Temi tratti dal libro “Si può vivere così?» di don Luigi Giussani

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A–B–C–D–E–F–G–I–L–M–N–O–P–R–S–T–U–V
Lettera «M»
Indice linkato ad ogni parola o tema
- Madre
- Maestro
- Male
- Malinconia
- Matrimonio
- Mattino
- Meditazione
- Memores Domini
- memoria / Memoria
- Mendicanza / mendicare
- Mentalità
- Menzogna
- Mestiere
- Metodo
- Metodo della fede
- Minaccia
- Misericordia
- Missione
- Mistero / mistero
- Misura / misurare
- Monastero
- Mondo
- Morale / moralità
- Moralismo
- Morte
- Mortificazione
- Muoversi per l’altro
Madre
68 – Quando un uomo e una donna diventano padre e madre hanno dentro – senza che se ne accorgano, senza pensarci neanche – hanno dentro la passione per il destino del bambino a cui hanno dato vita: non se ne accorgono però ce l’hanno dentro.
Tanto è vero che se il figlio o la figlia decidono una strada che è contraria a quella che prevedevano loro, cedono soltanto di fronte ad una cosa, alla felicità del figlio.
Tanto è vero che se vedono che il figlio è contento, resistono, resistono, resistono, ma poi a un certo punto cedono: sarà una bella festa quando cedono! Ma cedono, tutti cedono se vedono un figlio lieto, perché è impossibile non approvare una situazione in cui il figlio sia lieto per dieci anni, impossibile.
127 – Il dramma è che nel 99 per cento delle madri non insegna più queste cose ai figli, e per questo non sono madri: madre può essere anche una puledra, se madre vuol dire buttar fuori dal ventre qualcosa; si è madri se si educa al destino.
Infatti, se una donna adotta un bambino di due mesi, di tre mesi e se lo tira su insegnandoli a vivere e insegnandogli il valore del destino, la positività della sua vita, quella è veramente sua madre.
268 – Oltre al paragone del quadro, questo vale per tutti: tra la madre e il bambino, tra un’amica e un amico, tra un uomo e una donna, vale per chiunque.
Se tu vai troppo d’appresso non vedi. Senza un certo distacco non conosci, non usi e non godi; quanto più il distacco è appropriato, cioè proporzionato, tanto più conosci, usi e godi.
348 – Cosa vuol dire che una madre redime il suo bambino? Redimere vuol dire far essere, cioè salvare; salvare vuol dire in latino conservare.
Conservarlo per che cosa? perché si compia, perché sia completamente se stesso e perciò perché sia eterno: senza la parola eterno un io non diventa più se stesso e tanto meno si compie.
382 – L’ideale dell’affezione non è quello tra l’uomo e la donna; tra l’uomo e la donna si avvera alla fine, se si percorre bene la strada.
Originalmente l’affezione nasce come padre e come madre, e il padre e la madre vorrebbe, guardando il figlio piccolo una spanna, che facesse la strada senza fatica, vorrebbe che non dovesse fare tutti i passaggi che hanno fatto loro, gli rincresce che debba farli.
Invece uno fa quello che può. Non quello che può, non fa neanche quello che può, magari quello che Dio gli permette, considerando la disponibilità della sua libertà.
426 – Il mestiere di madre... nella maggior parte delle volte oramai non guardano mai al loro bambino, mai una sola volta, pensando al suo destino: è amore quello lì? Quello lì è attaccamento di istinto.
Poi, una madre che stia attenta al suo bambino, che non dorma mai, che stia sempre lì vigile ad ogni cenno: prima di tutto crepa lei, subito; ma a parte questo, il bambino diventa grande, si infischia di sua madre, ha altro, ha altro da fare, ciò che gli preme è altro; e la donna si dispera, è amare e può giungere ad atteggiamenti inimmaginabili.
Maestro
147 – Ma guardare uno che ti sta davanti come fa a diventare un seguire? Devi guardare uno che ti sta davanti e imitarlo. Cosa vuol dire imitarlo? Vuol dire due cose: prima di tutto capire ciò che dice, capire i passi che fa – i passi dell’uomo sono tradotti nei pensieri, nella parole, nei giudizi…quindi: capire i pensieri, capire quel che dice -; e, poi, imitarlo nel come fa.
Se ti fermi alla prima cosa, cioè a sentire le parole e basta, non lo segui; devi anche stare attento a come fa e cercare di fare come lui.
Per questo non tutti i parolai sono maestri, perché per essere maestro bisogna anche far vedere come si fa; più precisamente, essere maestro è usare parole in modo tale che, nello stesso modo in cui le usi, fai capire come si devono usare.
