Temi di “Perchè la Chiesa”

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Lettera «I»



Ideale

(37s) La cultura medioevale favoriva la formazione di una mentalità contrassegnata da una religiosità autentica, determinata da una immagine di Dio come orizzonte totalizzante di ogni umana azione, da una concezione di Dio come pertinente a tutti gli aspetti della vita, sottendente ogni esperienza umana, nessuna esclusa, e quindi come ideale unificante.

(38) Solo un Dio percepito per quello che è, cioè come la consistenza ultima di tutta la vita, è un Dio credibile, perché la convinzione deriva dal legarsi di ogni aspetto dell’esistenza con un valore determinante globale.

«Una civiltà cristiana non è certamente una civiltà perfetta, ma è una civiltà che accetta lo stile di vita cristiano come normale».

Dawson

(50) (Oggi) all’ideale antropologico del santo – all’ideale dell’unità attuata attraverso il nesso continuamente ricercato con Dio, si sostituisce l’ideale di una sorta di uomo nuovo, reso degno dell’ammirazione della storia attraverso il compimento di imprese, di qualunque natura esse siano, concepite e realizzate da forze sorgenti e determinate dalla bravura e dalla capacità dell’uomo, ma rese possibili dal caso, dalla fortuna.


Frammentazione dell’ideale

(47s) L’uomo frammentato in una molteplicità di ideali.

È impressionante la pena del contrappeso che immediatamente si avvera ogni qualvolta l’uomo manipola, riducendola, la radicalità del suo riferimento a Dio.

L’uomo divide sé stesso: crolla entro i suoi interessi, ricade totalmente sulla sua terra e ne sarà presa.

Se infatti il senso religioso è domanda di totalità costitutiva della nostra ragione, e per ciò stesso che un uomo vive pone questa domanda e non solo pone la domanda, ma vi risponde, allora, se non sarà Dio i riferimento di tutta la sua vita, qualcosa di particolare occuperà il posto di Dio, che non sarà mai vuoto nel cuore dell’uomo.

L’ideale unico si frammenta in una molteplicità di ideali – estetici, politici, culturali e così via – ognuno dei quali cattura l’energia umana con una sorta di dispotismo: l’uomo, infatti, sente che, dedicato a un frammento, dovrà riuscire a realizzare qualcosa di eccellente perché valga la pena di vivere, qualunque sia il campo del suo interesse dominante.

(52s) E’ stato introdotto nella realtà sociale storica un ottimismo a oltranza.

Questa frantumazione dell’ideale a cui riferirsi è rimasta nella nostra mentalità moderna e ha portato con sé alcune conseguenze.


Ideale del divo e dell’eroe greco

(49) L’umanista è come se riproponesse l’ideale del “divo”, dell’eroe greco che, per non essere stritolato dal fato, poggerà su sé stesso, agirà, sapendo però che non gli resta altro da fare che morire almeno nobilmente, si fiderà delle sue forze, anche se la sua tristezza sarà irriducibile.


Ideale della riuscita

(49s) Resta dominante nell’Umanesimo, ed è la formula che meglio definisce il valore che viene attribuito alla vita, il gusto della gloria, la ricerca della Fama e della Fortuna: l’interesse fondamentale del vivere come interesse di una “riuscita”.

Così all’ideale antropologico del santo – all’ideale dell’unità attuata attraverso il nesso continuamente ricercato con Dio -, si sostituisce l’ideale di una sorta di uomo nuovo, reso degno dell’ammirazione della storia attraverso il compimento di imprese, di qualunque natura esse siano.

Concepite e realizzare da forze sorgenti e determinate dalla bravura e dalla capacità dell’uomo, ma rese possibili dal caso, dalla Fortuna.

(52s) Se qualcuno riesce, se ha raggiunto potere e fama, non importa più con quali mezzi e non importa più quale sia il particolare della vita nel quale sii è distinto: può essere lo sport, lo spettacolo, la politica o una organizzazione criminale.

Il risultato è che l’orizzonte del giudizio umano è occupato da un particolare mostruosamente ingrandito: l’equilibrio unitario della persona tende perciò ad essere compromesso.

