Realtà e giovinezza, la sfida


Parte seconda


Sui giovani


Risposte cristiane ai problemi dei giovani (125)


Indice linkato dei singoli paragrafi

  1. Vita e problemi
  2. Legge e libertà
  3. Bene e male
  4. La soluzione

Vita e problemi

  1. Nessuno vuole male a sé stesso. Questo impeto di simpatia è soprattutto cordiale nella giovinezza. Giovinezza e vita sono quasi sinonimi. Nessuno ha tanto diritto e tanto dovere di comprendere e valorizzare la vita quanto il giovane
  2. Qual è il segno della vita? Il movimento. Così la nostra vita è tutta nel movimento di ogni giorno, anche nel sonno qualcosa si muove.
  3. Il movimento della vita ha come caratteristica di essere come un seme che si sviluppa. In questo sviluppo la nostra vita subisce tutta una serie di reazioni. La conoscenza che ognuno di noi prende di queste reazioni costituisce l’insorgere dei cosiddetti problemi.
  4. Quanto più uno vive, tanto più uno sente i problemi. La giovinezza è più viva proprio perché è la scoperta prima, è la prima conoscenza di questi problemi; è la prima conoscenza è più partecipata, più seria, che non dopo.
  5. Tutti i problemi umani si possono racchiudere in quattro fondamentali:
    • Innanzitutto le cose, con cui l’uomo in sviluppo viene a contatto, parlano, rivelano. L’ambiente risveglia nell’uomo il bisogno di sapere. Si delinea così il problema del sapere e dello studio.
    • Le cose non solo parlano, ma sono a disposizione dell’uomo, pronte ad essere valorizzate. Le cose stanno di fronte all’uomo come semi. Così le cose sono mezzo di sviluppo all’intraprendenza umana, sono richiamo al lavoro.
    • Ma c’è una categoria particolarissima di creature: gli uomini. Evidentemente non si può trattare una persona come si tratta una cosa. La cosa io la prendo per la mia utilità, la sfrutto. Ma una persona, un essere cioè che ha lo spirito, come tale non può essere sottomesso direttamente che a Dio, non può quindi essere sottomesso alla utilità di un altro. Sorge così il terzo grande problema: il problema dell’amore. In esso sta il particolare problema uomo/donna, cui Dio ha affidato il compito della trasmissione e della educazione della vita – il problema della famiglia.
    • Il vivere degli uomini si configura per natura nell’organismo che è la società. È il problema della convivenza, della comunità sociale.
  6. Caratteristica dei problemi è quella di destare “interesse” . L’interesse che i vari problemi destano è di varia natura: preoccupazione all’insorgere del problema carica di speranza o di paura, fatica, soddisfazione a soluzione avvenuta. Ma soprattutto un fenomeno sottende l’arco vibrante della vita umana, un fenomeno che è la molla di ogni problema: è il fenomeno del desiderio. Il desiderio che ci spinge alla soluzione dei problemi – il desiderio, che è l ‘espressione della nostra vita di uomini, in ultima analisi incarna quella attrattiva profonda con cui Dio ci chiama a sé.

Cristo e la vita umana (127)

Qual è l’atteggiamento che ha avuto Gesù verso questa vita umana?

  1. «Il Padre mio è l’eterno operatore» dandoci la visione della vita divina come di un immenso movimento ineffabile.
  2. Egli rivolge lo sguardo al grande scenario della vita dell’uomo, che è la natura, e l’osserva con quella vivezza e precisione che sono l’anima dell’arte e della scienza.
  3. Ma è con tutto il cuore che Egli si apre all’uomo sulla sua vita
    • Con attenzione acuta e calda: sente la gioia e il dolore.
    • Con amore schietto.
    • Con amore totale e deciso
  4. Egli sa, tutto sottolinea, tutto abbraccia nell’uomo. Indica la pace dalle preoccupazioni nell’abbandono al Padre. Con estrema sensibilità coglie il dolore. «Egli sente compassione», si curva sugli ammalati, piange per l’amico e la patria. Ma vive anche la soddisfazione, la gioia di ogni giorno. Si lascia invitare spesso: le similitudini del suo Regno sono spesso mutuate alla gioiosa comunità del pranzo e il suo dono lo concepì come un banchetto, l’Eucarestia.
  5. I rapporti dell’amore tra parentela e amici li vive profondamente.
  6. Il lavoro Egli consacrerà nella Sua vita di Nazareth. Lo chiameranno filius fabri, figlio del carpentiere.
  7. La convivenza sociale Egli lealmente rispetta.
  8. Tutto ciò che è vivo e reale, dunque, nel nome di Cristo si afferma e valorizza.

