Link diretti ai temi di “Si può vivere così?” che iniziano con
A–B–C–D–E–F–G–I–L–M–N–O–P–R–S–T–U–V
Lettera «L»
Indice linkato ad ogni parola o tema
- Lamento
- Lavoro
- Legge
- Leggere / lettura
- Letizia
- Libertà
- condizioni della libertà
- libertà dalle cose
- dinamica / traiettoria della libertà
- libertà e circostanze inevitabili
- libertà e compagnia / seguire
- libertà e domanda
- libertà e fede / obbedienza
- libertà e fede / grazia / ragione
- libertà e fede / speranza
- libertà e povertà
- libertà nei rapporti e possesso
Lamento
212- Così la vita che ci è data è speranza, ragionevole speranza, speranza ragionevolmente fondata. Perché? Perché ci viene da Dio – non ci siamo fatti noi – e ciò per cui Dio ci ha fatti lo sentiamo nel cuore, corrisponde a quello che il cuore è. Come Abramo ha sentito il peso della prova – tanto è vero che si è lamentato: il quindicesimo capitolo è il lamento di Abramo – così a noi nella vita tante volte viene da rinnovare questo lamento: «Non ho questo, non ho quest’altro, chissà?»
221 – Nella misura in cui quest’abbandono e certezza non ci sono, è il lamento. Ma non è il lamento che straccia il cuore del bambino che soffre, è il lamento che ingombra il cuore e l’orecchio di chi sente, rende pesante la vita di tutti coloro che ci circondano e la nostra vita resta una condanna per gli altri, anche per gli altri: la vita è lamentosa, la vita-lamento, che non conosce né letizia né, tanto meno la gioia che è un fiore della letizia.
Lavoro
33 – Qual è l’espressione dell’uomo? Il lavoro. Il lavoro è l’espressione dell’uomo in quanto esso rappresenta il rapporto attivo che c’è tra me che vivo, immagino, penso, sento, e faccio in base a quel che penso e sento, e la realtà, per cui l’uomo usa la realtà, usa il tempo e lo spazio e crea la sua vita.
68 – Nota bene. Mai l’applicazione di questo giudizio di corrispondenza, mai l’applicazione del ricordo di Cristo, può coincidere con la diminuzione del tuo dovere. Non può coincidere con la diminuzione, per esempio, non prevista e non leale, non ordinata, del tuo lavoro: il tuo lavoro devi farlo tutto.
È una cosa che si insinua dentro il modo con cui lavori, mentre lavori; col tempo che passa ti diventerà abituale.
116ss – Prima di tutto, il lavoro è una espressione essenziale della vita dell’uomo ed è il modo essenziale con cui l’uomo imita Iddio: «Il Padre mio è l’eterno lavoratore»….senza poi contare il castigo del peccato. Allora, una persona, un uomo stima tanto più il lavoro quanto più è disponibile a dare tutte le energie per quello che Dio gli chiede.
La regola ultima non è che uno debba lavorare a questa o a quella cosa, ma che obbedisca a Dio.
Il grande lavoro di Cristo è l’obbedienza al Padre.
Quando padre Kolbe è stato preso e messo nell’antro in cui è morto insieme a tutti gli altri disgraziati che lui ha cercato di sostenere fino all’ultimo, non lavorava come prima, è stato chiamato a un altro lavoro, ben più grande: ha fatto la volontà del Padre.
Noi siamo chiamati non a lavorare, ma a fare la volontà del Padre.
La volontà del Padre implica, come fattore normale dello sviluppo della vita, il lavoro.
Secondo: quale lavoro – si debbono domandare queste ragazze che non hanno lavoro – quale lavoro? Quello che il Padre a loro farà trovare.
Allora, in primo luogo, debbono girare ad interessarsi, e non fare interessare altri e starsene con le mani in mano.
In secondo luogo, se manca il lavoro ideale per loro, debbono fare anche il lavapiatti: il lavapiatti è un lavoro, non far niente non è lavoro.
117 – Perciò non è il lavoro il valore della vita, il valore della vita è l’obbedienza; nell’obbedienza è implicato anche l’impegno per il lavoro.
Quindi: fare la volontà del Padre vuol dire cercare le condizioni in cui il Padre permette che noi abbiamo a trovare il lavoro: non lasciandolo cercare agli altri, ma cercando noi con l’aiuto di tutti.
Fin quando non si riesca a trovare il lavoro che piace – che esprime – è amore e obbedienza al Padre prendere anche il lavoro che esprime di meno e piace di meno.
118 – Questo eccezionale uomo ti dice: «Gettate le reti dall’altra parte», «Non perdete tempo» o, secondo la traduzione più icastica di san Paolo: «Chi non lavora neppure mangi». Perciò dì alle tue amiche che non hanno lavoro di fare in fretta a trovarsi lavoro. Questo sottolinea che non c’entra questo o quel lavoro: c’entra il lavoro.
Allora, come ho affrontato io la questione? Dicendo che il lavoro è fondamentale per una concezione cristiana di una vita dedicata a Dio.
Secondo: che tutti cerchino un posto di lavoro.
Terzo: che un posto di lavoro vale anche se non è secondo i propri gusti.
Uno cerca secondo i propri gusti, non trova secondo i propri gusti, cerca secondo altri criteri: basta che abbia un posto di lavoro…no, basta che cerchi sul serio il posto di lavoro.
Si trova qualsiasi cosa, basta che lavori: andrà a servire il parroco della chiesa vicina, a far la sacrestana, a pulire i pavimenti, senza prendere neanche cinque centesimi, ma deve avere il lavoro.
Il mio atteggiamento, evidentemente, non implica l’accusa a nessuno, ma l’affermazione della necessità del lavoro!
