Libro esercizi di don Giussani “Dare la vita per l’opera di un Altro” – Collana “Cristianesimo alla prova”.
Prefazione: «È LA VITA DELLA MIA VITA, CRISTO» di Juliàn Carròn
NB: In rosso le citazioni letterali del libro
Da che cosa è determinata la realtà storica in cui siamo immersi?
Dalla prevalenza dell’etica sulla ontologia.
È il giudizio che don Giussani formula alla fine degli anni novanta. Si trattava per lui del culmine di una traiettoria iniziata secoli prima, con l’epoca moderna e il dilatarsi dell’influsso razionalista, che plasmò l’atteggiamento della cultura e dello Stato verso il cristianesimo e la Chiesa.
Da lì in avanti il primato dell’etica rispetto all’ontologia diviene fattore generale.
«Anche la Chiesa, attaccata dal razionalismo, ha sottolineato al popolo e nella sua teologia l’etica, dando come presupposta l’ontologia, quasi obliterandone la forza originante»
pagina 20
Gran parte della Chiesa si era attestata su quello che anche gli altri – detrattori inclusi – potevano capire o dovevano ammettere: l’etica fondamentale, i valori morali, lasciando sullo sfondo il contenuto dogmatico del cristianesimo, la sua ontologia, cioè l’annuncio che Dio si è fatto uomo e che questo avvenimento permane nella storia attraverso una realtà umana, fatta di persone che documentano la pienezza che Cristo provoca nella vita di coloro che Lo riconoscono e Lo seguono.
In conseguenza di ciò, anche la predicazione nella Chiesa si è prevalentemente incentrata sui richiami etici.
Quando questo accade, le fede perde la sua ragionevolezza e la sua capacità di generare la vita del popolo cristiano.
Sembrava ovvio e più facile appellarsi alla morale cattolica per conservare una presa sulle persone. Non si riteneva necessario offrire ragioni adeguate per seguire la Chiesa.
Ma quando il contesto sociale è diventato più variegato e multiculturale, tutto è cambiato.
E processo di erosione ha subito una improvvisa accelerazione.
Esserci arroccati sulla difesa della morale – pur giusta nei suoi principi – non ha retto davanti al dilagare di una mentalità contraria, che ha preso sempre più il sopravvento, imponendo nuovi valori e nuovi diritti.
Non proponendosi nella sua ontologia, come avvenimento di vita capace di corrispondere al desiderio profondo dell’uomo, un cristianesimo ridotto a morale ha progressivamente perso la sua attrattiva.
Così tanti nostri contemporanei nascono e vivono indifferenti ad esso e alla fede.
Il processo inizia, afferma Giussani, «senza che nessuno se ne accorga», da «un distacco del senso della vita dall’esperienza».
«La sostanza della questione è chiarita nella lotta che si sviluppa sul modo di intendere il rapporto tra ragione ed esperienza»
pag. 73-74
Alla radice di quel divorzio, di quella separazione tra Dio e l’esperienza, vi è cioè una riduzione, di carattere conoscitivo, relativa al modo di concepire il rapporto tra ragione ed esperienza.
Che cosa intende Giussani per esperienza?
È nell’esperienza che la realtà si rivela, e si rivela come qualcosa di dato, di non prodotto da noi, che rimanda ad altro come sua origine ultima.
E la ragione è lo sguardo a cui accade questa rivelazione, è il livello della realtà in cui la realtà diviene consapevole di sé come proveniente da altro.
Osserva Giussani:
«Jean Guitton confermandoci nel nostro inquieto disagio, ci ha dato il conforto di farci sentire la giustezza del nostro atteggiamento circa il nesso tra ragione e vita quando ha detto che “ragionevole è sottomettere la ragione all’esperienza»
pag. 75
Perché sarebbe ragionevole questo atto di sottomissione? Perché se l’esperienza è il rendersi trasparente della realtà, la ragione è al servizio di tale trasparenza, ne è lo strumento.
Se, infatti, si «usa male la ragione, se essa viene concepita come «misura» della realtà. risulta compromesso tutto il conoscere dell’uomo, l’intera sua avventura umana.