Ecco la prima risposta cristiana ai nostri problemi: la vita, questa somma di problemi – di disegni, fatiche, dolori e gioie è qualcosa di immenso valore se Cristo l’ha abbracciata.

La prima risposta cristiana ai nostri problemi è quindi un’affermazione integrale e positiva della vita.


2° – Legge e libertà (129)

La legge: esistenza

  1. Quando un meccanismo va bene? Quando segue le sue leggi. Per poter risolvere quindi i problemi della vita occorre seguire esattamente le leggi del meccanismo della vita umana.
  2. La cosa più importante per la macchina è una realtà invisibile: è l’idea dell’ingegnere che l’ha fatta. Questa idea è l’elemento decisivo essenziale: questa idea è la legge dell’auto; se si rispetta questa legge, questa idea, questa realtà invisibile, la macchina va bene; se non la rispetto la macchina va incontro alla catastrofe.
  3. Così i problemi della vita. Noi siamo portati a giudicare dall’esterno. E invece è una realtà invisibile l’elemento decisivo per risolvere i nostri problemi, è l’idea di Dio, che ha fatto il meccanismo della nostra vita. Risolveremo i nostri problemi nella proporzione in cui «faremo la volontà del Padre». Occorre che abbiamo il coraggio di riconoscere questa logica.
  4. Come scoprirla questa Idea-legge che sta alla base dei nostri problemi? Bisogna guardare allo scopo che si vuole ottenere con esso. Qual è dunque lo scopo di Dio nel meccanismo della vita? La sua gloria, d’accordo: ma attraverso la perfezione della persona (felicità). I problemi sono tanto più risolti quanto più si realizza il perfezionamento della persona umana come tale. Non basta risolvere materialmente il problema: occorre soprattutto salvare la realtà della persona.
  5. Come si attua lo scopo Dio? Se in essi salviamo i valori ideali. Il valore ideale: ecco la volontà del padre in ogni problema. Il valore ideale è anima ed essenza dei nostri problemi. Ogni problema è un valore ideale che si incarna in un meccanismo. Quell’interesse profondo che ci lega ai nostri problemi è proprio dato dal valore ideale: questa è l’attrattiva che li rende problemi veramente umani.
  6. Possiamo sottolineare i valori ideali incarnati in ognuno dei problemi fondamentali.
    • Nel problema dello studio: l’attrattiva cioè del vero e dell’uno.
    • Nel problema del lavoro è la manifestazione della persona ordinatrice e costruttrice.
    • Il mondo è il grande strumento che Dio ha messo davanti all’uomo. Il lavoro è un’idea dell’uomo che investe la materia e la trasforma incarnandovisi.
    • Nel problema dell’amore il valore ideale è il dono di sé che lega in unità colla realtà più altra, che è la persona, in unità feconda di vita.
    • Nel problema della convivenza sociale il valore ideale è giustizia e progresso in comunità.
  7. I valori ideali completano la persona. La persona è l’unità vivente di essi; la persona è il luogo proprio degli ideali. Tanto più ideale, tanto più persona. Perciò la soluzione dei problemi c’è tanto più si realizzano i valori ideali.