Male
cfr. difetto, errore, menzogna, peccato, sbaglio
97 – Tutta la storia del pensiero umano divide ciò che è bene da ciò che è male, mentre il cristianesimo dice: male non è niente, non c’è nessuna creatura cattiva; la cattiveria sta nell’atto di scelta di ciò che è in contraddizione con il tuo destino. Il male è solo nell’atto di scelta della libertà; perciò, il fattore di peccato è l’uomo, è la libertà dell’uomo; ma anche questa è dominata e travolta da qualcosa d’altro: dal fatto che il destino ti riprende e ti richiama, e ti dà l’energia per riprenderti e richiamarti
122 – Se la libertà secondo Cristo è l’adesione all’Essere, al Mistero delle cose – e, perciò, la vita è tutta positività, anche il male è fatto per un positivo.
Tutto è bene.
«Tutto fu bene, anche il mio male»
A. Negri, «Atto d’amore» in Mia Giovinezza
Perciò, o l’ipotesi della libertà come reagente sull’esistente, sulla vita, o quest’ipotesi è positiva e porta alla realtà come costruzione per cui anche il dolore e la morte diventano strumenti di costruzione; oppure è negativa e allora anche il bene diventa male; anche il bene diventa male perché, alla fin fine, diventa cenere, si incenerisce anche lui, è inutile che ti ci impegni.
296 – Si chiama male questo aspetto del nostro passato che ha rifiutato di fatto di riconoscere la propria appartenenza, che soprattutto ha detto di no alla proposta di bene con cui si identificava la presenza del Signore, di Colui che è il padrone.
Male, e infatti se sospendessimo adesso il nostro dialogo e ognuno di noi riuscisse a raccogliersi e pensare al suo passato fino a ieri sera – fissiamo ieri sera -: «Dio mio, quanto vuoto!»
424 – Con Gesù non si perde più niente, e anche il proprio male rimane come gratitudine, e anche il proprio male, fosse ripetuto cento volte, l’esito della centesima volta è quello di aprirti alla centunesima volta, è quello di aprirti nella speranza di un superamento, perché il superamento del nostro male avviene quando Dio vuole.
Malinconia
126 – C’è una malinconia che fa capire il limite delle cose e che, dunque, le cose sono fatte e sostenute da un altro e ti butta perciò alla ricerca di qualcosa d’altro; e c’è una malinconia, una tristezza, che dice «Tutto è niente…»
Matrimonio
170 – Il problema della indissolubilità del matrimonio è l’accento significativo di qualsiasi compagnia umana: è impossibile che resista. Se resiste è per interesse di potere politico, economico; perché la soddisfazione come tale è così scadente che decade subito.
Sembra non decadere fino a quando non l’hai ancora; quando l’hai decade.
Allora come si fa ad avere – senza che decada – qualcosa da cui veramente Dio ci fa attirare? Quanto più la presenza dell’altro desta in te la passione per il suo destino, cioè diventa veramente amore; l’amicizia, cioè lo scambievole amore, è la legge dell’obbedienza.
Conditeli come volete questi ingredienti ma, se andate fuori da questi elementi, non fate niente di mangiabile, niente di commestibile: mangiate, ma vi sta sullo stomaco e non c’è nessuna Citrosodina che tenga.
429 – La verginità è la professione della presenza di Dio nel mondo, di Cristo, di questo uomo, qui e ora. Al di là di questo c’è il niente, tutto finisce in niente. Le lettere di Mounier a sua moglie sono pagine di verginità, dove l’ideale del matrimonio è la verginità; tanto è vero che si parla di castità matrimoniale, no?
Allora la vocazione dell’uomo è la verginità, essenzialmente; a questa verginità Dio dà o un compito o un altro compito. La vocazione è una; se dà un certo compito, quello della famiglia, è allora che, considerando il tutto, san Pietro dice: «Se le cose stanno così, non conviene più sposarsi»
Mattino
cfr. risveglio
64 – Per vedere Cristo in ogni cosa, amica mia, devi fare un lungo cammino: incomincia.
Incomincia col farti preoccupazione, tutte le mattine quando ti alzi, di pensare il più spesso che puoi durante al giornata a Cristo.
72 – Ma l’Angelus che direte al mattino sarà come una spada che premerà dentro la crepa, farà una crepa dentro il muro della mentalità comune e la allargherà ogni giorno di più.
440 – Non esiste nessun nostro gesto che non implichi il mondo intero. Per questo ci si alza ogni mattina: per aiutare Cristo a salvare il mondo, con la forza che abbiamo, con la luce che possediamo, chiedendo a Cristo che ci più luce e più forza.
