattori di tale nesso sono chiari.

Diversamente dall’immagine panteistica, la creatura, nella visione cristiana, proprio perché derivante da Dio – la cui caratteristica prima è essere sé stesso -, partecipando del suo essere possiede una irriducibile identità.

Perciò, proprio perché dipende da Dio, la creatura si afferma e si distingue.

Per comprendere questo, un paragone può sia pur fragilmente avvicinarci: la creazione artistica.

Quanto più potente è la creatività di una persona, tanto più ciò che crea ha, per così dire, una personalità in sé.


Liturgia

(288) In questa unità di personalità e comunità viene assunta anche la natura fisica.

Paradigma supremo di tale assunzione è nella Chiesa la liturgia che, scrive Guardini:

« ….. è integralmente realtà. Essa abbraccia tutto quanto esiste …. Tutti i contenuti e gli avvenimenti della vita …  perciò è la creazione credente e orante…»

Mirabile espressione della liturgia, vissuta come creazione orante, come redenzione del tempo e dello spazio attraverso la coscienza della personalità nuova, si trova nell’inno di sant’Ambrogio, che si recita al mattutino.

(281) Eco della liturgia, del mistero vissuto in tutta la nostra giornata, è il concetto cristiano di lavoro, espansione del mistero della salvezza in ogni momento e attività, nel contesto della propria personale funzione e situazione.

(282) Gesù Cristo è l’istante della storia in cui la realtà cessa di essere ambigua e ridiventa gloriosamente tramite a Dio, in quanto essa contiene ciò che significa, dà ciò che promette.

Nella liturgia, perciò, la materia ridiventa amica dell’uomo, si sviluppa l’opera della redenzione e l’universo torna all’origine.

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