La libertà (132)

  1. La capacità realizzatrice di ideali che c’è in noi ha un nome caratteristico: la libertà.
  2. Ecco quindi il problema di ogni problema: usare bene della libertà. Questa è la seconda risposta cristiana ai problemi della vita. Felici o infelice, è l’uomo che bene, o male, usa della sua libertà.
  3. Occorre osservare che tra il meccanismo in moto dell’uno e dell’altro c’è un nesso: […] la libertà dell’uno è condizionata, nella sua attuazione dalla libertà dell’altro. Non basta l’uso buono della propria libertà.
  4. Qual è la situazione della libertà umana in atto nei singoli problemi?
    • Nel problema della cultura la mancanza di visione unitaria ingenera scetticismo sconfortato o favorisce il sorgere dei «miti». Il mito è sopravvalutazione di un elemento reale, che l’uomo scopre, ma che gonfia oltre misura, e fa assurgere a centro della realtà. Così l’età moderna ha fatto mito della scienza, della nazione, del sesso, del proletariato.
    • Il lavoro che dovrebbe costituire l’affermazione dell’ideale costruttore ed ordinatore insito nella vocazione umana, diviene la mortificazione della persona. Le umilianti condizioni ne frustrano tutto il valore profondamente umano. Il lavoro non è più attuazione della libertà, il lavoro è necessità rabbiosa, è schiavitù. E invece di risultare essenzialmente ordinatore del mondo, spesso sfocia in distruzione del mondo; vedi la bomba atomica. L’uomo crede di fare da sé, secondo direttive sue, dimentico dell’ideale divino da accettare con umile e laboriosa ubbidienza: l’uomo si confonde da sé.
    • Lamore dovrebbe essere dono e invece viene stravolto dall’egoismo per impazienza, la precocità con cui viene cercata la soluzione, e l’abuso tremendo che fa, della persona che si ama, uno strumento da usare per il proprio gusto. Così nell’amore l’uomo si squilibra e disorienta. L’amore dovrebbe creare sicurezza, tranquillità: e invece l’instabilità l’insicurezza domina in esso, e la volubilità lo fa tremare dalle fondamenta. L’amore dovrebbe essere fecondo: e invece l’aridità voluta, con tutti i mezzi cercata, è caratteristica della famiglia moderna, e l’educazione vera completamente dimenticata, perché i rapporti tra genitori e figli seguono un meccanismo quasi puramente istintivo. Un disinteresse assoluto caratterizza i rapporti tra famiglia e comunità nazionale. Un senso diffuso di ribellione e di odio è negli individui verso gli organi della comunità, verso l’autorità, verso il governo. Un senso di sfiducia insuperabile domina. La vita è proprio morte? Facendoci con l’aspirazione agli ideali, caricandoci la vita di problemi, Dio ci ha ingannati? Riecheggia nella nostra anima di giovani pensosi e appassionati, riecheggia nelle nostre anime che han fame e sete: «Chi mi libererà?».

La risposta affermativa sarà segno della giovinezza che vive.

La risposta negativa sarà segno della vecchiezza che muore


Bene e male (134)

Il male

  1. I nostri problemi sono irrisolti. Ecco il male. Il male domina la vita del mondo. Come mai? Tre risposte mondane sono rilevabili.
    • La risposta del mondanismo borghese: il male non c’è, almeno nel senso di qualcosa di cui ci si possa lamentare perché manchi; tutto è come natura ha fatto, tutto deve essere come è, perciò chi è ricco deve essere ricco, e il povero deve essere povero. Tutto è già al suo posto. Evidentemente è una concezione solo per chi sta bene.
    • La risposta dell’umanesimo scientista: il male c’è ma è dovuto alla nostra imperfetta conoscenza della realtà naturale. Il progresso della scienza, sarebbe perciò il dio salvatore dell’uomo.
    • La risposta del marxismo: il male c’è, ma è dovuto alla ingiusta situazione economica. Tutto dipende dall’elemento economico. Se questo elemento economico è sviluppato e ordinato con la perfetta giustizia, tutti gli squilibri saranno tolti, e l’uomo vivrà felice. Il redentore che per questo si sacrifica è il proletariato.
  2. Queste teorie, di cui le ultime due dominano il nostro tempo, attribuiscono il male non alla libertà dell’uomo, ma alla situazione in cui l’uomo è e dalla quale l’uomo potrà uscire attraverso un progressivo meccanismo. Di fatto i giovani, sentono che nel male c’è un’ingiustizia della cui continuazione l’uomo è responsabile: essi tentando il superamento con le proprie forze, essi, non riuscendo, si scoraggiano, e i valori ideali dell’amore, della società, del lavoro, della verità li trovano scettici.
  3. La risposta cristiana: la non-soluzione dei problemi, il male dipende dal cattivo uso della libertà, cioè dal peccato.
    • Rm 5,12 «Per un solo uomo il peccato è entrato in questo mondo, e col peccato la morte, e così la morte è dilagata per tutta l’umanità». Proprio per il cattivo uso della libertà, il male è entrato nel mondo. L’origine del disagio, in cui i problemi ci lasciano, dipende da un cattivo uso della libertà all’inizio dell’umanità.
    • Rm 7, 14-24. In questo brano famoso san Paolo accusa la presenza in sé di una legge «della carne» che combatte la «legge dello spirito». Questa legge della carne è la concupiscenza, che l’uomo ha per nascita. Essa è come una tara ereditaria che limita in noi la capacità dei valori ideali, lasciando più libero campo al meccanismo dell’istinto. Limitando la capacità dei valori ideali, la concupiscenza limita la libertà, ci rende schiavi, legati, incapaci di muoverci bene.
  4. Più precisamente l’uomo è come un tutto diviso in due sensi opposti dalle opposte leggi dell’ideale e della concupiscenza, ed è schiavo di una forza limitante le sue possibilità.