Ci sono tre possibili gravi riduzioni che influenzano i comportamenti della vita:
Prima riduzione
«Invece di un avvenimento, l'ideologia».
Che cosa implica questa alternativa? L’uomo può rapportarsi alla realtà con una iniziativa mossa da ciò che accade, oppure con una iniziativa oscura, tende a prevaricare ciò che accade, obbedendo a qualcosa che «non scaturisce da un suo modo di reagire alla cose che incontra, in cui si imbatte, ma da preconcetti».
Il preconcetto,
«Per farsi strada tra i pensieri della gente e tra i giudizi della società, deve essere sviluppato. Il suo sviluppo è la logica di un discorso che diventa ideologia. La logica di un discorso che parte da un preconcetto e vuole sostenerlo e imporlo si chiama ideologia»
pagina 77-78
Questa è la lotta che ciascuno di noi ingaggia, con maggiore o minore consapevolezza, ogni giorno.
«La nostra vita cristiana, la nostra fede e la nostra morale concreta, la nostra impostazione della vita sono determinate dalle ideologia correnti oppure dalla fattualità, dalla supremazia del nostro esistere, delle cose come avvengono, delle cose in cui ci si imbatte, delle cose cui si reagisce in un certo modo, dei fatti: fatti come avvenimenti»
pagina 78-79
Perché si possa vivere intensamente il reale, occorre essere raggiunti da un avvenimento grande, origine presente, «principio fondante di tutta l’esperienza umana». Non può essere un passato a fondare l’esperienza umana.
Seconda riduzione
Separazione tra segno e apparenza
«Se l’uomo cede alle ideologie dominanti, insorge dalla mentalità comune, si verifica […] una separazione tra segno e apparenza; da ciò consegue la riduzione del segno ad apparenza. Più si ha coscienza di ciò che il segno è, più si capisce la lordura e il disastro di un segno ridotto ad apparenza»
pagina 80
Ma che cosa è il segno? Il segno è una realtà sperimentabile il cui senso è un’altra realtà; esso rivela il suo significato conducendo ad un’altra realtà.
Esaurire l’esperienza del segno nel suo aspetto percettivamente immediato o apparenza non dice tutta l’esperienza che abbiamo delle cose.
Eppure questa è una tentazione cui facilmente cediamo, quasi senza accorgercene.
Quando si blocca la capacità dell’intelligenza di addentrarsi alla ricerca del significato, si consuma, per dirla con Finkelkraut, la «destituzione» del visibile, affermando
«che quel che capita, “capita perché capita”, evitando così l’urto e l’esigenza di guardare il presente […] nel suo rapporto con la totalità»
pagine 80-81
Al contrario, afferma acutamente Giussani, «l’idea di segno [—] fa entrare operativamente nella vita il significato delle cose
Qui Giussani introduce una espressione molto coraggiosa:
«Mistero (cioè Dio) e segno (cioè la realtà contingente in quanto sempre rimanda ad altro; anche un sasso piccolissimo, per essere se stesso, rimanda alla sorgente dell’Essere), […] in certo qual senso coincidono». (Che cosa intende dire?) «Che il Mistero è la profondità del segno, il segno indica la presenza del Mistero profondo, del Dio creatore e redentore, del Dio Padre. Il segno indica ai nostri occhi la presenza di Altro, del Mistero profondo, per tutte le cose, la segnala ai nostri occhi, alle nostre orecchie, alle nostre mani».
pagina 81-82
Cogliere il valore di ogni cosa in quanto rimando ad Altro, è nella natura della ragione.
Mentre l’ideologia si presenta come tendenza ad affermare come concreto solo l’apparente, quello che si vede, si sente e si tocca: è questo l’atteggiamento che resta operante pur sotto il fragoroso crollo delle grandi ideologie del Novecento.
Terza riduzione
Riduzione del cuore a sentimento
Ecco comparire la terza riduzione: «L’eliminazione del valore del segno implica, per un verso come causa e per l’altro come conseguenza, la riduzione del cuore a sentimento».