Meditazione
131 – Oggi abbiamo fatto un altro passo nella meditazione. Che cosa vuol dire meditazione? Vuol di re presa di coscienza di una verità in modo tale che essa si dispieghi davanti agli occhi, così che tu possa penetrarla; che non sia cioè una carta inchiodata sul muro, sul muro dei tuoi occhi, cioè sul muro del tuo cuore, ma siano delle parole vive dentro le quali tu possa penetrare.
Noi possiamo penetrare soltanto le parole vive, cioè le parole che ci dicono coloro che con noi vivono, che partecipano alla nostra vita.
Memores Domini (Gruppo Adulto)
377 – Fare per amore nasce da una presenza che hai lì, che ti colpisce, ti commuove chiedendoti; e tu – con più fatica, magari con molta fatica, magari dopo molte tergiversazioni – finalmente dai.
Per questo i Memores Domini rappresentano un tipo di vita molto più complesso e faticoso che non la vita di un monastero, anche se si può vivere al vita dei Memores Domini da borghesi e abitudinari: l’abitudine corrode lo smalto della questione.
memoria / Memoria
65 – L’amicizia vera è quella che ti ricorda, in modo tale che riempia il più possibile il tuo tempo, il pensiero della grande Presenza, di Cristo. Perciò, quelli che andavano con Cristo si sono messi insieme tra di loro, non si conoscevano neanche, sono diventati amici.
180 – Riconoscere il contenuto di una Presenza che è incominciata duemila anni fa, riconoscerla presente adesso, come si chiama? Memoria, perciò la speranza ha un nesso radicale con la parola memoria, così che senza memoria non ci può essere speranza.
310 – Il segmento che mette in rapporto la sera precedente e il giorno dopo si chiama memoria, e la memoria è la continuità dell’esperienza di un presente.
Non Lo avessero visto più per tre settimane, il desiderio dominante quei due era quello di ritrovarlo.
La memoria è la coscienza di una Presenza.
frutto della memoria
357 – Vivere questa memoria di Cristo, primo fa venir voglia di vivere, una voglia intensa di vivere; e, secondo, genera una unità nella vita e la vita ha una unità quando ha uno scopo: una strada è fatta di milioni di passi, ma è «una» strada se ha «uno» scopo.
Mendicanza / mendicare
206 – La fedeltà nell’appartenenza, che è la stoffa della pazienza o la fatica della speranza, ha un modo di esprimersi. Quale? La domanda; è il domandare o, meglio ancora – siccome non è il domandare di uno che è qualche cosa lui e vuole altro, ma è domandare tutto -, è mendicanza.
Domanda o mendicanza a Cristo presente.
Qual è l’aspetto più difficile di questa fedeltà alla mendicanza e alla domanda? Qual è l’aspetto più acuto della fatica della speranza? Il perdono: la domanda del perdono certi di essere perdonati.
360 – Se l’accetti questa Presenza, nell’oscurità, ti viene anche l’idea della carità; però l’atto più grande che possa fare l’uomo è quello di fare il mendicante.
Mentalità
71 – Comunque queste cose bisogna leggerle, rileggerle, parlarne, riparlarne, dieci, cento volte: allora diventano mens, vale a dire misura di tutto, mentalità, trama di misura di tutto, diventano mentalità.
Guardate che il lavoro che facciamo quando ci troviamo è soltanto la prima dettatura di qualcosa che deve diventare chiaro in voi: dovete rifare voi il cammino, dovete capire i nessi, ripassare i rapporti tra parola e parola, in modo tale che vi sia chiaro; altrimenti non viene più a galla l’uomo vero in voi, cioè l’uomo libero dalla alienazione di questo mondo, dalla schiavitù della mentalità comune.
L’opposto di queste cose è la mentalità comune: quella di cui avere vissuto fino ad ora, quella di cui sarete tentati tutti i giorni di vivere
cambiamento di mentalità
cfr. cambiamento
350 – (L’affermazione dell’altro perché c’è e come è – La condivisione dei bisogni – Perdono – Attaccamento all’altro) Nella misura in cui nell’uomo agiscono questi atteggiamenti nuovi, avvengono anche altre due cose, sinteticamente espresse dal possibile cambiamento dell’uomo.
Prima di tutto avviene un cambiamento di mentalità. Uno che applica queste cose sul tranvai, dietro lo sportello del burocrate, dalla cattedra d’insegnante, oppure sia padre o madre; dimostra una mentalità diversa dagli altri.
Chi opera così, opera un cambiamento di mentalità la cui descrizione più bella è nella Lettera ai romani, cap. 12 versetti 1 e 2, che noi vecchi ricordiamo con commozione perché il commento a questi due versetti di san Paolo è stato l’oggetto di una «Lettera aperta ai cristiani di Occidente» di un grande teologo cecoslovacco, perseguitato dal regime ed incarcerato per dodici anni, che si chiamava Zverina.
