Realtà e giovinezza, la sfida

Oltre il muro dei sogni (43)

(Incontro con GS, Cervia, 13 settembre 1991)

C’è una cosa che, man mano che passa il tempo, invece di diventare vecchia, diventa sempre più giovane: il cuore.

È molto più lento e stentato il cuore di un giovane che il cuore di un anziano.

Il cuore è ciò di cui l’uomo è fatto.

Che la gente capisca ciò per cui il cuore è fatto; che la gente capisca un po’ di più il destino per cui è fatta; che la gente capisca un po’ di più che la vita è un compito.

Il compito è ciò che anima la vita, dà lievito alla vita ed è il contrario del peso che questa idea dà quando sei a scuola.

In sintesi, all’inizio è stata l’idea di comunicare agli altri più giovani di me ciò per cui io ero contento di vivere, e che non corrispondeva certo con il fatto che tutto andasse bene.

Il nostro cuore vive per una bellezza che è dentro le cose, dentro la realtà.

Una bellezza che la Bibbia chiama, con un termine più vivace e più drammatico, promessa.

Questo è il cuore: il rapporto tra la realtà come bellezza e Dio come Destino.

Questi due punti sono come due fuochi, due poli, tra i quali scatta la scintilla: questa scintilla è il cuore.

Così è nel mondo, così è nella vita: siamo in attesa del destino, se siamo in attesa di ciò per cui siamo fatti, se siamo in attesa di ciò che il cuore aspetta, allora, in mezzo al bailamme delle cose, l’occhio si fa sempre più acuto; se non ci lasciamo turbare  e deturpare dai particolari che il tempo incenerisce, anche in  mezzo alla confusione generale identifichiamo il volto per cui la nostra vita è fatta, il volto per cui il nostro cuore è fatto, il volto che cerchiamo, il volto della bellezza, il volto del Destino, il volto dell’Essere.


Domande e risposte (45)

Guardando i miei compagni vedo che loro affrontano la vita come se fosse un’idea, un pensiero, un sogno. […] L’esperienza che sto facendo è una realtà e non un sogno. Volevo saperne di più sulla differenza tra attesa, speranza e sogno. (45)

Il sogno non ha nessun fondamento. È una immaginazione.

Proietta in un futuro, che può anche non avvenire, qualche cosa di inconsistente che traduce in umore, una reazione.

Invece l’attesa no. L’attesa nasce da dati, da fattori concreti.

Io amerei, piuttosto, chiarire e mettere in opposizione due termini: sogno e ideale.

Il cuore è fatto per l’ideale.

Il sogno svuota la testa, dopo averla riempita di nubi.

L’ideale è dettato dalla natura ed emerge col passare del tempo, se si persegue l’indicazione che la natura porta con sé.

Non ci siamo fatti noi, non ci facciamo noi; le esigenze che urgono dentro la nostra personalità non ce le siamo costruite noi.

È come se uno fosse su un bastimento a vela, e mettesse le vele in senso contrario a quello che le leggi del vento e della navigazione impongono.

Se si seguono le leggi – che non sono nient’altro che la direttiva della natura – il barcone va avanti. Se invece uno volta la vela a capriccio – perché gli piace così – la barca gira su se stessa e può capovolgersi e andare a fondo.

L'ideale invece indica una direzione, che non fissiamo noi; ce la fissa la natura.

Perseguendo questa direzione, anche con fatica e andando contro le onde, l’ideale, con il passare del tempo, si realizza.

Perciò bisogna cercare di conoscere sempre di più profondamente l’ideale e non abbandonarsi a sogni.

Il sogno deriva da noi stessi ed è effimero; il tempo lo incenerisce.


Cosa vuol dire felicità per me? E’ la ragione per cui sono ritornato nell’esperienza cristiana, ma anche quella per cui un mio amico l’ha abbandonata dicendo: ” Non vengo perché non sono felice”. (47)

La felicità è la realizzazione totale ed intera di ciò cui aspiriamo, di ciò che desideriamo;

è il compito del desiderio che definisce la dinamica del nostro cuore; è l’adempimento dell’esigenza di verità. Di giustizia, di bellezza e di amore.

Questo compimento è qualcosa che sta all’orizzonte, e tu cammini verso di esso.

La felicità sta all’orizzonte. La vita è camminare verso quell’orizzonte.

Quanto più cammini coscientemente verso l’orizzonte, tanto più ti trovi contento, ti senti a posto, contento: “quanto più, tanto più”.

E' un cammino.

La felicità piena non è una realtà che si riveli nel presente.

È la grande promessa del futuro, è il Destino.

Si chiama però felicità nella vita l’esperienza della realtà in quanto è consona, in quanto è fatta per il destino, in quanto ti fa tendere ad esso.

Pretendere la felicità nella vita è un sogno.

Vivere la vita camminando verso la felicità è un ideale.


Mi sono battezzata il mese scorso, dopo aver incontrato il movimento e capito che nella nostra compagnia, ogni persona può essere se stessa e valorizzata. Ora inizia la scuola; come posso portarvi la mia esperienza? (48)

Tu puoi portare questo modo di pensare e di sentire che chiamiamo movimento nella scuola, se lo hai dentro tu, se lo persegui tu, se lo ami tu, se lo cerchi tu.

Innanzitutto devi essere tu carica di certezza, di libertà, di volontà di cammino, attraversando tutti gli ostacoli e i tuoi stessi errori.

La cosa grave non sono gli sbagli:

la cosa grave è la menzogna, e la menzogna è non riconoscere la verità.

