Temi di «Si può vivere così?» – 3a parte

Temi trattati nel libro “Si può vivere così?” di don Luigi Giussani

edizione di riferimento

Link diretti ai temi di “Si può vivere così?” che iniziano con

ABCDEFGILMNOPRSTUV

Lettera «G»

Indice linkato ad ogni parola o tema


287 – Generatore di un popolo. È questa posizione di festa che si vede, come esempio immediato, nel bambino quando è con sua madre e suo padre. […] rende l’adulto principio di una nuova storia, artefice, protagonista di una storia nuova nel mondo, vale a dire creatore di un popolo, generatore di un popolo: per creare un popolo bisogna generare.

306 – Intervento: « Perché dici che una generazione non è una generazione umana se non è generazione di un popolo?»

Innanzitutto una creazione non è veramente umana se non crea un popolo in quanto, generando anche una persona sola, si genera un principio di generazione ulteriore.

Per sua natura una generazione non finisce mai, si dilata sempre, è destinata a dilatarsi sempre.

E, infatti, è solo il concetto di famiglia che «conclude» l’idea di generazione; l’idea generativa è nel concetto di famiglia. La famiglia è, in piccolo, un popolo.

Ma se una famiglia è chiusa in se stessa, non è più generatrice anche se ha nove figli; per essere generatrice una famiglia deve essere aperta a una possibilità tale che si comunichi ad altri, che crei altre famiglie; può non creare altre famiglie, per esempio due possono essere sposati senza avere figli, ma vivono la loro umanità in modo tale che comunicano alle altre famiglie del caseggiato qualcosa per cui gli altri diventano soggetto di pensieri, di sentimenti, di gesti più umani: questo è un albore, un crepuscolo di un popolo nuovo.

338 – […] sarebbe ingiusto far nascere, se non fosse per la felicità, perché far nascere significherebbe mettere un figlio nella possibilità di più atroci dolori.

Il primo fra questi dolori è la nullità del senso del vivere, da cui lui sfuggirebbe soltanto se è scemo; l’ideale perciò, dell’uomo per salvarsi sarebbe esser scemo.


376 – Intervento: «Cosa fa sì che nella donazione di sé nelle cose che ci vengono chieste di fare tutti i giorni, non sia un gesto di generosità, ma sia veramente carico di commozione?»

Il gesto di generosità parte da te stessa, è un impeto che parte da te stessa, e la sua ragione d’essere è nell’esprimere qualcosa che è già in te. L’atto d’amore nasce fuori di te, nasce dalla presenza che hai davanti e s’arrende alla emozione, alla commozione che essa desta.

379 – La fede afferma una Presenza, ti fa accorgere di una Presenza, ti fa affermare una Presenza su cui si appoggia tuta la vita presente e futura (speranza).

Ma come è fatta questa Presenza? La risposta a questa domanda è la carità: questa Presenza è fatta di amore.

Pensate, per esempio, in questa riposta come diventa chiaro che un conto è la generosità – che è una esigenza tua, esigenza espressiva tua – e un conto è l’amore, che è esigenza imposta da una Presenza, dettata da una Presenza (non puoi star fermo).

Per generosità, se non sei nevrastenico, a un certo punto ti fermi, ma di fronte a una presenza vai fino a dover morire.


67 – C’è una emozione di fronte alla compagnia che Dio ti ha data per il cammino scoperto, per il cammino della vocazione, che giunge ad una emozione più grande di quella che hai per tuo padre e tua madre, come dice il santo evangelo del resto, non perché dimentichi tuo padre e tua madre, ma perché impari a capire che l’importanza di tuo padre e tua madre è che hanno in qualche modo collaborato a questa strada – per esempio facendoti nascere – così che se fossero ( scusate l’ipotesi), se fossero due delinquenti, li ami come ami i tuoi compagni.

68 – Quando un uomo e una donna diventano padre e madre hanno dentro – senza che se ne accorgano, senza pensarci neanche – hanno dentro la passione per il destino del bambino a cui danno vita: non se ne accorgono neanche, però ce l’hanno dentro. Tanto è vero che se il figlio o la figlia decidono una strada che è contraria a quella che prevedevano loro, cedono soltanto di fronte ad una cosa, alla felicità del figlio.


440 – Di fronte ai sacrifici, l’unica risorsa che hai è percepire il tuo sacrificio come parte di Cristo che sale in croce, che muore per il mondo.

Non esiste nessun gesto che non implichi il mondo intero.

Per questo ci si alza ogni mattina: per aiutare Cristo a salvare il mondo, con la forza che abbiamo, con la luce che possediamo, chiedendo a Cristo che ci dia più luce e più forza.


Gesù Cristo

81- Quanto più uno vuol bene, tanto più gli importa Cristo, perché gli salvi quello cui vuol bene: almeno da questo punto di vista Cristo dobbiamo accettarlo.

O non si ama niente o, quanto più si ama, tanto più è necessario Cristo per salvaguardare quel che si ama, per mantenere quel che si ama, altrimenti lo perdiamo, dopodomani non c’è più.

246 – «Ma chi non conosce Cristo allora è inutile che domandi?».

No! Cristo è la risposta a tutta la domanda dell’umanità. Leopardi (con “Cara beltà“) chiedeva alla Bellezza di rendersi visibile e di farsi amare. Era una domanda, la domanda di una cosa che era già accaduta milleottocento anni prima, e non lo sapeva.

247 – Dio risponde in modo preciso: si chiama Cristo. […] Perché Dio si conosce solo se si rivela.

377 – Intervento: «Tante volte la frase “Cristo è morto per gli uomini” è come se non c’entrasse con me.»

Perché è astratto. Che Cristo sia morto per gli uomini è una parola astratta. Che Cristo sia morto per me è una cosa così concreta che mi obbliga a far tutto per Lui; mi obbliga a capire che tutto nasce da Lui, mi obbliga a capire che lo scopo di tutto quello che faccio è Lui, che la vetta della montagna è Lui.

Ciò che non colpisce l’io non è né mistero né niente: è niente, ma quel niente che non è neanche il niente ontologico.

424 – Dio venuto in questo mondo è una cosa dell’altro mondo, Gesù è una cosa dell’altro mondo. Tira via Gesù: tutto si schianta in un altro modo, cioè tutto si livella, e anche quando si incendia, brucia, rimane paglia bruciata.

Invece con Gesù non si perde più niente, anche il proprio male rimane come gratitudine, e anche il proprio male, ripetuto cento volte, l’esito della centunesima volta, è quello di aprirti nella speranza di un superamento, perché il superamento del nostro male avviene quando Dio vuole.


adesione a Cristo / rifiuto di Gesù

55ss – «Se non credo a Te non credo ai miei occhi», questa è la sostanza della posizione di Pietro – di fronte alla domanda «Chi è Costui?« e di fronte alla risposta che Pietro dà, uno può dire sì o no: aderire a quello che dice Pietro oppure andar via come sono andati via tutti gli altri.

L’unica cosa razionale è il sì. Perché? Perché la realtà che si propone corrisponde alla natura del nostro cuore più di qualsiasi altra immagine, corrisponde alla sete di felicità che noi abbiamo e che costituisce la ragione del vivere, la natura del rapporto del nostro io, l’esigenza di verità e di felicità.

(Alla la resurrezione di Lazzaro) Molti giudei credettero in Lui e alcuni corsero ad accusarlo: lo stesso incontro eccezionale in molti diventa sì e in alcuni diventa no.

121 – Se la libertà è capacità di adesione, quanto più aderisci tanto più è libertà: tanto più è libertà quanto più possiede, perché aderire vuol dire possedere.