Di questo brano egli analizza anche la portata dei verbi in greco: cambiate – lui dice – cambiate la testa, cambiate il nous, il modo di ragionare, le categorie del ragionare; così da cambiare il vostro cuore: vi farà venire una metamorfosi del vostro cuore.
Il frutto principale di questo cambiamento di mentalità – la mentalità normale, del mille per mille degli uomini, come è? Guadagnare, mettere da parte, godere, piacere, riuscire -, il vertice di questo cambiamento di mentalità è l’offerta della propria vita: se l’amore ne è la legge, il vertice è l’offerta della vita.
370ss – «Il frutto principale di questo cambiamento di mentalità è l’offerta della propria vita».
Il cambiamento di mentalità è il fattore più importante e più significativo della vita come passaggio, della vita che passa.
371 – Il cambiamento di mentalità vuol dire comprendere di più la natura di un fenomeno, i fattori costitutivi di un fenomeno, e percepiremo più chiaramente la funzione di tutti questi fattori a uno scopo ultimo.
Cambiamento di mentalità vuol dire approfondimento, conoscenza più dettagliata di tutti i fattori che costituiscono una cosa in funzione del suo significato unico e ultimo.
372 – Cambiamento di mentalità vuol dire perciò introdursi più dettagliatamente nel cuore dei fattori che costituiscono un fenomeno, e una percezione più acuta dell’unico scopo a cui tutto fluisce, per cui tutti questi fattori sono fatti.
L’uomo offrendo la sua giornata, prima di tutto dimostra di aver raggiunto una conoscenza più approfondita dei fattori che costituiscono la realtà e dell’unico destino per cui sono fatti.
Tutti i fattori della realtà di cui prendi coscienza… quanto più diventi maturo tanto più capisci che l’unico scopo di tutti questi fattori è l’affermazione di Cristo.
373 – Quello che faccio consiste in Te, è fatto di Te, è fatto di qualcosa d’Altro, tutto è fatto di qualcosa d’Altro, tutto è fatto di un Tu e lo scopo di tutto di tutto è la gloria di questo Tu, che questo Tu si riveli nella forma stessa della mia azione; gloria vuol dire riverberare la faccia di questo Tu.
374 – Il cambiamento di mentalità è quell’avvenimento di maturità per cui nel tempo che passa la coscienza di ciò di cui tutte le cose sono fatte e dello scopo per cui sono fatte diventa abituale.
Perciò il cambiamento di mentalità, nel suo valore supremo, sta proprio nell’offerta di tutto a Cristo, che vuol dire: riconosco che tutto è fatto di Te e che tutto è fatto per svelare Te.
Cambiare mentalità vuol dire diventare da bambino, grande; comprendere il mondo e godere del mondo, dell’essere. Non c’è niente che faccia capire la verità del mondo e godere di essa come l’offerta.
Menzogna
cfr. difetto, errore, male, peccato, sbaglio
83 – Bisogna essere senza nessun preconcetto: essere di fronte alle cose e sentirne il richiamo nella sua originalità, nella sua purità.
Cosa è il contrario di questo? È la menzogna, la menzogna è contro la libertà: il contrario della libertà è la menzogna.
Tanto è vero che il peccato, che è il contrario della libertà, nel vangelo di Giovanni è identificato con la menzogna: il peccato è una menzogna.
366 – Innanzitutto ci si preoccupa se una cosa è da amare o no. Se è una menzogna non posso amarla: non c’è né duro né molle, perché la menzogna si presenta con delle caratteristiche più facili.
menzogna e effimero / uomo
163 – Gli ebrei usavano la stessa radice per indicare ciò che è futile (ciò che passa, l’effimero), la menzogna (perché l’effimero, ciò che passa, è menzognero), e l’uomo (perché passa).
La stessa radice indica l’uomo, la menzogna e l’effimero.
Mestiere
426 – Per capire che c’è l’aldilà, occorre un’esperienza dell’aldiqua; non un sogno, non un’immagine (l’aldilà), ma un’esperienza nell’aldiqua, più precisamente l’esperienza dell’incompletezza delle cose che si fanno, che sarebbe rabbia impotente, se non fosse speranza e dolcezza di abbandono.
E volete dire che ci sia un mestiere più bello e più grande di questo al mondo: portare in giro questa tenerezza e questa certezza? Ditemelo, ditemelo! Il mestiere di madre…nella maggior parte delle volte oramai non guardano mai al loro bambino, mai una sola volta, pensando al suo destino: è amore quello lì? Quello lì è attaccamento d’istinto.