La verità è il destino per cui siamo stati fatti.

Nel nostro cuore questo destino ha messo la firma, ha già detto che cosa è: amore, giustizia, verità e felicità.

Anche se tu ti trovi da sola, devi amare questo progetto e poi lo dici ai compagni, secondo l’occasione.

Non ci importa l’esito, la riuscita, ma la verità della nostra vita, perché il gusto del vivere è nella verità del cuore.

E se non si afferma la verità del nostro cuore, siamo preda degli avvoltoi che dominano il mondo.


Ad aprile mi sono ammalata al sistema linfatico […] come si può “fare il cristianesimo” e non esser preda di qualcosa che ti fa recriminare? (49)

Non si può. È come se mi domandassi: “Come si fa ad essere uomini e a non essere preda degli errori e dei timori?”.

Bisogna riconoscere ed amare qualcosa di più grande di tutto ciò che ci fa timore e ci fa cadere in errore.

Non possiamo dare alla vita la forma che noi vorremmo; possiamo abbracciare la vita, qualunque forma abbia, proprio perché è un Altro che dà questa forma e noi amiamo questo Altro e questo Altro è il nostro Destino.


Sono nel movimento da circa tre anni. Sono entrato perché mi sono innamorato di una ragazza e per lei sono andato alla prima vacanza di GS dove ho conosciuto tutti i suoi amici. Io ho avuto sempre un grande bisogno di felicità e compimento, e il Signore mi ha risposto con delle persone. Cosa vuol dire la vocazione? (49)

Vivere la vocazione significa tendere al destino per cui la vita è fatta. Tale destino è Mistero, non può essere descritto e immaginato.

È fissato dallo stesso Mistero che ti dà la vita.

Vivere la vita come vocazione significa tendere al Mistero attraverso le circostanze in cui il Signore ci fa passare, rispondendo ad esse.

Dovrai realizzare la tua sofferenza perché vorrai magari qualcosa che non ti sarà dato, che non potrai afferrare il quel momento.

La vocazione è andare al destino abbracciando tutte le circostanze attraverso cui il destino ci fa passare.

Il destino da cui nasco e a cui sono finalizzato, il mio principio e la fine è diventato Uno fra noi; sedeva sui banchi di scuola, si riuniva insieme al popolo del suo paese e della città di Gerusalemme.

Questo destino ha un nome nella storia: si chiama Gesù Cristo.

La vocazione, perciò, è abbracciare tutte le circostanze per obbedire, aderire, realizzare quello che Cristo vuole da te.

Il destino, cioè l’ideale, è la cosa più presente che ci sia.

E quello che in te cresce, cresce per il destino, anche se tu non ci pensi.

La tragedia della vita è dimenticare il destino, il rapporto con Cristo.

C’è qualcosa che ci aiuta a ricordare Te, o Cristo, che sei il nostro destino e ad affrontare la tragedia della nostra ribellione?

È la nostra compagnia; essa ci impedisce la dimenticanza e ci recupera dopo ogni ribellione.

Attraverso il rapporto con la tua ragazza devi approfondire queste cose.


Ogni uomo desidera la felicità. L’unica via per la felicità è Dio; come posso dirlo se per me è ancora sfocato? Ma ho fiducia in alcune persone perché sono felici. Come continuare? Stando in questa compagnia? (51

Questa compagnia è lo strumento che ti ha fatto sentire te stessa.

La tua felicità è che la vita ha un suo destino ultimo ed è in cammino.

Senza compagnia Cristo non sarebbe più conosciuto da nessuno:

Lui, per farsi conoscere da te e da me, ha creato una compagnia; prima dodici persone, poi settanta, poi centinaia, poi migliaia e centinaia di migliaia.

E ci ha raggiunti e ci raggiunge ora.

È una compagnia lunga duemila anni, una compagnia che durerà fino a quando tutto il mondo arriverà al suo destino, una compagnia lunga tutta la via della storia.

La compagnia è uno strumento non per sostituirci ma per sostenerci.

La grazia più grande che avete avuto nella vita è questa compagnia, in cui avete scoperto parole che non sono solo parole, ma definiscono tutta la sostanza del vivere.

Togliere il destino, togliere Cristo, togliere quel che dice la nostra compagnia è togliere la ragionevolezza della vita.

La compagnia, infatti, è una dimensione della persona umana.

Non può esserci un “io” senza un “noi”;

l’io nasce da un noi.

Senza un “tu” l’io si trova smarrito, inaridisce.

Il segno della verità è che con essa si afferma tutto, non si è costretti a negare niente.

L’unica posizione della vita che afferma tutto, anche il particolare più piccolo, anche il sentimento che tu provi quando sei a letto e non sai come starai il giorno dopo, è quella di Cristo.

Con Cristo noi non perdiamo più niente.

Anche gli errori non si perdono; diventano un bene, diventano un dolore, diventano un amore.

Il segno più incisivo della verità della compagnia è la parola perdono o misericordia.

Perfino il male diventa bene, perfino la morte diventa vita, diventa il passaggio alla vita senza fine.

È una menzogna amare se non si ama il destino dell’altro.

È menzogna dire alla tua ragazza: “Ti voglio bene” se non desideri che si affermi il destino della tua ragazza.

Ma se affermi il destino della tua ragazza, assumi subito verso di lei un atteggiamento di discrezione, di devozione, di ammirazione, di – lasciatemi dire la parola – di purità.

Applicate questo anche nello studio, al rapporto con i genitori e con tutti i vostri compagni: è un’umanità nuova, più pura, è un’umanità più umana.


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