Temi di «Si può vivere così?» – 2a parte

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ABCDEFGILMNOPRSTUV

Lettera «F»

Indice linkato ad ogni singola parola


Faccia

cfr. donna, volto

106 – Ciò che qualifica un animo che ama il destino proprio delle cose, cioè un animo libero che vive la dimensione della libertà, è una caratteristica umanissima […] la gratitudine …la gratitudine, una sfumatura di gratitudine, come orlo di gratitudine, un confine di gratitudine, una sfumatura di gratitudine proprio dell’atto, ma in tutto quello che fa, che è la più bella cosa che possa essere notata sulla faccia e nell’atteggiamento delle persone.


Faccia amata

252 – Anche se fossi davanti a una faccia bella, se non la ami, trovi tutti i pretesti per dire: « Qui, ma, però, ha il puntino qui…ecc….»


Famiglia

306 – Per sua natura una generazione non finisce mai, si dilata sempre, è destinata a dilatarsi sempre. E, infatti, è solo il concetto di famiglia che «conclude» l’idea di generazione; l’idea generativa è nel concetto di famiglia.

La famiglia è, in piccolo, un popolo.

Ma se una famiglia è chiusa in sé stessa, non è più generatrice, anche se ha nove figli; per essere generatrice una famiglia deve essere aperta a una possibilità tale che si comunichi agli altri, che crei altre famiglie.

Può non creare altre famiglie, per esempio due possono essere sposati senza avere figli, ma vivono la loro umanità in modo tale che comunicano alle altre famiglie del caseggiato qualcosa per cui gli altri diventano soggetto di pensieri, di sentimenti, di gesti più umani: questo è un albore, un crepuscolo di un popolo nuovo.


Fantasia

cfr. immaginazione

417 – Cristo per realizzare la sua opera nel mondo sceglie alcuni. Immaginate al lume delle torce, quella sera, prima che Lui morisse, Lui e i dodici – quello che non si è ancora sperimentato, si deve cercare di rendere oggetto di fantasia, di immaginazione: Rendersi conto -, Lui, e i dodici attorno al tavolo in silenzio che guardavano quell’uomo parlare, quell’uomo che diceva: «Senza di me non potete fare nulla», un uomo, un loro commensale, che diceva: «Senza di me non potete fare nulla» [Gv 15,5], ma sentivano che era Dio: non lo pensavano, non lo capivano, ma lo sentivano.

Per capirlo avrebbero dovuto aspettare lo Spirito Santo.


Fascino

227 – La misura della serietà è data dalla verità, mentre la misura del gusto e del fascino è data dalla speranza.


Fatica

202 – Un cammino che è fatica. Il compimento del nostro destino implica sempre una modalità di cammino che è fatica, perché il compimento del destino, il cammino al destino è una prova.

Sempre il cammino al destino implica fatica perché il cammino è una prova da superare: in questo senso si dice che è arduo.

Ogni prova è ardua, ogni prova ha dentro di questo aggettivo.

238 – La fatica si sa cosa è. La fatica è nemica, è tentazione contro la fedeltà.

251 – Se la terra non è buona il seme non si svolge, o si svolge molto male, si svolge con estrema fatica. Perché ciò che ci è dato come grazia è dato all’uomo come libertà, e perciò l’uomo lo può accettare o no, può accettare di corrispondervi oppure no.

359 – Davanti a tutte le fatiche che facciamo – e ogni giorno è pieno di fatiche – uno che pensa le cose che abbiamo dette, guardando gli altri, capisce tutte le pene che devono avere: le capisce, mentre loro non se ne accorgono.


Fede

cfr. metodo della fede

42ss – Cristo è l ‘oggetto della nostra fede. Come facciamo a conoscere Cristo? Evidentemente dei metodi che abbiamo accennati, usati dalla ragione, quello che si applicherà sarà la fede. Cristo non lo conosciamo direttamente, né per evidenza, né per analisi dell’esperienza.

(44) Il fatto (L’incontro di Giovanni e Andrea con Gesù) in cui per la prima volta il problema di chi fosse Gesù si è posto è il primo istante in cui il problema della fede è entrato nel mondo, non della fede come semplice metodo della ragione, ma come metodo della ragione applicato a qualcosa di sopraragionevole, che sta al di là della ragione, impensabile, inconcepibile: la fede come metodo della ragione applicato a qualcosa di inconcepibile, perché tutto quello che diceva quell’uomo lì era inconcepibile.

71 – Come la fede nasce ragionevolmente? La fede è un gesto umano, perciò deve nascere in modo umano, non sarebbe umano se nascesse senza ragione: sarebbe irragionevole, cioè non umana.

Il modo con cui la fede nasce ragionevolmente – cioè portando in sé per l’uomo, per qualunque uomo, l’evidenza della sua consistenza, l’evidenza della sua ragione – è un incontro, è l’avvenimento di un incontro: un incontro fra la coscienza – intelligenza, sensibilità e affettività – dell’uomo e una Presenza eccezionale. Io ho voluto distinguere la fede come definizione, dalla descrizione come la fede scatta.

La fede nasce e si attesta umanamente, ragionevolmente, perciò in modo effettivamente percepibile e vivibile, in modo creativo, solo come frutto di un incontro nel quale la grande Presenza palesa se stessa come sorgente di una eccezionalità, di una grande efficacia che era assolutamente insospettabile.

144 – Perciò, prima di mettervi a leggere il vangelo, dite un Gloria allo Spirito, da cui si origina la ragione e l’intelligenza dell’uomo secondo la totalità della sua estensione, perciò secondo l’acume della fede.

Perché la fede è il vertice della conoscenza umana, il vertice della conoscenza della ragione, e questo è un dono che riceviamo, il dono di partecipare allo Spirito con cui Cristo possiede il mondo e «ogni carne».

166 – Che fenomeno è la fede? è un fenomeno della conoscenza. Se è un fenomeno di conoscenza implica la ragione: non «si riduce», ma la implica.

Perciò un fenomeno di conoscenza che implica la ragione è un fenomeno di conoscenza di ciò che c’è, della realtà. E siccome quello che dice la fede, nella realtà della nostra ragione misura e capisce, non c’è – e infatti noi abbiamo detto che la fede è una conoscenza di una realtà che è al di là, di una realtà che è più di quello che la ragione conosce – come fai ad ammetterlo, questo più di quello che la ragione conosce? Perché soltanto di fronte all’ipotesi, all’annuncio, all’intuizione di questo più, il cuore sente la risposta a quello che è. Così la fede è la cosa più razionale che ci sia, perché compie la ragione, vale a dire, risponde finalmente a ciò che il cuore desidera, indica l’esistenza della realtà che compie ciò che il cuore desidera. […] È qualcosa di presente in noi che decide dell’esistenza di qualcosa che è al di là di noi!

Per questo la fede è il gesto supremamente ragionevole. Senza di essa non ci sarebbe possibilità neanche per la ragione; non ci sarebbe possibilità di affermare ciò per cui l’uomo è mosso.

Affermare la fede, è la libertà. L’uomo, la prima cosa che nella fede ritrova del destino è proprio la libertà. La libertà è esigenza di soddisfazione totale, la libertà è la capacità di aderire al destino, è esigenza di totalità di risposta.

Per questo si capisce che la libertà che non aderisce, che dica no, che resista a ciò che la fede dice, è un controsenso, è una negatività, è la morte anticipata. La morte è il no alla vita.

182 – «Non ho capito quando hai detto che la fede nasce in un modo che non possiamo vedere,, ma lo possiamo sapere».

183 – Se la ragione è la coscienza della realtà secondo la totalità dei suoi fattori, se tu riconosci che io ho la fede, anche se non capisci come avviene la fede – proprio non capisci – sei costretto ad ammettere che esiste un fenomeno che si chiama fede.

La fede è riconoscere con certezza una Presenza.