Metodo
37 – Metodo vuol dire «modo per fare una cosa»: la fede è un modo di conoscenza.
Chi è che conosce? La mia ragione; si chiama «ragione» quell’energia propria dell’uomo per cui l’uomo conosce.
Allora la fede è un metodo – un modo per – della ragione, un metodo di conoscenza della ragione o, più brevemente, un metodo di conoscenza.
Che metodo di conoscenza è? È un metodo di conoscenza indiretto.
Metodo della fede
cfr. fede
21ss – Il fidarsi provoca una conoscenza mediata, una conoscenza che avviene per una mediazione, per un testimone.

24 – “A” sono io, “B” è Nadia: entrando in aeroporto con Nadia che è lì seduta vicino all’aereo, io vengo a sapere di Carlo “C”. Poi incontrando Guido “D” gli dico le cose che mi ha detto Nadia come se le avessi viste io.
Conoscenza diretta e conoscenza indiretta. La prima si chiama anche «esperienza diretta», la seconda «esperienza indiretta»: si viene a conoscere la cosa attraverso un intermediario, che si chiama testimone o teste.
24ss – Come si chiama questo tipo di conoscenza? Fede, si chiama fede. Quello che A viene a sapere di C, in modo tanto sicuro che lo dice a D, lo viene a sapere attraverso B, attraverso un testimone; è una conoscenza indiretta, che si chiama conoscenza per fede: conoscenza di un oggetto, di una realtà attraverso la testimonianza, è un testimone che rende testimonianza.
25 – Se vedo io è un conto, ma come faccio ad essere altrettanto sicuro di quel che mi dice Nadia? Se ho ragioni adeguate per fidarmi di lei. Se ho delle ragione adeguate per fidarmi di Nadia e non mi fido, faccio un atto irragionevole.
Si chiama fede, conoscenza per fede, il riconoscimento della realtà attraverso la testimonianza che porta uno, che si chiama testimone o teste.
Quindi la fede, prima di tutto non è applicabile a soggetti religiosi, ma è una forma naturale di conoscenza indiretta: di conoscenza però
26 – La fede perciò è un metodo naturale di conoscenza, un metodo di conoscenza indiretta, una conoscenza cioè che avviene attraverso la mediazione di un testimone.
27 – Scusate: è più importante l’evidenza o questa conoscenza mediata attraverso la testimonianza? Togliete questa conoscenza per mediazione, dovete togliere tutta la cultura umana, tutta, perché tutta la cultura umana si basa sul fatto che uno incomincia da quello che ha scoperto l’altro e va avanti.
Se non si potesse ragionevolmente fare così, l’estrema esponenza della ragione, che è la cultura, non potrebbe esserci.
La cultura, la storia e la convivenza umana, si fondano su qu questo tipo di conoscenza che si chiama fede, conoscenza per fede, conoscenza indiretta, conoscenza di una realtà attraverso la mediazione di un testimone.
28ss – La fede nostra, la fede su cui si svilupperà tutto il nostro lavoro ha lo stesso sistema di quello che ho detto: conoscenza di una realtà per mediazione.
Noi dovremo usare e sviluppare questa parola fede a un livello particolare, il livello più importante di tutti i livelli importanti della vita, il livello più grande della vita: quello che riguarda il destino.
Mai la ragione è così impegnata a fondo, in modo così vivo e potente come nella fede, come nel metodo della fede.
Mai la ragione è esaltata come in questo caso. Non è messa da parte, è esaltata, è la ragione strettamente connessa con tutta la realtà organica dell’io.
Questo è un processo in cui occorre che tutto quanto l’organismo dell’io collabori: è l’io «impegnato con».
30 – Chi ha più se stesso, che ha più in mano se stesso, chi possiede di più, chi è più unito nell’organismo del suo io, chi è più unito, la persona in cui tutte le cose sono a posto, fa molto meno fatica a capire se fidarsi o no.
Chi invece è patologico non si fida mai di nessuno, non riesce a fidarsi più di niente, si taglia via dalla vita.
Nella fede la ragione è impegnata in modo molto più ricco e potente che in tutti gli altri modi.
31 – Quello di cui parleremo sarà un contenuto di fede: parlare di Cristo, dell’anima, del destino, del Mistero, è parlare di fede.
Il contenuto di tutto quello che diremo non si vede, eppure lo si può conoscere attraverso una testimonianza, attraverso dei testimoni.
Perciò, quello che noi faremo insieme poggia tutto sulla ragione nella sua dinamica caratteristica che porta il nome di fede, poggerà tutto sulla ragione in quanto capace di fede, la fede essendo la capacità estrema della ragione.