Il bene (137)

  1. Ed ecco la grande ed unica risposta: Gratia Dei per Jesum Christum, quel dono divino che è Gesù Cristo.
  2. Pensiamo: uno di noi ci salva, un uomo che ha avuto i nostri problemi umani, un uomo in carne ed ossa ci salva! Noi sentiamo quasi per istinto che, se la salvezza può venire, essa ci verrebbe da una persona. Una persona ci deve salvare, non una dottrina, non un metodo, non una organizzazione, non una rivoluzione, non una guerra!
  3. Ecco quindi la risposta cristiana ai problemi della vita: il buon uso della libertà e quindi la soluzione dei problemi, dipende dall’attaccamento a Cristo. Attaccamento a Cristo, per essere liberi, per dare senso alla vita, come annunciava san Paolo.
  4. Le condizioni dell’attaccamento a Cristo divengono perciò questioni di vita o di morte.

Condizioni per il bene (138)

Queste condizioni si raccolgono tutte in una parola: preghiera.

C’è una cosa che è nello stesso tempo preparazione alla preghiera e già preghiera: è la conoscenza di Gesù Cristo, lo studio di Gesù Cristo.

La preghiera è innanzitutto un pezzo di tempo dato esclusivamente e direttamente a Dio.

Spesso questi «pezzi di tempo» e questi dialoghi assumono una determinata regolarità ed entrano in certi schemi: sorgono così le pratiche di pietà.

Le pratiche di pietà sono pilastri. Sono salvaguardia contro l’instabilità e contro il soggettivismo sentimentale. La fedeltà ad esse è quindi condizione rigidissima di vita religiosa.

Occorre sottolineare l’urgenza del raccoglimento che rende presente l’invisibile alla nostra conoscenza.

I due grandi ostacoli delle pratiche di pietà, le distrazioni e le aridità che non solo non nullificano il valore della preghiera, ma, rendendo questa più combattuta, lo aumentano.

Per quanto riguarda le distrazioni, siccome spesso sono causate da preoccupazioni terrene, si può aggirare l’ostacolo

rendendo queste preoccupazioni oggetto di dialogo con Dio

Mentre per l’aridità bisogna richiamare la necessità assoluta che esse non facciano crollare la fedeltà e che nello stesso tempo, si invochi da Dio il fervore che faccia rifiorire il deserto dell’anima.

Fra tutte le pratiche di pietà, i Sacramenti hanno il potere di mettere l’uomo in contatto fisico e permanente con Cristo.

E fra tutti i Sacramenti, l’Eucarestia compie in modo mirabile il supremo contatto con Dio.

La Messa dovrebbe stare, all’inizio di ogni giornata,

come l’inesauribile sorgente di quello spirito di offerta integrale – o di immolazione – che deve costituire la vibrazione continua di ogni coscienza vivente.

E proprio con questo spirito sta quella che padre Voillaume, nel suo mirabile “Come loro”, chiama la preghiera diffusa: «Questa orazione diffusa consisterà nel disseminare le nostre giornate di istanti di preghiera più o meno frequenti … abbiamo così la vera definizione di preghiera diffusa: essa è uno sguardo di fede sulla realtà del mondo»


– La soluzione (139)

Cristo è la risposta a tutti i problemi; e il suo stesso nome ne contiene l’annuncio: Gesù, «Egli infatti salverà il suo popolo».