«La nostra responsabilità è resa vana proprio dal cedere all’uso del sentimento come prevalente sul cuore» che invece è
«Il fattore dominante dell’umana personalità; il sentimento no, perché preso da solo il sentimento agisce come reattività, in fondo è animalesco».
pagina 84-85
«Non ho ancora compreso quale sia il tragitto dell’esistenza […]. Eppure è tanto chiaro: bisogna vincere l’abbandono voluttuoso, smettere di considerare gli stati d’animo quali scopo a sé stessi».
Pavese – Il mestiere di vivere. Diario 1935 con il taccuino segreto.
Per Giussani
«il cuore indica l'unità di sentimento e ragione. Esso implica una concezione di ragione non bloccata, una ragione secondo tutta l’ampiezza della sua possibilità: la ragione non può agire senza quel che si chiama affezione. È il cuore – come ragione e affettività – la condizione dell’attuarsi sano della ragione. La condizione perché la ragione sia ragione è che l’affettività la investa e così tutto l’uomo. Ragione e sentimento, ragione e affezione: questo è il cuore dell’uomo.»
pagina 85
Come uscire da queste riduzioni? solo discutendone? Sforzandosi di invertire la tendenza? No
Si tratta di imbattersi in una umanità irriducibile ad esse, in una presenza che liberi l’io dalla gabbia che si è costruito tutto intorno, che rompa la misura dell’apparenza, svincoli dalla legge della reattività e faccia «vivere intensamente il reale».
«La realtà di Gesù, una volta conosciuta, era sentita, guardata e trattata, da chi era stato percosso dalla sua pretesa, come segno di un’altra, rimandava ad altro. Come appare chiaro nel Vangelo di Giovanni, Gesù non concepiva l’attrattiva sua sugli altri come un riferimento ultimo a sé, ma al Padre: a sé perché, Lui potesse condurre al Padre, come conoscenza e come obbedienza».
pagina 96
«La fede in Cristo, come appare evidente dall’insorgere del fatto cristiano, è conoscere una Presenza come eccezionale, essere colpiti da essa e, quindi, aderire a quello che essa dice di sé. È un fatto: è un fatto che ha reso possibile l’insorgenza cristiana nel mondo. Ora, noi non vogliamo se non conoscere e vivere ciò che è accaduto».
pagina 97
La fede è riconoscere una presenza eccezionale, riconoscere il divino presente in una determinata realtà umana.
La fede non è una emozione,
«Non è un sentimento cangiante che identifica l’esistenza di Dio come gli pare e vive la religiosità come gli piace. Essa è un giudizio che afferma una realtà, il Mistero presente.
La fede è razionale, in quanto fiorisce sull’estremo limite della dinamica razionale come un fiore di grazia, cui l’uomo aderisce con la sua libertà.»
[Ma come fa la nostra libertà a aderire a questo fiore “incomprensibile come origine e fattura”? Assecondando]
« Con semplicità quello che la ragione percepisce come eccezionale, con quell’immediatezza certa, come avviene per l’evidenza inattaccabile e indistruttibile di fattori e momenti della realtà, così come entrano nell’orizzonte della propria persona».
pagina 98
Cristo si offre alla nostra libertà, non si impone ad essa. È quello che è accaduto all’inizio (con Giovanni e Andrea).
(Pensando ai giovani credenti, culturalmente avveduti) Ratzinger:
«Come mai la fede ha ancora successo? Direi perché essa trova corrispondenza alla natura dell’uomo.
[…] Nell’uomo vi è un’inestinguibile desiderio di infinito. Nessuna delle risposte che si sono cercate sono sufficienti. Solo Dio si è reso finito, per infrangere la nostra finitezza e condurla nella dimensione della sua infinità, è in grado di venire incontro alle esigenze del nostro essere».
J.Ratzinger, «Fede e la teologia ai giorni nostri» in Enciclopedia del cristianesimo, De Agostini, Novara 1977, pag. 30
Si tratta solo di imbattersi nel fatto cristiano, nel cristianesimo secondo la sua natura originale: un avvenimento contemporaneo, che ha la forma di un incontro umano.