Potrebbe sembrare che questo “cavarsi il cappello” davanti al nome di chi “riesce” abbia un aspetto umanamente comprensibile.

Insomma significa in qualche modo incidere sulla vita sociale, realizzare qualcosa anche per l’umanità.

È infatti questo il criterio supremo del progetto educativo del più influente pedagogo americano dei nostri tempi John Dewey, criterio che è poi stato importato anche in Europa: “l’efficienza sociale”.


Istintività come ideale

(55) Ciò che si sente corrispondente all’impeto della natura e rappresenta, perciò, inevitabilmente il maggior bene dell’uomo: l’esplicitazione dell’istintività diviene un ideale etico, legittimato dalla supposta sintonia dell’istinto con l’ideale naturale.

Qui viene identificata la morale con la spontaneità e si diffonde nella mentalità comune la difficoltà a capacitarsi che quanto è dettato dall’impulso possa anche essere una male per l’uomo.


Amare l’ideale

(181) La Chiesa, invece, è stata salvata nei secoli da chi, perseguendo il vero e il reale, amando il valore e l’ideale, non si è scandalizzato dai limiti, dall’angustia delle circostanze, dall’incomprensibilità apparente delle vicende umane, e si è lanciato ad affermare ciò che amava, a ricercare il tesoro nascosto nel fango.

Dimostrando così al mondo e alla storia che il loro sguardo e i loro cuore badavano al tesoro non al fango.

San Francesco d’Assisi, per esempio, non si è scandalizzato per le divisioni e le violenze che scuotevano la Chiesa dei suoi tempi, per le guerre fratricide che opponevano cristiani a cristiani, ma, toccato da Dio, dopo una frivola giovinezza, si getta in una lotta che non è contro qualcuno, ma per Qualcuno.

(184) La Messa inizia ogni giorno con un “confesso”.

È  la posizione più intensamente vera che si possa concepire dal punto di vista umano: un amore chiaro al proprio ideale nella coscienza della sproporzione.

Con  un termine etimologicamente molto interessante, la tradizione cristiana chiama tale atteggiamento “umiltà”, che deriva da humus, vale a dire terra, ciò da cui veniamo e di cui si vive: l’atteggiamento umile non è altro che un riconoscimento e un amore al reale, alla terra che noi siamo.

Una terra però, e anche questa fa parte della realtà, in cui si è implicato qualcosa d’Altro, da cui fiorisce qualcosa d’Altro.


Ideologia

(9) Ricordando l’osservazione di Lindworsky: « … la prima condizione per una educazione, cioè per trasmettere una capacità di entrare nella realtà, è che i passi dell’individuo che si introduce al reale siano sempre motivati da qualcosa che poggi su una esperienza da lui acquisita» dovremmo dire che vivere la soluzione del cristianesimo al problema religioso implica che questo sia così vivamente sentito che l’uomo sia sempre pronto a sorprendere l’eventuale corrispondenza di mente e di cuore con il contenuto proposto senza la quale ogni adesione è ideologia.

Tale corrispondenza si rivela all’interno di un senso religioso vivo, e quindi è favorita solo attraverso una permanente educazione di tale senso religioso.


Illuminismo

(229) (Dogma Immacolata concezione) Così, di fronte agli orgogliosi figli dell’Illuminismo, veniva nuovamente riaffermata la fragilità dell’uomo, che diviene grande solo nell’aderire a Dio.

Veniva riaffermata la dottrina del “peccato originale”. Già definita dal Concilio di Trento; e non c’è dubbio che la mentalità dell’epoca, come anche la nostra, sentisse ripugnante questa immagine di debolezza e di incoerenza strutturale, questo avviso della irrisolvibile incapacità che l’uomo con le sue sole forze ha di lasciar determinare i suoi passi dal destino vero.


Immedesimazione con Cristo

(247) Attraverso il segno di questa immersione e rigenerazione (Battesimo) Cristo afferra nella storia l’uomo che sceglie come suo discepolo.