Pure una obiezione formidabile dai nostri avversari sussiste:

è da 2000 anni che Egli è venuto, e il mondo è carico di male come prima.

L’obiezione non sa di ripetere esattamente l’atteggiamento dei discepoli di Emmaus: «Noi speravamo che Egli avrebbe salvato Israele; ed è ormai il terzo giorno dopo quanto è avvenuto» (Lc 24,21).

Tre giorni e duemila anni: la delusione di cui si accusa Cristo, è identica.

Urge spiegare il senso preciso del punto di vista cristiano; urge chiarire i termini definitivi. Urge quindi la risposta finale ai problemi della storia umana, in cui si inscrivono i problemi della nostra personale storia.

La risposta si definisce in triplice affermazione.


1° – La soluzione esiste, e si manifesterà alla fine (140)

  1. Sarà il giorno della pienezza dei tempi di cui racconta san Paolo in Efesini 1,10,14.
  2. Di fronte alla vita la parola cristiana è: speranza. Di fronte alla vita, l’atteggiamento cristiano è quello dell’uomo diritto, eretto in tutta la sua statura, col volto aperto e vibrante dell’attesa.
  3. La speranza è soprattutto certezza dell’esistenza della meta. La speranza è certezza di arrivare alla meta, certezza di essere sulla strada giusta e certezza di avere forze sufficienti. La certezza di essere sulla strada giusta è fede in Cristo: ego sum via. Il cristiano è quindi uno che cammina verso la sua meta nella luce (strada giusta), e nella fortezza (le forze sufficienti). E luce e fortezza gli vengono da Uno che gli è accanto: Cristo. Il cristiano è uno che non cammina mai solo.
  4. Contro la speranza cristiana sono due gli errori più gravi.
    • Il primo è il dubbioso timore nel seguire Cristo. Questo è il contrario della speranza cristiana: l’incertezza timorosa, dubbiosa, approssimativa.
    • Il secondo errore contro la speranza cristiana è l’impazienza (nell’attesa della fine dei tempi).

2° – Nel frattempo il male domina (141)

  1. Di fronte al mondo il cristiano è estremamente realista. Non cerca di nascondersi la gravità del male, che vi attecchisce come tremenda gramigna. Gesù previde l’anti-cristo e san Paolo ne parla nel «mistero di iniquità» che pervade la storia fino alla fine (2 Ts 2,7).
  2. San Paolo parla degli «ultimi tempi», ma la descrizione la sentiamo acutamente contemporanea: tra la venuta del Cristo e la fine, ogni giorno è come l’ultimo giorno.
  3. San Pietro, nella sua seconda lettera ai primi cristiani, dà il motivo della permanenza del male. La ragione della durata del male è la libertà dell’uomo: il massimo dono alla sua persona fatto da Dio, e quindi il dono che Dio più rispetta. La libertà, che è capacità del bene: e Dio continuamente provoca questa energia mirabile ch’Egli stesso ha creato, e aspetta che essa si attui e positivamente si affermi..
  4. L’atteggiamento del cristiano, perciò, partecipa a questo atteggiamento di Dio. L’atteggiamento del cristiano implica un aspetto che qualifica la sua speranza: è l’aspetto della pazienza.
  5. Allora il male è proprio così inesorabile che non ci sia più nulla da fare fino alla fine?

3° – La soluzione che si manifesterà alla fine è già presente, operante, come un seme in sviluppo, come un lievito in fermento. (143)