279 – La verità che ci viene fatta scoprire dalla fede – Gesù, per Giovanni e Andrea -, questa verità, che è quell’uomo, sostiene il peso di tutto il nostro futuro, fino ad arrivare al destino. Perciò la speranza cristiana non finisce in uno: «speriamo!», ma finisce in una certezza che tutto abbraccia.

L’oggetto scoperto dalla fede sostiene il peso di tutta la vita, di tutto il nostro futuro, fino ad arrivare alla completezza, al compimento finale del disegno di Dio, che è il nostro destino.

225 – La fede è la coscienza di una Presenza che ti chiarisce le scopo della vita senza possibilità di incertezze […] e ha una forza tale per cui con Lui raggiungerai ciò per cui sei fatto; con Lui raggiungerai Lui.

265 – «Essere certi di alcune grandi cose: è la fede. […] La fede è certezza di una “grande Presenza”, che permette la costruzione del mio rapporto con la realtà, della mia opera e del mio intervento nella società, che permette al mio lavoro di erigersi ai miei occhi come una cosa utile e “bella”.»

271ss – C’è nella nostra esperienza qualcosa che viene da oltre essa:: imprevedibile, misterioso, ma dentro al nostra esperienza. Se è imprevedibile, non immediatamente visibile, misterioso, con quale strumento della nostra personalità noi cogliamo questa Presenza? con quello strumento che si chiama fede. Chiamiamo questo strumento «fede» per usare un termine che non si riconduca ed esaurisca nel concetto di ragione – è la ragione che percepisce la nostra esperienza nei suoi fattori immediati – ma noi nell’esperienza sentiamo il soffio o la vibrazione o le conseguenze di una Presenza che non si può spiegare, sorprendente: un incontro sorprendente; perciò è qualcosa di oltre la ragione che lo può intuire e capire, e questo noi chiamiamo fede, che è un’intelligenza della realtà, è una intelligenza dell’esperienza.

272 – Ho detto che la fede è una forma di conoscenza che è oltre il limite della ragione. Perché è oltre il limite della ragione? Perché coglie una cosa che la ragione non può cogliere: «La presenza di Gesù tra noi», «Cristo è qui ora», la ragione non può percepirlo come percepisci che sei qui tu, è chiaro? Però non posso non ammettere che c’è. Perché? Perché c’è un fattore qua dentro, c’è un fattore che decide di questa compagnia, di certi risultati di questa compagnia, di certe risonanze in questa compagnia, così sorprendente che se non affermo qualcosa d’altro non dò ragione all’esperienza, perché la ragione è affermare la realtà sperimentabile secondo tutti i fattori che la compongono , tutti i fattori.

La fede è un atto dell’intelletto, è un atto di conoscenza che coglie la Presenza di qualcosa che la ragione non saprebbe cogliere.

273 – Bisogna capire che si è costretti ad affermare che c’è qualcosa d’altro qui, perché quello che c’è non si riesce a spiegarlo semplicemente con l’indagine, l’analisi o l’esame della nostra ragione.

Perché essere ragionevoli vuol di re affermare la realtà secondo la totalità dei suoi fattori, e se uno di questi fattori è eccezionale, bisogna dire che c’è, anche se non si capisce come mai.

276 – La verità che la fede ci fa capire è un uomo, è un uomo che si sedeva e mangiava insieme: quell’uomo lì era Dio.

Con Lui anche il futuro è sicuro, perciò la fede diventa speranza, in quanto riguarda non più la sorpresa di una Presenza, la sorpresa di un avvenimento – un avvenimento: è un presente -, ma la conseguenza di quello che si attende da ultimo, di quello che si attende in fondo: la fede diventa speranza.

309 – «Giovanni e Andrea avevano davanti una Presenza e facevano le loro cose con davanti questa Presenza. La loro fede era la certezza di una Presenza sperimentabile. Allora volevo capire un pò meglio che cosa vuol dire per noi guardare in faccia Cristo».

Ma l’uomo sperimenta, fa esperienza di una presenza, non solo quando la tocca, naso contro naso; (Giovanni e Andrea) fra il giorno prima e il mezzogiorno quando sono tornati a casa con le barche piene di pesci e si son messi là sulla spiaggia, ancora raccontavano della giornata precedente, il segmento che mette in rapporto la sera precedente e il giorno dopo si chiama memoria, e la memoria è la continuità dell’esperienza di una persona presente, di una presenza che non ha più le qualità e l’immediatezza di quando uno prende il naso di uno e tira tira.

Non l’avessero visto più per tre settimane, il desiderio dominante quei due era quello di ritrovarlo, perché era chiaro che era Lui, che Lui era Lui; non sapevano chi fosse ma era Lui.

La memoria è la coscienza di una Presenza.

360 – Sotto sotto, nell’oscurità in cui avviene, il tema più impressionante è la fede: tu percepisci una Presenza all’oscuro. Se l’accetti, questa Presenza, nell’oscurità, ti viene anche l’idea della carità).


Certezza della fede

183 – Primo: La parola fede, riconoscere con certezza una Presenza; secondo: la parola certezza che riguarda il futuro; e, terzo: il nesso tra il primo e il secondo punto

315 – La certezza della speranza coincide con la certezza di quell’abbandono che si chiama fiducia.


Conseguenza della fede

131ss – Oggi vediamo quale sia la virtù che consegue alla fede. La fede è un atto di conoscenza; la libertà è condizione perché essa avvenga. Ad ogni conoscenza consegue una affettività: che tipo di affettività consegue alla conoscenza della fede?

132 – L’affettività è un comportamento. L’affezione è un atteggiamento verso l’oggetto conosciuto. L’atteggiamento giusto verso l’oggetto conosciuto, l’affezione giusta verso l’oggetto conosciuto, l’affezione giusta che nasce da un oggetto conosciuto si chiama virtù.


Dinamica della fede

37ss – La fede è un metodo della ragione, un modo di conoscenza della ragione o un metodo di conoscenza. È un metodo di conoscenza indiretto. Perché indiretto? Perché filtra, è mediato dal fatto che la ragione si appoggia a un testimone: non vede direttamente, immediatamente lei l’oggetto attraverso un testimone.

38 -Gli altri metodi della ragione usano soltanto un pezzo dell’uomo; questo invece, il metodo della fede, usa tutto l’uomo. Perché? Perché bisogna fidarsi del testimone. Per fidarsi di una persona in modo giusto e ragionevole occorre impegnare tutta la lealtà della propria persona, occorre applicare l’acume della osservazione, occorre una sincerità del cuore, occorre che l’amore alla verità sia più forte che non l’antipatia, occorre un amore alla verità. È tutta la persona che è impegnata. Per questo è il metodo più dignitoso, più prezioso. Infatti tutta la convivenza umana non potrebbe esserci se non attraverso l’uso di questo metodo, lo sviluppo della convivenza come esistenza della società, una società piccola come la famiglia o la società nella sua totalità.

39 – Qual’è la sorpresa più grossa che avete avuto la volta scorsa? Sentir parlare di fede come aspetto della ragione, l’aspetto più importante nell’uso della ragione. Perché più importante? Perché su di essa è fondata la convivenza, la storia, la cultura. Ma prima ancora perché tale metodo implica l’impegno della totalità della persona.

189ss – La dinamica della fede, che è credere, affermare un presente eccezionale per la sua potenza, diventa certezza per un futuro mutandosi in desiderio definito e soddisfatto dalla fede stessa, trasformandosi in domanda al potere che la fede rivela presente: «Come domanda, come desiderio che maturi una cosa iniziata», il dono che Cristo fa di sé a noi, nel presente. La libertà si gioca nel desiderio, e domanda con certezza che da Lui venga la nostra felicità.

190 – La dinamica della fede è l’affermazione di un’esperienza: la speranza è il desiderio di qualcosa che accada nel futuro.