La sua riduzione a moralismo o anche a ripetizione verbale dell’annuncio non è in grado di rispondere alle nostre esigenze originali.
« Nell’epoca moderna il razionalismo, perdendo la vera natura della ragione, rende abituale la confusione tra il senso religioso e la fede, evacuando così la vera natura della fede».
pagina 99-100
Allora la fede viene trasformata in una sua caricatura: diviene cioè irragionevole, incomprensibile, perché privata del suo fondamento di realtà.
È il frutto di ciò che Giussani chiama i 5 «SENZA» del razionalismo moderno.
I cinque «SENZA»
A
Dio senza Cristo
«La prima conseguenza del razionalismo è sintetizzabili nella formula: Dio senza Cristo. È la negazione del fatto che soltanto attraverso Cristo è possibile che Dio, il Mistero, si riveli a noi per quello che è».
pagina 100
B
Cristo senza Chiesa
La seconda conseguenza del razionalismo è: «Cristo senza Chiesa», cioè Cristo senza il suo Corpo, senza la sua carne. Si tratta della «gnosi», dello «gnosticismo», in qualunque sua versione.
«Se si elimina in Cristo il fatto di essere uomo, uomo reale, si elimina la possibilità stessa di un’esperienza cristiana». Il Cristianesimo è una esperienza umana, «Perciò è fatta di tempo e spazio come ogni realtà anche materiale. Senza quest’aspetto di materialità l’esperienza che l’uomo fa di Cristo manca della possibilità di verifica della sua contemporaneità, cioè della verità di quanto Lui ha detto di sé».
pagina 10
Cristo, sottolinea costantemente Giussani, non è un’idea, ma è una Presenza reale, udibile, visibile, toccabile. Dove? In un fenomeno storico: la vita della Chiesa.
C
Chiesa senza mondo
Un terzo esito dell’influsso della mentalità razionalista sulla vita ecclesiale, personale e comunitaria è una «Chiesa senza mondo», le cui conseguenze sono:
«Il clericalismo e lo spiritualismo, quale duplice riduzione del valore della Chiesa come Corpo di Cristo».
pagina 103
D
Mondo senza io = alienazione e perdita della libertà
«Se la Chiesa è senza mondo, questo mondo tende a essere senza l’io: vale a dire è un’alienazione. Questo mondo ha come caratteristica e come risultato l’alienazione».
pagina 108
Risultato ultimo di tale alienazione operata dal potere è
«la perdita della libertà, la considerazione o l’abolizione della libertà, una abolizione non proclamata teoricamente, ma di fatto attuata (Ma essendo la libertà, comunque la si voglia definire) il volto dell’io umano, si tratta della perdita della persona umana».
pagina 109
E
L’io alienato è un io senza Dio
Giunto al termine della parabola discensiva, «questo io, l’io alienato, è un io senza Dio». ma un io senza Dio
«non può evitare tedio e nausea. Per cui si lascia vivere: si può sentire particella del tutto (panteismo) o è preda della disperazione (il prevalere del male e del nulla: nichilismo)».
pagina 110
È possibile, anche qui, rovesciare la tendenza?
C’è una sola strada: recuperare il cristianesimo nella sua vera natura di avvenimento.
«Ora, la presenza di Gesù Cristo è un avvenimento, secondo quanto il carisma donatoci ci rende sensibili a percepire (e di cui siamo persuasi), è un Avvenimento che si incontra nel presente, nell’ora, nelle circostanze, […] come emergenza del mistero della Chiesa, Corpo misterioso di Cristo»
È la compagnia “vocazionale”, vale a dire, la compagnia che ci implica, in quanto genera l’esperienza ed è generata dall’esperienza in cui il carisma ci ha toccato».
pagina 61-62
«In manibus nostris sunt codices, i Vangeli da leggere, la Bibbia da leggere; ma non sapremmo come leggerli, senza l’altra clausola: in oculis nostris facta. La presenza di Gesù è alimentata, confortata, dimostrata dalla lettura dei Vangeli e della Bibbia, ma è assicurata e si rende evidente tra noi attraverso un fatto, attraverso fatti come presenze.