37ss – Metodo vuol dire «modo per fare una cosa»: la fede è un modo di conoscenza.
Chi è che conosce? La mia ragione; si chiama «ragione» quell’energia propria dell’uomo per cui l’uomo conosce.
Allora la fede è un metodo – un modo per – della ragione, un metodo di conoscenza della ragione o, più brevemente, un metodo di conoscenza.
Che metodo di conoscenza è? È un metodo di conoscenza indiretto. Perché indiretto? Perché filtra, è mediato dal fatto che la ragione s’appoggia a un testimone: non vede direttamente, immediatamente lei l’oggetto, ma viene a sapere dell’oggetto attraverso un testimone.
38 – Gli altri metodi della ragione usano soltanto un pezzo dell’uomo; questo, invece, il metodo della fede, usa tutto l’uomo. Perché? Perché bisogna fidarsi del testimone.
Per fidarsi di una persona in modo giusto e ragionevole occorre impegnare tutta la lealtà della propria persona, occorre applicare l’acume dell’osservazione, occorre una sincerità del cuore, occorre che l’amore alla verità sia più forte che non l’antipatia, per esempio, che possa nascere, occorre un amore alla verità.
È tutta la persona che viene impegnata.
Per questo è il metodo più dignitoso e prezioso.
39 – Quando uno si può fidare veramente del testimone?
41 – Quando quella persona sa veramente quel che dice e non vuole ingannare, secondo le due categorie che sono vecchie come tutta la filosofia scolastica, ma che sono di buon senso: se io sono sicuro che quell’individuo lì sa quel che dice e non mi vuole ingannare.
Uno, se raggiunge la certezza che una persona sa quel che dice e non lo vuole ingannare, allora logicamente deve fidarsi, perché se non si fida va contro se stesso, va contro il giudizio formulato da quella persona sa quel che dice e non vuole ingannare.
La fiducia è un problema di coerenza, di coerenza con una evidenza della ragione, una evidenza raggiunta direttamente o attraverso il testimone, subito o in seguito a una convivenza.
166 – Che cosa è la fede? è un fenomeno di conoscenza. Se è un fenomeno di conoscenza implica la ragione: non «si riduce», ma la implica.
Perciò un fenomeno di conoscenza che implica la ragione è un fenomeno di conoscenza di ciò che c’è, della realtà.
La fede è la cosa più razionale che ci sia, perché compie la ragione, vale a dire, risponde finalmente a ciò che il cuore desidera, indica l’esistenza della realtà che compie ciò che il cuore desidera.
metodo della fede e convivenza /cultura /storia
27 – Scusate: è più importante l’evidenza o questa conoscenza mediata attraverso la testimonianza? Togliete questa conoscenza per mediazione, dovete togliere tutta la cultura umana, tutta, perché tutta la cultura umana si basa sul fatto che uno incomincia da quello che ha scoperto l’altro e va avanti.
Se non si potesse ragionevolmente fare così, l’estrema esponenza della ragione, che è la cultura, non potrebbe esserci.
La cultura, la storia e la convivenza umana, si fondano su qu questo tipo di conoscenza che si chiama fede, conoscenza per fede, conoscenza indiretta, conoscenza di una realtà attraverso la mediazione di un testimone.
37ss – Metodo vuol dire «modo per fare una cosa»: la fede è un modo di conoscenza.
Chi è che conosce? La mia ragione; si chiama «ragione» quell’energia propria dell’uomo per cui l’uomo conosce.
Allora la fede è un metodo – un modo per – della ragione, un metodo di conoscenza della ragione o, più brevemente, un metodo di conoscenza.
Che metodo di conoscenza è? È un metodo di conoscenza indiretto. Perché indiretto? Perché filtra, è mediato dal fatto che la ragione s’appoggia a un testimone: non vede direttamente, immediatamente lei l’oggetto, ma viene a sapere dell’oggetto attraverso un testimone.
38 – Gli altri metodi della ragione usano soltanto un pezzo dell’uomo; questo, invece, il metodo della fede, usa tutto l’uomo. Perché? Perché bisogna fidarsi del testimone.
Per fidarsi di una persona in modo giusto e ragionevole occorre impegnare tutta la lealtà della propria persona, occorre applicare l’acume dell’osservazione, occorre una sincerità del cuore, occorre che l’amore alla verità sia più forte che non l’antipatia, per esempio, che possa nascere, occorre un amore alla verità.
È tutta la persona che viene impegnata.
Per questo è il metodo più dignitoso e prezioso.
39 – Quando uno si può fidare veramente del testimone?