La dinamica della speranza è un desiderio che non potrebbe resistere nel tempo, sarebbe sempre amaramente deluso, se non fosse sorretto, retto come ragione dalla fede, certezza del potere della grande Presenza.


Passaggi sulla fede

42ss – Come si fa a conoscere Cristo? Evidentemente dei metodi che abbiamo accennati, usati dalla ragione, quello che qui si applicherà sarà la fede.

  1. Un incontro: (pag. 44) Il fatto (l’incontro di Giovanni e Andrea con Gesù) in cui per la prima volta il problema di chi fosse Gesù si è posto è il primo istante in cui il problema della fede è entrato nel mondo, non della fede come semplice metodo della ragione, ma come metodo della ragione applicato a qualcosa di sopra-ragionevole: la fede come metodo della ragione applicato a qualcosa di inconcepibile, perché tutto quello che diceva quell’uomo lì era inconcepibile. La prima caratteristica della fede cristiana è che parte da un fatto, un fatto che ha la forma di un incontro.
  2. Una Presenza eccezionale (pag.46): La seconda caratteristica è l’eccezionalità del fatto. Giovanni e Andrea sono stati là due ore con la bocca aperta a vederlo parlare. Quando qualcosa si può chiamare eccezionale? (47) Noi sentiamo una cosa eccezionale quando corrisponde alle esigenze più profonde per le quali viviamo e ci muoviamo. (48) Per essere eccezionale un incontro deve corrispondere a quello che tu attendi. Quello che tu attendi dovrebbe essere naturale, ma è così impossibile che accada quello che tu attendi, che quando accade è una cosa eccezionale. (49) dunque la seconda caratteristica della fede cristiana, della fede in Gesù è che parte da un incontro eccezionale. L’eccezionale è sinonimo della parola divino: qualcosa di divino e perciò inimmaginato, di ininmaginabile, mai provato.
  3. Lo stupore: (49) Il fatto da cui la fede in Cristo, l’incontro da cui parte la fede di Giovanni e Andrea ha destato in loro un grande stupore. Ma lo stupore è sempre una domanda, almeno segreta. (52) C’è un livello in cui l’eccezionalità fu tale che dettò loro – loro che lo conoscevano, loro che avrebbero potuto dir tutto su di Lui perché lo accompagnavano da mesi – questa domanda strana: «Chi è Costui?». era inspiegabile, e impossibile concepire uno che faccia così.
  4. Chi è costui?. (53) La fede inizia esattamente con questa domanda: «Chi è costui?». Qui si pone il problema della fede, la risposta alla domanda è la risposta di fede: uno dice di sì e l’altro no.
  5. La responsabilità di fronte al fatto. (55) Ultimo punto: la risposta. L’unica razionale è il sì. Perché? Perché la realtà che si propone corrisponde alla natura del nostro cuore più di qualsiasi altra nostra immagine, corrisponde alla sete di felicità che noi abbiamo e che costituisce la ragione del vivere, la natura del nostro io, l’esigenza di verità e di felicità. Cristo corrisponde a questo, di fatto, più di qualsiasi immagine che possiamo costruire. Il no non nasce da ragioni, mai: nasce da uno scandalo. Cristo è contrario a ciò che io vorrei […] è contrario a ciò in cui uno ripone la sua speranza: inutilmente, perché non c’è nessuna speranza che poi accada. Il non nasce soltanto dal preconcetto.

73ss – I cinque passaggi della fede:

  1. Un fatto accade e che ha la forma dell’incontro.
  2. (74) L’eccezionalità di questo incontro
  3. Questa eccezionalità crea uno stupore
  4. Lo stupore porta con sé la domanda «Chi è Costui?»
  5. A questo punto l’azione incomincia a diventare tua responsabilità: fino a qui sei graziato, è una grazia, a questo punto inizia la tua responsabilità

(75) Per aderire basta essere sinceri, affermare la corrispondenza e, perciò, essere ragionevoli: la ragionevolezza è affermare la corrispondenza tra quello in cui ci si è imbattuti e se stessi e il proprio cuore. Per negare occorre un preconcetto: occorre essere attaccati a qualcosa che si vuol difendere.


Fede e carità

284 – La sorgente della morale è voler bene a uno, non realizzare delle leggi. Non progetti di perfezione, ma guardare in faccia Cristo, guardare in faccia uno! Semplicissimo, facilissimo… ma scomodissimo, scomodissimo perché non puoi più seguire te stesso. La felicità è seguire un Altro.

Guardare in faccia Cristo cambia. Ma perché cambi, bisogna guardargli in faccia veramente, col desiderio del bene, col desiderio della verità.

Questa è l’unica rivoluzione del mondo: la fede come conoscenza e la carità, guardare in faccia Cristo, come morale.

322 – La carità, questa terza colonna che tiene in piedi il grande tempio di Dio che è il mondo, indica il contenuto più profondo, scopre l’intimità, scopre il cuore di quella Presenza che la fede riconosce.

La carità indica il contenuto più profondo e più intimo di quella realtà suprema che la fede ci fa riconoscere.

379 – «Come la carità si appoggia alla fede?». Cosa è la fede? È il riconoscimento di una Presenza, una Presenza su cui appoggiare tutto quello che fai, tutto quello che sei e tutto quel che sarai. Come è fatta questa Presenza? Questa è la carità. Perciò senza giungere alla carità non si capisce cosa è veramente la fede.

La fede afferma una Presenza, ti fa accorgere di una Presenza, ti fa affermare una Presenza su cui si appoggia tutta la vita presente e futura (speranza). Ma come è fatta questa Presenza? La risposta a questa domanda è la carità: questa Presenza è fatta di amore.


Fede e libertà / ragione

167 – Avere la fede, affermare la fede, è la libertà. L’uomo, la prima cosa che nella fede ritrova del destino è proprio la libertà. La libertà è esigenza di soddisfazione totale, la libertà è la capacità di aderire al destino, è esigenza di totalità e di risposta.

275 – La ragione è costretta a dire sì, cioè la ragione è costretta ad affermare la fede, ad accettare che la fede si affermi. La fede, porta a conoscere la verità delle cose, quella verità che non può essere scoperta con le analisi realizzate dai propri criteri, né riconoscibile automaticamente, ma soltanto accettata -; aderendo così al criterio di un Altro, del Mistero: l’obbedienza della fede, la fede come obbedienza.


Fede e incontro

69ss – Riferitevi sempre lì: in Andrea e Giovanni, vedendo parlare quell’uomo – e quanto più parlava, tanto più questo avveniva – era naturale il desiderio di conoscerlo, di stare con Lui, di sentirlo ancora parlare.

70 – Le caratteristiche per cui ti si rivela la verità della fede sono le caratteristiche in cui ti imbatti in un incontro: è un incontro lo strumento, il fenomeno per cui ti accosti alla fede.

È un incontro che ti fa capire i termini di suggestività, di persuasività, di verità razionale, di sorgente affettiva che ha la fede.

La fede non è, di per sé, un incontro. La fede è riconoscere che è presente nel mondo e nella storia del mondo Dio fatto carne, fatto uomo, costituito cioè fattore di essa, fattore della storia, fattore della realtà presente.


Fede e letizia

260 – Dalla libertà delle cose, che nasce dalla certezza che Dio compie tutto Lui, scaturisce un’altra caratteristica dell’animo povero che è la letizia.

Dalla libertà dalle cose – che nasce dalla certezza che Dio compie – una condizione di letizia: è qui che la fede fa nascere la letizia. La fede non fa nascere la letizia immediatamente, ma mediatamente: dalla fede nasce la speranza, nella speranza è la letizia perché la letizia non può essere guadagnata e vissuta se non nella certezza di un futuro.

È soltanto una storditezza che può far nascere una letizia e una gioia da qualcosa che hai nel presente ..e domani?