Senza un lavoro un individuo mente alla sua stessa vita, si rattrappisce.
Se, per esempio, un individuo, cercando il lavoro per mesi non riesce a trovarlo, nel frattempo prenda quello che può capitare tra le mani: invece che lavorare tre mesi di fila potrà lavorare tre settimane di fila, o una settimana su tre mesi.
282 – «Un gusto e un amore nel tempo e nello spazio» significa lavoro: dal pulire con la scopa la casa, all’amore all’uomo o alla donna o dell’uomo al suo compagno di cammino; perché se non è lavoro è inganno. È lavoro, è cammino al destino.
434 – Trovar le ragioni implica un lavoro. Invece, dire che è astratta una cosa che noi diciamo, senza questo lavoro di ricerca delle ragioni, è affermare un sentimento, uno stato d’animo, è una reazione puramente sentimentale. Cristo è presente, dove è presente? Qui, qui adesso.
lavoro e vocazione
111 – Attraverso le circostanze, se tu sei disponibile come animo e attenta come animo a Dio, Lui ti fa vedere quello che è utile o meglio per la tua vocazione, compreso il tuo lavoro, perché il lavoto è parte integrante della vocazione.
116ss – Prima di tutto, il lavoro è una espressione essenziale della vita dell’uomo ed è il modo essenziale con cui l’uomo imita Iddio: «Il Padre mio è l’eterno lavoratore»….senza poi contare il castigo del peccato. Allora, una persona, un uomo stima tanto più il lavoro quanto più è disponibile a dare tutte le energie per quello che Dio gli chiede.
La regola ultima non è che uno debba lavorare a questa o a quella cosa, ma che obbedisca a Dio.
Il grande lavoro di Cristo è l’obbedienza al Padre.
Quando padre Kolbe è stato preso e messo nell’antro in cui è morto insieme a tutti gli altri disgraziati che lui ha cercato di sostenere fino all’ultimo, non lavorava come prima, è stato chiamato a un altro lavoro, ben più grande: ha fatto la volontà del Padre.
Noi siamo chiamati non a lavorare, ma a fare la volontà del Padre.
La volontà del Padre implica, come fattore normale dello sviluppo della vita, il lavoro.
Secondo: quale lavoro – si debbono domandare queste ragazze che non hanno lavoro – quale lavoro? Quello che il Padre a loro farà trovare.
Allora, in primo luogo, debbono girare ad interessarsi, e non fare interessare altri e starsene con le mani in mano.
In secondo luogo, se manca il lavoro ideale per loro, debbono fare anche il lavapiatti: il lavapiatti è un lavoro, non far niente non è lavoro.
117 – Perciò non è il lavoro il valore della vita, il valore della vita è l’obbedienza; nell’obbedienza è implicato anche l’impegno per il lavoro.
Quindi: fare la volontà del Padre vuol dire cercare le condizioni in cui il Padre permette che noi abbiamo a trovare il lavoro: non lasciandolo cercare agli altri, ma cercando noi con l’aiuto di tutti.
Fin quando non si riesca a trovare il lavoro che piace – che esprime – è amore e obbedienza al Padre prendere anche il lavoro che esprime di meno e piace di meno.
118 – Questo eccezionale uomo ti dice: «Gettate le reti dall’altra parte», «Non perdete tempo» o, secondo la traduzione più icastica di san Paolo: «Chi non lavora neppure mangi». Perciò dì alle tue amiche che non hanno lavoro di fare in fretta a trovarsi lavoro. Questo sottolinea che non c’entra questo o quel lavoro: c’entra il lavoro.
Allora, come ho affrontato io la questione? Dicendo che il lavoro è fondamentale per una concezione cristiana di una vita dedicata a Dio.
Secondo: che tutti cerchino un posto di lavoro.
Terzo: che un posto di lavoro vale anche se non è secondo i propri gusti.
Uno cerca secondo i propri gusti, non trova secondo i propri gusti, cerca secondo altri criteri: basta che abbia un posto di lavoro…no, basta che cerchi sul serio il posto di lavoro.
Si trova qualsiasi cosa, basta che lavori: andrà a servire il parroco della chiesa vicina, a far la sacrestana, a pulire i pavimenti, senza prendere neanche cinque centesimi, ma deve avere il lavoro.
Il mio atteggiamento, evidentemente, non implica l’accusa a nessuno, ma l’affermazione della necessità del lavoro!
Senza un lavoro un individuo mente alla sua stessa vita, si rattrappisce.
Se, per esempio, un individuo, cercando il lavoro per mesi non riesce a trovarlo, nel frattempo prenda quello che può capitare tra le mani: invece che lavorare tre mesi di fila potrà lavorare tre settimane di fila, o una settimana su tre mesi.
lavoro personale
71 – Guardate che il lavoro che facciamo quando ci troviamo è soltanto la prima dettatura di qualcosa che deve diventare chiaro in voi: dovete rifare voi il cammino, dovete capire i nessi, ripassare i rapporti tra parola e parola, in modo tale che vi sia chiaro.
434 – Trovar le ragioni, implica un lavoro. Invece, dire che è astratta una cosa che noi diciamo, senza questo lavoro di ricerca delle ragioni, è affermare un sentimento, uno stato d’animo, è una reazione puramente sentimentale.
Legge
344 – La legge è la descrizione del dinamismo stabile con cui una realtà tende al suo destino; la legge è la descrizione del meccanismo stabile con cui una cosa in moto tende al suo scopo.
legge dell’io
344ss – La legge dell’io – La legge è la descrizione del dinamismo stabile con cui una realtà tende al suo destino; la legge è la descrizione del meccanismo stabile con cui una cosa in moto tende al suo scopo – il dinamismo proprio dell’io, che è, dunque, direttamente derivato dal dinamismo di Dio, è amare, cioè dare sé stessi all’altro, commossi. Non c’è dinamismo dell’io senza questo.