137ss – «Anche se noi non comprendiamo, però nessuno parla secondo il cuore umano come te, perciò, se andiamo via da te, da chi andiamo? Non c’è più senso alla vita». Perciò l’hanno seguito.

Questi sono stati i ragionevoli: ragionevole è stato Simone, ragionevoli sono stati gli apostoli che sono rimasti lì, impacciati perché anche loro non capivano.

L’hanno seguito lo stesso: questa è l’origine di un atteggiamento affettivo.

Gli altri sono andati via rifiutandolo, nonostante quello che avevano visto e sentito; questo gruppetto è rimasto aderendo a Lui, seguendolo, è l’inizio del concetto di obbedienza che nasce dalla ragione, meglio, come atteggiamento ragionevole.

141ss – Hanno seguito Lui, hanno aderito a Lui, nonostante che non capissero.

Seguire Cristo vuol dire avere gli stessi sentimenti di Cristo, gli stessi sentimenti che Cristo ebbe verso il Padre; seguire Cristo vuol dire assimilare, assumere lo stesso atteggiamento che Cristo ebbe verso il Padre.

142 – Cristo dice una cosa incomprensibile, ma se neghiamo questa neghiamo tutto, non c’è più niente: allora è giusto aderire a Cristo.

L’obbedienza al Padre è, per Cristo uomo, seguire il Padre; lo stesso sentimento deve essere in noi verso di Lui: seguire Cristo, obbedire a Cristo.

297 – Il no è l’aspetto più infantile di un’antitesi per cui noi ci siamo affidati a qualcosa d’altro che non a Lui, abbiamo sperato il bene ma non da Lui, […] non ci siamo affidati. […] quanti buchi di dimenticanza, quanti equivoci di abbandono, di appoggio a qualcosa che era visto come non Suo, quanta speranza riposta in qualcosa che fissavamo noi o ci era promesso dal primo che passava, o dalla prima pubblicità che vedevamo alla televisione: dalle storie umane piene di bugia, eccetto che la fotografia della forma.

313 – E il Signore è così amante dell’uomo, è così amoroso verso di noi che, dovendo attendere la fine del tempo per mostrarsi in tutta la sua evidenza, essendo adesso nascosto alla radice delle cose, ha dato come sostegno a noi e come aiuto alla nostra fedeltà a Lui, aiuti alla nostra fiducia in Lui, il suo Spirito.

381 – Ma se la cosa è vera uno ci resiste e ripete e punta gli occhi, ad un certo punto è come se, non prevista, iniziasse l’alba crepuscolare del mattino, dell’alba, e uno incomincia a capire.


amore a Gesù

117 – «Prima hai detto: ciò che rende ragionevole la fatica dello studio è la stessa ragione per cui ti sei innamorato di Cristo».

C’è una ragione per cui mi sono innamorato di Cristo. Cristo mi dice: «Studia» e io studio, gli obbedisco: che innamoramento è, se non gli obbedisco?

381 – Questi sviluppi possono implicare anche un godimento, anche una commozione, una tenerezza verso la verità, così che uno sente che l’amore a Cristo è una cosa non diversa, è diversa solo nel senso che è più profondo, più mordente, che neanche l’affezione che può provare con l’una o con l’altra delle persone che conosce.


amore di Gesù

89 – In quello materiale tutti rifuggono dal far male ad un bambino, ma in quello morale tutti fanno male al bambino, se ne fregano, anche il papà e la mamma. Nessuno ama più di quell’uomo: (Gesù) prese in braccio un bambino, se lo strinse al grembo e disse quella frase. Di fronte a questa scena non esiste possibilità di immaginare un amore all’uomo più di questo.

422 – Questa verità nel modo di amare che Cristo aveva, stupiva quelli che lo guardavano; rimanevano a bocca aperta.

In questo modo Cristo si metteva in rapporto con le persone realizzando un amore più utile, un amore più compagnia nel cammino, un amore che rendeva più leggero il cammino, un amore che anticipava come un sussulto la tenerezza eterna.


conoscere Gesù

42 – Come facciamo a conoscere Gesù in modo tale da potervi appoggiare tutto il sacrificio della vita?

Evidentemente dei metodi che abbiamo accennati, usati dalla ragione, quello che si applicherà sarà la fede. Cristo non lo conosciamo né direttamente, né per evidenza, né per analisi dell’esperienza.


forza di Gesù

143 – «Chi mi obbedirà farà le cose che io ho fatte, farà miracoli che io ho fatto, e ne farà di più grandi», perché è più grande l’evidenza della forza di Cristo adesso, in questo mondo che è tutto contro di Lui, è molto più potente la forza di Cristo adesso, nella sua Chiesa, che neanche duemila anni fa: duemila anni fa faceva miracoli, adesso ne fa a bizzeffe.

202 – La cosa supremamente importante è che la forza di quella realtà presente che si chiama Gesù, la forza di Gesù non ci abbandonerà mai ed è più forte di qualsiasi difficoltà o fatica.

«Di tutto sono capace in Colui nel quale è la mia forza (in Eo qui me confortat)»

fil 4,13

Non nel senso che mi dice: «Carino, carino, su coraggio», confortat, vuol dire «io ho forza con Lui», insieme a Lui ho la forza. Con-fortare vuol dire ultimamente questo, altrimenti che conforto sarebbe?

286 – Se tu hai fiducia, anche da tutte le tue debolezze nasce una capacità di vittoria insieme a Colui che è la tua forza, nasce una capacità di vittoria che è baldanza di quei sette o otto discepoli che lo avevano seguiti per primi.

Erano sette o otto, e avevano già e si ripetevano la coscienza di vincere il mondo, di essere il popolo ebraico nuovo: quello che avrebbe vinto il mondo, perché erano con Lui.


guardare in faccia Gesù Cristo

283ss – «Non bisogna coltivare progetti di perfezione, ma guardare in faccia Cristo»

L.Giussani, «L’io e la grande occasione» in “Dalla fede un metodo” pag. 14

E questo è il corollario più bello a Giovanni 21, a Gesù che dice a Simone: «Simone, mi ami tu?» e Simone risponde di «Sì, signore, lo sai che ti amo».

Non arzigogolare e tendere alla perfezione, ma guardare in faccia Cristo: se uno guarda in faccia a Cristo, se uno guarda in faccia a una persona a cui vuol bene, tutto in lui si rimette a posto, tutto corre a posto, e si mette i capelli in un certo modo, e si allaccia il bottone, e ha vergogna delle scarpe sporche.

La sorgente della morale è voler bene a Uno, non realizzare delle leggi.

309ss – «Giovanni e Andrea avevano davanti una Presenza e facevano le loro cose con davanti questa Presenza. La loro fede era la certezza di una Presenza sperimentabile. Allora volevo un po’ capire meglio che cosa vuol dire per noi guardare in faccia Cristo».

Giovanni e Andrea avevano fede, perché avevano certezza in una Presenza sperimentabile.

[…] Quello che avevano visto il pomeriggio antecedente, dominava nella loro testa sì o no? Sì. Lo vedevano? No.

Ma l’uomo sperimenta, fa esperienza di una presenza, non solo quando la tocca, naso contro naso.

(Gli apostoli) fra il giorno prima e e il mezzogiorno quando sono tornati a casa con le barche piene di pesci e si sono messi là sulla spiaggia e ancora raccontavano della giornata precedente, il segmento che mette in rapporto la sera precedente e il giorno dopo si chiama memoria, e la memoria è la continuità dell’esperienza di un presente, la continuità dell’esperienza di una persona presente.