Fede e libertà / obbedienza

55 – In qualunque atto veramente umano, ma soprattutto quando l’atto umano sta di fronte al suo destino, qual è la caratteristica suprema dell’atto umano? Ricordate Péguy: Dio non obbliga mai nessuno, la libertà!

131 – La fede è un atto di conoscenza; la libertà è la condizione perché esso avvenga.

167 – Affermare la fede, è la libertà. L’uomo, la prima cosa che nella fede ritrova del destino è proprio la libertà. La libertà è esigenza di soddisfazione totale, la libertà è la capacità di aderire al destino, è esigenza di totalità di risposta.

Per questo si capisce che la libertà che non aderisca, che dica di no, che resista a ciò che la fede dice, è un controsenso, è una negatività: è la morte anticipata. La morte è il no alla vita. Infatti, se la libertà non aderisce alla fede, si alterano tutti i termini dei rapporti.

Perciò dopo la fede la libertà: la fede diventa sorgente dell’affettività, cioè di una energia di adesione all’essere, a ciò che c’è, alla realtà nella sua totalità.

Il dinamismo della libertà, per aderire alla fede, non sa la strada: capisce dove deve andare ma non sa come andarci.

Il Mistero te lo dice attraverso la compagnia in cui ti mette:

«La fede è un'obbedienza di cuore a quella forma di insegnamento, alla quale siamo consegnati»

Ratzinger, alla presentazione del Catechismo della Chiesa Cattolica

L’obbedienza del cuore, vale a dire l’amicizia, perché l’amicizia è la suprema obbedienza.

169 – Perciò: «fede, libertà e obbedienza», o «fede, libertà e amicizia»; capire l’identificazione tra obbedienza e amicizia è molto importante: se l’obbedienza ti indica quello che devi fare per raggiungere il tuo destino, che cosa è l’amicizia? È una compagnia guidata al destino.

Nel Movimento e nel Gruppo adulto questo è visibile in modo impressionante. Sono tutte comunità o compagnie, ma quanto possono essere dissimili! Ciò che le qualifica è la forza dell’obbedienza che vivono, e la forza dell’obbedienza che vivono stabilisce la potenza dell’amicizia che c’è tra loro: se vivono l’unità dell’obbedienza saranno certamente molto più amici tra di loro; se invece ognuno segue quel che pensa, è libero di seguire quel che pensa, saranno divisi gli uni dagli altri.

Perciò questa prima terna di parole – fede, libertà e obbedienza e amicizia – rappresenta la terna delle parole fondamentali di tutto il nostro vivere: la giustizia è la fede, la libertà è la fede; e l’amore è la fede che si traduce nella concretezza di una compagnia.

Queste tre parole decidono di quello che siete e sarete. Confondere queste parole o non aver chiare queste parole, vuol dire perdere l’orientamento.

274 – Questa Presenza eccezionale che la fede coglie ed afferma, potenzia la nostra libertà. Perché la libertà può riconoscere questo o non riconoscerlo, cioè la libertà può essere sincera con se stessa oppure no. Che differenza c’è tra gli apostoli che lo seguivano e il resto della gente? Che il resto della gente usava la libertà male, non riconosceva quello che aveva visto.

Allora questo oggetto che la fede percepisce può essere riconosciuto oppure no: libertà. Solo se lo riconosce, la libertà si compie.

Perché la libertà può non riconoscerlo? Perché per riconoscerlo occorre una fatica, occorre adottare come criterio non quello che vedi tu, ma quello che è.

E quello che è, è più grande di quel che vedi tu: si chiama obbedienza, perché il criterio della tua affermazione non è quel che vedi, ma qualcosa che è dentro l’esperienza tua presente, ma che è più grande dei tuoi criteri, tant’è vero che non sapresti spiegarlo.

275 – La fede porta a conoscere la verità delle cose, quella verità per cui l’uomo è fatto, quella verità verso cui l’uomo cammina – libertà, quella verità che non può essere scoperta con le analisi realizzate dai propri criteri, né riconoscibile automaticamente, ma soltanto accettata -; aderendo così al criterio di un Altro, del Mistero: l’obbedienza della fede, la fede come obbedienza.


Fede e natura umana

224 – La fede ti fa conoscere un fattore presente nella vita del tuo io, nella tua vita, che è più forte ancora della natura. Per natura dici: «Io ho il diritto alla giustizia: chissà!», il termine della sicurezza naturale è la parola «Chissà» (chissà mai, chissà cosa sarà, sarà quel che sarà). Invece la fede è coscienza di una Presenza in te e con te, più potente della natura tua, tanto è vero che non ti permette di dire «Chissà?»


Fede e ragione

166 – La fede è un fenomeno di conoscenza. Se è un fenomeno di conoscenza implica la ragione: no «si riduce», ma implica.

Perciò è un fenomeno di conoscenza che implica la ragione ed è un fenomeno di conoscenza di ciò che è, della realtà.

E siccome quello che dice la fede, nella realtà che la nostra ragione misura e capisce, non c’è, come fai ad ammetterlo questo più di quello che la ragione conosce? Perché soltanto di fronte all’ipotesi, all’annuncio, all’intuizione di questo più, il cuore sente la risposta a quello che c’è. Così la fede è la cosa più razionale che ci sia, perché compie la ragione, vale a dire, risponde finalmente a ciò che il cuore desidera, indica l’esistenza della realtà che compie ciò che il cuore desidera.

È qualcosa di presente in noi che decide dell’esistenza di qualcosa che è al di là di noi!

Per questo la fede è il gesto supremamente ragionevole..

La novità nel mondo è la possibilità di un incontro nel quale l’uomo percepisce che esiste la risposta del suo cuore, alle esigenze del suo cuore.

183 – Se la ragione è coscienza della realtà secondo tutti i suoi fattori, se tu riconosci che io ho la fede, anche se non capisci come avviene la vede – proprio non capisci -, sei costretto ad ammettere che c’è un fenomeno che si chiama fede.

Altrimenti, o sei uno sballato mentale e la parola della tua ragione è una parola a vanvera, oppure c’è qualcosa che non capisci ma c’è.

241 – La ragione non tiene, tutta l’energia della sua forza non tiene, non basta, neanche a compiere un solo gesto giusto, diceva Ibsen nel Brand. La fede è il primo fattore che ti fa conoscere la condizione per poter essere, per poter stare in piedi e camminare, che è la presenza di un Altro.

271ss – Con quale strumento della nostra personalità noi cogliamo questa Presenza? Con quello strumento che chiamiamo fede. Chiamiamo questo strumento «fede» per usare un termine che non si riconduca ed esaurisca nel concetto di ragione, perché la comprensione dell’esperienza nei suoi fattori immediatamente sperimentabili è della ragione, è la ragione che percepisce la nostra esperienza nei suoi fattori immediati, ma noi, nell’esperienza, sentiamo il soffio o la vibrazione o le conseguenze di una Presenza che non si può spiegare, sorprendente: un incontro sorprendente; perciò è qualcosa di oltre la ragione che lo può intuire e capire, e questo noi chiamiamo fede, che è un’intelligenza della realtà, è un’intelligenza dell’esperienza.

Perché coglie una cosa che la ragione non può cogliere: «la presenza di Gesù tra noi». La ragione non può percepirlo come percepisce che sei qui tu, è chiaro?

Perché Perché c’è un fattore qua dentro, c’è un fattore che decide di questa compagnia, di certi risultati di questa compagnia, di certe risonanze di questa compagnia, così sorprendente che se non affermo qualcosa d’altro non dò ragione dell’esperienza, perché la ragione è affermare la realtà sperimentabile secondo tutti i fattori che la compongono, tutti i fattori.

La fede è un atto dell’intelletto, è un atto di conoscenza che coglie la Presenza di qualcosa che la ragione non saprebbe cogliere.

Essere ragionevoli vuol dire affermare la realtà secondo la totalità dei fattori, e se uno di questi fattori è eccezionale, bisogna dire che c’è, anche se non si capisce come mai.


