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A–B–C–D–E–F–G–I–L–M–N–O–P–R–S–T–U–V
Lettera «I»
Indice linkato ad ogni parola o tema
- Ideale
- Idolatria
- Imitare
- Immaginare / immaginazione / immagine
- Immedesimarsi / immedesimazione
- Immediato
- Imparare
- Impazienza
- Incertezza
- Incoerenza
- Incomprensibile
- Incontro
- Indagine
- Inevitabilità
- Inferno
- Inganno
- Ingenuo
- Inizio
- Insegnamenti di Dio
- Inspiegabile
- Intelligenza
- Interesse
- Io
- Io-sono-Tu-che-mi-fai
- Ipotesi positiva
- Ipotetico
- Irragionevolezza / irragionevole
- Istintività
Ideale
231- «L’altra volta si parlava di sogno e di speranza ideale. Io scopro di avere la tentazione di vivere la speranza immediata come sogno e di rimandare la speranza ideale. Volevo capire meglio.»
L‘ideale identifica l’esigenza per cui il cuore è fatto, perciò viene per ultimo, il suo compimento è futuro; sei in cammino. Cosa sia la speranza ideale quindi è chiaro.
Ma essa si riflette poco o tanto sulla forma e il sentimento della circostanza in cui vivi ora.
Che tu faccia sogno il presente è la maschera della tentazione di non impegnarti nel presente. Allora se sei di buona vena, costruisce un sogno, costruisci tu l’immagine di quel che devi fare nel presente, e fai soltanto quello che sottolinei tu.
ideale vs sogno
165 – Perché cercare soddisfazione nei propri pensieri è contro la ragione? Perché la ragione è coscienza della realtà, non dei tuoi pensieri avulsi da un riferimento al reale. È coscienza della realtà! La ragione fa intuire la presenza dell‘ideale. L’alternativa all’ideale, seguire i tuoi pensieri, si chiama sogno.
L’ideale è la realtà che tu conquisti pezzo per pezzo, passo passo; mentre il sogno svanisce, muta e svanisce da un giorno all’altro.
192ss – Le esigenze del cuore pretendono di essere esaudite; siccome l’uomo non ha la forza di realizzarle, di raggiungere cioè il traguardo che esse fanno prevedere, l’uomo dà forma a questa pretesa secondo il volto, secondo la consistenza fragile e ultimamente illusoria che si chiama sogno.
Il cuore dell’uomo sogna, così che le sue esigenze vengano soddisfatte: sogna, dà forma positiva al suo cammino.
193 -Ma il sogno del cuore dell’uomo non può sostenere le ragioni di una certezza, della certezza che le esigenze siano esaudite.
La certezza che esse siano esaudite viene dal fatto che la grande presenza ha promesso che avrebbe esaudito l’uomo, se l’uomo glielo chiede.
Perciò, della memoria la speranza esalta la promessa.
Si chiama ideale l'oggetto della certezza che le esigenze del cuore hanno di essere esaudite.
Per capire perciò la speranza è molto importante distinguere tra il sogno e l’ideale.
Il sogno è dato dal fatto che le esigenze del cuore, [...] dimenticando la grande Presenza, tendono a darsi, a immaginare la forma che le esaudirà.
194 – Invece il cuore dell’uomo è fatto per la felicità. Se riconosce la grande Presenza, se vive la certezza nella grande Presenza, capisce che è dalla grande Presenza che può venire la ragione della certezza che i suoi desideri si attuino; perciò domanda con l’aiuto della grande Presenza di raggiungerli così come essa vi ha dato forma eterna: questa forma si chiama ideale.
Cioè, la speranza si traduce in desiderio di sogno o in desiderio ideale.
L‘ideale è l ‘oggetto di perfezione, di felicità per cui il cuore dell’uomo è fatto, che da solo non può raggiungere: da solo può dare delle forme sognanti, perché prende pretesto dalle circostanze e non dalla grande Presenza.
L’ideale, invece, è il desiderio di felicità che il cuore ha e che riconosce possibile solo con l’aiuto della grande Presenza.
L‘ideale, perciò, è il desiderio ultimo del cuore, che l’uomo cerca di raggiungere fidandosi della grande Presenza.
È molto importante questa differenza tra sogno e ideale.
231- «L’altra volta si parlava di sogno e di speranza ideale. Io scopro di avere la tentazione di vivere la speranza immediata come sogno e di rimandare la speranza ideale. Volevo capire meglio.»
L’ideale identifica l’esigenza per cui il cuore è fatto, perciò viene per ultimo, il suo compimento è futuro; sei in cammino. Cosa sia la speranza ideale quindi è chiaro.
Ma essa si riflette poco o tanto sulla forma e il sentimento della circostanza in cui vivi ora.