41 – Quando quella persona sa veramente quel che dice e non vuole ingannare, secondo le due categorie che sono vecchie come tutta la filosofia scolastica, ma che sono di buon senso: se io sono sicuro che quell’individuo lì sa quel che dice e non mi vuole ingannare.
Uno, se raggiunge la certezza che una persona sa quel che dice e non lo vuole ingannare, allora logicamente deve fidarsi, perché se non si fida va contro se stesso, va contro il giudizio formulato da quella persona sa quel che dice e non vuole ingannare.
La fiducia è un problema di coerenza, di coerenza con una evidenza della ragione, una evidenza raggiunta direttamente o attraverso il testimone, subito o in seguito a una convivenza.
metodo della fede e fede in Cristo
44 – Il fatto (incontro di Giovanni e Andrea) in cui per la prima volta il problema di chi fosse Gesù si è posto è il primo istante in cui il problema della fede è entrato nel mondo, non della fede come semplice metodo della ragione, ma come metodo della ragione applicato a qualcosa di sopra-ragionevole, che sta al di là della ragione, impensabile, inconcepibile: la fede come metodo della ragione applicato a qualcosa di inconcepibile, perché tutto quello che diceva quell’uomo lì era inconcepibile.
metodo della fede e ragione
28ss – La fede nostra, la fede su cui si svilupperà tutto il nostro lavoro ha lo stesso sistema di quello che ho detto: conoscenza di una realtà per mediazione.
Noi dovremo usare e sviluppare questa parola fede a un livello particolare, il livello più importante di tutti i livelli importanti della vita, il livello più grande della vita: quello che riguarda il destino.
Mai la ragione è così impegnata a fondo, in modo così vivo e potente come nella fede, come nel metodo della fede.
Mai la ragione è esaltata come in questo caso. Non è messa da parte, è esaltata, è la ragione strettamente connessa con tutta la realtà organica dell’io.
Questo è un processo in cui occorre che tutto quanto l’organismo dell’io collabori: è l’io «impegnato con».
37ss – Metodo vuol dire «modo per fare una cosa»: la fede è un modo di conoscenza.
Chi è che conosce? La mia ragione; si chiama «ragione» quell’energia propria dell’uomo per cui l’uomo conosce.
Allora la fede è un metodo – un modo per – della ragione, un metodo di conoscenza della ragione o, più brevemente, un metodo di conoscenza.
Che metodo di conoscenza è? È un metodo di conoscenza indiretto. Perché indiretto? Perché filtra, è mediato dal fatto che la ragione s’appoggia a un testimone: non vede direttamente, immediatamente lei l’oggetto, ma viene a sapere dell’oggetto attraverso un testimone.
38 – Gli altri metodi della ragione usano soltanto un pezzo dell’uomo; questo, invece, il metodo della fede, usa tutto l’uomo. Perché? Perché bisogna fidarsi del testimone.
Per fidarsi di una persona in modo giusto e ragionevole occorre impegnare tutta la lealtà della propria persona, occorre applicare l’acume dell’osservazione, occorre una sincerità del cuore, occorre che l’amore alla verità sia più forte che non l’antipatia, per esempio, che possa nascere, occorre un amore alla verità.
È tutta la persona che viene impegnata.
Per questo è il metodo più dignitoso e prezioso.
39 – Quando uno si può fidare veramente del testimone?
41 – Quando quella persona sa veramente quel che dice e non vuole ingannare, secondo le due categorie che sono vecchie come tutta la filosofia scolastica, ma che sono di buon senso: se io sono sicuro che quell’individuo lì sa quel che dice e non mi vuole ingannare.
Uno, se raggiunge la certezza che una persona sa quel che dice e non lo vuole ingannare, allora logicamente deve fidarsi, perché se non si fida va contro se stesso, va contro il giudizio formulato da quella persona sa quel che dice e non vuole ingannare.
La fiducia è un problema di coerenza, di coerenza con una evidenza della ragione, una evidenza raggiunta direttamente o attraverso il testimone, subito o in seguito a una convivenza.
Minaccia
432 – Dirvi una cosa astratta che non è vera è una minaccia, è tenervi sotto il terrore di una minaccia. La maggior parte del clero non si accorge che fa così: tiene sotto minaccia la gente.
La maggior parte del clero, dei genitori o dei politici, di tutti: chi non ama la tua persona e il suo destino ti tiene sotto minaccia.
Invece, quello che ti sembra astratta è una promessa, non una minaccia, non una minaccia che ti venga meno il rapporto con il ragazzo o con la ragazza cui vuoi bene, è una promessa che l’avrai di più.