Fede e fiducia /povertà /speranza

177 – Noi attraverso la fede, per la fede, viviamo e ci vantiamo nella speranza della gloria di Dio.

Attraverso la fede noi arriviamo a capire che tutto questo moto […], lo scopo di tutto questo moto per cui ti alzi al mattino, ed è una cosa piccola, tutto ciò che si muove, la fede ci fa capire e vantare di capire che è per la gloria di Dio, nella speranza della gloria di Dio.

La fede ci fa sperare di vedere che tutto quanto si muove, si muove per la gloria di Dio; la fede ci fa sperare di vedere questo.

190 – La dinamica della fede è l’affermazione di un’esperienza; la speranza è il desiderio di qualcosa che accada nel futuro.

La fede come affermazione di una Presenza grande; la speranza come affermazione risolutiva di un desiderio, in cui i bisogni del cuore sono determinanti.

193 – Della memoria la speranza esalta la promessa (alleanza come dice la Messa); della fede la speranza esalta la promessa.

226 – La fede ti rende certo del destino per cui sei fatto e te lo fa conoscere, incomincia a fartelo conoscere; allora tu ti muovi, allora è la speranza che muove la fede. La speranza è come un fuoco che tira la fede, tira la conoscenza. La fede può essere faticosa; la speranza la rende meno faticosa, tira la fede.

La fede fonda, fa conoscere ciò per cui l’uomo è fatto e perciò rivela all’uomo ciò per cui l’uomo desidera, ciò che l’uomo desidera; allora l’uomo si mette a correre perché desidera, e questa è la speranza. La fede si sente a strattoni trascinata dalla speranza. Ma la serietà, la misura della serietà non è data dalla speranza ma dalla fede. La misura della serietà è data dalla verità, mentre la misura del gusto e del fascino è data dalla speranza.

255 – Attraverso la speranza, la fede diventa fiducia.

Dalla speranza alla fiducia l’ostacolo che può nascere è l’attribuire la certezza nel futuro a certe cose che possediamo.

256 – Allora si tratta di non possedere, almeno in quel modo si tratterebbe di non possedere, e la virtù che tratta del non possedere è la virtù della povertà.

La virtù della povertà apre lo spazio alla fiducia.

Il discorso cristiano […] dalla speranza fa nascere innanzitutto la povertà.

La povertà […] non ci fa sperare la felicità futura da un certo possesso presente, il certo possesso presente sarebbe contrario alla fede; ci fa sperare nel futuro, nella felicità futura, per la presenza di Cristo, per il possesso di Cristo presente.

276 – […] La fede diventa speranza, in quanto riguarda non più la sorpresa di una Presenza, la sorpresa di un avvenimento, ma la conseguenza di quello che si attende da ultimo, di quello che si attende in fondo: la fede diventa speranza.

279 – La speranza cristiana […] finisce in una certezza che tutto abbraccia.

280 – […] È l’oggetto scoperto dalla fede che sostiene tutto il nostro futuro, è l’oggetto scoperto dalla fede che sostiene tutto quanto l’ignoto della speranza, perché la speranza è piena di ignoto.

La speranza è fino al compimento: questo è introdotto dal concetto di fiducia.

La fiducia, perciò, ha dentro la speranza come compimento, cioè ha dentro la povertà come regola di vita.

È la povertà in senso positivo, è il senso positivo della povertà: la fiducia: fidere se alicui (affidarsi a uno)


Educazione alla fede

90 – La comunità è letteralmente, fisicamente Gesù che fa queste cose, Gesù presente. Allora è nella comunità che impari che cosa è il tuo destino; e ti dà la fede, governa ed educa la tua fede; ti fa capire che cosa è la libertà ed educa la tua libertà….

Perciò la comunità ti dice di non scandalizzarti della tentazione che provi e di non scandalizzarti neanche dell’errore che fai; ma indomabilmente riprendi la strada.


Inizio della fede

53ss – La fede incomincia esattamente con questa domanda: «Chi è costui?». Qui si pone il problema della fede, la risposta alla domanda è la risposta di fede: uno dice sì e l’altro no.

54 – Quando diceva una cosa che scandalizzava, perché la gente non la capiva, di solito non spiegava, ma ripeteva: «In verità, in verità vi dico: chi non mangia la mia carne e non beve il mio sangue non potrà avere la vita in sé».

Allora il brusio è diventato un vociaio più forte, più tonante; escono tutti così che la sinagoga si svuota e restano lì i suoi aficionados, i soliti. «Anche voi volete andarvene?». E Pietro: «Maestro, anche noi non comprendiamo quel che dici, ma se andiamo via da te, dove andiamo? Tu solo hai parole che spiegano la vita. È impossibile trovare uno come te. Se non devo credere a te, non posso più credere ai miei occhi, no posso più credere in niente».

(55) L’unica cosa razionale è il sì. Perché Perché la realtà che si propone corrisponde alla natura del nostro cuore più di qualsiasi altra immagine, corrisponde alla sete di felicità che noi abbiamo e che costituisce la ragione del vivere, la natura del nostro io, l’esigenza di verità e di felicità. Cristo corrisponde a questo, di fatto, più di qualsiasi immagine che possiamo costruire. Il no non nasce da ragioni, mai: nasce da uno scandalo.

70 – Le caratteristiche per cui ti si rivela la verità della fede sono le caratteristiche in cui tu ti imbatti in un incontro: è un incontro lo strumento, il fenomeno per cui ti accosti alla fede.


Tentazione contro la fede

220 – Essere attaccati alla propria opinione esige la perdita della semplicità, l’introduzione di una presunzione e il prevalere della propria immaginazione sull’attesa. È esattamente il grande pericolo che tutti noi corriamo: il prevalere delle nostre immagini sull’attesa di Dio che ci ha destato nel cuore e che Cristo ci ha rinnovata, anzi ci ha precisata.

Il prevalere della propria immaginazione è realmente la grande tentazione contro la fede in Gesù, quindi contro l’obbedienza a Dio.


Fedeltà

35 – «Beato chi è fedele ai tuoi insegnamenti e li cerca con tutto il cuore» Beato vuol dire lieto: ha l”animo diverso da come tutti vivono. La parola «Insegnamento» indica la realtà come disegno, come ordine; «Beato chi è fedele» indica chi aderisce alle cose come naturalmente, cioè originalmente, cioè divinamente sono impostate.

36 – Dio, il Mistero per cui siamo fatti, lo si trova dentro il disegno delle cose; se si è fedeli al suo disegno, dentro lì si trova qualcosa d’altro.

«Fammi vivere sulla tua via»: insomma, rendimi sempre più fedele alle cose come le hai fatte Tu, alle cose perseguite e usate secondo il disegno con cui Tu le hai fatte, e allora sarò felice.

63 – La strada al destino non è descritta né, tanto meno, salvata dall’innamoramento che quel povero disgraziato ha avuto per la segretaria, ma dal fatto dell’essere fedele a sua moglie e alla sua bambina, cioè al compito che Dio gli aveva affidato.

206 – La fedeltà nell’appartenenza, che è la stoffa della pazienza o la fatica della speranza, ha un modo di esprimersi. Quale? La domanda; è il domandare, o meglio ancora, è mendicanza. Domanda e mendicanza al Cristo presente.

238 – La fatica si sa che cosa è. La fatica è nemica, è tentazione contro la fedeltà.

350 – Attaccamento all’altro, affezione all’uomo; sia come devozione (rispetto), sia come fedeltà (continuità del rispetto).

398 – Chi è stato raggiunto da un carisma non può più seguire Cristo abbandonando il carisma: sarebbe un tradimento.

Se sei stato chiamato attraverso queste circostanze, attraverso queste circostanze tu raggiungerai la tua felicità, aiuterai gli uomini, amerai al gente.