Che tu faccia sogno il presente è la maschera della tentazione di non impegnarti nel presente. Allora se sei di buona vena, costruisci un sogno, costruisci tu l’immagine di quel che devi fare nel presente, e fai soltanto quello che sottolinei tu.
Idolatria /idolo
392 – La Bibbia ha una parola precisa per indicare qualcosa che l’uomo adora come Dio, mentre non lo è: si chiama idolo.
Affermare o cercare la verità dove non è, affermare o cercare l’idolatria, insomma, è una menzogna, è una bugia.
Imitare
147ss – Ma guardare uno che ti sta davanti come fa a diventare un seguire? Se lo imiti; devi guardare uno che ti sta davanti e imitarlo.
Cosa vuol dire imitarlo? Vuol dire due cose: prima di tutto capire ciò che dice, capire i passi che fa – i passi dell’umo sono tradotti nei pensieri, nelle parole, nei giudizi…quindi: capire i pensieri, capire quel che dice-; e, poi, imitarlo nel come fa.
Se tu ti fermi alla prima cosa, cioè a sentire le parole e basta, non lo segui; devi anche cercare di stare attento a come fa e cercare di fare come lui.
C’è una parola con cui indichiamo tutto questo. Diciamo che la regola della vita è la sequela.
148 – Il concetto (di sequela) indica:
- primo qualcosa che si ha davanti;
- secondo, qualcosa di cui cerchiamo di capire le parola
- terzo, qualcosa di cui cerchiamo di capire come fa a farle, a viverle.
L’insieme di queste si chiama sequela; senza sequela, senza l’intensità di una sequela la nostra vita non ha niente davanti, non sa cosa pensare e non sa cosa fare.
Immaginare / immaginazione / immagine
199 – La certezza della fede genera la certezza della speranza, ma ma modalità con cui questa certezza della speranza è suscitata in noi lascia come un disvagamento, lascia come una tribolazione, come un dubbio, che non è il dubbio, che è incertezza, perché non si riesce ad immaginare, a delineare nulla come sarà questo futuro.
201 – La difficoltà a delineare come possa essere questo futuro non è un’obiezione alla certezza del futuro. La difficoltà a delineare come sarà il paradiso non incide, non infirma la certezza del paradiso; la ragione del paradiso è totalmente diversa dalla capacità che abbiamo di immaginare il paradiso. Si tratta di ragione e non di immagine.
Allora l’immagine non vale niente. No! L’immagine aiuta la ragione, quando la si sa usare.
L’immagine aiuta […].
Non ha la dignità, la consistenza della ragione; non è la padrona.
Insisto su questo, perché a mio avviso molto vuoto, molto timore, molto disinteresse avviene in noi perché confondiamo l’incapacità che abbiamo ad immaginarci il futuro con la certezza su questo futuro: la certezza è l’oggetto della ragione; la delineazione di come è questo futuro è una capacità immaginativa che ha chi più e chi meno.
Allora, finora ho voluto scostare il velo di una obiezione inutile: confondere l’immaginazione e la fantasia con la ragione.
La certezza è oggetto della ragione; meglio, è fondata sulla ragione, non sulla immaginazione; e la vaghezza della immaginazione non dà nessun motivo per dubitare della ragione.
222 – Vediamo se il nostro concetto di speranza è diventato immagine in voi. È il concetto che diventa immagine, anche se il concetto nasce incoscientemente da una immagine, cioè da una impressione delle cose; poi si fa concetto e diventa umano, l’impressione diventa umana; ma dal concetto poi ridiventa immagine, cioè diventa poesia, diventa motivo ricostruttore, ricostruttivo, che converte il mondo.
417 – Cristo per realizzare la sua opera nel mondo sceglie alcuni. Immaginate al lume delle torce, quella sera, prima che Lui morisse, Lui e i dodici – quello che non si è ancora sperimentato, si deve cercar di rendere oggetto di fantasia, di immaginazione: rendersi conto -, Lui e i dodici attorno al tavolo in silenzio che guardavano quell’uomo parlare, quell’uomo che diceva: «Senza di me non potete far nulla».
429 – La vocazione te la dai tu? Bisogna distinguere il riconoscimento di una vocazione – e questo è un fatto oggettivo – dall’affermazione di una propria immagine, della propria immaginazione.
La prima caratteristica dell’affermazione della propria immagine è che è sempre tentennante; La seconda caratteristica è che non nasce di schianto, chiara, ma come opposizione.
immaginazione e concetto
222 – Vediamo se il nostro concetto di speranza è diventato immagine in voi.
È il concetto che diventa immagine, anche se il concetto nasce incoscientemente da una immagine, cioè da una impressione delle cose; poi si fa concetto e diventa umano, l’impressione diventa umana; ma dal concetto poi ridiventa immagine, cioè diventa poesia, diventa motivo ricostruttore, ricostruttivo, che converte il mondo.
immaginazione e vocazione
429 – La vocazione te la dai tu? Bisogna distinguere il riconoscimento di una vocazione – e questo è un fatto oggettivo – dall’affermazione di una propria immagine, della propria immaginazione.