Per ognuno c’è un fatto che ha avuto significato, una presenza che ha influito su tutta al vita: ha illuminato il modo di concepire, di sentire e di fare. Questo si chiama avvenimento.
Perciò tutti i giorni […] dobbiamo prendere coscienza dell’avvenimento come ci è accaduto, dell’incontro fatto».
pagina 62-63
Solo una esperienza del cristianesimo in piena continuità con la fede degli inizi è in grado di affascinare ancora, fino al punto che chi si imbatte nell’avvenimento di Cristo, può essere “preso” come lo furono Giovanni e Andrea duemila anni fa.
Giussani è la testimonianza palese di questa possibilità oggi, che egli descrive così:
«[…] Cristo si è imbattuto nella mia vita, la mia vita si è imbattuta in Cristo proprio perché io imparassi a capire che Egli sia il punto nevralgico di tutto, di tutta la mia vita. È la vita della mia vita, Cristo. In Lui si assomma tutto quello che io vorrei, tutto quello che io cerco, tutto quello che io sacrifico, tutto quello che in me si evolve per amore delle persone con cui mi ha messo».
pagine 63
Da qui scaturisce ogni novità, ogni conseguenza operativa:
«Cristo[…] vita della vita, certezza del destino buono e compagnia per la vita quotidiana, compagnia familiare e trasformatrice in bene: questo rappresenta l’efficacia di Lui nella vita. La morale non solo parte di qui, ma solo qui il filo della moralità si attesta e si salva».
pagina 63-64
Come fu per Pietro, anche per noi
«Quotidiana deve essere la sua memoria, quotidiano deve essere l’impeto con cui Egli diventa familiare, lieta deve essere la compagnia con Lui, e la sua memoria lieti ci deve lasciare, in qualsiasi circostanza, in qualsiasi condizione, perché in Te o Signore, si incarna il bene che il Mistero mi vuole. Così si ha certezza di raggiungere il destino felice e si ha speranza per tutto l’andamento della vita».
pagina 64
Che liberazione! E che respiro! È l’irrompere di una misura senza misura che ci lascia stupefatti e che fa dire a Giussani: «Signore, tu lo sai che io ti amo».
È una semplicità che ci consente di dare del tu al Mistero, riconosciuto come presenza familiare nella nostra esistenza umana.
Dal rapporto con questo Tu incarnato scaturisce la possibilità di un rapporto nuovo, più umano, finalmente umano, con tutto,
Vale anche oggi:
«La parola amicizia è l’unica che possiamo usare per il rapporto tra noi e Lui»
pagina 65
Quella Presenza senza paragoni ha attraversato la storia ed è arrivata fino a oggi, fino a noi, secondo un seguito, una continuità che non si è mai interrotta:
«L’umanità di Gesù di Nazareth, che è stata chiamata a partecipare al mistero della natura divina, si prolunga, perché avvenga la modalità che il Padre ha stabilito, in una realtà sensibile, visibile e tangibile: un popolo, che ha un aspetto intelligente e affettivo. È il Corpo mistico di Cristo, cioè il Corpo tangibile di Cristo in cui l’invisibile divinità investe plaghe che il Padre dona al Figlio. Questa invasione genera uomini con una mentalità nuova e una nuova fecondità».
pagine 173-174
Giussani sottolinea la condizione «storica», di «fatto», di questo prolungarsi di Cristo che ci raggiunge e ci attrae: il «carisma».
