Prefazione di «Un avvenimento nella vita dell’uomo»

Esercizi Spirituali C.L.: prefazione di Carrón “Un avvenimento nella vita dell’uomo

Testo di riferimento

Fatti per la gioia.

(I) – Il nichilismo domina oggi dappertutto, quasi senza che ce ne accorgiamo.

Quel vuoto di senso, che incombe costantemente su di noi, per cui tutto si sfoca e si sfarina, non può essere sfidato con delle parole.

Non sarà una battaglia dialettica a sconfiggerlo, non è a forza di ragionamenti o discorsi che l'avremo vinta.

CI VUOL BEN ALTRO.

Il nulla può essere sfidato solo dall’essere, da qualcosa di reale.

Nel 1992 (Giussani) afferma che c’è un antefatto da cui dovremmo partire ogni mattina, prima di lanciarci nella mischia della fatica quotidiana del vivere.

(II) – Ce lo ricorda Benedetto XVI:

«Spesso Dio viene presupposto come fosse un’ovvietà, ma concretamente di lui non ci si occupa. Il tema “Dio2 ci appare così irreale , così lontano dalle cose che ci occupano. E tuttavia cambia tutto se Dio non lo si presuppone ma lo si antepone. Se non lo si lascia in qualche modo sullo sfondo malo si riconosce come centro del nostro pensare, parlare e agire». (Benedetto XVI, «Papa Ratzinger: la Chiesa e lo scandalo degli abusi sessuali», III, corriere.it, 11 Aprile 2019).

È l’ovvietà il nostro vero dramma. Tutto è dato per scontato: allora persone e fatti non ci dicono più niente, sono muti davanti a noi.

(III) – Solo per chi è disponibile a non soccombere alla tentazione dello scetticismo, la realtà perde il suo volto scontato – fino alla noia e al disprezzo di sé – e si mostra come novità continua, promettente.

Alla conoscenza di questo antefatto noi siamo arrivati attraverso la storia.

«Dio sceglie un popolo nato da Abramo e il suo seme, i suoi discendenti; sceglie un popolo, perché attraverso di esso e attraverso la sua storia Egli ci fa capire meglio che cosa vuole» (pag. 103-104)

È questo il disegno che il destino, Dio, intende realizzare: «Io voglio la positività di tutto». E lo fa «attraverso una storia umana» (pag. 104-105).

Il popolo nato da Abramo vive immerso in questa esperienza di positività. La sua esistenza è un bene per tutti, perché attraverso Israele il Mistero rende presente nella storia il suo disegno.

( IV) «Siamo fatti per la gioia. il cuore non può udire, come corrispondente a sé, se non questa parola» (103).

Ma come può diventare nostra questa esperienza della gioia della positività? Che cosa è chiesto a noi? «Una disponibilità totale di fronte al Destino, al Mistero, a Dio».

In che cosa consiste? Innanzitutto «In una mia affermazione amorosa dell’essere e della realtà che accade, vita o morte che sia, gioia o dolore che sia, riuscita o non riuscita che sia. L’amore è l’affermazione di una presenza che si rivela attraverso l’istante, nell’istante. (109)

«Il bambino è una affermazione amorosa della madre che nell’istante è presente. La presenza è nell’istante e in essa si cela […] il Destino, il Mistero; così noi possiamo riconoscere che non abbiamo nulla da difendere di fronte al Destino da cui riceviamo tutto» (110).

(V) Ma invece di avere una disponibilità come di bambino ad affermare l’essere, spesso ci ribelliamo, perché il disegno di Dio non coincide con il nostro.

La vita dell’uomo è costantemente segnata da questo strappo.

Ma questa constatazione, che potrebbe farci disperare, diventa per Giussani una sorprendente risorsa per il cammino: «la partenza per ogni riscatto di sanità della vita – è paradossale – è la coscienza dell’essere peccatori, la coscienza del peccato. Non è una cosa da preti, è una cosa da uomini, vale a dire da creature di Dio, da cuori fatti per l’infinito, per una felicità senza fine» (23)

A questo proposito, dice papa Francesco: «Il luogo privilegiato dell’incontro con Gesù Cristo è il mio peccato. » grazie a questo abbraccio di misericordia».