La prima caratteristica dell’affermazione della propria immagine è che è sempre tentennante; La seconda caratteristica è che non nasce di schianto, chiara, ma come opposizione.
immaginazione vs attesa
220 – Essere attaccati alla propria opinione esige la perdita della semplicità, l’introduzione di una presunzione e il prevalere della propria immaginazione sull’attesa.
È esattamente il grande pericolo che noi tutti corriamo: il prevalere delle nostre immagini sull’attesa che Dio ci ha destato nel cuore e che Cristo ci ha rinnovata, anzi ci ha precisata.
Immedesimarsi / immedesimazione
59 – Studiare a memoria vuol dire immedesimarsi, rendere parte di sé, parte del proprio sangue, un’esperienza grande e grandemente umana ed espressa con una bellezza a voi ignota; vuol dire parteciparvi.
141- Seguire Cristo vuol dire avere gli stessi sentimenti di Cristo, gli stessi sentimenti che Cristo ebbe verso il Padre; seguire Cristo vuol dire assimilare, assumere lo stesso atteggiamento che Cristo ebbe verso il Padre.
Immediato
421- Occorre un sacrifico, il sacrificio dell’immediato.
L’immediato non è vero, tant’è che crepa, fa crepare.
L’immediato lega, incatena, fino a quando uno è strozzato.
Occorre questo strano fenomeno, un distacco.
Per amare veramente una persona occorre un distacco.
È il sacrificio che permette lo svelarsi della verità della «cosa» o «persona» presente.
Imparare
96 – Anche quello che abbiamo detto non è che voi l’abbiate già imparato. «Detto» uguale a «imparato»: no, no! È ripetendo le chiarificazioni, ripetendo le spiegazioni, stando attento alle spiegazioni ripetute che, a un certo punto, si dilata in voi la luce che adesso non c’è ancora, oppure che c’è appena accennata.
Anche in questa spiegazione, qual è la cosa importante? Desiderare di capire, cioè chiedere, chiedere di capire, sempre chiedere. Non c’è nessun’altra ricchezza che chiedere.
109 – Lo sviluppo della vita è come una maschera che cela il mistero, il mistero della vita come tale.
Così in queste cose, coi mesi e con gli anni imparerete; se si segue: tutti quelli che sono venuti a un certo punto hanno detto: «Sì, lei avrà anche ragione, ma io sono stufo vado via», non hanno più imparato. Chi è rimasto ha imparato.
È terribile questa cosa: chi sta impara, diventa se stesso; che non sta perde se stesso.
imparare a memoria
59 -Adesso non si fa più imparare più niente a memoria; il non imparare a memoria è proprio di un potere che vuole che impariate quello che dice lui.
Se imparate a memoria un pezzo di Leopardi, il potere può dire tutto quel che vuole, ma quel pezzo di Leopardi lì non vi lascia tregua, non vi lascia diventare schiavi di quel che dicono quelli della televisione.
Studiare a memoria vuol dire immedesimarsi, rendere parte di sé, parte del proprio sangue, un’esperienza grande e grandemente umana ed espressa con una bellezza a voi ignota; vuol dire parteciparvi.
Impazienza
207 – L’opposto della pazienza non è l‘impazienza: l’impazienza è un difetto della pazienza.
L’opposto della pazienza è quella specie di rassegnarsi verminoso, è quel procedere serpentino, è quello sgranchirsi le braccia e le gambe inutile, che deriva da tante cose, per esempio dalla pigrizia.
Incertezza
199ss – La certezza della fede e ili seme che essa è di certezza futura c’è un periodo che può sembrare incertezza.
In che senso incertezza?
La certezza della fede genera la certezza della speranza, ma la modalità con cui questa certezza della speranza è suscitata in noi lascia come un disvagamento, lascia come una tribolazione, come un dubbio, che non è il dubbio, che è incertezza, perché non riesce ad immaginare, a delineare nulla come sarà questo futuro.
Per esempio, uno degli aspetti per cui la memoria di Cristo è così debole in tanti momenti della nostra vita è una specie di incertezza su di Lui, che non è incertezza su di Lui, altrimenti sarebbe mancanza di fede, ma è difficoltà nel delineare dentro di noi come è avvenuta la cosa.
200 È una specie di interrogativo, di dubbiosità o di incertezza nella figura della cosa; non riusciamo ad immaginarci bene, a ri-immaginarci la figura della cosa, resta come uno spazio di tremore.
Sarebbe irrazionale che noi non fossimo certi del futuro, solo perché non riusciamo ad immaginarci, a delinearci come possa essere questa figura del futuro.