310 – […]Non l’avessero visto più per tre settimane, il desiderio dominante quei due era quello di ritrovarlo, perché era chiaro che era Lui, che Lui era Lui, non sapevano chi fosse, ma era Lui.

La memoria è la coscienza di una Presenza.

Non sarebbe mai venuto in mente a loro che fosse stata una illusione: uno che l’ha visto così…impossibile che venisse in mente questo.

Invece che Lui coi capelli al vento, invece di guardarlo parlare con la bocca che si apre e si chiude, ti arriva addosso attraverso le nostre presenze, che siamo come fragili maschere, le fragili maschere di qualcosa di potente che è Lui che sta dentro, che non sono né io né lui né te, eppure passa attraverso me, passa attraverso te, passa anche attraverso lui e cose di oggi non te le dice nessuno.

311 – Non sono mie, sono di Colui che Andrea e Giovanni quel pomeriggio erano là a guardare che parlava; parlava, e parlava, così vincendo il tempo e spazio ha parlato oggi a te; e ti parlerà dopodomani e fra dieci anni.

Fin quando potrai mettere a paragone quello che noi diciamo con tutto quello che gli altri dicono, non potrai mai dire con serietà che questo che diciamo noi è un’illusione, perché è troppo conforme alla tua carne e alle tue ossa.


presente / Presenza di Gesù Cristo

78 – Si parte sempre dal presente, per questo Cristo ha voluto essere presente per tutta la storia. E per arrivare a Cristo si parte dal presente, bisogna trovare Cristo come presenza.

90 – La comunità è letteralmente, fisicamente Gesù che fa queste cose, Gesù presente. Allora è nella comunità che impari cosa è il tuo destino; e ti dà fede, ti sostiene nella fede, governa ed educa la tua fede.

181 – Se la fede è riconoscere una Presenza certa, se la fede è riconoscere una Presenza con certezza, la speranza è riconoscere una certezza per il futuro che nasce da questa Presenza.

«Cristo qui ed ora. Noi dobbiamo servire Cristo, qui e ora; Cristo presente qui ed ora»

Mons. Manfredini, Omelia 30 aprile 1983

Se la fede è riconoscere una Presenza certa, la speranza è riconoscere con certezza un futuro che nasce da questa fede; la fede è riconoscere una Presenza con certezza, su questa certezza nasce la certezza per il futuro.

181 – La certezza della presenza di Cristo è la certezza di una cosa che è incominciata duemila anni fa, perciò non si può far memoria di Cristo come Presenza senza in qualche modo meravigliarti, interessarti, stupirti, vantarti, inorgoglirti, essere contento di tutto ciò che è accaduto in questi duemila anni.

186 – Abbiamo detto che la speranza è la certezza nel futuro che si appoggia sulla certezza di un presente.

Ma un presente è veramente presente nella misura in cui tu lo possiedi: perciò la speranza è la certezza nel futuro che si appoggia su un possesso già dato, perché il presente non te lo dai tu, lo ricevi: «è una grande grazia».

(Riguardo ai parenti che lo prendevano per matto) non lo possedevano, non erano in unità con Lui, non erano legati a Lui; Lui non era legato a loro, non era niente per loro; non lo avevano e perciò su di Lui non potevano poggiare nessuna prospettiva per il futuro.

235 – Tutto diventa segno del nostro destino se guardiamo le cose vedendo il rapporto con Gesù, vivendo il rapporto con la Presenza.

Se il destino è Presenza, vivendo il rapporto con questa Presenza tutte le cose diventano segno di essa.

Segno di essa, come il puntino in fondo all’orizzonte è segno del destino che sta per arrivare. Se viviamo il rapporto con la presenza di Gesù, tutte le cose diventano segno.

Quanto più una cosa ti importa, tanto più ti è segno. Segno del destino che sta per venire; ma quel destino che sta per venire è già lì.. segno di Colui che è già lì.

Destino e Presenza, è la stessa cosa: Dio incarnato cosa vuol dire? Destino fatto Presenza.

Perciò tutto è presenza.

298 – Il dolore è per noi la forma più concreta dell’amore. Dolore non si può provare se non di fronte a un tu, a una persona, a una persona presente.

È l’emergenza, la presa di coscienza del dolore, di un dolore, che fa guardare davanti a sé intravedendo quella Presenza che ci ha dato la vita, ce l’ha fatta proseguire, ed è morto per noi: il Salvatore, quella Presenza che ci assicura la felicità alla fine, quella Presenza in cui sta l’orizzonte ultimo; ma è Presenza e ci dà l’orizzonte ultimo.

Dolore perché t’ho offeso, dolore perché ti offendo; dicendo così, già l’offesa è redenta, cambia aspetto e tradisce, documenta un amore presente, nonostante il difetto.

309ss – «Giovanni e Andrea avevano davanti una Presenza e facevano le loro cose con davanti questa Presenza. La loro fede era la certezza di una Presenza sperimentabile. Allora volevo un po’ capire meglio che cosa vuol dire per noi guardare in faccia Cristo».

Giovanni e Andrea avevano fede, perché avevano certezza in una Presenza sperimentabile.

[…] Quello che avevano visto il pomeriggio antecedente, dominava nella loro testa sì o no? Sì. Lo vedevano? No.

Ma l’uomo sperimenta, fa esperienza di una presenza, non solo quando la tocca, naso contro naso.

(Gli apostoli) fra il giorno prima e e il mezzogiorno quando sono tornati a casa con le barche piene di pesci e si sono messi là sulla spiaggia e ancora raccontavano della giornata precedente, il segmento che mette in rapporto la sera precedente e il giorno dopo si chiama memoria, e la memoria è la continuità dell’esperienza di un presente, la continuità dell’esperienza di una persona presente.

310 – […]Non l’avessero visto più per tre settimane, il desiderio dominante quei due era quello di ritrovarlo, perché era chiaro che era Lui, che Lui era Lui, non sapevano chi fosse, ma era Lui.

La memoria è la coscienza di una Presenza.

Non sarebbe mai venuto in mente a loro che fosse stata una illusione: uno che l’ha visto così…impossibile che venisse in mente questo.

Invece che Lui coi capelli al vento, invece di guardarlo parlare con la bocca che si apre e si chiude, ti arriva addosso attraverso le nostre presenze, che siamo come fragili maschere, le fragili maschere di qualcosa di potente che è Lui che sta dentro, che non sono né io né lui né te, eppure passa attraverso me, passa attraverso te, passa anche attraverso lui e cose di oggi non te le dice nessuno.

311 – Non sono mie, sono di Colui che Andrea e Giovanni quel pomeriggio erano là a guardare che parlava; parlava, e parlava, così vincendo il tempo e spazio ha parlato oggi a te; e ti parlerà dopodomani e fra dieci anni.

Fin quando potrai mettere a paragone quello che noi diciamo con tutto quello che gli altri dicono, non potrai mai dire con serietà che questo che diciamo noi è un’illusione, perché è troppo conforme alla tua carne e alle tue ossa.

396ss – Siamo qui perché Cristo è tra noi; Cristo, dopo duemila anni, ti ha messo qui, con me che non conoscevi, e siamo insieme per questo; non sappiamo come, ma siamo insieme per questo.

397 – L’amore che ognuno di noi ha per l’altro, l’interesse che ha per il destino dell’altro, è per Cristo che è tra noi, è attraverso Cristo che è tra noi, è una affermazione di Cristo che è tra noi.