Derivando dunque da Dio, l’io ha come legge l’amore.
345 – Non esiste un’altra legge umana.
La legge dell’io è una sola: amare. E questo si capisce, perché è la legge della fonte stessa da cui nasce: «La fonte è in Te dell’Essere».
Dio, che è la fonte dell’essere, ha una sola dinamica, descrivibile esclusivamente come dono di sé, commosso.
La legge dell’io è l’amore, la legge dell’io è dare sé.
legge morale
84 – La legge fondamentale è tendere al destino.
91 – La libertà non è scelta, è possibilità di scelta solo perché è imperfetta. In quanto possibilità di scelta può mirare a una cosa che non deve, perché deve soltanto ciò che la porta al destino: la legge morale è questa: ciò che porta al destino. Invece lei scegli qualcosa che non la porta al destino, la sottrae al destino, e questa è l ‘imperfezione, l’errore, il peccato.
249 – L’atteggiamento morale è innanzitutto frutto dell’atto che ti crea, perciò è essenzialmente una grazia. Originalmente è una grazia perché l’atteggiamento morale è la posizione in cui ti crea il gesto di Dio che ti dà la vita. Tant’è vero che nel libro Un avvenimento di vita, cioè una storia, si dice che la legge morale è mantenersi nella posizione originale in cui l’atto creatore ci ha fatti che è quindi l’essere bambino: il bambino, non esaltato o già adulterato da influssi estranei, il bambino con curiosità e apertura, apertura, curiosità e adesione.
Leggere / lettura
283 – Nel libretto Dalla fede un metodo – guardate che è veramente un delitto che la maggior parte di coi non legga i testi che noi facciamo uscire; chi non legge i testi che noi facciamo uscire commette un delitto, un delitto contro se stesso e anche contro l’umanità perché, se ha il Battesimo e in più la vocazione, ha il dovere di collaborare alla benessere del mondo, a una umanità migliore -, in quel testo a un certo punto si dice all’incirca così: «Non bisogna coltivare progetti di perfezione, ma guardare in faccia Cristo», e questo è il corollario più bello a Giovanni 21, a Gesù che dice a Simone: «Simone, mi ami tu?» e Simone risponde: «Sì, signore, lo sai che ti amo».
Letizia
259ss – Dalle libertà delle cose, che la libertà porta con sé, nasce un sentimento che nessun altro ha se non chi è povero, cioè chi non fissa in determinate cose da lui scelte la speranza della sua vita.
260 – Da questa libertà delle cose che nasce dalla certezza che Dio compie tutto in Lui, scaturisce un’altra caratteristica dell’animo povero che è la letizia.
Dalla libertà delle cose – che nasce dalla certezza che Dio compie – una condizione di letizia: è qui che la fede fa nascere la letizia.
La fede non fa nascere la letizia immediatamente, ma mediatamente: dalla fede nasce la speranza, nella speranza è la letizia perché la letizia non può essere guadagnata e vissuta se non nella certezza del futuro.
È soltanto una stordiditezza che può far nascere una letizia e una gioia da qualcosa che si ha in mano nel presente…e domani?
261/262- La speranza non può essere posta nel fatto che uno ha moglie, che uno ha fidanzata. La letizia non deriva da quello, da quello deriva la contentezza, più o meno passeggera, ma la letizia no, perché la letizia si appoggia a un possesso la cui prospettiva non termina più.
La letizia non può avere sette miliardi (di lire) come motivo, non può, non sta.
Uno può essere contento ma non lieto, perché quella vincita non leva tutti gli ostacoli che si erigono a mettere in dubbio la certezza della pace e della prospettiva di felicità che uno ha addosso.
Chi ha, sia come se non avesse; uno è libero e questa libertà porta con sé il germe della letizia: «Quivi è perfetta letizia».
Non c’è formula della letizia più bella di questa: chi ha, sia come se non avesse.
286 – L’esito della fiducia è sempre una festa, pensate a una festa in grande come l’ha fatta il padre del figliol prodigo: travolge tutto, tutta la casa era travolta.
Travolge tutto, perfino quel che è tra noi, travolge tutto quello che è in noi; e questa festa, se travolge tutto quello che è in noi, che cosa fa? Ci rende lieti, la conseguenza ultima della fiducia è la letizia.
Travolge tutto e rende la nostra vita gonfia di missione, travolge tutti noi e ci rende lieti.
letizia e fede / speranza
260 – Dalla libertà delle cose – che nasce dalla certezza che Dio compie – una condizione di letizia: è qui che la fede fa nascere la letizia.
La fede non fa nascere la letizia immediatamente, ma mediatamente: dalla fede nasce la speranza, nella speranza è la letizia perché la letizia non può essere guadagnata e vissuta se non nella certezza del futuro.
letizia e fiducia
286 – L’esito della fiducia è sempre una festa, pensate a una festa in grande come l’ha fatta il padre del figliol prodigo: travolge tutto, tutta la casa era travolta.
Travolge tutto, perfino quel che è tra noi, travolge tutto quello che è in noi; e questa festa, se travolge tutto quello che è in noi, che cosa fa? Ci rende lieti, la conseguenza ultima della fiducia è la letizia.
Travolge tutto e rende la nostra vita gonfia di missione, travolge tutti noi e ci rende lieti.
letizia e povertà
259ss – Dalle libertà delle cose, che la libertà porta con sé, nasce un sentimento che nessun altro ha se non chi è povero, cioè chi non fissa in determinate cose da lui scelte la speranza della sua vita.