«Questo è il peccato, porre la speranza in un nostro progetto» (27).

Per questo don Giussani sottolinea che: «Sorprendere la debolezza mortale e riconoscere il peccato in noi, questa è la prima saggezza; e, insieme, sorprendere la debolezza mortale e riconoscere il peccato negli altri. […] noi sorprendiamo la debolezza negli altri se lo facciamo con dolore. Non si può riconoscere il male dell’altro se non con dolore» (119)

(VII) C’è una solo possibilità di evadere dalla prigione che l’uomo stesso si è costruito: che qualcuno da fuori ci venga a liberare.

«Dal profondo io grido a te, o Signore; se osservi tutte le colpe, o Signore, chi potrà stare in piedi?» (salmo 130, 1-3)

Se non troviamo risposta a questo grido, la vita diventa insopportabile.

«Per indicare il cristianesimo come salvezza, la categoria da usare è “avvenimento”: Dio diventato avvenimento nella nostra esistenza quotidiana» (198/199).

«Non mi stancherò mai di ripetere quelle parole di Benedetto XVI che ci conducono al centro del Vangelo: ” All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento“». (Francesco, Esortazione apostolica Evangelii gaudium, 7)

(VIII) Da che cosa siamo introdotti a comprendere che l’irrompere di Dio nella nostra vita quotidiana è un avvenimento di salvezza?

«Dalla eccezionalità di una presenza. Quei due discepoli di Emmaus […] l’hanno capito dalla eccezionalità di una presenza, dall’esperienza di una presenza che corrispondeva alle esigenze profonde del loro cuore» (200)

«L’avvenimento in cui Dio entra nella nostra per aiutarla, per salvarla, è un incontro: non un nostro pensiero, non un possesso che noi cerchiamo di realizzare, non una dialettica. È nella natura dell’avvenimento il fatto che sia un incontro. Ma che cosa vuol dire che l’avvenimento è un incontro? Che è contemporaneo a chi lo subisce, a chi lo afferma per forza di evidenza» (203).

È questa la ragione profonda della corrispondenza che sperimentarono i discepoli di Emmaus: «Quello che Gesù diceva corrispondeva al loro cuore perché già il loro cuore apparteneva a Lui, l’avevano già incontrato» (205).

(IX)La sfida del nulla è troppo radicale per pensare di contrastarla affidandosi a un “museo di ricordi”.

«Il presente mi rimanda a un passato e quel passato mi fa ritornare al presente. Questo è il concetto di memoria. Un avvenimento del passato, carico di pretesa, di significato per la nostra vita, può essere scoperto solo in funzione di una esperienza presente di tale avvenimento» (206-207)

Fuori di questo “ora” non c’è esperienza cristiana: «O ciò che ci ha colpito una volta è un avvenimento di ogni giorno, è Presenza ricercata ogni giorno, oppure quello che ci ha colpito una volta diventa regola interpretabile dalla nostra mente o un devoto ricordo in nome del quale si cerca di dare avvio a un’iniziativa nuova. Ma non è più quello! (240) Giussani non poteva essere più chiaro.

«Il Mistero, il destino si comunica all’uomo attraverso una carne, attraverso una realtà di tempo e di spazio, secondo una modalità fisica, delle persone e delle cose, secondo circostanze precise, che delle circostanze naturali mantengono la fragilità e l’apparente futilità: eppure lì dentro c’è Cristo. Questa è la nostra compagnia» (153).

(XI) Noi figli di don Giussani, siamo i primi a essere stupefatti della modalità imprevista e imprevedibile con cui il Mistero di ha raggiunti: «Il carisma rappresenta proprio la modalità di tempo e di spazio, di carattere, di temperamento, la modalità concreta, psicologica, affettiva, intellettuale, con cui il Signore diventa avvenimento per me e, allo stesso modo, diventa avvenimento anche per altri» (222).

«Un carisma è l’energia con cui lo Spirito di Cristo crea un movimento dentro la Chiesa. Perciò è seguendo il movimento che si vive il carisma, altrimenti vivi il carisma secondo la tua interpretazione, introducendo così un equivoco, una presunzione e un equivoco. E seguire il movimento vuol dire seguire chi guida il movimento, chi il Signore mette come guida al movimento, e non altro» (248).