Cristo resta presente con noi, ogni giorno fino alla fine del mondo, dentro le circostanze storiche che il mistero del Padre stabilisce, le circostanze storiche attraverso le quali il mistero del Padre ti fa riconoscere e amare la Presenza di qualche cosa d’altro, di Cristo.

Queste circostanze storiche attraverso cui il Padre ci fa capire la presenza di un’altra Presenza, di qualcosa di più grande, appartengono a quello che si chiama carisma: le circostanze storiche che creano il nostro Movimento o il Gruppo Adulto.

398 – Chi è stato raggiunto da un carisma,

non può più seguire Cristo abbandonando il carisma: sarebbe un tradimento.

Se Cristo ti ha fatto conoscere se stesso attraverso queste circostanze rappresentate da queste facce, è attraverso queste facce, queste circostanze che ti cambia, che ti fa diventare grande il cuore, l’anima, la testa.

Si tocca Cristo attraverso di noi, si vede Cristo attraverso di noi.

434 – Se ti dico una cosa che ti sembra astratta, dovresti cercare le ragioni e non dire: «È astratta».

Trovar le ragioni implica un lavoro. Invece, dire che è astratta una cosa che noi diciamo, senza questo lavoro di ricerca delle ragioni, è affermare un sentimento, uno stato d’animo, è una reazione puramente sentimentale.

Cristo è presente qui adesso.

Reazione sentimentale: «Ma no, ma no!». Questo è il processo dell’astrazione.

Mentre se io ti dico che è qui, e tu domandi: «Perché tu dice che è qui? In che senso è qui? Come fa ad essere qui?», allora io ti dico un seguito di ragioni e la ragione ti fa scoprire di più la realtà.

È la ragione che ti fa scoprire di più la realtà, non il sentimento di astrattezza o non astrattezza.


rapporto con Gesù Cristo

98 – Siamo imperfetti anche con Cristo, certo. Anzi, siamo molto più imperfetti con Cristo che con gli altri. Perché? Per il peccato originale: abbiamo in noi quella ferita, quella paralisi infantile che gioca tanto più è grande l’oggetto con cui prendiamo rapporto; quanto più è grande e degno, tanto più giochiamo questa ferita.

235 – Tutto diventa segno del nostro destino se guardiamo le cose vedendo il rapporto con Gesù, vivendo il rapporto con questa Presenza.

Se il destino è Presenza, vivendo il rapporto con questa Presenza tutte le cose diventano segno di essa.

Se viviamo il rapporto con la presenza di Gesù, tutte le cose diventano segno.

426 – Con Gesù, o si finisce a cantare o si finisce il rapporto! Con Gesù non si può non finire a cantare, anche chi è stonato; anche quando l’ugola vien fregata, si canta con il cuore!


scemi di Cristo

433 – In seminario avevamo fatto un gruppetto, con Manfredini, Biffi, si chiamava gli scemi di Cristo, secondo un detto utilizzato dalla pietà russa dell’Ottocento.


scopo di Gesù Cristo

90 – (Vedova di Naim) Ma prima e dopo a cosa mirava Gesù? Gesù mirava a far resuscitare l’animo di quella donna: «Donna, non piangere» La comunità è letteralmente, fisicamente Gesù che fa queste cose, Gesù presente.

121- Cristo è venuto per che cosa? […] Cristo è venuto per educare l’umanità al senso religioso, per educare, cioè, l’umanità a capire, ad affermare, a riconoscere che c’è uno scopo ultimo a tutto l’andamento delle cose.

Questo scopo ultimo è Dio. Perciò, Cristo è venuto per educare al senso religioso, Cristo è venuto per educare l’uomo a fare tutto in funzione del suo destino.

208 – La vita come missione, andar via, che in fondo in fondo è la missione, ma la missione è lo scopo della vita. Infatti lo scopo della vita di Cristo cosa era? Salvare il mondo, salvare ognuno di noi, salvare me e te.

Perciò Cristo stesso disse che aspettava la prova della sua morte con struggimento di desiderio, con desiderio struggente, quando parlava del suo bagno di sangue e di come desiderava che avvenisse.

Perché la morte non è nient’altro che un culmine di prova, il cui scopo non può essere che la testimonianza di accettazione del Mistero di Dio.


Gesù uomo

53 – Quando gli avversari gli hanno detto: «Fino a quando ci tieni con l’animo in sospeso: dì chi tu sei e da che parte vieni», quando hanno fatto questa domanda hanno posto il problema della fede in quell‘uomo.

89 – Nessuno ama più di quell’uomo: prese in braccio un bambino, se lo strinse al grembo e disse quella frase. Di fronte a quella frase non esiste possibilità di immaginare un amore all‘uomo più di questo.

126 – Per questo sentendo parlare Gesù diceva: «Questo sì che parla con autorità». cosa vuol dire un uomo che parla con autorità? Un uomo che parla sapendo quel che dice e avendo le ragioni di quel che afferma, e con lui tu sei sicuro di attraversare il guado della vita.

Oppure: «Nessuno ha mai parlato come questo uomo», perché nessuno dava spiegazione alla vita così come le dava quell‘uomo.

133ss -Voi vi ricordare quel giorno in cui Gesù era seguito da una grande folla che per sentirlo parlare non si ricordava neanche di mangiare, non sentiva neanche più la stanchezza, ed erano quasi tre giorni che lo seguiva. Gesù, giunto sulla cima della collina, vide questa marea che copriva i fianchi della collina ed ebbe pietà di loro.

134 – il giorno dopo era sabato e a Lui era abituale…È entrato nel mondo come un uomo, uomo come gli altri; perciò come gli altri uomini suoi coetanei andavano al sabato alla sinagoga, anche Lui andava alla sinagoga, diceva i salmi che diciamo noi e che dicevano gli ebrei fin da allora.

135 – Vedendo la gente che entrava nella sinagoga, che, stanca com’era, senza aver mangiato, non si era data pace finché l’ha raggiunto di nuovo, a Gesù – che era un uomo come gli altri, come uno di noi che vede una cosa bella e sussulta – è sussultato il cuore, e – come per noi l’emozione, il sussulto del cuore può far nascere una immagine nuova, può far nascere una idea bella, così venivano le idee a Gesù – gli venne l’idea più bella che ebbe in vita; improvvisamente cambia il senso delle parole, il significato del suo discorso, e dice: «[…] Vi darò la mia carne da mangiare e il mio sangue come bevanda.

E chi mangia di questo pane e beve di questo sangue vivrà per sempre».

165 – Chi sceglie gli uomini per la sua sequela è Cristo: «Il Padre gli ha dato tutto nelle mani». È un uomo che è Dio, ma è un uomo! La vocazione: Cristo vi ha scelti come strumenti per dire agli altri quello che Lui è, per destare negli altri l’amore a quello che Lui è; perché quello che Lui è è il destino di tutti.

225 – Con Lui, uomo che ti cammina insieme, raggiungerai Lui, Verbo da cui tutto il mondo nasce. Con Lui che ti cammina insieme, tu lo guardi ed è un uomo con il bastone, come te, ed è un uomo che è seduto lì e ti sta parlando.

235 – Se viviamo il rapporto con la presenza di Gesù, tutte le cose diventano segno.

Segno del destino che sta per venire; ma quel destino che sta per venire è già lì…segno di Colui che è già lì.

Destino e Presenza , è la stessa cosa:

Dio incarnato cosa vuol dire Destino fatto Presenza.

329ss – Perché Dio dedica se stesso a me? Perché si dona a me creandomi, dandomi l’essere, cioè se stesso? Perché per di più diventa uomo e si dà a me per rendermi di nuovo innocente e muore per me?

