LA CERTEZZA DI UNA PRESENZA (76)
(Dialogo con i responsabili di GS, Cervia 1° novembre 1994)
(Questo incontro inizia con la canzone della Sevillanas del adios che narra di un amico che se ne va su un barquino che piano piano scompare all’orizzonte)
Il cuore di un bambino è fatto per scoprire, per starci a godere, per viaggiare per tutto l’universo senza posa, mai stanco e sempre lieto, in pace, curioso e soddisfatto, con questo amico, cn quell’«amico».
Man mano che il bambino cresce, la realtà che porta quell’amico si allontana, e con essa quell’amico: si allontana, diventa un punto, un punto quasi astratto (come il barquino), sull’ultimo orizzonte, finché anche da lì, scompare.
E il bambino diventato uomo resta sul ponte, appoggiato alla sbarra del ponte, con gli occhi ancora fissi sul niente.
L’uomo è uno che quanto più beve, tanto più gode, è soddisfatto, e tanto più ha sete.
È una sete infinita, è un bere e un soddisfarsi infinito.
Questo è il concetto di felicità.
Il cristiano nasce «uomo».
Qual è la differenza tra l’uomo e il bambino?
L’uomo è consapevole, si dà le ragioni delle cose, cerca le ragioni, e le ragioni esaurienti, delle cose; e ama, ama ciò che trova, ama la ragione che trova, ama la verità che trova, abbraccia la verità che trova: ama.
L’uomo per sua natura è fatto per infocarsi di fronte alla realtà; quanto più trova la realtà, quanto più penetra la realtà, tanto più si infoca.
Il bambino no: il bambino è percosso, sbarra gli occhi per la curiosità e lo stupore, e poi pensa subito al gioco.
Per il bambino, la vita appare come gioco.
Per l’uomo no, per l’uomo è una costruzione, è un edificio, è una edificazione, è un’avventura.
Il cristiano quindi è uomo non bambino.
È quel bambino diventato grande appoggiato alla sbarra del porto.
Ma mentre per l’uomo solito quel filo di orizzonte è il punto dove tutto annega, scompare,
per il cristiano quella linea di orizzonte è come l’enigma,
il mistero da cui deve fluire davanti a lui, deve arrivare a lui qualcosa.
Eppure il cuore, che non riesce ad immaginare questa ricchezza, questa giustizia, questo amore, questa verità,
questa felicità, il cuore non riesce a immaginarla, ne ha però struggente bisogno.
È da quell’orizzonte che deve venire.
Il cristianesimo nasce così, come l’uomo che aspetta, che abbraccia l’uomo che arriva dall’altrimenti enigmatico e prima ignoto orizzonte.
Se togliete questa immagine non ci resta che confusione presente, un nulla presente.
Fra l’uomo normale e l’uomo cristiano sta questa alternativa tremenda:
o il nulla o l’abbraccio con una presenza tanto desiderata.
(Leggere Ezechiele canto 37)
Il primo Libro della Sapienza, nella sua prima parte, elogia Dio che ama l’uomo, ama la vita dell’uomo, e fa l’uomo per la felicità.
Poi, nell’ultimo versetto del capitolo si dice: «Ma l’uomo cerca la morte».
C’è l’affermarsi periodico della debolezza, della miscredenza, della malavoglia, del delitto, della cattiveria, del niente che uno si sente.
Ma l’uomo non può «starci», non può starci al punto sotto: c’è una forza che ricrea l’arsi (dal greco airo, sollevare) e che lo fa rivolare.
Qualunque sia la vostra vita, non potrete evitare l’alternativa tra il nulla e l’abbraccio con un Altro, un Tu presente, che arriva dalle profondità dell’ultimo orizzonte, dall’enigma dell’ultimo orizzonte.
Quel punto che nasce in fondo all’orizzonte, percorre lo stesso mare, ma in senso inverso, verso l’uomo e sbarca.
Sono Elena di Firenze. … è successo che i nostri giornalini sono stati strappati perché considerati strumenti plagio. … perché tanta ostilità nei miei confronti? (82)
Prima di tutto l’uomo, man mano che si sviluppa, pensa, sente e quindi opera secondo lo standard creato dagli strumenti di diffusione sociale.
Adesso gli strumenti che la scienza ha trovato per la comunicazione del pensiero sono gli strumenti del potere, e gli uomini diventano schiavi, come pensiero, come sentimenti e come azione, come impostazione della vita, del potere.
Mai la schiavitù è stata così vasta.
Perché ti avrebbero impedito di entrare a scuola? Perché sono plagiati loro!
La posizione dell’uomo oggi, se vuol salvare sé stessa, è invitata ad essere ribelle, ad essere contro: «Gesù è entrato nel mondo in polemica con il mondo».
Questa era l’idea fondamentale di Pasolini:
l’orrore di quella che lui chiamava «omologazione», il livellamento di tutte le teste, di tutti i cuori e di tutti i metodi di vita, vale a dire l’uccisione di un popolo,
perché un popolo è fatto di persone e non c’è una persona uguale all’altra, come pensiero, come cuore e come azione.
Un popolo costruisce; gente omologata – anche se cento, mille volte superiore di numero – non crea niente: ripete, anzi, scadendo.
Qual è l’unica risposta all’omologazione?
Fare la rivoluzione non è un concetto mio, è un concetto di Gesù, è la prima parola detta da Gesù: «Cambiare mentalità», cambiate modo di giudicare, di vedere, di sentire, di gustare, di amare, di fare le cose.
Non possono non odiarti amica mia perché non sei come loro.