La difficoltà a delineare come possa essere questo futuro non è una obiezione alla certezza del futuro.
La certezza è l’oggetto della ragione, la delineazione di come è questo futuro è una capacità immaginativa che ha chi più e chi meno.
Allora, finora, ho voluto scostare il velo di una obiezione inutile: confondere l’immaginazione e la fantasia con la ragione.
La certezza è oggetto della ragione; meglio, è fondata sulla ragione, non sull’immaginazione; e la vaghezza della immaginazione non dà nessun motivo per dubitare della ragione.
Incoerenza
235 – Capisco che si può essere incoerenti, e l’incoerenza è un dolore acuto se non atroce, ma che si possa guardare le cose senza la coscienza della Presenza di cui esse sono segno è una cosa che a un certo punto non si capisce più – non si capisce! – perché non ci si ricorda più di quando si era piccoli: solo i bambini possono guardare le cose non come segno.
Se vivi il rapporto con il Signore, qualunque cosa è segno.
Incomprensibile
139 – Perché, se solo per il fatto che adesso (Gesù) diceva una cosa incomprensibile, veramente incomprensibile – non si poteva dire contro il cuore, ma incomprensibile sì – se ne sono andati via, sono stati irragionevoli. Perché hanno compiuto un gesto contraddittorio a quello che avevano visto il giorno prima.
Il giorno prima l’avevano seguito perché aveva distribuito il pane, andare via perché non capivano era rinnegare l’evidenza del giorno prima.
Incontro
12 – A ognuno di voi è capitato qualche cosa: un incontro.
La parola incontro è quella che descrive più genericamente ed è, quindi, più utilizzabile per tutti i casi.
[…] per cui avete detto: «Incomincio»
45 – Qual è la prima caratteristica della fede in Cristo?
Per Andrea e Giovanni qual è la prima caratteristica della fede che hanno avuto in Gesù? Ci hanno impastata tutta la loro vita e noi siamo qui adesso perché loro ci hanno impastato la vita, noi siamo qui per loro, se non ci fossero stati noi non saremmo qui. La prima caratteristica è un fatto! Qual è la prima caratteristica della conoscenza? È l’impatto della coscienza con una realtà; se non è una realtà è un sogno, non è una conoscenza. era un fatto, un fatto che aveva l’aspetto di un incontro.
L’incontro è la modalità di un certo fatto. La prima caratteristica della fede cristiana è che parte da un fatto, un fatto che ha la forma di un incontro.
73 – (Abbiamo descritto la dinamica della fede come) un fatto che accade e che ha la forma di un incontro. È il contraccolpo che avviene e che ti fa scoprire qualcosa di nuovo, non è frutto di ragionamento, non è frutto di un itinerario, ma è frutto di un incontro, di un momento che ti colpisce.
111 – «Si può dire che la libertà è come la decisione o la posizione di desiderare di permanere in questo stupore che ha generato l’incontro?»
Io direi che la libertà è la disponibilità attiva e affettiva a vedere riproposta in tutti i tuoi rapporti quella eccezionalità e quella grandezza di rapporto che ha costituito il tuo primo incontro.
È molto importante questa osservazione: l‘incontro per cui uno è entrato nel movimento o nel Gruppo Adulto, magari è stato qualcosa di appena accennato, quasi inconsapevole; però nessuno può dire: uno ti ha legato per il collo e ti ha tratto. No! Se sei qui è perché qualcosa ti ha percosso.
La libertà è il favorire la disponibilità intellettuale, affettiva e creativa a percepire e a corrispondere alla Presenza che ha dettato il tuo inizio.
caratteristica dell’incontro
146 – Qual è la prima caratteristica fondamentale di quello che vi sta davanti? Quello che vi sta davanti è la faccia di ciò che avete incontrato e che per primo vi ha dato una spinta, vi ha dato un’idea, una voglia. dal punto di vista esteriore è stato qualcuno, è stato l’incontro con uno o con alcuni in un contesto che vi ha fatto dire, senza che voi ci pensaste: «Come è diverso questo qui!». Vi ha fatto notare una diversità, una diversità umana, che aveva come caratteristica quella di corrispondere più acutamente, più profondamente al cuore nella sua semplicità.
Più particolarmente, c’era una caratteristica su cui noi non vi siete fermati a riflettere, ma su cui adesso dovete fermarvi a riflettere: quell’uomo, quella gente, quei compagni…quella diversità innanzitutto implicava una serietà del vivere.
incontro e fede in Cristo
69ss – «Le caratteristiche che definiscono la fede possono essere utilizzate anche per l’incontro. Vorrei capire di più il nesso tra le due cose.»
70 – Le caratteristiche per cui ti si rivela la verità della fede sono le caratteristiche in cui ti imbatti in un incontro: è un incontro lo strumento, il fenomeno per cui tu t’accosti alla fede.