399 – «Chi permarrà in me, chi sarà fedele nell’appartenermi allora farà cose come io ne ho fatte e ne farà di ben più grandi»

cfr. Gv 14,12; Gv 15,5-16

428 – La fedeltà mantenuta mantiene tutto, ma mantenere la fedeltà è sacrificio. Perché uno si innamora: è con sua moglie, vede una certa donna dall’altra parte della strada, guarda là; deve rinunciare, deve strapparsi via e la fedeltà con sua moglie è premiata, non subito, ma nel lungo arco del tempo; mentre nel lungo arco del tempo quella, l’avesse seguita, si sarebbe volatilizzata, trentaquattro anni prima!


Felicità

36 – Dire di volere una cosa che desidero, sennò non sarei felice, è una bugia, perché anche con essa non lo sarai.

«Fammi vivere sulla tua via»: insomma, rendimi più fedele alle cose come le hai fatte Tu, alle cose perseguite e usate secondo il disegno con cui Tu le hai fatte, – e allora sarò più felice.

155 – L’ultima idea dell’uomo è che l’uomo è una libertà, cioè qualcosa fatto per la felicità: e, paradossalmente, l’inferno nasce qui. Senza inferno non ci sarebbe la libertà, senza possibilità dell’inferno non ci sarebbe libertà. Perché? Perché la libertà implica la possibilità di dire no, e dire no è l’inferno: l’inferno è un grande no.

194 – Senza la fede, questa certezza di felicità non può essere ragionevole, ma acquista la forma, una forma che le dà il cuore stesso, prendendo pretesto da qualche presenza che non è ancora la grande Presenza (l’uomo per la donna, il bambino per la madre, i soldi per chi ama i soldi, l’esito politico per chi fa politica) e questo si chiama sogno; il cuore dell’uomo è tentato dal sogno.

Invece, il cuore dell’uomo è fatto per la felicità. Se riconosce la grande Presenza, se vive la certezza nella grande Presenza, capisce che è dalla grande Presenza che può venire la ragione della certezza che i suoi desideri si attuino: perciò domanda con l’aiuto della grande Presenza di raggiungerli così come essa vi ha dato forma eterna: questa forma si chiama ideale. Cioè, la speranza si traduce in desiderio di sogno o un desiderio ideale.

284 – Non progetti di perfezione, ma guardare in faccia Cristo, guardare uno! Semplicissimo, facilissimo….ma scomodissimo, scomodissimo perché non puoi più seguire te stesso. La felicità è seguire un altro.

327 – Dio dà all’uomo l’essere: dà all’uomo di essere; dà all’uomo di essere completamente se stesso, di crescere fino alla sua compiutezza, cioè dona all’uomo di essere felice (felice, cioè totalmente soddisfatto o perfetto; come ho sempre detto, in latino o in greco, perfetto e soddisfatto sono la stessa parola: perfectus, cioè perfetto o compiuto, soddisfatto è un uomo compiuto).

369 -Cos’è questa gioia e donde ti viene? Questa gioia è il desiderio della felicità, donde ti viene? Ti viene dalla tua origine stessa, da Colui che ti crea. Perciò il desiderio della felicità in te si fonda sul tatto che sei stata creata per la felicità; chi ti ha creata ti ha fatta per la felicità, perciò tu non puoi non desiderare la tua felicità.


Felicità e libertà

155 – L’ultima idea dell’uomo è che l’uomo è una libertà, cioè qualcosa fatto per la felicità: e, paradossalmente, l’inferno nasce qui. Senza inferno non ci sarebbe la libertà, senza possibilità dell’inferno non ci sarebbe libertà. Perché? Perché la libertà implica la possibilità di dire no, e dire no è l’inferno: l’inferno è un grande no.


Festa

285ss – «Tu mi sei fedele. Io sono debolissimo, tu mi sei fedele: sono capace di tutto», è da questa fiducia profonda e semplice che nasce il banchetto più grande. Vale a dire, l’esito continuo di questa nostra vita, che sarebbe così sciammannata, così impoverita, così vigliacca, così meschina, così brutta, così sporca… l’esito è una grande festa.

È la festa che qualifica ogni risveglio, ogni mattina, ogni volta che lo guardi e dice «O Dio, perdonami»: è una festa, accade la festa.

286 – La fiducia è uno stato d’animo tale che da qualsiasi posizione tua tira fuori la festa. Se tu hai fiducia, anche da tutte le tue debolezze nasce una capacità di vittoria insieme a Colui che è la tua forza, nasce una capacità di vittoria che è baldanza di quei sette o otto discepoli che lo avevano seguiti per primi.


Fidarsi

cfr. fiducia

Capacità di fidarsi e «io» / personalità

28ss –

Perché “A“, per fidarsi di “B“, deve impegnare tutto se stesso. […] è il mio io che ha fiducia di Nadia, sono io. E quando dico «io» intendo: ragione, occhi, cuore, tutto.

Questo gesto, con cui la ragione conosce perché si fida di un altro, implica una ragione più completa, una ragione in tutti i suoi nessi con gli altri aspetti della personalità.

A scuola sfidavo gli alunni citando il proverbio: «Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio»: non c’è nessun proverbio più cretino di questo.

Chi è più se stesso, chi ha più in mano se stesso, chi si possiede di più, chi è più unito nell’organismo del suo io, chi è più unito, la persona in cui tutte le cose sono a posto, fa molto meno fatica a capire se fidarsi dell’altro o no; chi invece è patologico non si fida mai di nessuno, non riesce a fidarsi più di niente, si tagli via dalla vita.

31 – Quanto più uno è morale, tanto più è capace di fidarsi; quanto meno uno è morale, tanto meno è capace di fidarsi, perché l’immoralità è una schizofrenia o una dissociazione psichica.

157 – « Nella lezione sulla fede ci hai detto che solo l’io morale, l’io unito è capace di fidarsi…

Un momento: cosa vuol dire l’io morale, l’io unito? L’io morale che cosa è? L’io vero! L’io unito cos’è? È l’io non diviso, perciò l’io vero. Allora: solo l’io vero è capace di fidarsi.


Ragionevolezza del fidarsi

25 – Se vedo io è un conto, ma come faccio ad essere altrettanto sicuro di quel chem i dice Nadia? Se ho delle ragioni adeguate per fidarmi di Nadia e non mi fido, faccio un atto irragionevole cioè contro me stesso; se ho delle ragioni adeguate per fidarmi di Nadia, è ragionevole che io mi fidi di lei. Perciò, se ci sono ragioni adeguate per fidarmi di Nadia è giusto che io, come conseguenza, accetti e riconosca quel che dice Nadia. Perché se non ho ragioni per diffidare di Nadia e ne diffido, vado contro la ragione.

Quindi la fede, prima di tutto, non è soltanto applicabile a soggetti religiosi, ma è una forma naturale di conoscenza, una forma naturale di conoscenza indiretta: di conoscenza però!

38 – Per fidarsi di una persona in un modo giusto e ragionevole occorre impegnare tutta la realtà della propria persona, occorre applicare l’acume dell’osservazione, occorre implicare una certa dialettica, occorre una sincerità del cuore, occorre che l’amore alla verità sia più forte che non l’antipatia, per esempio, che possa nascere, occorre un amore alla verità. È tutta la persona che viene impegnata.

41 – Da un punto di vista razionale è chiaro che uno, se raggiunge la certezza che una persona sa quel che dice e non lo vuole ingannare, allora logicamente deve fidarsi, perché se non si fida va contro se stesso, va contro il giudizio formulato che quella persona sa quel che dice e non vuole ingannare. La fiducia è un problema di coerenza, di coerenza con una evidenza della ragione, una evidenza raggiunta direttamente o attraverso il testimone, subito o in seguito a una convivenza.