Niente sfida più la nostra libertà che una presenza presente, nella quale vediamo realizzarsi ciò a cui aneliamo.

(XI) Ma, «In questo attimo, la libertà in che senso può diventare decisione? Accogliendo! Non nasce da sé l’energia della libertà, è solo accogliendo qualcosa che essa diviene, di attua e si arricchisce. Per questo, la libertà di fronte alla grazia è accogliere la grazia. Accoglierla. Allora la grazia diventa ricchezza nostra, secondo la misura e i tempi di Dio» (135).

(XII) Come la libertà può accogliere questa grazia? Se si mantiene «nella sua originale forma, quella in cui l’ha messa il creatore. Il creatore ha posto la nostra libertà come affermazione amorosa della realtà» (135).

In che cosa consiste la decisione della libertà? Essa «si identifica con il desiderio, che è proprio la ricchezza del povero, la ricchezza del bambino, la ricchezza di chi da sé non ha nulla, ma può accogliere; può aprirsi e accogliere o chiudere e ripudiare. La decisione si traduce in desiderio, ma il desiderio vero è ciò che si chiama domanda» (135).

A questo punto, Giussani descrive la portata storica della risurrezione di Cristo.

(XIII) Con Cristo risorto si afferma un protagonista nuova nel mondo.

«Questo soggetto nuovo, che crea un popolo nuovo, una realtà sociale nuova, che ha come unica speranza il Mistero […] svolge una cultura nuova […] una cultura profondamente opposta, diversa e opposta a quella che domina il mondo» (159).

Ricordando di avere sempre inteso la cultura come «coscienza critica e sistematica dell’esperienza», chiarisce che la cultura nuova «sorge non tanto da un lavoro della mente, ma dall’incontro con una realtà umana che muove anche la mente, genera un cuore diverso e un comportamento diverso verso se stessi e verso le cose» (159-160).

Tutta la persona è investita da questa coscienza nuova, e giunge fino a offrire il proprio corpo, cioè la quotidianità del vivere.

(XIV) Dare «il proprio corpo al fuoco può non valere niente se non è fatto per amore dell’opera di un Altro» (176-177)

Qui emerge il nuovo metodo di Dio: dal cambiamento personale al cambiamento di tutto.

La «creatura nuova» (san Paolo) diventa protagonista nel mondo.

Ma come si attua questo protagonismo? Come lo descrive don Giussani?

«Vivere tutto, il più possibile determinati dalla coscienza della Sua presenza, determinati dalla volontà di collaborare e contribuire al mistero della Sua croce e risurrezione, della Sua redenzione del mondo; vivere sempre più determinati da questa suprema verità delle cose è proprio l’essere una creatura nuova […] è un tipo di umanità diversa» (95).

(XV) Dall’incontro di questi nuovi soggetti sorge un popolo.

Infatti, «un popolo nasce, è fatto, è generato, dalla dignità della persona come rapporto con l’infinito. […] È questo il soggetto nuovo da cui nasce un popolo nuovo» (157).

«L’impresa grande che è il disegno di Dio nel mondo avviene attraverso una compagnia, una comunità o un popolo, che può essere piccolo, impotente di fronte alle forze del mondo, eppure alla fine esso determinerà il volto di tutto, determinerà l’orizzonte totale» (218-219).

(XVI) Il soggetto nuovo ha una coscienza di sé diversa, non determinata dalla mentalità di tutti.

Ora questo popolo ha un compito che accomuna tutti coloro che sono chiamati a farne parte.

Qual’è questo compito? La grazia è data a uno affinché possa raggiungere altri, che ancora non sanno.

(XVII) «Ma siamo stati scelti per ricostruire il mondo, attraverso quello che siamo» (228).

Come è possibile non cedere allo spavento per la vastità del compito? Siamo infatti ben consapevoli della nostra fragilità e della limitatezza delle nostre forze.