«Quanti siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti ti Cristo (cioè immedesimati con Lui). Non c’è più giudeo né greco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più né uomo né donna, poiché voi tutti siete in Cristo Gesù. E se appartenete a Cristo, allora siete discendenza di Abramo, eredi secondo la promessa».

Paolo Galati 3, 27-29

Una immedesimazione che diventa determinante per la fisionomia dell’uomo, ne tocca le più intime fibre, lo trasforma, lo rende creatura nuova.


Impegno


Impegno morale

(10) E’ quindi importante che, oggi, chi viene dopo – e per di più molto tempo dopo – l’avvenimento di Gesù di Nazareth, possa accostarlo in modo tale da raggiungerne una valutazione ragionevole e certa, adeguata alla gravità del problema.

La Chiesa si pone come la risposta a tale esigenza di valutazione certa.

È questo il tema che ci accingiamo ad affrontare.

Ciò presuppone dunque la serietà della domanda: «Chi è veramente Cristo?», cioè un impegno morale nell’uso della coscienza di fronte al fatto storico dell’annuncio cristiano.

Così come questo presuppone la serietà morale nella vita del senso religioso in quanto tale.

 Se, inversamente, non ci si impegna con quell’aspetto inevitabile e onnipresente dell’esistenza che è il senso religioso, se sul fatto storico di Cristo si pensa di poter prendere una posizione personale, allora la Chiesa potrà interessare solo in modo riduttivo: come problema sociologico, politico o associativo, per combattere o difenderla in riferimento a questi aspetti.

Quale degradazione per la ragione essere squalificata in ciò che appunto, rende più umana e compiuta la sua capacità di nessi e cioè il senso religioso autentico e vivo!

D’altra parte, di fatto la storia, noi volenti o nolenti, con nostra rabbia o non nostra pace, è attraversata dall’annuncio di Dio che si è fatto uomo.


Disponibilità all’impegno

(270) Ciò che occorre per iniziare questo cammino è, almeno, quel tipo di disponibilità all’impegno che la tradizione cristiana chiama “povertà di Spirito”.

Potrebbe anche essere chiamata ricerca di una maggior ricchezza, perché il suo dinamismo poggia sull’immortale frase di Gesù: «Chi vuol salvare la sua vita la perderà, ma chi perderà la sua vita per causa mia la salverà».

Il centro di questo atteggiamento di accettazione, di povertà di spirito, è l’occhio teso a ciò che costituisce il tesoro dell’uomo, a quell’oro puro della verità e della realtà, fosse anche la propria stessa vita, è riconosciuta umilmente di minor valore.


Incarnazione

(252) Dio è diventato uomo corrispondendo così alla esigenza totale della nostra natura.

Ogni ideale umano rincorre la possibilità di un’incarnazione globale, che tuteli la libertà e che si renda sperimentabile.

Da Mosè che grida a Dio: «Fammi vedere la tua faccia», a Leopardi che eleva un inno alla sua donna dalla bellezza ideale che aveva sperato di render viva per le strade del mondo, è l’esigenza umana di un’esperienza globale che si dipana nella storia.

A questo ha corrisposto, sorprendendo l’uomo con una inaudita sovranità, l’avvenimento dell’Incarnazione che si prolunga nella storia  come Chiesa: e i sacramenti rappresentano la genialità puntuale del metodo cristiano.


Indagine storica

(30) (L’atteggiamento cattolico ortodosso) non solo non elimina e non usura l’indagine storica, ma colloca la persona nella possibilità di utilizzare tali immagini i modo più adeguato.

Le fonti storiche sono parole che esprimono, documentano, un tipo di esperienza del passato.

Occorre possedere “oggi” lo spirito di coscienza propri di quell’esperienza che 2000 anni fa ha dettato il Vangelo.

Solo in questo modo si potrà captare il vero messaggio di quei testi.

L’obiettività della conoscenza storica, che è il valore che voleva essere affermato nell’atteggiamento razionalista, è salvata se io partecipo all’esperienza che ha dettato quei documenti storici.


Inquisizione

(39) Si sono verificate antinomie drammatiche: una realtà che è annuncio di pace (francescanesimo) e la religione applicata alla guerra (crociate); l’esaltazione dell’uomo fratello come libertà di fronte all’infinito e il tentativo di piegarne la volontà con la violenza (Inquisizione) e così via.

