La carità legge dell’essere (192)
(col titolo: Il senso della caritativa a cura di Gioventù Studentesca, Milano 1961, suppl. al n°5 di «Litterae Comunionis», giugno 1984)
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Scopo (192)
- Innanzitutto la natura nostra ci da l’esigenza di interessarci agli altri. Tale esigenza è talmente originale, talmente naturale, che è in noi prima ancora che ne siamo coscienti e noi la chiamiamo giustamente legge dell’esistenza. Noi andiamo in «caritativa» per soddisfare questa esigenza.
- Quanto più noi viviamo questa esigenza e questo dovere, tanto più noi realizziamo noi stessi; comunicare agli altri ci dà proprio l’esperienza di completare noi stessi. L’unico dovere è realizzare noi stessi e noi andiamo in caritativa per compiere questo dovere.
- Ma Cristo ci ha fatto capire la legge suprema dell’essere e della vita: la carità. La legge suprema, cioè, del nostro essere è condividere l’essere degli altri, è mettere in comune se stessi. Tutta la parola «carità» riesco a spiegarmela quando penso che il Figlio di Dio, amandoci, non ci ha mandato le sue ricchezze come avrebbe potuto fare, rivoluzionando la nostra situazione, ma si è fatto misero come noi. Ha «condiviso» la nostra nullità. Noi andiamo in caritativa per imparare a vivere come Cristo.
Conseguenze (193)
- La carità è legge dell’essere e viene prima di ogni simpatia e di ogni commozione. Per noi l’atteggiamento concreto è l’attenzione alla persona, la considerazione della persona, cioè l’amore. Tutto il resto può venie di conseguenza.
- Sovvenire ai bisogni altrui. Qual è il bisogno altrui? Ciò di cui hanno veramente bisogno non lo so io, non lo misuro io, non ce l’ho io. È una misura che non possiedo io, è una misura che sta in Dio
- L’amicizia. Anche cominciare puntando sull’amicizia è incompleto. L’amicizia è una corrispondenza che si può trovare o no.
- L’andare agli altri liberamente, il condividere un po’ della loro vita e il mettere in comune un po’ della nostra, ci fa scoprire una cosa sublime e misteriosa (si capisce facendo). È la scoperta del fatto che, proprio perché li amiamo, non siamo noi a farli contenti. È un Altro che li fa contenti. Allora Gesù non è più la luce della mente mia soltanto: io scopro che Cristo è il senso della mia vita. Sperando in Cristo tutto ha un senso, Cristo.
- Ma il Cristo è presente adesso: non “è stato”, non “è nato”, ma “c’è”, “nasce” oggi: è la Chiesa. E la Chiesa è la comunità di noi, proprio di noi, poveri e attaccati a Lui. Perciò la speranza ci sostiene, Dio stesso è tra noi, è presente tra noi.
Direttive (194)
La fedeltà nel fidarsi delle indicazioni del movimento e di coloro che ne sono i responsabili è il primo merito e avrà il suo frutto.
Le direttive che al riguardo CL dà sono tre:
- Sapere perché. Finché non sapremo bene, con chiarezza e semplicità il perché ultimo, lo scopo del nostro fare, fino allora non bisognerà mai stare quieti. Occorrerà quindi dialogare nelle nostre assemblee a gruppetti, con i responsabili della comunità. Soprattutto revisionarsi ogni tanto attraverso contatti “centrali”.
- Fare per comprendere. Per capire non basta sapere, occorre fare, con quel coraggio della libertà che è aderire all’essere che si vede, cioè alla verità. Se la legge dell’esistenza è mettere in comune sé stessi, noi dovremmo condividere tutto, ogni istante. Questa è la maturità suprema che si chiama umanità o santità. È il piccolo tempo libero che mi educa, ciò dà l’esatta misura della mia disponibilità agli altri, è l’uso di quel tempo che è solo mio, in cui posso «fare ciò che ho voglia». Il piccolo tempo libero redime tutto il resto. E, adagio, adagio, andando in caritativa si comincia a capire di più il compagno di banco, il papà, la mamma, il collega di lavoro. Ed è solo cominciando a fare, a donare del tempo libero come integrale gesto di libertà, che la carità cristiana diventerà mentalità, convinzione, dimensione permanente. A noi interessa che nella nostra vita e nella nostra coscienza si affermi il principio del condividere attraverso almeno qualche gesto, anche minimo, purché sia sistematicamente messo in preventivo e realizzato.
- Ordine. È il tempo libero che dobbiamo impegnare. Duplice è il limite che mantiene nell’ordine la genialità del tempo libero:
- Non ledere lo studio o il lavoro.
- Non venire mai meno alla discrezione in famiglia. Anche qui sarà il personale dialogo con l’autorità famigliare e con l’autorità del movimento che ti aiuterà a raggiungere un criterio per definire il tuo tempo libero.
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