Fiducia

cfr. fidarsi

41 – Da un punto di vista razionale è chiaro che uno, se raggiunge la certezza che una persona sa quel che dice e non lo vuole ingannare, allora logicamente deve fidarsi, perché se non si fida va contro se stesso, va contro il giudizio formulato che quella persona sa quel che dice e non vuole ingannare. La fiducia è un problema di coerenza, di coerenza con una evidenza della ragione, una evidenza raggiunta direttamente o attraverso il testimone, subito o in seguito a una convivenza.

278 ss – La fiducia è affidarsi a uno. La povertà non è destinata a lasciarci sospesi su un vuoto, ma la povertà che nasce dalla speranza è destinata a fondare, a esaltare, a ingrandire, a riempire tutto il mondo, che i nostri occhi avidamente vedono, di fiducia. L’esito della povertà che nasce dalla speranza si chiama fiducia, che è il contrario dell’essere sospesi su un vuoto.

La fiducia è il contrario dell'essere sospesi su un vuoto: è l'essere sospesi su un pieno.

280 – È quel Gesù che sentivano parlare, che Giovanni e Andrea guardavano in faccia, è quel Gesù lì che portava tutto il peso del loro futuro, fino al loro destino: si chiama fiducia la nuova parola che dobbiamo dire.

quell’uomo creava in loro una fiducia cui Pietro diede voce nel sesto capitolo di San Giovanni quando disse: «Maestro, anche noi non comprendiamo quello che tu dici, ma se andiamo via da te, dove andiamo? tu solo hai parole che spiegano la vita», che portano il peso della vita, secondo una traiettoria che va a finire al destino, cioè al nostro compimento,

La speranza è fino al compimento: questo è introdotto dal concetto di fiducia.


Certezza della fiducia

314ss – «Io volevo chiedere ulteriormente perché la fiducia è certa».

La fiducia è generata dal fatto che siamo certi che l’oggetto della nostra speranza, la felicità, ci sarà data, perché Dio è morto per quello. La certezza della speranza coincide con la certezza di quell’abbandono che si chiama fiducia.

Nella fede la certezza è dell’essenza della questione.

316 – Allora, la certezza della speranza si rovescia tutta nell’abbandono della fiducia; perciò la fiducia è certa, la fiducia reca con sé, trascina con sé una certezza che rallegra il cuore anche nei momenti peggiori.

317 – La certezza della fiducia non è nient’altro che il corollario, la conseguenza della certezza della speranza..

Cosa è la speranza la certezza che avverrà, la certezza del futuro. Su cosa si poggia? Sulla certezza di un presente.


Corollari della fiducia

281ss – Abbandono. Abbandono richiama ancora la parola povertà, come se uno dovesse privarsi di qualcosa, invece non è privarsi: l’abbandono è come il bambino con la madre, è la sicurezza.

Il segno dell’abbandono è come se a uno si prosciugassero tutte le sorgenti dell’orgoglio; non si inorgoglisce più, gli diventa impossibile inorgoglirsi perché niente è suo, e tutto diventa suo se niente è suo. Se tu sei il Signore e quindi tutto è tuo, se io riconosco questo, diventa tutto mio: ti seguo e diventa tutto.

283 – «Tutto posso in colui che è la mia forza». Questo ottimismo decide di ogni risveglio, di ogni ripresa di coscienza. Non arzigogolare e tendere alla perfezione, ma guardare in faccia Cristo: se uno guarda in faccia a Cristo, se una guarda in faccia a una persona a cui vuol bene, tutto in lui si rimette a posto, tutto corre a posto.

284 – Guardare in faccia Cristo cambia. ma perché cambi, bisogna guardargli in faccia veramente, col desiderio del bene, col desiderio della verità.

È questa la vera rivoluzione del mondo: la fede come conoscenza, e la carità, guardare in faccia Cristo, come morale.

285ss – «Tu mi sei fedele. Io sono debolissimo, tu mi sei fedele: sono capace di tutto», è da questa fiducia profonda e semplice che nasce il banchetto più grande. Vale a dire, l’esito continuo di questa nostra vita, che sarebbe così sciammannata, così impoverita, così vigliacca, così meschina, così brutta, così sporca… l’esito è una grande festa.

È la festa che qualifica ogni risveglio, ogni mattina, ogni volta che lo guardi e dice «O Dio, perdonami»: è una festa, accade la festa.

286 – La fiducia è uno stato d’animo tale che da qualsiasi posizione tua, tira fuori la festa. Se tu hai fiducia, anche da tutte le tue debolezze nasce una capacità di vittoria insieme a Colui che è la tua forza, nasce una capacità di vittoria che è baldanza di quei sette o otto discepoli che lo avevano seguiti per primi.


Fiducia e abbandono

281ss – Abbandono. Abbandono richiama ancora la parola povertà, come se uno dovesse privarsi di qualcosa, invece non è privarsi: l’abbandono è come il bambino con la madre, è la sicurezza.

Il segno dell’abbandono è come se a uno si prosciugassero tutte le sorgenti dell’orgoglio; non si inorgoglisce più, gli diventa impossibile inorgoglirsi perché niente è suo, e tutto diventa suo se niente è suo. Se tu sei il Signore e quindi tutto è tuo, se io riconosco questo, diventa tutto mio: ti seguo e diventa tutto.

283 – «Tutto posso in colui che è la mia forza». Questo ottimismo decide di ogni risveglio, di ogni ripresa di coscienza. Non arzigogolare e tendere alla perfezione, ma guardare in faccia Cristo: se uno guarda in faccia a Cristo, se una guarda in faccia a una persona a cui vuol bene, tutto in lui si rimette a posto, tutto corre a posto.


Fiducia e fede / speranza

255 – Dobbiamo vedere che cosa nasce dalla speranza, che non è nient’altro che l’espandersi della sicurezza della fede al futuro.

Attraverso la speranza, la fede diventa fiducia.

Dalla speranza alla fiducia l”ostacolo che può nascere è l’attribuire la certezza del futuro a certe cose che già possediamo.


Fiducia e festa

285ss – «Tu mi sei fedele. Io sono debolissimo, tu mi sei fedele: sono capace di tutto», è da questa fiducia profonda e semplice che nasce il banchetto più grande. Vale a dire, l’esito continuo di questa nostra vita, che sarebbe così sciammannata, così impoverita, così vigliacca, così meschina, così brutta, così sporca… l’esito è una grande festa.

È la festa che qualifica ogni risveglio, ogni mattina, ogni volta che lo guardi e dice «O Dio, perdonami»: è una festa, accade la festa.

286 – La fiducia è uno stato d’animo tale che da qualsiasi posizione tua tira fuori la festa. Se tu hai fiducia, anche da tutte le tue debolezze nasce una capacità di vittoria insieme a Colui che è la tua forza, nasce una capacità di vittoria che è baldanza di quei sette o otto discepoli che lo avevano seguiti per primi.

L’esito della fiducia è sempre una festa, pensate a una festa in grande come l’ha fatta il padre del figliol prodigo: travolge tutto , tutta la casa era travolta.


Fiducia e generazione

287ss – Ma è una festa che rende l’adulto principio di una nuova storia, artefice e protagonista di una storia nuova nel mondo, vale a dire creatore di un popolo, generatore di un popolo:

per creare un popolo bisogna generare.

288 – L’esito della fiducia è che tu diventi origine di un popolo, attraverso ciò che ti è vicino, come una realtà sponsale che genera qualcosa che ti è intimo – parte della tua casa.

305 – «La fiducia, che è la speranza come compimento, rende l’io principio di una nuova storia nel mondo, creatore di un popolo».

Rende l’io principio di una nuova storia nel mondo, lo fa agire; solo una certezza fa agire contro tutti e contro tutto. Solo una certezza finale dà il coraggio, la forza e la fedeltà di creare, di generare.

Non è una generazione umana, se non si realizza come creazione di un popolo, se non è collaborazione a creare un popolo nuovo, cioè una umanità nuova, ma una umanità reale.