330 – «Ti ho amato di un amore eterno, perciò ti ho attratto a me, avendo pietà del tuo niente».

Di che cosa si tratta? Di un sentimento! Di un valore che è sentimento!

(Seguono pagine con altri esempi della compassione di Gesù uomo).

334 – Ciò che qualifica la dedizione con cui il Mistero – il Mistero supremo e il Mistero di quest’uomo che è Cristo, Dio fatto uomo -, ciò che qualifica la dedizione del Mistero a noi, la dedizione con cui il Mistero crea il mondo e perdona la meschinità dell’uomo – e lo perdona abbracciandolo; meschino, schifoso, lo abbraccia – è una emozione, è una emozione; è una commozione, ha dentro una commozione.

335 In qualsiasi religione panteistica, Dio si unisce all’uomo e al mondo per compiere l’armonia del tutto.

È la frase che mi sono sentito dire dai bonzi a Nagoya, in Giappone, quando sono andato a fare una conferenza coi buddisti: «per compiere l’armonia del mondo».

Allora io ho fatto la conferenza […] però gli ultimi tre minuti ho detto che questa armonia è entrata nelle viscere di una ragazza e ne è uscito un uomo: un uomo. Un uomo è l’armonia di tutto.

In tutte le altre accezioni questa unità di Dio con il mondo e con l’uomo è detta in modo arido e meccanico.

È come nel dottor Schweitzer: devi dedicarti, «devi»; come i terzomondisti del dopo concilio e del dopoguerra: andare, sacrificarsi per l’umanità; devi andare, non è una commozione.

386 – La parola sacrificio è incominciata, storicamente, a diventare una grande parola, da quando Dio è diventato uomo, nato da una giovane donna.

Da quando quell’uomo è stato messo stirato in croce e inchiodato, da quel momento lì la parola sacrificio è diventato il centro, non della vita dell’uomo, è diventata il centro della vita di «ogni» uomo, e il destino di ogni uomo dipende da quella morte.

412 – Entrate nella coscienza di Cristo, uomo come è uomo Mario e come sono uomo io, uomo come noi! È un uomo! La grandezza dell’uomo-Cristo è che ha vissuto riconoscendo che il valore di ogni cosa sta nella volontà di un Altro.


Vivere come / con Gesù Cristo

418ss – Come si rende testimonianza a Lui? Vivendo con Lui.

419 – Uno che legge tutti i giorni il vangelo, uno che fa la comunione tutti i giorni, uno che dice «Vieni Signore!», uno che guarda certi suoi compagni per i quali è già diventato abituale questo, può incominciare a sentire cosa voglia dire vivere con Lui. Vivere con Lui si può dire in un altro modo: vivere come Lui.

Come Lui ha vissuto? Concependo la vita per il mondo, per il disegno di Dio nel mondo, cioè per tutti gli uomini.

Tutto quello che si fa è per la vita degli uomini, perché raggiungano il loro destino.


Gioia

197 – «Signore fammi capire questa parola», allora diventa più sollecita la risposta e voi riuscite a capire più in fretta la grandezza di certi termini – grandezza perché abbracciano la vita – e la soddisfazione del cuore che certi termini provocano, producono: la gioia che producono, perché non c’è nessuna sorgente di gioia se non la verità delle parole che si ripetono per indicare qualcosa di vero, vivo e di finale.

221 – «Vi ho detto tutte queste cose, affinché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. Nei rapporti manca profondamente la tenerezza.

Il binomio letizia e tenerezza – perché solo un cuore lieto può essere tenero nel rapporto; la tenerezza è una sensibilità verso la gioia dell’altro, una sensibilità tesa ad augurare e affermare la gioia dell’altro -, questo c’è soltanto in chi si appoggia, accetta, è bambino di fronte a Cristo, come gli apostoli.

369 – «Questa cara gioia sopra la quale ogni virtù si fonda, onde ti viene?»

Dante, Paradiso, canto XXIV, vv 88-91

C’è una gioia in te che ti viene da qualcosa per cui la tua virtù si mette in moto, il tuo desiderio di bene si mette in moro.

Ti viene dalla tua origine stessa, da Colui che ti crea. Perciò il desiderio della felicità in te si fonda sul fatto che sei stata creata ti ha fatta per la felicità, perciò tu non puoi non desiderare la felicità.

415 – Questa sproporzione con l’aiuto suo, io son sicuro che verrà corretta, e questa è la gioia più grande che si possa percepire nella vita: la sicurezza che la mia debolezza sarà vinta proprio da Colui che la mia volontà e la mia libertà dovrebbero servire.

Bisogna riconoscere che Cristo è la sorgente più grave di dolore della nostra vita: come Lui è morto, così dobbiamo morire.

Eppure il riverbero umano ed esistenziale di questo sacrificio è una gioia, come Lui ha detto: «Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia con voi e la vostra gioia sia piena».


Giovanni

422 – Cristo si metteva in rapporto con le persone realizzando un amore più utile, un amore più compagnia nel cammino, un amore che rendeva più leggero il cammino, un amore che anticipava come un sussulto la tenerezza eterna, un amore che anticipava in tutte le cose il rapporto che ebbe con Giovanni prima di morire, quando Giovanni aveva la testa sulla sua spalla.


Giuda

219 – La moralità è vivere nell’atteggiamento in cui Dio ci ha fatti. Soltanto chi è in questo atteggiamento riconosce la sua Presenza. Andate a leggere l’undicesimo capitolo di san Matteo, versetti 25-27.

Tutti gli apostoli erano così, salvo uno che gli andava dietro – era tutto come gli altri, anzi era pieno di iniziativa tant’è che Gesù gli aveva messo in mano la borsa: l’ha fatto amministratore del gruppo -, ma lui gli andava dietro non con quei sentimenti, sperando qualcosa d’altro.


Giudizio / giudicare

21 – Come fai a capire che cosa corrisponde alle esigenze del tuo cuore? Paragonandolo: tu paragoni la cosa con il tuo cuore. Come fai a compiere questo paragone? Che tipo di azione è? È un giudizio: uno riconosce che la cosa corrisponde al suo cuore, corrisponde a sé; lo riconosce, è un riconoscimento.

60ss – L’eccezionalità è un’esperienza che ha dentro una cosa che non è l’emozione: il giudizio della testa, il riconoscimento della testa.

Nella emozione non c’è ancora il riconoscimento della testa, il giudizio. L’emozione è una cosa che ti avviene, che provi. L’eccezionalità è una cosa che provi e che giudichi, che pensi: è un pensiero, più esattamente è un giudizio.

Che cosa è un giudizio? È il paragone fra i criteri del nostro cuore e la realtà in cui ti imbatti.

I criteri del cuore sono dei principi stabili, dei principi che ti fanno giudicare quello che trovi e dici: è bello, è vero.

61 – «Io non ho ancora capito bene la parola “corrispondenza” intesa come giudizio: soprattutto nei rapporti queste esigenze non sono chiare».

Se esigenze sono chiarissime, non è chiaro come le applichi. Per giudicare che cosa devi usare? Le esigenze che hai dentro; se usi un’altra cosa ti alieni, diventa un’alienazione; se usi altri criteri, sono i criteri della cultura che ti circonda e perciò sei alienata, sei schiava dei criteri altrui.

Ci può essere una strada da compiere. Puoi dire subito sì per impeto: allora l’emozione tende a diventare giudizio.

Per tutta la gente di adesso è così: l’emozione è uguale a giudizio (mi piace, non mi piace); e questa è la fine dell’uomo, è il prevalere, il predominio della bestia, dell’animale.