260 – Da questa libertà delle cose che nasce dalla certezza che Dio compie tutto in Lui, scaturisce un’altra caratteristica dell’animo povero che è la letizia.
Dalla libertà delle cose – che nasce dalla certezza che Dio compie – una condizione di letizia: è qui che la fede fa nascere la letizia.
La fede non fa nascere la letizia immediatamente, ma mediatamente: dalla fede nasce la speranza, nella speranza è la letizia perché la letizia non può essere guadagnata e vissuta se non nella certezza del futuro.
È soltanto una stordiditezza che può far nascere una letizia e una gioia da qualcosa che si ha in mano nel presente…e domani?
letizia e tenerezza
221 – Questo binomio letizia e tenerezza – perché solo il cuore lieto può essere tenero nel rapporto; la tenerezza è una sensibilità verso la gioia dell’altro, una sensibilità tesa ad augurare ed affermare la gioia dell’altro -, questo c’è soltanto in chi si appoggia, accetta, è bambino di fronte a Cristo, come gli apostoli.
Libertà
55 – In qualunque atto veramente umano, ma soprattutto quando l’atto umano sta di fronte al suo destino, qual è la caratteristica suprema dell’atto umano? Ricordate Péguy: Dio non obbliga mai nessuno, la libertà!
75 – Cosa è il tu umano che entra in azione? È la libertà.
76ss – Bisogna che noi sappiamo bene che cosa voglia dire libertà; l’essenza dell’io umano è la libertà; l’essere dell’io umano è libertà, libertà che implica cervello e cuore, intelligenza e forza di volontà, energia di volontà.
Soltanto capendo che cos’è la libertà possiamo sapere come usarla.
La parola libertà, normalmente, coincide con il fare quel che pare e piace. Ed è Giusto, come dimostrerò! Ma non come la pensano tutti, perché tutti sono superficiali nell’usare «libertà uguale fare quel che pare e piace.»
77 – Dobbiamo partire dall’esperienza facendo la quale uno si sente libero, e una in cui si sente non libero.
Quando uno si sente libero? Quando ha soddisfatto un desiderio.
Dall’esperienza ci viene detto che la libertà indica un momento di sé, una coscienza di sé in cui predomina il sollievo dato da un desiderio soddisfatto.
79 – La libertà uguale a soddisfazione, satisfacere, il desiderio soddisfatto.
Invece di soddisfazione si può usare una parola più metafisica: perfezione. La libertà è la perfezione.
In latino perficere (compiere) vuol dire esattamente satisfacere: un desiderio soddisfatto è un desiderio compiuto, perfetto.
Questa soddisfazione, questa perfezione, se non è totale, se non è totalizzante, se ha qualche buco, la libertà non c’è, è una tristezza.
«Ciascun confusamente un bene apprende / nel qual si queti l'animo et disira: / per che di giugner lui ciascun contende» (Dante, Purgatorio, canto XVII, vv 127-129)
111 – «Si può dire che la libertà è come la decisione o la posizione di desiderare di permanere in questo stupore che ha generato l’incontro?»
Io direi che la libertà è la disponibilità attiva e affettiva a vedere riproposta in tutti i suoi rapporti quella eccezionalità e quella grandezza di rapporto che ha costituito il tuo primo incontro.
La libertà è il favorire la disponibilità intellettuale, affettiva e creativa a percepire e a corrispondere alla Presenza che ha dettato il tuo inizio e che, qualunque cosa guardi al mondo e in qualunque condizione tu sia, è tenuta presente.
Ciò che rende ragionevole la fatica dello studio è la stessa ragione per cui ti sei innamorata.
167 – Affermare la fede, è la libertà. L’uomo, la prima cosa che nella fede ritrova del destino è la propria libertà. La libertà è esigenza di soddisfazione totale, la libertà è la capacità di aderire al destino, è esigenza di totalità della risposta.
Per questo si capisce che la libertà che non aderisca, che dica di no, che resista a ciò che la fede dice, è un controsenso, è una negatività.
Infatti, se la libertà non aderisce alla fede, si alterano tutti i termini dei rapporti.
168 – Perciò, dopo la fede, la libertà: la fede diventa la sorgente dell’affettività, cioè di una energia di adesione all’essere, a ciò che c’è, alla realtà nella sua totalità.
274 – Questa Presenza eccezionale che la fede coglie e afferma, potenzia la nostra libertà. Perché Perché la libertà può riconoscere questo o non riconoscerlo, cioè la libertà può essere sincera con se stessa o no.
Che differenza c’è tra gli apostoli che lo seguivano e tutto il resto della gente? Che il resto della gente usava la libertà male, non riconosceva quello che aveva visto (la moltiplicazione dei pani e dei pesci).
Allora questo oggetto che la fede percepisce può essere riconosciuto o no: libertà. solo se lo riconosce, la libertà si compie.
condizioni della libertà

87ss – Le condizioni della libertà.
- a) La coscienza del destino. Una coscienza chiara del destino, l’amore al destino. Se uno perde di vista il destino allora sbaglia. Il destino della vita non è quello che vogliamo noi, è il mistero di Dio, la coscienza del Mistero, la coscienza del destino
- b) Il governo di sé. Ci vuole una forza di strappo, una forza per strapparti a questa attrattiva, così che tu ponga l’energia nell’andare verso il destino. Si chiama mortificazione, capacità di mortificazione o di penitenza.
Ditemi se queste due cose sono possibili ad una persona isolata. Questo è il valore più esterno e più evidente, più banalmente evidente della compagnia: ti richiama al senso religioso, al tuo destino.