«Il disegno del Mistero originante, del Padre, ci ha messi in un determinato corso, su una determinata via dentro la Chiesa, ci ha immessi nel fatto di Cristo, ci ha fatti partecipi nel renderci suoi come conoscenza e affezione».
pagine 173-174
Il carisma è un dono, è
«La carità che Cristo ha per noi nel renderci suoi: suoi come coscienza e come affezione, cioè come mentalità e come modo di affrontare e realizzare l’affettività umana».
pagine 173-174
Pieno di questa Presenza presente, al termine degli ultimi Esercizi da lui predicati, nel 1999, Giussani si rivolse a tutti i presenti con queste parole:
«Vorrei lasciarvi un augurio. Per la grazia che ci è stata fatta di questo incontro, c’è infatti una potenzialità in voi, […] che lo Spirito ha m esso, implicitamente o più esplicitamente, secondo la storia di ognuno, una capacità che lo Spirito ha messo in voi di testimoniare Cristo, che è l’unica cosa che il mondo attende, perché dove è Cristo, là i rapporti sono pace, unità e pace.
[…] Vi auguro che in questa grande cosa, per questa grande cosa che il Signore vi ha dato, se essa diventa sempre più personale, cioè sempre più obbediente, abbiate ad incontrare un padre, abbiate a vivere l’esperienza del padre.
[…]Che ognuno di voi abbia veramente a riscoprire la grandezza di questo ruolo, che non è un ruolo, è la condizione in cui l’uomo guarda, vede Iddio e Dio gli affida quello che gli preme; padre e quindi madre, perché è lo stesso, non sono due funzioni spiritualmente diverse; è solo materialmente che le cose cambiano, quando uno ha un limite e l’altro ha una altro limite.
[…] Che abbiate a vivere l’esperienza del padre; padre e madre: lo auguro a tutti i capi e a tutti i responsabili delle vostre comunità, ma anche a ognuno di voi, perché ognuno deve essere padre degli amici che ha lì; non dandosi un’aria di superiorità, ma con carità effettiva. Nessuno, infatti, può essere così fortunato come un uomo e una donna che si sentono fatti dal Signore padri e madri. Padri e madri di tutti coloro che incontrano».
pagine 191-192
La gratitudine di avere incontrato un padre che ci ha introdotto al rapporto con il Padre così come Cristo lo ha vissuto ci fa desiderare di condividere con tutti la grazia che abbiamo ricevuto, dando la vita per l’opera di un Altro.
Esercizi spirituali predicati da don Giussani
1° volume «Cristianesimo alla prova»
Titolo: UNA STRANA COMPAGNIA
- Prefazione di Carrón
- 1982 – Il cuore della vita
- 1983 – Appartenenza e moralità
- 1984 – Io vi chiamo amici
2° «volume Cristianesimo alla prova»
Titolo: LA CONVENIENZA UMANA DELLA FEDE
- Prefazione di Carrón
- 1985 – Ricominciare sempre
- 1986 – Il volto del Padre
- 1987 – Sperimentare Cristo in un rapporto storico
3° «volume Cristianesimo alla prova»
Titolo: LA VERITÀ NASCE DALLA CARNE
- Prefazione di Carrón
- 1988 – Vivere con gioia la terra del Mistero
- 1989 – Occorre soffrire perché la verità non si cristallizzi in dottrina
- 1990 – Guardare Cristo
4° volume «Cristianesimo alla prova»
Titolo: UN AVVENIMENTO NELLA VITA DELL’UOMO
- Prefazione di Carrón
- 1991 – Redemptoris missio
- 1992 – Dare la propria vita per l’opera di un Altro
- 1993 – «Questa cara gioia sopra la quale ogni virtù si fonda»
5° volume «Cristianesimo alla prova»
Titolo: ATTRAVERSO LA COMPAGNIA DEI CREDENTI
- Prefazione di Carrón
- 1994 – Il tempo si fa breve
- 1995 – Si può vivere così
- 1996 – Alla ricerca del volto umano
6° volume «Cristianesimo alla prova»
Titolo: DARE LA VITA PER L’OPERA DI UN ALTRO
- Prefazione di Carrón
- 1997 – Tu o dell’amicizia
- 1998 – Il miracolo del cambiamento
- 1999 – «Cristo tutto in tutti»
- TEMI di «Dare la vita per l’opera di un Altro»
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1982 – 83 – 84 – 85 – 86 – 87 – 88 – 89 – 90 – 91 – 92 – 93 – 94 – 95 – 96 – 97 – 98 – 99