62 – Il giudizio è l’applicazione dei criteri, che hai nel cuore, all’oggetto che ti crea una emozione.

63 – Il giudizio è notare la corrispondenza con le esigenze del cuore.

67 – Allora il compagno diventa veramente un altro sé e nasce tra estranei come noi una affezione più grande di quella che si ha per la madre e il padre, fino all’emozione.

Perché il giudizio di corrispondenza matura fino all’emozione.

335ss – Ma occorre stare attenti a un particolare: questa commozione e questa emozione veicolano , portano con sé un giudizio e un palpito del cuore.

È un giudizio, perciò è un valore razionale, non in quanto possa essere ricondotto e ridotto a un orizzonte di cui sia puramente capace la nostra ragione, ma razionale nel senso che dà la ragione, porta in sé la sua ragione. e diventa palpito del cuore per questa ragione.

Non è carità, l’emozione o la commozione se non ha dentro di sé questo giudizio e questo palpito del cuore.

336 – Qual è la ragione?

«Ti ho amato di un amore eterno, perciò ti ho fatto parte di me, avendo pietà del tuo niente»:

Il palpito del cuore è la pietà del tuo niente, ma la ragione è che tu partecipassi all’essere.


Giudicare vs sentimento\astrazione

60ss – L’eccezionalità è un’esperienza che ha dentro una cosa che non c’è nell’emozione: il giudizio della testa, il riconoscimento della testa. Nella emozione non c’è ancora il riconoscimento della testa, il giudizio.

L’emozione è una cosa che ti avviene, che provi. L’eccezionalità è una cosa che provi e che giudichi, che pensi: è un pensiero, più esattamente , è un giudizio.

Che cosa è il giudizio? È il paragone fra i criteri del nostro cuore e la realtà in cui ti imbatti.

I criteri del cuore sono come dei principi stabili, dei principi che ti fanno giudicare quello che trovi e dice: è bello, è vero.

61 – Questo incontro corrisponde alle mie esigenze di felicità, di verità, di bellezza, di bontà? Ci può essere una strada da compiere. Puoi di re subito sì per impeto: allora l’emozione tende a diventare giudizio. Per tutta la gente di adesso è così: l’emozione è uguale al giudizio (mi piace, non mi piace); e questa è la fine dell’uomo, è il prevalere, il predominio della bestia, dell’animale.

62 – Il giudizio è l’applicazione dei criteri, che hai nel cuore, all’oggetto che ti crea una emozione.

Il giudizio è notare la corrispondenza con le esigenze del cuore.

le esigenze del nostro cuore indicano il nesso con il destino, il rapporto con il destino, il rapporto con Dio. Se tu vai contro queste esigenze, se tu vai contro il disegno di Dio, se tu vai contro la volontà di Dio, se tu vai contro la legge di Dio, vai contro le esigenze del cuore.

Perciò non ci può essere un sentimento che resti umano se non è giudicato.

63 – L’emozione è giudicata quando viene affrontata in paragone con le esigenze del cuore che esprimono l’ultimo criterio da seguire, che è la volontà di Chi ci ha fatti e ci aspetta alla fine; descrivono la strada al destino.


Giustizia

243 – Bisogna raggiungere il concetto di giusto, cioè che la mia vita senza destino è una vita da cani ed è una vita che va a finire in marciume.

Giusto, una cosa giusta ci vuole!

Per rendere «giusto» il concreto e non astratto devo fare la fatica di stabilire rapporti, di vivere rapporti.

405 – Se ti chiedo: «È giusto o no quel che dico?», giusto o no vuol dire: ha la sua ragione o non ha la sua ragione? E tu rispondi: «Sì ha una ragione ma è astratta», questo indica impostura in te. Se c’è una ragione, non puoi dire: «ma è astratta» perché la ragione è ciò che risponde al bisogno del cuore, è ciò che corrisponde al destino della persona.

La ragione è ciò che sta in rapporto con il nostro cuore, perciò con il nostro destino.


giustizia umana vs carità

354 – « Sul lavoro un po’ mi sfruttano e succede che mi dicano: “Fa’ una cosa”, perché uno non ha voglia di farla lui. Allora, lì per lì, mi viene da pensare: come si pone la carità nei confronti di una persona così durante il lavoro? Perché il primo sentimento è quello di dire: “No assolutamente».

355 – E questo sarebbe la giustizia umana. È proprio perché non ci sono ragioni che, se lo fai, diventa carità; può diventare cretinaggine o può diventare carità.

La carità si situa nel rapporto con un altro quando non c’è nessuna ragione, non c’è nessun tornaconto, non c’è nessun calcolo – come normalmente accade in ogni iniziativa dell’uomo verso l’altro -, ma l’unica ragione è che è un uomo, amato da Dio; questo «amato da Dio» può essere esplicito o implicito, ma è un uomo, il quale è in presa alla pigrizia.

La carità è un servizio senza calcolo, senza tornaconti che fai per facilitare il cammino dell’altro. Se, per esempio, il fare quel che ti chiede è perché lui vuole andare a vedere un film, allora gli dici: «Senti, guarda. fallo tu!».

Facilitare il cammino di uno vuol dire aiutarlo a sentire di più il suo destino, aiutarlo a non sentirsi solo nella fatica.


giustizia vs / astratto chiaro

229 – «Dicevi che quest parole sono chiare e astratte e questo di per sé è apparentemente una contraddizione»

Non è una contraddizione. Chiaro e astratto può stare benissimo insieme. Hegel è chiaro e astratto: ma forse non sai chi è Hegel.

«Volevo chiedere se me lo spiegavi, perché risultano chiare, ma poi è come se rimanesse non una distanza ma….»

Se tu senti una parola chiara, quella parola fugge al vento, s’allontana con il vento se tu non la guardi, non la fissi, cioè non ti interessa.

Per sentirla astratta ti deve non interessare; prima ti deve non interessare poi la senti astratta.

Perciò, quando si sentono queste cose e sembrano astratte, prima di tutto non bisogna meravigliarsi, perché è parte della tentazione che il peccato originale ha lasciato perennemente in noi; è parte del demone, del diavolo, della bugia, della bugia che è fondamentalmente in noi.

230 – C’è in noi una contraddizione, c’è in noi una complicazione per cui cose ovvie – ovvie vuol dire che stanno davanti a noi sulla strada – sembrano complicate, sembrano difficili.

243 – Di fronte a questi problemi che vi appaiono chiari ma astratti, io ho risposto prima al nostro amico che gli sembravano astratti nonostante fossero chiari, perché li aveva rifiutati prima; non gli interessavano prima. E infatti c’è una categoria che rifiutava: «chiari ma astratti» non è dire «giusti ma astratti».

«Chiari» vuol dire che parlo in termini logici, «giusto» vuol dire che è pertinente alla vita, che aiuta la vita, che sostiene la vita. Questa cosa è giusta per la mia vita anche se mi appare astratta.

«Dicevo che la strada che lei ci aveva indicato non era quella di rivolgerci allora a una analisi personale; io che parto all’attacco di queste nuove cose che il Gruppo Adulto mi insegna.…»

… cioè mi metto di fronte alle parole, alle frasi, ai nessi logici che il discorso fatto dal Gruppo Adulto ci propone.

Questa è l’analisi, resta tutto astratto, chiaro, chiarissimo, ma è astratto.

Invece «giusto», non è appena chiaro.

Bisogna raggiungere il concetto di giusto, cioè che la mia vita senza destino è una vita da cani ed è una vita che va a finire in marciume.

Giusto, una cosa giusta ci vuole!

Per rendere «giusto» il concreto e non astratto devo fare la fatica di stabilire rapporti, di vivere rapporti.