  1. Gesù ha paragonato la presenza del Regno di Dio al seme di senapa, ha paragonato sé stesso al seme di frumento, semi destinati a sviluppo. E san Pietro (1 Pt 2,2) paragona il cristiano nel mondo al bambino che cresce.
  2. Gesù non è venuto per portare la soluzione meccanicamente completa dei problemi umani: Gesù ha portato il principio profondo della soluzione, che attraverso la libertà umana si applica e si afferma. Così san Paolo non predicherà la liberazione degli schiavi. Pure il cristianesimo predicato da san Paolo porrà nel mondo i principi che scardineranno dall’intimo la mentalità schiavista e la faranno col tempo crollare. Con Cristo, quindi, il principio risolutivo è entrato nella storia dell’uomo, ma esso si afferma veramente secondo la legge evolutiva del seme nella terra, o del lievito nella massa di farina.
  3. Compito supremo di ogni apostolato non è quindi direttamente cambiare la faccia al mondo risolvendone i problemi. Compito supremo di ogni apostolato è portare Cristo. Inoltre, compito supremo di ogni apostolato, è quello di recare agli uomini la vita di Cristo nei Sacramenti.
  4. Se il compito dell’apostolato è diffondere Cristo è compito proprio di ogni cristiano fare – per così dire – l’applicazione tecnica di quel principio risolutivo, che è Cristo, ai singoli problemi e ai singoli casi.  La soluzione, quindi, è sempre in atto; ed è in progresso continuo. La «fine» è già cominciata, da quando Cristo è venuto, e si va completando via via fino all’ultimo giorno.
  5. Disse Gesù nel Vangelo: «Dai frutti si conosce l’albero». Ci sono dei vertici in cui la soluzione dei problemi si manifesta presente con una completezza e una forza straordinaria. È la grande testimonianza dei santi. Il numero delle persone di altissima statura spirituale è incomparabilmente superiore nella Chiesa che in altre religioni; la Chiesa di Cristo ha reso normale, si può dire, l’eroismo, anche se esso si vela della dimenticanza in cui si sacrificano con profondità di dedizione suore, missionari, giovani e figliole. Quanto più Cristo è seguito e i suoi valori ideali presi sul serio come norma, tanto più il problema umano è risolto. Quanto più la dignità della persona è valutata nella sua dimensione altissima, essendo determinata dal fatto che la persona dipende direttamente solo da Dio, tanto più la libertà sarà salvata. Quanto più la coscienza di servire un disegno divino sarà viva, tanto più con entusiasmo l’uomo si sacrificherà per il progresso del mondo. Dio, in una parola, permette nel mondo quel tanto di soluzione dei problemi che renda doverosa la fede, senza togliere la prova della fede!

– Conclusione (146)

  1. La «fine», in cui i problemi saranno compiutamente risolti è già tra noi: «il Regno è già tra noi»- è già tra noi come seme. La legge di sviluppo nella soluzione dei problemi è questa: approssimazione indomabile all’ideale.
  2. Per realizzare la legge di sviluppo. L’approssimazione indomabile all’ideale, concorrono due determinanti: una fondamentale, stabile; e una mutevole.
    • La determinante stabile è vivere Cristo, formarsi una coscienza integralmente cristiana, avere cioè una genuina sensibilità cristiana.
    • Ecco il compito del cristiano vero: comprendere con sollecita acutezza e con estrema lealtà, amare le esigenze nuove del suo tempo, per poter incarnare i valori ideali di Cristo, nelle strutture e nelle istituzioni che quelle esigenze cercheranno di risolvere, nei tentativi di risposta che a quelle esigenze si cercheranno di dare. Così la Chiesa, attraverso il veicolo dell’evoluzione umana, porta verso la manifestazione finale i germi degli ideali divini che Cristo le ha deposto in seno.
  3. La visione della vita del cristiano e, quindi, quella di una tensione continua tra la sua situazione terrena e l’ideale di Cristo. Tensione, sforzo: cioè lotta.  San Paolo (Ef 6 10-17): «Fratelli, siate forti nel Signore e nel potere della forza in Lui. Rivestitevi dell’armatura di Dio per poter affrontare le insidie del nemico … Per questo prendete l’armatura di Dio affinché possiate resistere nel giorno cattivo e, compiuto il vostro dovere, restate diritti…».
  4. Se la visione della vita per il cristiano è visione di lotta, il simbolo espressivo di questa visione è la croce. Sulla croce Cristo agonizzava. Ma tutta la vita è agonia (lotta). La croce è tutta la vita.
  5. Ma da ultimo, per comprendere la risposta che Gesù dà al problema della vita umana, occorre che l’anima della nostra anima sia la fede: l’uomo giusto vive di fede.

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