Cristo è presente «dentro questa nostra compagnia, non saremmo insieme se non ci fosse. Questo è il miracolo – ci pensassimo più spessoche dovrebbe riverberarsi con una energia ricreativa tra te uomo e donna che siete sposati, tra voi e i vostri figli, tra ognuno di noi e i suoi amici, tra noi tutti e questa povera umanità che ci circonda, così smarrita, così confusa e così alla mercé dei potenti» (93).

Ecco dunque il compito storico, così come lo indica Giussani: «Noi dobbiamo diventare […] padri e madri di tutti gli uomini che accostiamo, Gesù pianse su Gerusalemme. […] Questa pietà di Cristo per il mondo è l’ultimo brandello di lacrima che nel nostro cuore penetra, come una cosa infocata, come l’inizio della crocifissione, della croce e della morte: la vita, tutta la nostra vita dovremmo mettere nelle mani di Dio, disponibile per il bene degli altri, per il bene del mondo» (232-233)

(XVIII) Non occorre alcun sforzo titanico, né alcuna enfasi particolare.

Questo essere padri e madri della gente che incontriamo si realizza vivendo, semplicemente vivendo la vita di tutti.

Infatti «È attraverso la responsabilità quotidiana dei nostri rapporti “obbligatori” e del nostro lavoro che la sincerità di questa pietà divina, di questa pietà cristiana, realmente influisce su tutto ciò che ci circonda» (233).

Non dipende da una nostra capacità – un Altro è il protagonista -, ma passa attraverso la materialità della nostra esistenza. . Che mistero!

In questo modo la nostra vita diventa «un piccolo riverbero del grande dialogo che è incominciato duemila anni fa tra Cristo e l’uomo che è nel mondo, e che continua tra Cristo oggi e l’uomo del nostro tempo, perché solo in Cristo l’uomo del nostro tempo può vivere».

Giussani sottolinea che la vita di CL è «questo dialogo con il mondo, con l’uomo del nostro tempo»(74).

(XIX) «La vita del movimento, dunque, è dialogo con l’uomo del nostro tempo» (74).

Che cosa definisce il nostro tempo? «La confusione, […] una tragica confusione, di cui la violenza nel senso fisico del termine, tranquillamente subita e sbandierata dai giornali e dai mass media come una cosa giusta, è il simbolo più tragico. È una confusione che abbraccia il mondo come una nube nera, come in una notte continua» (75).

Come l’uomo di oggi cerca di contrastare tale confusione?

«O il destino è quello che faccio io o il destino è quello a cui mi lascio andare, perdendo le mie responsabilità, i miei connotati, smarrendo in esso, in un nirvana che anticipa la nullificazione dell’io alla fine». Ma entrambi gli atteggiamenti «non corrispondono alla realtà così come alla ragione – allo sguardo umano portato alla vita – appare»(100).

A questo attivismo e a questo smarrimento si offre «il dialogo tra Cristo e l’uomo del nostro tempo» che è «la vita del movimento, vissuta con coraggio, per il momento di confusione e di violenza, con chiarezza, sostenuta dalla fedeltà alla storia, nella unità e nella libertà creativa, e con amore alla strada altrui, alla strada di chiunque incontriamo, senza contraddizione, ma valorizzando e collaborando fino all’ultima stilla di sangue» (77-78).

Le pagine di questo libro sono un contributo al cammino di tutti, perché ci offrono la testimonianza di un uomo afferrato da Cristo, eper questo appassionato al destino di ciascuno, in dialogo costante con l’uomo del nostro tempo.


.

Esercizi spirituali predicati da don Giussani

1° volume «Cristianesimo alla prova»

Titolo: UNA STRANA COMPAGNIA


2° «volume Cristianesimo alla prova»

Titolo: LA CONVENIENZA UMANA DELLA FEDE


3° «volume Cristianesimo alla prova»

Titolo: LA VERITÀ NASCE DALLA CARNE


4° volume «Cristianesimo alla prova»

Titolo: UN AVVENIMENTO NELLA VITA DELL’UOMO


5° volume «Cristianesimo alla prova»

Titolo: ATTRAVERSO LA COMPAGNIA DEI CREDENTI


6° volume «Cristianesimo alla prova»

Titolo: DARE LA VITA PER L’OPERA DI UN ALTRO