Gloria di Cristo

143 – Dice san Paolo nella lettera ai Filippesi, capitolo secondo, che è importante e ho già citato: «Per questo Dio lo ha glorificato»,

Lui ha seguito il Padre, allora il Padre l’ha glorificato, lo ha esaltato.

«Tu hai obbedito, e io adempio ciò per cui il tuo cuore è stato fatto, il tuo cuore è stato fatto per essere il Salvatore dell’universo, del mondo». E gli ha dato tutto in mano.

Analogamente a quello che Gesù dice nel vangelo di Giovanni: «Chi mi obbedirà farà le cose che io ho fatte, farà miracoli che io ho fatto, e ne farà di più grandi», perché è più grande l’evidenza della forza di Cristo adesso, in questo mondo che è tutto contro di Lui, è molto più potente la forza di Cristo adesso, nella sua Chiesa, che neanche duemila anni fa: duemila anni fa faceva alcuni miracoli, adesso ne fa bizzeffe.

372 – Quando noi cantiamo, specialmente nella liturgia dei prefazi: «Tutta la terra grida la tua gloria», dov’è la terra che grida?

È l’uomo che grida, che dà voce, che è coscienza di tutta la terra – l’uomo, offrendo la sua giornata, prima di tutto dimostra di aver raggiunto una conoscenza più approfondita dei fattori che costituiscono la realtà e dell’unico destino per cui son fatti.

L'unico destino per cui sono fatti è la gloria di Cristo.

La grandezza di tutta la realtà, che è come la vetta del Monte Bianco, è la gloria di Cristo; tutti i fattori della realtà di cui prendi coscienza…quanto più diventi maturo tanto più capisci che l’unico scopo di tutti questi fattori è l’affermazione di Cristo.


gloria di Dio

176 – […] abbiamo anche ottenuto, attraverso la fede di accedere a questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo nella speranza della gloria di Dio. Fa venir fuori dalla parola fede quest’altro fiore o quest’altro frutto che si chiama speranza, speranza nella gloria di Dio: gloria di Dio vuol dire Dio riconosciuto.

177 – Lo scopo di tutto, che si muove lentamente, più o meno lentamente, è la gloria di Dio, vale a dire tutto il mondo griderà: «Il Signore è Dio, il padrone è Dio, il capo è Dio»


Godere

267 – La povertà appartiene ad una legge dinamica della conoscenza, a una legge del dinamismo della conoscenza: per conoscere occorre un distacco.

[…] Quel distacco permette di usare le cose, ma soprattutto di goder di più, di goderne di più.

(Esempio) Per conoscere un quadro non dobbiamo andare lì con l’occhio a un millimetro.


Gratitudine

105 – Ciò che qualifica un animo che ama il destino delle proprie cose, cioè un animo libero che vive la dimensione della libertà, è una caratteristica che è umanissima, che si trova nei semplici di cuore, si trova molto nei poveri, e quando la si trova in un ricco o intelligente e colto è veramente un miracolo: la gratitudine.

La gratitudine, una sfumatura di gratitudine, come un orlo di gratitudine, un confine di gratitudine proprio nell’atto, ma in tutto quello che uno fa, che è la più bella cosa che possa essere notata sulla faccia e nell’atteggiamento delle persone.


Gratuità

cfr. amore, carità

324 – Carità deriva dal greco charis, che vuol dire gratis o gratuità. La carità richiama, dunque, la forma suprema dell’espressione amorosa. .

[…] La carità agisce per puro amore, nel senso che: dato, fatto.

Dato, fatto: non c’è più nessuna aggiunta, non c’è più nessuna appendice.

340 – «Come la loro libertà è stata creata ad immagine e somiglianza della mia libertà, dice Dio, / Come la loro libertà è il riflesso della mia libertà, / Così mi piace trovare in loro come una certa gratuità / Che sia come il riflesso della gratuità della mia grazia. / Che sia come creata a immagine e somiglianza della gratuità della mia grazia. / Mi piace che in un certo senso essi preghino non solo liberamente ma come gratuitamente. / Mi piace che cadano in ginocchio non solo liberamente ma come gratuitamente. / Mi piace che si diano e che diano il loro cuore e che si rimettano e che portino e che stimino non soltanto liberamente ma anche gratuitamente. / Mi piace che amino infine, dice Dio, non soltanto liberamente, ma come gratuitamente. / Ora per questo, dice Dio, cn i miei francesi sono ben servito […] / Dà per nulla. altrimenti è forse un dare? / Ama per nulla. altrimenti è forse un amare

Ch. Péguy «Il mistero dei santi innocenti»

Grazia

183 – «Per sperare bisogna aver ricevuto una grande grazia»

Péguy, Il portico del mistero della seconda virtù

Cosa è questa grande grazia? È la fede in Gesù Cristo; la grande grazia è la certezza della fede.

184 – La grande grazia da cui la speranza nasce è la certezza della fede; la certezza della fede è il seme della certezza della speranza.

251 – Comunque, la moralità è permanere nella posizione in cui originalmente Dio ti crea, e questa è grazia; senza l’adempimento del contesto, senza l’educazione quei semi non si svolgono.

328 – «Dove abbondò il delitto, sovrabbonda la grazia»

Rm 5,20

340 – «Come la loro libertà è stata creata ad immagine e somiglianza della mia libertà, dice Dio, / Come la loro libertà è il riflesso della mia libertà, / Così mi piace trovare in loro come una certa gratuità / Che sia come il riflesso della gratuità della mia grazia. / Che sia come creata a immagine e somiglianza della gratuità della mia grazia. / Mi piace che in un certo senso essi preghino non solo liberamente ma come gratuitamente. / Mi piace che cadano in ginocchio non solo liberamente ma come gratuitamente. / Mi piace che si diano e che diano il loro cuore e che si rimettano e che portino e che stimino non soltanto liberamente ma anche gratuitamente. / Mi piace che amino infine, dice Dio, non soltanto liberamente, ma come gratuitamente. / Ora per questo, dice Dio, cn i miei francesi sono ben servito […] / Dà per nulla. altrimenti è forse un dare? / Ama per nulla. altrimenti è forse un amare?»

Ch. Péguy «Il mistero dei santi innocenti»

grazia e fede / libertà / ragione

105 – È la libertà che aderisce a un complesso di indizi e di stimoli buoni che ha già dentro; è questa la libertà: aderire a ciò che ti spinge verso il giusto e il bene.

Quello che ti permette questo si chiama grazia: è una grazia avere un carattere di una certa sensibilità, con una certa ripugnanza al grossolano, è una grazia aver imparato il Padre nostro, è una grazia aver trovato certa compagnia, è una grazia essersi sentiti dire «Vieni», una grazia incomparabile, tant’è vero che adesso potete presentire qualche cosa, ma quanto tempo ci vuole per comprenderla di più! Il tempo che passa, questo è grazia!

Ma anche avendo avuto tutta questa grazia, la tua libertà potrebbe essere così capricciosa, così nichilista, così irrequieta, così istintiva, così amante dell’istintività che c’è sempre dentro, da dir di no a tutto quello che la sensibilità e il Padre nostro e la compagnia ti suggeriscono.

Che tu abbia a dir di sì, perciò, è frutto di una grazia antecedente. […] È sempre una grazia che ti prepara e ti sostiene nel momento. Per questo la tua libertà sta molto di più nel domandare a Cristo la grazia che ti illumini e ti sostenga al momento opportuno, piuttosto che dire: «Cristo lascia fare a me: ci penso io, quando viene il momento faccio io».