La fede non è, per sé, un incontro. La fede è riconoscere che è presente nel mondo e nella storia del mondo Dio fatto carne, fatto uomo, costituito cioè fattore di essa, fattore della storia, fattore della realtà presente.
La fede è un gesto umano, perciò deve nascere in modo umano, non sarebbe umano se nascesse senza ragione: sarebbe irragionevole, cioè non umana.
Il modo con cui la fede nasce ragionevolmente – cioè portando in sé per l’uomo, per qualunque uomo, l’evidenza della sua consistenza, l’evidenza della sua ragione, è un incontro, è l’avvenimento di un incontro: di un incontro fra la coscienza – intelligenza, sensibilità e affettività – dell’uomo e una Presenza umana eccezionale.
La fede nasce e si attesta umanamente, ragionevolmente, perciò in modo affettivamente percepibile e vivibile, in modo creativo, solo come frutto di un incontro nel quale la grande Presenza palesa se stessa come sorgente di eccezionalità, di una grandezza di efficacia che era assolutamente insospettabile.
Indagine
236 – Ma quanto più uno vive questa indagine – chissà, vorrei sapere l’etimologia della parola indagine: in ago, agire dentro, può essere? Agire dentro le cose, penetrare le cose -dalla presenza di Cristo, dalla presenza della Verità e dall’Amore infinito spinti a conoscere e ad amare le cose e le persone, quanto più uno vive questa indagine, tanto più sente gli altri, piccoli, poveretti…la verità è che sono tutti smarriti. Per questo val la pena qualsiasi sacrificio, perché la nostra indagine sia più profonda, il nostro possesso di Colui che è presente sia più grande,e gli altri per questo capiscano di più.
Inevitabilità
293 – L’inevitabilità è come il sintomo più chiarificatore di questa appartenenza a noi della cosa, e soprattutto non appartiene a noi ciò da cui tutto deriva: la nostra vita appartiene a un Altro.
Inferno
155 – Per esempio ai primi tempi, quando discutevo in classe al liceo, uno degli argomenti preferiti per un attacco era l‘inferno: «Orrore, orrore! Che tu dica che c’è l’inferno. È una cosa obbrobriosa, ingiusta, inconcepibile per l’uomo». Per rispondere a questa obiezione – che era una obiezione particolare – cosa dovevo fare? Per rispondere dovevo ricondurre anche quel particolare che mi si opponeva all’ultimo destino dell’uomo, all’ultima idea dell’uomo.
L’ultima idea dell’uomo è che l’uomo è una libertà, cioè qualcosa fatto per la felicità: e, paradossalmente, l’inferno nasce qui. Senza inferno non ci sarebbe libertà, senza la possibilità dell’inferno non ci sarebbe libertà. Perché a libertà implica la possibilità di dire no, e dire di no è l’inferno: l’inferno è un grande no.
Perciò l’inferno, paradossalmente, diventa la parola che indica di più la dignità dell’uomo. Non perché sia bello l’inferno, ma perché afferma l’uomo come libertà, che vuol dire, nella sua traduzione positiva, che non può esser mia una felicità a cui non abbia detto di sì io. Se non dico sì, la felicità che raggiungessi non sarebbe mia. Per essere mia devo sceglierla, devo volerla, deve essere oggetto della mia libertà.
298 – Non terrore, vergogna o paura della nostra debolezza e del nostro male – questo è consacrare l’egoismo, questo è rendere eterno l’egoismo, questo è inferno, rendere eterno l’egoismo – non vergogna del male e paura del tempo, ma dolore.
Inganno
36 – Dio, il Mistero per cui siamo fatti, lo si trova dentro il disegno delle cose; se si è fedeli al suo disegno, dentro lì si trova qualcosa d’altro.
Allora: « Distogli il miei occhi dalle cose vane, fammi vivere sulla tua via». «Distogli i miei occhi dalle cose vane», dall’aspetto effimero e perciò ingannevole delle cose: sottraimi dall’inganno delle cose.»
366 – «È ciò che dicevi sulla filosofia di oggi che rinnega la concretezza dell’essere, la concretezza della realtà e quindi la butta nel sogno, perché la realtà appare come un nemico».
Certo. Se la realtà può essere diversa da quello che si presenta con evidenza a noi, essa è una bugia, è un nemico. Quello che appare con evidenza, e non è vero, è inganno e l’inganno è il prodotto di una inimicizia.
Ingenuo
282 – Il Movimento si è reso grande e cammina con ingenua baldanza: ingenua, vale a dire senza niente che si intruda, che non deriva dall’origine, senza niente di artificioso…infatti chi è artificioso non gusta il Movimento, non lo vive; ingenua baldanza, è la sicurezza fino in fondo che dà l’abbandono: solo quando un bambino – salmo 131 – è tra le braccia della mamma è baldanzoso, abbandonato.