91 – Abbiamo visto cos’è la libertà; la condizione della libertà, perché la libertà non è scelta, è possibilità di scelta solo perché è imperfetta. In quanto possibilità di scelta può mirare ad una cosa che non deve, perché deve soltanto ciò che la porta al destino; la legge morale è questa: ciò che porta al destino. Invece lei sceglie qualcosa che non la porta al destino, la sottrae al destino, e questa è l’imperfezione, l’errore.
libertà dalle cose
258ss – La povertà, dunque, su cosa fonda il suo valore? Sulla certezza che è Dio che compie. Il fondamento sta nella certezza che Dio compie quello che ti fa desiderare.
Se Dio, Dio presente, Cristo . perché è in Cristo che Dio opera -, se Cristo ti dà la certezza di compiere ciò che ti fa desiderare, allora tu sei liberissimo dalle cose.
259 – Non sei schiavo di niente, non sei legato a niente, non sei incatenato a niente, non dipendi da niente: sei libero. Non sei schiavo di quello che usi, perché sei schiavo solo di Colui che ti dà la certezza della tua felicità.
La povertà si rivela come libertà dalle cose in quanto è Dio che compie i desideri, non la certa cosa cui tu miri.
dinamica / traiettoria della libertà
79ss – La «X» è il punto da cui l’uomo parte, l’esistenza comincia qui.
L’uomo ha una dinamica per cui non sta mai fermo, non c’è mai un istante uguale all’altro.
80 – L’uomo lo descriviamo come un angolo aperto: il dinamismo dell’uomo tende sempre più avanti e sempre più a soddisfarsi e sempre più a compiere i desideri che ha dentro.

81 – L’io è rapporto con l’infinito (Dio). Tutta la dinamica, tutto ili dinamismo dell’io si svolge e tende a una perfezione, cioè a un compimento di sé che in tutto quello che raggiungi (b,c,d,MB eccc…. i punti dentro l’angolo aperto) non c’è mai.
E, infatti, il cuore è esigenza di verità, di giustizia, di felicità, e in tutto quello che l’uomo raggiunge non c’è mai questo.
Perciò, ciò a cui l’uomo tende è qualcosa che è al di là, sempre al di là: è trascendente.
Dio è l’estremo limite a cui il desiderio dell’uomo tende. La libertà è tanto più grande, quanto più si avvicina a Dio. Anzi la libertà è il rapporto con Dio, la libertà avverrà, non c’è ancora; la libertà avverrà quando l’uomo sarà felice.
Se la libertà è desiderio di felicità, l’avvenimento di libertà sarà compiuto quando il desiderio di felicità sarà soddisfatto.
La libertà è il rapporto con l’infinito, con Dio, il rapporto realizzato con il Mistero. La libertà è la capacità di raggiungere il destino, la libertà è il nesso, il rapporto con il destino ultimo, è la capacità di raggiungere Dio come destino ultimo.
Noi viviamo la libertà come qualcosa che deve avvenire alla fine.
82ss – Se la libertà è esperienza di soddisfazione, di completezza, questa completezza, questa soddisfazione nella sua accezione totale avviene in rapporto col Mistero, con l’infinito; prima di realizzare il rapporto con l’infinito totalmente, la libertà è qualcosa di incompiuto, di inevaso, non ancora attuato, che si sta attuando.
La vita, perciò, è il cammino della libertà che si sta attuando, che si sta realizzando, ma èp una libertà imperfetta.
Come si muove la libertà.
- a) Attraverso le creature. Come fa Dio a diventare stimolo perché l’uomo si muova? Attraverso le creature. Le creature sono il modo con cui l’infinito diventa presente al cuore dell’uomo e gli desta la sete di sé. Gli desta la sete, gli desta l’esigenza di felicità, della giustizia, della verità, dell’amore. L’esigenza della giustizia , della verità dell’amore si mettono in moto attraverso lo stimolo che viene dalla creatura, quel pezzettino di cosa (a,b,c, d, MB, t...) attraverso cui il Mistero infinito ti tocca, perché tutte le cose sono segno di Dio. La libertà entra in azione, il dinamismo della libertà entra in azione perché è toccato dalle creature, seguendo come Dio gli appare, e gli appare nel segno delle cose. Bisogna essere senza nessun preconcetto: essere di fronte alle cose e sentirne il richiamo nella sua originalità, nella sua purità. Cosa è il contrario di questo? È la menzogna, la menzogna è contro la libertà: il contrario della libertà è la menzogna. La libertà di questo «r» cos’è? il suo rapporto con l’infinito: «r» è un pezzetto che mi rappresenta l’infinito.
- La libertà imperfetta. (84) Questo è il concetto di peccato: nel dinamismo della libertà è implicita la possibilità del peccato: scegliere davanti alla creatura ciò che immediatamente soddisfa di più, invece che usare la creatura per tendere di più a ciò che è il destino per cui si è fatti. Il peccato è debordare, uscire dalla strada al destino per soffermarsi su qualcosa che interessa di più al momento.
Perché la libertà è così? Perché non è ancora compiuta. Solo quando arriverà a Dio, la libertà, trovandosi di fronte al suo oggetto completo, non potrà più scegliere, ma sarà tutta piena, sarà tutta soddisfatta, non potrà aver la tentazione di scegliere altro.
Perché la libertà è imperfetta, e proprio perché è imperfetta può scegliere una cosa che non è giusta.
La capacità di scelta è propria di una libertà in cammino, non di una libertà compiuta. La scelta non appartiene alla definizione di libertà: la libertà è soddisfazione totale.