Questa presunzione ti costerebbe cara.

251 – Comunque, la moralità è permanere nella posizione in cui Dio ti crea, e questa è grazia.

Perché ciò che è dato come grazia è dato all’uomo come libertà, e perciò l’uomo la può accettare o no, può accettare di corrispondervi o no.


grazia e moralità

249 – «L’atteggiamento morale è una grazia o è frutto di una educazione?»

L’atteggiamento morale è innanzitutto frutto dell’atto che crea, perciò essenzialmente una grazia. Originalmente è una grazia perché l’atteggiamento morale è la posizione in cui ti crea il gesto di Dio che ti dà la vita.


grazia e speranza

183 – «Per sperare bisogna aver ricevuto una grande grazia»

Ch Péguy, Il portico del mistero della seconda virtù

Cosa è questa grande grazia?

184 – La fede in Gesù Cristo: la grande grazia è la certezza della fede.

La certezza della fede è il seme della certezza della speranza.

[…] La grande grazia della certezza nel presente.


Guardare

197 – Bisogna guardare in faccia, dovete abituarvi a guardare in faccia queste parole; anche soltanto avere lì la parola davanti agli occhi e guardarla, poco o tanto, vi fa penetrare in essa. Se poi guardarla è anche nello stesso tempo una domanda a dio: «Signore, fammi capire questa parola», allora diventa più sollecita la risposta.

230 – Come una bella silhouette che passa sull’altra parte della strada[…] ma non ti fermi a guardarla, non ti ricordi più neanche il colore del vestito e dei capelli, perché non ti interessava, avevi altre cose che ti interessavano.

237 – Secondo me il problema più grave è quello indicato dal nostro amico: che la parola è chiara ed è astratta, e il rimedio a questo è il guardarla in faccia, continuamente guardarla. Guardarla vuol dire anche domandare a Mario: «Mario spiegami questa cosa qui.»

Quanto più tu fissi questa cosa, quanto più fai queste domande, tanto più la chiarezza incomincia a coincidere con la densità di qualcosa di presente e con la suggestività di qualcosa di sentito.

322 – Adesso cominciamo a fare i passi necessari per capire qualche cosa, lentamente; poi li riprenderete a casa, anche se queste cose, più che nella banalità di una pretesa analisi chiarificatrice, entrano in noi come per osmosi, come per pressione osmotica; entrano in noi se guardiamo il mistero di cristo, come Giovanni e Andrea che lo guardavano parlare e non interloquivano.


guardare con gli occhi Cristo

235 – Tutto diventa segno del nostro destino se guardiamo le cose vedendo il rapporto con Gesù, vivendo il rapporto con la Presenza.

[…] Guardare le cose senza la coscienza della Presenza di cui esse sono segno è una cosa che a un certo punto non si capisce più.

Segno di che? Segno del destino che sta per venire; ma quel destino che sta per venire è già lì…segno di Colui che è già lì.


guardare Gesù

69 – Giovanni e Andrea non lo conoscevano, mai conosciuto. Gli vanno dietro con timore e stanno là tutto il pomeriggio a vederlo parlare, perché non capivano neanche bene quel che dicesse. Riferitevi sempre lì: in Andrea e Giovanni, vedendo parlare quell’uomo – e, quanto più parlava, tanto più avveniva – era naturale il desiderio di conoscerlo, di stare con Lui, di sentirlo ancora parlare.

283ss – «Non bisogna coltivare progetti di perfezione, ma guardare in faccia Cristo».

L.Giussani, «L’io e la grande occasione»

Non arzigogolare e tendere alla perfezione, ma guardare in faccia Cristo: se uno guarda in faccia a Cristo, se uno guarda in faccia a una persona a cui vuol bene, tutto in lui si rimette a posto, tutto corre a posto.

284 – La sorgente della morale è voler bene a uno, non realizzare delle leggi.

Semplicissimo, facilissimo….ma scomodissimo perché non puoi più seguire te stesso. La felicità è seguire un Altro.

Certo che guardare in faccia Cristo e non fare progetti di perfezione, vuol dire che si guarda in faccia Cristo desiderando veramente il bene, desiderando veramente di essere veri, desiderando veramente di voler bene: «desiderandoti veramente, o Signore».

Adesso c’è la Settimana Santa; se uno […] in questi quattro giorni va dentro senza guardare in faccia Cristo e basta, ma con la preoccupazione dei peccati o della perfezione oppure delle cose da meditarci su, viene fuori stanco e riprende le cose come prima.

Guardare in faccia Cristo, invece, cambia.

Ma perché cambi, bisogna guardargli in faccia veramente, col desiderio del bene, col desiderio della verità: «Di tutto sono capace, Signore, se sto con Te che sei la mia forza»; è un tu che domina, non delle cose da rispettare.

È questa l’unica vera rivoluzione del mondo: la fede come conoscenza e la carità, guardare in faccia Cristo, come morale.

È guardandolo in faccia che uno sente questa forza purificatrice che lo deterge.

309ss – «Giovanni e Andrea avevano davanti una Presenza e facevano le cose con davanti questa Presenza. La loro fede era la certezza di una Presenza sperimentabile. allora volevo un po’ capire meglio che cosa vuol dire per noi guardare in faccia Cristo.»

Giovanni e Andrea avevano fede perché avevano certezza in una Presenza sperimentabile.

(Poi) sono andati a casa loro. Quello che avevano visto il pomeriggio antecedente, dominava nella loro testa si o no? Sì. Lo vedevano? No.

L’uomo sperimenta, fa esperienza di una presenza, non solo quando la tocca, naso contro naso.

310 – Non l’avessero visto più per tre settimane, il desiderio dominante di quei due era quello di ritrovarlo, perché era chiaro che era Lui, che Lui era Lui; non sapevano chi fosse, ma era Lui.

Invece che Lui con i capelli al vento, invece di guardarlo parlare con la bocca che si apre e si chiude, ti arriva addosso con le nostre presenze, che siamo come le fragili maschere, la fragile pelle, le fragili maschere di qualcosa di potente che è Lui che sta dentro, che non sono io né lui né te, eppure passa attraverso me, passa attraverso te, passa anche attraverso lui e le cose di oggi non te le dice nessuno.

311 – Non sono mie, sono di Colui che Andrea e Giovanni quel pomeriggio erano là a guardare che parlava; parlava e parlava, così vincendo tempo e spazio ha parlato oggi a te; e ti parlerà dopodomani fra dieci anni.


Guerresco

129 – Il termine guerresco non evoca in noi una immagine giusta; perché il termine guerresco è un termine che nella Bibbia è metafora applicata a Dio, è un termine divino, tanto è vero che la Bibbia ha fatto la presenza di Dio soggetto di guerra per salvare il popolo ebraico, per tenere il suo possesso.


Gusto

227 – La serietà, la misura della serietà non è data dalla speranza, ma dalla fede. La misura della serietà è data dalla verità, mentre la misura del gusto e del fascino è data dalla speranza.

281 – «Il che significa un gusto e un amore nell’impegno col tempo e con lo spazio»

Un gusto e un amore: sono solo da questo ottimismo, solo da questa fiducia che si attua come abbandono. Giovanni e Andrea si sono abbandonati a quell’uomo lì, e infatti quella sera sono andati a casa ed erano diversi, erano diversi perché erano tutti poggiati su quello che avevano visto e il giorno dopo sono andati a rivederlo, poi sono andati a rivederlo, poi sono andati a rivederlo, poi gli sono andati dietro.


Link diretti ai temi di “Si può vivere così?” che iniziano con

ABCDEFGILMNOPRSTUV