Se in un paese c’è una casa del Gruppo Adulto, che vive la sua vocazione, in quel paese qualcosa di nuovo cresce, e si vede nell’uno, nell’altro, non in tutti uguale.


Fiducia e letizia

286 – L’esito della fiducia è sempre una festa.

Travolge tutto […] ci rende lieti, la conseguenza ultima della fiducia è la letizia.

Travolge tutto, perfino noi stessi, e ci fa lieti.

Così che se uno fosse triste e avvilito, la fiducia e l’ottimismo di ogni risveglio, ogni risveglio diventa una festa.


Fiducia e missione

286 – L’esito della fiducia è sempre una festa. …] travolge tutto, e questo, si chiama missione, fare della propria vita una missione. Uno si alza al mattino per una missione, uno va a scuola per una missione, e uno scopo la casa per una missione e uno fa i raduni della casa per una missione. La parola missione gonfia tutto, perfino quello che è in noi, travolge tutto quello che è in noi.

Travolge tutto, rende la nostra vita gonfia di missione, travolge tutto in noi e ci rende lieti.


Fiducia e perdono

302 – «Perché parlando della fiducia ha parlato del perdono? Riflettendoci sopra, mi è venuto in mente che senza questa parola, la fiducia (cioè dire a Cristo “Tu sei la mia forza”) sarebbe un’astrazione, sarebbe un futuro senza base».

Sarebbe una prospettiva senza oggetto e senza orizzonte; sarebbe una prospettiva senza orizzonte, senza contenuto. Perché secondo voi, senza perdono non ci potrebbe essere fiducia? Perché l’uomo è peccatore ed è impossibile che non erri, che non sbagli, ed è debole di fronte a tutto (la sua forza è un Altro).

Così nessun nostro sbaglio, nessun nostro peccato, nessun nostro delitto sarebbe obiezione alla vocazione.

Il vero problema non è il proposito «Non ucciderò più», ma il vero proposito è «Mi affido a Te, mi appoggio alla tua forza» e così non uccido più.


Fiducia e povertà / speranza

255 – Attraverso la speranza la fede diventa fiducia.

278ss – Dalla speranza alla fiducia l’ostacolo che può nascere è l ‘attribuire la certezza del futuro a certe cose che già possediamo.

280 – Allora si tratta di non possedere, […] la virtù che tratta del non possedere è la virtù della povertà.

La virtù della povertà apre lo spazio alla fiducia …che è paradossale […] lo spazio che apre alla fiducia il non possedere sembra contraddittorio, anzi è contraddittorio. E invece il discorso cristiano, secondo la sua solita sorpresa, secondo il suo solito sorprendente atteggiamento, dalla speranza fa nascere innanzitutto la povertà.

314ss- «Io volevo chiedere ulteriormente perché la fiducia è certa»

La fiducia è generata dal fatto che siamo certi che l’oggetto della nostra speranza, la felicità, ci sarà data, perché Dio è morto per quello. La certezza della speranza coincide con la certezza di quell’abbandono che si chiama fiducia.


Fiducia e sicurezza

283 – «Tutto posso in Colui nel quale è la mia forza». Vale a dire, una sicurezza totale anche di fronte a tutta la propria debolezza.

Se riconosco che la mia forza è in Te, nessuna mia debolezza mi può fermare.


Ostacolo alla fiducia

256 – Cosa potrebbe ostacolare la fiducia, così come la libertà può insorgere e impedire l’obbedienza? L’ho già quasi detto: qualcosa che noi già possediamo, nel quale riponiamo, appunto, la fiducia; qualcosa che già possediamo.

La virtù della povertà apre lo spazio alla fiducia.


Filosofia /filosofo

341 – La verità della vita è, dunque, affermare l’essere – anche l’oggetto di ogni filosofia è affermare l’essere, anche quando lo negano per un preconcetto che introducono in principio – e questo porta con sé una affezione, un attaccamento, che può essere duro come la pietra.


Filosofia moderna

295 – Tutta la filosofia moderna fugge da questo e perciò fugge dalla concretezza dell’essere e nega addirittura, nega facilmente, la consistenza delle cose e getta tutto nella voragine del nostro sogno, in una voragine di sogno.


Filosofia stoica

205 – Vi ricordate l’Atlante antico, il gigante che portava il mondo? Quella era una immagine stoica, una presunzione della magnanimità stoica, una presunzione, perché l’uomo non porta il mondo; se pretende portarlo a un certo punto il mondo lo schiaccia; e questa è la filosofia del mondo più dignitosa: quella dell’Atlante stoico.

255 – La pazienza è vicina a questo in quanto deve patire, cioè sopportare questo, è il concetto di pazienza come sopportazione; ma si distingue dalla magnanimità stoica in quanto è l’inverso di essa, in quanto è umile sicurezza della forza di un Altro.


Fine del mondo

182 – «La speranza riguarda solo la fine del mondo, il futuro ultimo o anche cose che vengono prima nella nostra vita

Riguarda il futuro. La fine del mondo è semplicemente la fioritura della fine del mondo. Stiamo parlando del futuro.

289 – «Di quel giorno [della fine e la fine sarà la grande festa di Cristo, dell’uomo Cristo: tutto il mondo vedrò e dirà «era vero»] nessuno sa, neanche il figlio dell’Uomo [neanche Cristo] e neanche gli angeli di Dio, ma solo il mistero del Padre [il mistero della creazione]»

317 – Risponde ad una domanda degli apostoli: «Di questo nessuno sa, neanche il Figlio dell’Uomo, ma solo il Padre che sta nei cieli». È mistero quel giorno, quella grazia che investe tutto, quel sole, quell’aurora, quel giorno che viene non per un affanno nostro, ma come una grande grazia»


Forza

202 – La forza di Gesù. La cosa supremamente importante è che la forza di quella realtà presente che si chiama Gesù, la forza di Gesù non ci abbandonerà mai ed è più forte di qualsiasi difficoltà o fatica.

«T’amo, Dio, mia forza» (Sal 18,2) o come diceva san Paolo: «Di tutto io sono capace in colui nel quale è la mia forza» (Fil 4,13)

210 – Qual è la forza che il popolo ebraico ha avuto nel camminare per quarant’anni verso un destino che non conosceva? Che Dio era con loro, la forza era Dio con loro, la forza di Dio con loro si chiamava Alleanza. Il termine della speranza sotto che forma era stato reso noto a loro? Come promessa.

225 – La fede è la coscienza di una Presenza che ti chiarisce lo scopo della vita senza possibilità di incertezze e ha una forza tale per cui con Lui tu raggiungerai ciò per cui sei fatto; con Lui raggiungerai Lui.

255 – La pazienza è vicina a questo in quanto deve patire, cioè sopportare questo, è il concetto di pazienza come sopportazione; ma si distingue dalla magnanimità stoica in quanto è l’inverso di essa, in quanto è umile sicurezza della forza di un Altro.

283ss – Tutto posso in Colui che mi dà forza. Vale a dire, una sicurezza totale anche di fronte a tutta la propria debolezza.

318 – Ma come fa uno, un ometto, lui, io, a sostenere una cosa così per anni, anni, anni, portando avanti centinaia, centinaia di persone? Di chi è la forza? nostra? No, è un’altra cosa, è un mondo nuovo che si è inserito nel vecchio mondo e cammina come un flusso d’acqua che scava la terra e si apre il varco come un ruscello o come un fiume, fin quando non arriverà al mare.


Futuro

198 – La speranza come certezza nel futuro; e il dinamismo di tale certezza, che è il desiderio.

199 – Fra la certezza della fede e il seme che essa è di una certezza futura c’è un periodo che può sembrare incertezza. In che senso incertezza? Nel senso che ancora non è delineata la figura di questo futuro.

297 – Ci siamo affidati ad una speranza a vuoto: quel mettersi di fronte al futuro dicendo speriamo, che è privo di senso, che è vuoto.


Indice lettera “F”

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