L’attrattiva o l’emozione suscitata da una creatura che esercita un influsso immediatamente più forte di un’altra cosa che porterebbe la libertà più avanti, che farebbe camminare la libertà, questo è l’errore; non è un errore l’attrattiva che si sente, è un errore preferire questa attrattiva all’attrattiva più debole, ma più attiva e sicura verso il destino che qualche cosa inoltra nel cuore, propone al cuore.
86 – Quanto più camminate, tanto più diventeranno attraenti le cose che rappresentano il vostro destino: quanto più camminate, tanto più la vocazione sarà magnifica.
È l’inverso di quello che avviene per le cose mondane: l’attrattiva ha il massimo all’inizio e poi finisce.
La libertà di scelta non è la libertà: è una libertà imperfetta.
Perché la libertà compiuta, piena, quando sarà di fronte al suo oggetto che la soddisfa totalmente: allora sarà totalmente libera, totalmente libertà.
91 – Perché la libertà può scegliere? Perché è imperfetta. Una volta che arriva a Dio, la libertà non è bloccata ma è tuta spalancata, c’è tutta; qui (B che sta per bionda), anche se è grande l’attrattiva, la libertà è bloccata in un certo senso, però ci balla dentro, è come un meccanismo non incastrato bene. Ballando dentro può scegliere altro: la scelta nasce dal fatto che la libertà non è ancora se stessa.
La libertà non è scelta, è possibilità di scelta solo perché è imperfetta.
In quanto possibilità di scelta può mirare a una cosa che non deve, perché deve soltanto ciò chela porta al destino; la legge morale è questa: ciò che porta al destino.
Invece lei sceglie qualcosa che non la porta al destino, la sottrae al destino, e questa è l’imperfezione.
93 – È un bene poter scegliere bene, ma è un male poter scegliere male, perciò è ambiguo; non è che la libertà sia in una posizione cattiva, è in una posizione ancora ambigua, può scegliere il bene e il male.
È nella comunità che si è aiutati a capire questo, ad avere coscienza di quando si sceglie male, a riconoscere quando si sceglie male, ad avere la forza del dominio di sé per strapparsi dal male, per aderire a ciò che porta al destino e per attendere il destino tutti i giorni, tutti i gironi attendere che venga.
96 – La cosa più grande che possa fare l’uomo con tutta la sua intelligenza, con tutta la sua libertà, qual è? Domandare o mendicare che è lo stesso.
Dite poco, voi, avere alla vostra età un insegnamento sulla libertà?
Chi ce l’ha dei vostri compagni? Voi l’avete avuto fino ad ora? Nessuno vi ha parlato della libertà! Tutti usano con voi la parola libertà supponendola interpretabile in un certo senso, che è sbagliato.
Importante! Desiderare di capire, cioè di chiedere, chiedere di capire, chiedere, sempre chiedere, Non c’è altra ricchezza che chiedere.
101ss – «Lei diceva: bisogna che l’infinito raggiunga l’uomo per attivare la sua libertà; quindi questo destino è fin d’ora qui. Vorrei sapere se l’esperienza della libertà perfetta come adesione alla totalità è possibile fin d’ora, anche dentro la scelta»
L’adesione al destino è il senso di ogni passo che si fa nella strada. Ogni passo verso il tuo destino è un passo verso il destino completo.
Perciò: chi segue avrà il destino, chi tende al destino avrà ili destino, raggiungerà il suo destino e avrà anche il centuplo quaggiù.
129 – Lo scopo della visita (del medico) è uno solo, che l’accettarvi definitivamente nella strada del Gruppo Adulto non sia contro la vostra libertà. Sia una condizione in cui possiate essere liberi, liberi, non soffocati. Mi spiego? È un amore alla vostra libertà.
libertà e circostanze inevitabili
99 – «Quando il lavoro è pesante, faticoso, come si può giocare la libertà dentro questa situazione?».
Quando uno ha un dovere pesante da compiere, come fa la mia libertà a giocarsi in una cosa così pesante? Senti, dimmi la cosa più pesante che ci sia. La morte.
Sai che Gesù fu ucciso e ingiustamente: come ha fatto ad attuare la sua libertà lì?
Accettando. Accettando il progetto di un Altro, che è la volontà di Dio […] facendo diventare anche me capace, di fronte a un lavoro pesante, di dire: «Sia fatta la tua volontà».
libertà e compagnia / seguire
88ss – Perciò coscienza del destino – senso religioso – ed energia nel dominare se stesso – governo di sé – il cui aspetto più critico si chiama mortificazione e penitenza.
Ditemi se queste due cose sono possibili ad una persona isolata.
Questo è il valore più esterno, più banalmente evidente della compagnia, ti richiama al senso religioso al destino.
90 – La comunità è letteralmente, fisicamente Gesù presente. Allora è nella comunità che impari che cosa è il destino; e ti dà la fede, ti sostiene nella fede, governa ed educa la tua fede; ti fa capire che cosa è la libertà, ed educa la tua libertà, nella coscienza del senso religioso e nella coscienza del sacrificio da fare e, quindi nella consapevolezza umile e senza inutile disperazione del tuo peccato, del tuo peccare, della facilità del peccare.
91 – E come si fa ad imparare a essere educati nella libertà, così che la libertà diventi la forza della nostra vita e perciò la dignità della nostra vita (la dignità dell’ uomo sta nella libertà, perché è rapporto con l’infinito)? SEGUENDO: seguire la compagnia in cui il Signore, chiamandoci, ci ha messi. Seguire, non c’è niente di più intelligente che seguire.
106ss – Questa libertà, può essere riconosciuta e vissuta da soli? Teoricamente sì, esistenzialmente è impossibile perché da solo l’uomo è preda dell’ambiente in cui vive.