Non è che tu nasca contro di loro, anzi, nasci per gridare quello che loro desiderano nel loro cuore originale, che hanno soffocato.
Cosa vuol dire essere contrari alla omologazione generale?
Se sei contrario alla omologazione generale non potrai essere riconosciuto, non potranno lodarti, i giornali non parleranno di te.
Se sei così tutto il mondo sarà contro di te.
Non puoi non essere perseguitata, amica mia, non puoi non essere odiata.
Ma è nel dolore di questa persecuzione che tu coverai il seme luminoso
e caldo della messe finale, del significato ultimo del mondo, che un giorno tutti – tutti! – riconosceranno, tutti dovranno riconoscere e diranno: «Aveva ragione!».
Al di fuori di questo scopo non c’è più né affezione né amicizia.
L’uomo inevitabilmente è collocato dentro tutta la realtà umana in cui vive; o ne è plagiato oppure collabora ad una creazione comune, a uno scopo comune, a un destino comune, ed è creatore insieme agli altri.
Ma il cristiano appare nella folla del mondo come un individuo che va controcorrente, dice l’opposto.
Il mondo dice: «Beati quelli che la fanno franca», e lui: «Beato chi sa aiutare»; «Beato chi è ricco», e lui: «Beati i poveri»; il contrario.
Il cristiano entra dentro la folla del mondo dicendo il contrario degli altri: afferma che la vita è responsabilità, è libertà, che la vita dell’uomo dovrà rendere conto di questa libertà e di questa responsabilità.
L’inferno è il concetto più importante della concezione cristiana dell’uomo.
Perché? Perché senza l’inferno non ci sarebbe libertà. È la libertà l’idea forte dell’uomo cristiano.
La felicità deve essere mia; per essere mia, la felicità deve essere liberamente voluta e conquistata.
Il cristiano entra «contro» la folla normale, parla di rapporto con il mistero, parla del veder Dio: è insopportabile!
La vita è una battaglia,
militia vita hominis, ma è una strana guerra; è una strana guerra che si combatte tutta quanta in sé stessi, perché la resistenza all’altro, o la comunicazione all’altro, o la fedeltà al vero in mezzo alle grida ostili di quelli che non capiscono, è un problema di cuore tuo, non di odio loro, anzi,
quanto più di perseguitano e ti schiacciano, tanto più hai pietà per loro … capovolto tutto.
Sono Ilaria da Firenze. Un mio professore ha detto: «La mia vita non ha certezze è tutta un dubbio. Ormai sono giunto alla conclusione che non esistono certezze». E ha aggiunto: «La filosofia rivela proprio questa ricerca incerta e farà cadere qualsiasi certezza abbiate». Ora io volevo chiederle: come si fa a raggiungere una certezza? (88)
Dunque, innanzi tutto, raggiungere la certezza è necessario per poter camminare dalla finestra alla porta.
E’ un pazzo chi dicesse che non c’è certezza.
Prima di tutto, è sperimentalmente una menzogna.
In secondo luogo, chi dice così fa violenza alla evidenza della autocoscienza.
Il problema che tu mi hai posto è il primo problema che ho dovuto affrontare a scuola.
(segue la narrazione del dibattito su fede e ragione tra il Giuss e i ragazzi e poi tra il Giuss e il professore di filosofia).
In fondo, secondo me, psicologicamente, per essere benevoli, dove sta il problema di quel professore e degli altri che esprimono quella posizione?
E’ che confondono il dubbio col problema.
Il problema è un interrogativo che la mente dell’uomo pone su una cosa.
Porre interrogativi sulle cose è proprio dell’intelligenza.
I ragazzi più intelligenti sono quelli che fanno immediatamente più domande e non tanto per fare domande: sanno fare domande, sanno cioè domandare.
Il dubbio non è una domanda, è già una soluzione!
Le soluzioni sono tre: sì, no, ma.
Il dubbio è il «ma».
Prima di dire “sì” devi avere delle ragioni, prima di dire “no” devi avere delle ragione, prima di dire “ma” devi avere delle ragioni, che ti portino al “ma”: loro non hanno nessuna ragione, perciò sono contradditori, partono semplicemente con un preconcetto derivato dalla loro filosofia, mediato dalla loro filosofia per cui tutto è un dubbio.
Noi siamo amanti del problema
La certezza è la condizione del problema: per porre un problema devi essere già certo di qualcosa, già certo innanzitutto e soprattutto di questa presenza commovente, affascinante, misteriosa che è il cuore dell’uomo.
Sono Maria di Modena. Vorrei sapere che rapporto c’è tra ciò che mi interessa e l’idolo. Ciò che mi interessa rischia sempre di diventare il mio idolo? E poi: in che senso la nostra compagnia può diventare un idolo? (92)
L’idolo è «qualcosa che mi interessa» fatto diventare unica cosa o ultima cosa che mi interessa.
L’ultima cosa che mi interessa è invece qualcosa che è oltre ciò che adesso mi interessa.
L’idolo è rendere «assoluto» una parzialità, qualcosa di parziale.
Si chiama idolo perché è costruito da noi.
La nostra compagnia diventa idolo quando ci aspettiamo tutto da essa, come se la compagnia potesse rispondere, corrispondere a tutto, creare tutto.
Invece la nostra compagnia è uno strumento di cui un Altro si serve, a certe condizioni, perché tu capisca e abbracci sempre di più.
Gesù, almeno, ha scelto questo mezzo ed è stato intelligente, perché ha scelto il mezzo più umano che ci sia: non c’è mezzo più umano che la compagnia.
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