Il segno dell’abbandono è come se a uno si prosciugassero tutte le sorgenti dell’orgoglio; non inorgoglisce più, gli diventa impossibile inorgoglirsi perché niente è suo, tutto diventa suo se niente è suo.
Inizio
147 – Voi siete stati colpiti da un modo di vivere che annunciava, che portava con sé, – non è che vi siete detti tutte queste cose, ma, ripensandoci, tutte queste cose le dovete trovare dentro il vostro inizio! – che portava con sé l’affermazione del significato della vita: la vita è una cosa seria con un significato.
Insegnamenti di Dio
35 – «Beato chi è fedele ai suoi insegnamenti e lo cerca con tutto il cuore» (Sal 118). Beato vuol dire lieto: ha l’animo diverso da come tutti vivono. «Chi segue i suoi insegnamenti»: i suoi insegnamenti che cosa sono? È l’ordine della realtà: la gravitazione universale è un suo insegnamento, la gravità terrestre è un suo insegnamento, che la pianta cresca diritta, in un certo modo è un suo insegnamento. La parola «insegnamento» indica la realtà come disegno, come ordine; «beato chi è fedele» indica chi aderisce alle cose come naturalmente, cioè originalmente, cioè divinamente sono impostate.
36 – Beato chi cerca con tutto il cuore questi insegnamenti, questo significato delle cose, questo modulo delle cose.
Inspiegabile
323 – Siamo di fronte al fattore che corrisponde alle esigenze del cuore ed è inspiegabile, cioè non è deducibile da quello che l’uomo sperimenta.
Non si può capire né come né quando, ma è lì la sua fisionomia eccezionale, la sua Presenza eccezionale; se non lo riconoscessi presente perché non lo capisco, perché non capisco come fa ad essere presente, andrei contro la ragione.
Intelligenza
cfr. ragione
76 – Bisogna che tutti sappiamo bene che cosa voglia dire libertà; l’essenza dell’io umano è libertà, libertà che implica cervello e cuore, intelligenza e forza di volontà, energia di volontà.
C’è un solo svantaggio a seguire Gesù, ad essere cristiani, ad essere nella Chiesa: lo svantaggio che si è obbligati a rendersi coscienti di tutto quello che si fa, lo svantaggio di dover essere intelligenti, insomma. Ma non intelligenti nel senso della scuola, bensì intelligenti come uso dell’intelligenza che, in fondo, è dentro la frase che Cristo ripeteva sempre: «Vigilate, state all’erta» (Lc 21, 34-36).
Interesse
124 – (Quando ero a scuola) A me sembrava di essere leale nello studiare, ma non era vero che studiavo, perché studiavo staccato dalla questione, senza interesse, senza inter-esse, senza esserci dentro.
229 – Se tu senti una parola chiara, quella parola fugge al vento, s’allontana con il vento se tu non la guardi, non la fissi, cioè non ti interessa. Per sentirla astratta ti deve non interessare; prima ti deve non interessare, poi la senti astratta.
255 – Oggi dobbiamo vedere che cosa nasce dalla speranza, che non è nient’altro che l’espandersi della sicurezza della fede nel futuro.
È questo che ci interessa: non ci interessa tanto il presente quanto ili futuro, all’uomo non interessa tanto la sua origine quanto il suo destino.
Io
81 – L’io è rapporto con l’infinito. Tutta la dinamica, tutto il dinamismo dell’io si svolge e tende a una perfezione, cioè a un compimento di sé che in tutto quello che raggiungi non c’è mai, come ho detto nel Senso Religioso.
Infatti il cuore è esigenza di verità, di giustizia, di felicità, e in tutto quello che l’uomo raggiunge non c’è mai questo. Perciò, ciò a cui l’uomo tende è qualcosa che è al di là: è trascendente.
346 – La dedizione di sé all’altro non è una cosa generica, è una cosa molto concreta. Perché? Perché l’io vive, non come un nuvoline astratto, vive come atto; l’io vive come atto, si muove come atto. Il mio io si alza, prega, mangia, va al lavoro. Una realtà della natura che possa dire «io» è una cosa che si muove; se si muove, passa sa una posizione all’altra, compie un atto, precisa un suo evolversi.
Perciò se la legge dell’io è darsi, è l’amore come darsi all’altro, darsi all’altro significa muoversi per un altro.
347- Muoversi per che cosa?
Perché si compia, perché sia completamente se stesso e perciò perché sia eterno: senza la parola eterno un io non diventa più se stesso e tanto meno di compie.
400 – L’io umano, cioè il cuore umano, è il crocevia tra il rapporto con l’eterno e il nulla: non c’è alternativa.