Se da soli è così difficile, è insieme che diventa più facile. Insieme cosa vuol dire? Quando ci capita di fare con gli altri la stessa strada. E quando questa compagnia con altri sia guidata e formata, guidata e sostenuta da un richiamo a ciò che è giusto, che è vero, da un richiamo a ciò che è la libertà veramente, da un richiamo al destino per cui siamo fatti, da un richiamo religioso insomma, da un richiamo cristiano.
107 – In una compagnia dove il richiamo cristiano è fatto e dove la gente aderisce alla compagnia proprio perché c’è dentro quel richiamo. Più ancora: dove la gente aderisce perché ha sentito la stessa vocazione. Allora capire cos’è la libertà, e realizzarla, soprattutto, diventa più facile.
La compagnia, come quando si va in montagna, la compagnia come richiamo vicendevole […] al destino, allo scopo, o all’allegria, o alla letizia, o alla purità delle cose, ti aiuta ad agire con la libertà, ti fa capire di più cosa è la libertà.
La vita cresce lentamente, che non si vede crescere la vita.
È infinitesimale il passo dello sviluppo della vita.
Così in queste cose, coi mesi e con gli anni, imparerete.
libertà e domanda
193 – La grande Presenza ha dato la promessa, dà la promessa che, nella misura in cui uno domanda, sarà esaudito.
Qui sta la libertà, la libertà dell’uomo di fronte al destino è una domanda, che è la posizione del povero e del mendicante.
242 – La libertà si produce immediatamente come accettazione o rifiuto, come sì o come no; e la forma più elementare e più decisiva dell’accettazione si chiama domanda. Nella domanda uno partecipa al gesto che lo aiuta, perciò nella domanda inizia la libertà.
È nella domanda che la libertà si pone nella sua pienezza.
libertà e fede / obbedienza
55ss – Qual è la caratteristica suprema dell’atto umano? Ricordate Péguy: Dio non obbliga mai nessuno, la libertà!
Di fronte alla domanda «Chi è Costui» e di fronte alla risposta che Pietro dà, uno può dire sì o no: aderire a quello che dice Pietro oppure andar via come sono andati via tutti gli altri.
L’unica cosa razionale è dire sì. Perché? Perché la realtà che si propone corrisponde alla natura del nostro cuore più di qualsiasi altra immagine, corrisponde alla sete di felicità che noi abbiamo e che costituisce la ragione del vivere, la natura del nostro io, l’esigenza di verità e di felicità.
57 – Il no nasce solo dal preconcetto, dal fatto che Gesù diventa scandalo, impedimento a quello che vorresti.
Realmente la conoscenza per fede è la prova della serietà e della dignità dell’uomo. Dir di no alla fede è realmente e soltanto perché si è impediti in qualcosa che si vorrebbe, qualcosa che si vorrebbe e che non coincide con l’esigenza originale e profonda del cuore, con l’esperienza elementare.
131 – Abbiamo parlato della fede e della libertà come condizione della fede; senza libertà non c’è fede, c’è soltanto un asino che raglia.
La fede è un atto di conoscenza; e la libertà è condizione perché essa avvenga.
156 – Problema, come vivere tutti i giorni la propria libertà, il proprio io, in modo tale da non essere costretti ogni momento a correre da chi guida a dire: «Cosa devo fare?»
Risposta: quanto più tu hai fatto tuo il criterio di chi ti guida, quanto più hai capito e accettato i criteri che ti sono stati detti, tanto più durante il corso delle giornate sei libera dall’andare a chiedere.
Accettare il criterio di chi ti guida è il modo per essere libero in tutto quello che fai, diventa saggio in tuto quello che fai, sai come ci si comporta.
È quello che diceva Gesù: «Chi si perde di trova» (Mt 10, 39); chi rinuncia al proprio punto di vista per seguire Gesù, per seguire Lui, diventa un uomo capace di affrontare qualsiasi cosa, sapendo quello che fa, decidendo giusto.
167 – Avere la fede, affermare la fede, è la libertà. L’uomo, la prima cosa che nella fede ritrova del destino è proprio la libertà. La libertà è esigenza di soddisfazione totale, la libertà è la capacità di aderire al destino, è esigenza di totalità di risposta.
Se la libertà non aderisce alla fede si alterano tutti i termini dei rapporti.
169 – «fede, libertà e obbedienza», o «fede, libertà e amicizia»; capire l’identificazione tra obbedienza e amicizia è molto importante: se l’obbedienza ti indica quello che devi fare per raggiungere il tuo destino, che cosa è l’amicizia? È una compagnia guidata al destino; guidata, cioè devi obbedire.
Ciò che le (comunità del gruppo adulto) qualifica è la forza dell’obbedienza che vivono stabilisce la potenza dell’amicizia che c’è tra loro: se vivono l’unità dell’obbedienza saranno certamente molto più amici tra di loro.
Perciò, questa prima terna di parola – fede, libertà e obbedienza o amicizia – rappresenta la terna della parole fondamentali di tutto il nostro vivere: la giustizia è la fede; la libertà è la fede; e l’amore è la fede che si traduce nella concretezza di una compagnia.
Queste tre parole decidono di quello che siete e che sarete. Confondere queste parola o non aver chiare queste parole, vuol dire perdere l’orientamento.
274 – Perché la libertà può non riconoscerlo (l’oggetto che la fede percepisce)? Perché per riconoscerlo occorre una fatica, occorre adottare come criterio non quello che vedi tu, ma quello che è. E quello che è, è più grande di quel che vedi tu: si chiama obbedienza, perché il criterio della tua affermazione non è quel che vedi, ma qualcosa che è dentro l’esperienza presente, ma che è più grande dei tuoi criteri, tant’è vero che non sapresti spiegarlo.