Non si rende ragione di queste antinomie esaltando l’aspetto negativo, esaltando come spesso accade nella cultura moderna, bensì cercando di discernere da dove ciascun aspetto deriva.


Intelligenza e intelligenza della vita

(5) La Chiesa non solo è espressione di vita, qualcosa che nasce dalla vita, ma è una vita. Una vita che ci raggiunge da molti secoli a noi precedenti.

Che si accinge a verificare una propria opinione sulla Chiesa deve tener presente che per l’intelligenza reale di una vita come la chiesa occorre adeguata convivenza.

L’intelligenza di una realtà che in qualche modo si colleghi alla vita esige un tempo difficilmente calcolabile.

Vi sono connotazioni e aspetti in una realtà sorgente dalla vita che non si è  mai finito di scoprire, scandagliare.

Conditio sine qua non per l’intelligenza della vita è la convivenza con essa.


Intensità

(297s)«Se furono beati coloro che vissero nei primi tempi e videro tracce recenti del Signore, e udirono l’eco della voce degli apostoli, siamo beati anche noi che abbiamo avuto in sorte di vedere il Signore rivelato nei suoi santi. I prodigi della grazia nel cuore dell’uomo, la sua potenza creativa, le sue risorse inestinguibili, i suoi molteplici effetti, noi li conosciamo come i primi cristiani non li poterono conoscere».

Newman

Questa intensità è documentabile nella Chiesa cattolica in senso quantitativo e qualitativo, in modo incommensurabile e imparagonabile rispetto a qualsiasi altro luogo di esperienza religiosa.

Naturalmente si può passare accanto al miracolo, all’equilibrio umano, all’intensità dell’esperienza della santità nella Chiesa con un atteggiamento di perfetta estraneità.

Ciò però significherebbe non aver voluto passare al vaglio della propria esperienza autentica le caratteristiche della Chiesa, così come essa stessa desidera.

Per “vedere” e per credere, gli occhi devono sapersi posare sul loro oggetto con uno sguardo animato da un minimo di capacità simpatetica, che è del resto la condizione naturale per ogni conoscenza.

Dice Rousselot: «L’amore dà occhi per vedere: lo stesso fatto che si ama fa vedere».

E nella verifica di cui stiamo trattando l’alba di questo amore è i desiderio di verità, il desiderio di accedere, se la pretesa della Chiesa si rivelasse vera, a quella nuova natura che essa annuncia.


Istintività

(45) «E’ nelle zone segrete della coscienza, attraverso l’oscura dialettica degli ideali e delle passioni, che si elabora il destino del mondo, e le forze nuove che fanno crollare gli imperi sono quelle stesse che ogni uomo affronta nelle tenebre del suo cuore semplice».

Dawson

Allora si dovrebbe dire che in un clima di maggiore ricchezza, in un otium più fruibile, l’istintività umana si fa strada, e via via si ideologizza fino a favorire un’aria di disimpegno con la globalità e l’incarnazione di quei valori ideali che pur teoricamente si trattengono.

(55) La natura così, non è nient’altro che l’idea panteistica di Dio resasi immanente nella mentalità rinascimentale.

Ciò che si sente corrisponde all’impeto della natura e rappresenta, perciò, inevitabilmente il maggior bene dell’uomo: l’esplicitazione della istintività diviene un ideale etico, legittimato dalla supposta sintonia dell’istinto con l’ideale naturale.

Qui viene identificata la morale con la spontaneità e si diffonde nella mentalità comune la difficoltà a capacitarsi che quanto è dettato dall’impulso possa anche essere un male per l’uomo.


Istituzione vs soggettivismo

(133) La tensione a condividere nella libertà è aiutata dal sorgere di forme e strutture stabili che ne costituiscono l’alveo, che ridimensionano il disordinato irrompere nell’esperienza di impeti isolati, destinati a spegnersi e facile preda di un soggettivismo sproporzionante, senza la pietra di paragone di un contesto sempre più reperibile.

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