431 – Io ho detto a Rimini che l’io è il crocevia fra l’eterno e il niente e si attua esistenzialmente, storicamente come riconoscimento di Cristo o no. Il no detto a Cristo, il non dire Cristo, è uguale a dire «Tutto è niente».
io e capacità di fidarsi
29ss – Mai la ragione è esaltata come in questo caso (metodo della fede). Non è messa da parte, è esaltata, è la ragione strettamente connessa con tutta la realtà organica dell‘io.
Tanto è vero che se l’io fosse cattivo, stenterebbe molto di più a fidarsi e conoscerebbe molto meno cose; se l‘io fosse patologico, stenterebbe a fidarsi, non riuscirebbe a fidarsi e conoscerebbe molto meno cose.
Questo è un processo in cui occorre che tutto quanto l’organismo dell’io collabori: è l’«io» impegnato.
Questo gesto con cui la ragione conosce perché si fida di un altro, implica una ragione più completa, una ragione in tutti i suoi nessi con gli altri aspetti della personalità.
30 – Chi ha più se stesso, chi ha più in mano se stesso, chi possiede di più, chi è più unito nell’organismo del suo io, chi è più unito, la persona in cui tutte le cose sono a posto, fa molto meno fatica a capire se fidarsi dell’altro o no; chi invece è patologico non si fida mai di nessuno, non riesce a fidarsi più di niente, si taglia via dalla vita.
Nella fede la ragione è impegnata in modo molto più ricco e potente che in tutti gli altri modi.
31 – Quello che faremo insieme in quest’ora di lezione o di discussione poggia tutto sulla ragione nella sua dinamica caratteristica che porta il nome di fede, poggerà tutto sulla ragione in quanto capace di fede, la fede essendo capacità estrema della ragione.
Parleremo, primo, di fede come normalmente è usata, vale a dire come riconoscimento di un contenuto invisibile della realtà (la realtà nel suo aspetto invisibile); e, secondo, di come questo contenuto è raggiunto attraverso la ragione in quel suo metodo caratteristico che si chiama metodo della fede, conoscenza attraverso la testimonianza.
Quanto più uno è morale, tanto più è capace di fidarsi; quanto meno è morale, tanto meno è capace di fidarsi, perché l’immoralità è come una schizofrenia o una dissociazione psichica.
157 – Cosa vuol dire l’io morale, l’io unito? L’io morale che cosa è? L’io vero! l’io unito che cosa è? È l’io non diviso, perciò l’io vero. allora: solo l’io vero è capace di fidarsi.
(Come vivere l’obbedienza e perché) allora problema: come vivere tutti i giorni la propria libertà, il proprio io, in modo tale da non essere costretti ogni momento a correre da chi guida.
Risposta: quanto più tu hai fatto tuo il criterio di chi ti guida, quanto più hai capito e accettato i criteri che ti sono stati detti, tanto più durante il corso delle giornate sei libera dall’andare a chiedere.
Accettare vil criterio di chi ti guida è il modo per essere libero in tutto quello che fai, diventi saggio in tutto quello che fai, dai come ci si comporta.
legge dell’io
cfr. persona, personalità, uomo
343ss – Derivando da Dio, la legge dell’io è l’amore. Se la carità è la legge dinamica, il dinamismo di quel movimento senza fine e senza sponde che è Dio, tutto ciò che nascesse da questo mare di dono e di commozione avrebbe la stessa dinamica, avrebbe la stessa legge: sarebbe carità.
Non esiste rapporto vero se non è di amore. È quello a cui ci invitava Gesù: «siate perfetti come p perfetto il Padre vostro» dove abbiamo visto che perfetto vuol dire misericordioso: siate anche voi dono di voi stessi, pieno di commozione, come è misericordia il flusso immenso dell’acqua di Dio, il flusso immenso del sangue di Dio.
344 – Se la carità è descritta come dono di sé sotto la pressione di una commozione, dono di sé carico di commozione, così deve essere per noi.
La legge dell’io, il dinamismo del proprio io, che è, dunque, direttamente derivato dal dinamismo di Dio, è amare, cioè dare sé stessi all’altro, commossi.
Non c’è dinamismo dell’io senza questo.
345 – La legge dell’io è una sola: amare. E questo si capisce, perché è la legge della fonte stessa da cui nasce: «La fonte è in Te dell’Essere».
Dio, che è la fonte dell'essere, ha una sola dinamica, descrivibile unicamente come dono di sé commosso.
La legge dell’io è l ‘amore, la legge dell’io è dare sé.
E infatti, se non si attua nell’amore, come amore, l’io è insoddisfatto, rabbioso con sé, ostile agli altri, incapace di bere e di assimilare la bellezza della realtà, annoiato, facilmente urtato.
Io-sono-Tu-che-mi-fai
363 – «Volevo proprio capire cosa vuol dire che il palpito del cuore non è carità senza la ragione e la ragione è che io partecipi all’essere».