275 – La fede porta a conoscere la verità delle cose, quella verità per cui l’uomo è fatto, quella verità verso cui l’uomo cammina – libertà, quella verità che non può essere scoperta con le analisi realizzate dai propri criteri, né riconoscibile automaticamente, ma soltanto accettata -; aderendo così al criterio di un Altro, del Mistero: l’obbedienza della fede, la fede come obbedienza.
libertà e fede / grazia / ragione
105 – Non è una scelta pura della tua libertà, pura e nuda e cruda della tua libertà; è la libertà che aderisce a un complesso di indizi e di stimoli buoni che ha già dentro; è questa la libertà: aderire a ciò che ti spinge verso il giusto e il buono.
Quello che ti permette questo si chiama grazia.
Ma avendo avuto questa grazia, la tua libertà potrebbe essere così capricciosa, così ribelle, così nichilista, così irrequieta, così istintiva, così amante dell’istintività che c’è sempre dentro, da dir di no a tutto quello che la sensibilità e il Padre nostro e la compagnia ti suggeriscono.
Che tu abbia a dir di sì è frutto di una grazia. Per questo la tua libertà sta molto di più nel domandare a Cristo la grazia che ti illumini e che ti sostenga.
251 – La moralità è permanere nella posizione in cui originalmente Dio ti crea, e questa è grazia.
275 – E se quello ha trentatré anni, o trentuno e dice: «Io son queste cose perché sono Figlio di Dio», la ragione è costretta a dire sì, cioè la ragione è costretta ad affermare la fede, e la libertà ad accettare di affermare la fede, ad accettare che la fede si affermi.
La fede, cioè, porta a conoscere la verità delle cose, quella verità per cui l’uomo è fatto, quella verità verso cui l’uomo cammina – libertà, quella verità che non può essere scoperta con le analisi realizzate dai propri criteri, né riconoscibile automaticamente, ma soltanto accettata -; aderendo così al criterio di un Altro, del Mistero: l’obbedienza della fede, la fede come obbedienza.
libertà e fede / speranza
189 – Che il movimento deve accadere perché dalla certezza del presente si arrivi a una certezza per il futuro? C’entra la libertà, la libertà c’entra con ogni cosa – però qui la parola libertà è importante -; in che senso qui c’entra la libertà?
La dinamica della fede, che è credere, affermare un presente eccezionale per la sua potenza, diventa certezza per un futuro mutandosi in desiderio definito e soddisfatto dalla fede stessa, trasformandosi in domanda al potere che la fede rivela presente: «Come domanda, come desiderio che maturi una cosa iniziata», il dono che Cristo fa di sé a noi, nel presente. La libertà si gioca nel desiderio, e domanda con certezza che da Lui venga la nostra felicità.
241- La fede è il primo perché è il fattore che ti fa conoscere la condizione per poter essere, per poter stare in piedi e camminare, che è la presenza di un Altro.
La speranza è il secondo fattore costitutivo della personalità. La speranza è la continuità, è la conseguenza della fede nel futuro.
La speranza è la capacità di affrontare con chiarezza e con forza il futuro, vincendo le tentazioni del dolore, della fatica, della discontinuità o della prova con l’aiuto di un Altro, della presenza di un Altro che è la continuità della fede.
242 – La libertà accetta questo Altro o non lo accetta; può accettarlo e non accettarlo.
La libertà si produce immediatamente come accettazione o rifiuto, come sì o come no; e la forma più elementare e più decisiva dell’accettazione si chiama domanda.
Nella domanda uno partecipa al gesto che lo aiuta,
perciò nella domanda incomincia la libertà piena.
libertà e povertà
276 – La povertà è l’uso della realtà secondo il destino che con sicurezza ci è proposto e ci attende. La povertà è una iniziativa nostra; se non è una iniziativa nostra non è povertà.
Povertà è un atto della libertà, non è un subire, ma un afferrare per camminare, un afferrare per costruire, un afferrare per rispondere alla vocazione di Dio.
libertà nei rapporti e possesso
120 – «Io vorrei capire meglio questa frase: la libertà si attua nel possesso»
Come è stata definita la libertà? Capacità di aderire all’Essere, capacità di adesione alla totalità dell’Essere, capacità di adesione alla totalità dell’Essere, capacità di adesione al fine, al destino. Allora se la libertà è questa capacità di adesione, c’è tanta più libertà quando più uno possiede l’essere, possiede la realtà.
Per questo la verginità è un possesso più grande per la totalità della dedizione.
Possedere vuol dire entrare in rapporto a livello dell'essere con un'altra cosa
La ragione è aderire alla realtà; aderire alla realtà vuol dire affermarla: è l’inizio del possederla.
C’è un possesso che non è quello fisico, che non è quello del contatto puramente fisico. Quello è solo un aspetto del possesso.
È un’altra modalità di rapporto, ma è possesso: che sia possesso l’affermazione della realtà è indicato dal fatto che tu affermi e spieghi che cosa sia quella realtà, ne puoi usare secondo la tua capacità di rendimento e, se è una persona, la ami.
212 – Non è padronanza il rapporto fisico: non puoi penetrare una persona fino alla radice dell’anima, mentre se la guardi o se la pensi quando è lontana, la possiedi fino alla radice dell’anima.
L’uomo ha un modo di possedere che da una parte tocca quello dell’animale e dall’altra tocca, sia pure allo stato appena accennato, quello di Dio.
264 –
Link diretti ai temi di “Si può vivere così?” che iniziano con