Cosciente del fatto che tu partecipi all’essere, allora sono pronto a sentire emozione e commozione quando ti incontro o quando ti capitasse qualche cosa.
L’emozione o la commozione sono verso qualche cosa che c’è e se qualcosa c’è, c’è perché c’è un’Altra cosa; da sola non si è fatta, e questa è la ragione del vivere: la ragione del vivere è ciò per cui siamo fatti, di cui siamo fatti, la ragione del vivere è un Altro.
Se tu usi il linguaggio normale, a questo Altro dai del Tu; la parola «tu» esprime in modo supremo, sintetico e supremo, la coscienza di una Presenza dalla quale tu sei fatta perché non c’eri e da sola non ti fai: «IO SONO TU CHE MI FAI», dice il decimo capitolo de Il senso religioso, che è la scoperta più grande, più tranquillizzante, più commovente, più stupefacente, più bella che l’uomo possa fare.
Ipotesi positiva
cfr. positività
122 – Se la libertà secondo Cristo è l’adesione all’Essere, al Mistero delle cose – e, perciò, la vita è tutta positività, anche il male è fatto per un positivo.
«Tutto fu bene, anche il mio male»,
Ada Negri
O l’ipotesi l’ipotesi sulla libertà come reagente sull’esistente, sulla vita, o quest’ipotesi è positiva e porta alla realtà come costruzione per cui anche il dolore e la morte diventano strumenti di costruzione; oppure è negativa e allora anche il bene diventa male; anche il bene diventa male perché, alla fin fine, diventa cenere, si incenerisce anche lui, è inutile che ti ci impegni.
123 – «Mi sembra di aver scelto non con questa del destino».
La coscienza chiara del destino non è necessaria perché tu cammini verso la verità del tuo destino. Tu puoi scegliere le cose che ti portano verso il tuo destino ance semplicemente per il terrore che «senza questo cosa ti rimane?». ..San Pietro: «Signore, se andiamo via da Te, dove andiamo? Tu solo hai parola che spiegano la vita» (Gv 6, 68).
Perché se tu elimini l‘ipotesi positiva ti rimane l’ipotesi negativa: dove andiamo a finire? Questa seconda non è mai razionale, perché non spiega, non è mai ragione comprensiva di tutto.
124 – Se un bambino diventato grande si trova di fronte all’ipotesi: «Mia madre è morta veramente durante la guerra o c’è ancora?», per poterla eventualmente trovare deve usare un’ipotesi positiva; con l’ipotesi negativa non si viene a capo di nulla, non si scoprirebbe nulla, non avanzerebbe la scienza, non avanzerebbe la tecnica.
Che occorra usare, per risolvere un problema, un’ipotesi positiva e non un’ipotesi negativa, è la più grave questione di metodo che si possa citare.
Partire con l’ipotesi negativa ti impedisce di risolvere; tant’è vero che là dove si parte con l’idea negativa che la vita è senza senso, manca la vita, viene meno la vita: i bambini non ci sono più.
Ipotetico
14 – Voi incominciate questa strada senza ragionarci sul perché, sul come, però sentendo qualche cosa che è per voi.
In questo senso il gesto che compite non ha un valore ipotetico, cioè «Vediamo se…» ma è profondamente ragionevole perché quello che capite che ci deve essere dentro qui è qualcosa che corrisponde profondamente all’esistenza del vostro cuore, alla sete e alla fame del vostro cuore, al destino della vita.
Irragionevolezza / irragionevole
120 – Possedere vuol dire entrare in rapporto a livello dell’essere con un’altra cosa. La libertà è aderire alla realtà. Se tu vai fuori e dice: «Questa è terra con la ghiaia», è un atto di ragione, constati una evidenza. La ragione è aderire alla realtà; aderire alla realtà vuol dire affermarla: è l’inizio del possederla.
È un modo diverso che aderirvi fisicamente: questo è un aspetto esteriore; non c’è necessità che tu ti sdrai per terra e «aderisca» alla terra e ai sassi: «Ma io aderisco alla terra!». Perché sarebbe irrazionale se tu facessi così? Sarebbe irrazionale perché è disumano, non è il modo umano di aderire.
C’è un possesso che non è quello fisico, che non è quello del contatto puramente fisico.
139 – Perché, se solo per il fatto che adesso (Gesù) diceva una cosa incomprensibile, veramente incomprensibile – non si poteva dire contro il cuore, ma incomprensibile sì – se ne sono andati via, sono stati irragionevoli. Perché hanno compiuto un gesto contraddittorio a quello che avevano visto il giorno prima.
Il giorno prima l’avevano seguito perché aveva distribuito il pane; andare via perché non capivano era rinnegare l’evidenza del giorno prima.
Istintività
cfr. reazione
148 – L’alternativa alla vita come sequela è l’istintività, vale a dire degrada, come uomo, verso l’animalità.
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