Misericordia
196 – Quando vi diciamo le nostre parole, che anche a noi sono state dette come sono dette a voi, ricordiamo i tempi in cui anche per noi queste parole erano come dei sassi che ci venivano buttati in faccia: non le penetravamo né ci penetravano.
Ma la misericordia dell Signore sta proprio nella pazienza con cui ripete nel tempo le cose, ci fa ripetere nel tempo le cose; ripetendo e poi ripetendo, sentendo la gragnola sulla testa e poi un altro colpo di gragnola e poi un altro colpo ancora, finalmente queste parole penetrano nel nostro cervello, fino a incominciare a penetrare il cuore.
299 – Si rivela adagio, molto lentamente nel tempo che passa, perché sia dimostrata la pazienza della sua misericordia, si muove con pazienza avendo misericordia di voi: O DOLCEZZA D’AMORE NASCOSTA.
338 – «È curioso il Vangelo quando dice: «Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro». Perfetto come il Padre nostro: ma chi è capace? Come raccomandazione è sconsiderata, come raccomandazione produce l’inverso: la paura.
Invece c’è un passo parallelo di san Luca che spiega cosa vuol dire: « Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre che sta nei cieli». La perfezione è questa commozione in atto verso il bisogno dell’uomo: bisogno di felicità, di essere; di felicità, di destino; di essere, di destino, di felicità.
È la commozione verso il bisogno ultimo dell’uomo: il «per che cosa» l’uomo nasce.
Missione
208 – La testimonianza è un pezzettino di morte per Cristo, ogni testimonianza. Concretamente si chiama missione: la vita come missione, andar via, che in fondo in fondo è la missione, ma la missione è lo scopo della vita.
Infatti lo scopo di Cristo cos’era? Salvare il mondo, salvare ognuno di noi, salvare me e te.
286 – L’esito della fiducia è sempre una festa, pensate ad una festa grande come l’ha fatta il padre del figliol prodigo: travolge tutto, tutta la casa era travolta.
Travolge tutto, e questo si chiama missione.
Uno si alza al mattino per una missione, e uno va a far scuola per una missione, e uno scopa la casa per una missione e uno fa i raduni per una missione.
La parola missione gonfia tutto come gonfiava l’animo di Cristo, il mandato. Travolge tutto e questa è missione.
Ci rende lieti, la conseguenza ultima della fiducia è la letizia.
433 – Non dobbiamo restare qui, dobbiamo andare in tutto il mondo. Nostri amici, solo d’Italia, sono in ventisei nazioni, missionari. Perciò, mettiti in fila per andare missionaria.
Mistero / mistero
99 – Il peccato originale è una condizione esistenziale di cui l’uomo singolo non ha colpa, ma di cui porta le conseguenze; ne ha colpa chi lo ha commesso. E come l’abbia commesso e in che cosa sia consistito, questo è mistero, il mistero delle origini.
«Mistero» è una scocciatura, ma se non si ammette questo mistero non si capisce più niente del disastro dell’uomo. L’uomo è un disastro: la dottrina del peccato originale spiega questa disastro nel modo più adeguato che si possa concepire.
294ss – Per questo la vita dell’uomo è drammatica, non tragica; la tragedia è fatta di ateismo, la drammaticità è fatta di umanità, in cui l’io riconosce che tutto ciò che appartiene a Te, anche se questo Te si sfuma in qualcosa di enigmatico, di misterioso.
Il Mistero è bene.
295 – Il Signore vuole bene, il Mistero di cui è fatto il tempo – la vita che è passata fino ad ora – vuole il nostro bene, vuole la nostra felicità, ama il nostro destino e per questo ci ha stretto dentro una compagnia che ha come unico valore, attraverso tutto – attraverso il gioco e attraverso il pianto in comune, attraverso la collaborazione e attraverso l’aiuto -, di richiamarci alla bontà del destino, al fine buono: l’essere è bene.
Tutta la filosofia moderna fugge da queste e perciò fugge dalla concretezza dell’essere e nega addirittura, nega facilmente, la consistenza delle cose e getta tutto nella voragine del nostro sogno, in una voragine di sogno.
E invece siamo stretti, stretti d’attorno, stretti proprio ai fianchi da una compagnia che ci richiama continuamente al destino, al Mistero che fa le cose per il nostro bene, per il nostro destino di felicità.
Questo Mistero è bene, questo Tu enigmatico è buono: attraverso questa compagnia ci prende per la mano: mi prendi per la mano.
326 – Prima di tutto, il rapporto di Dio con l’uomo, del Mistero con l’uomo – diciamo il Mistero, perché Mistero è Dio e Cristo, è Dio e un uomo – il Mistero appare all’uomo come gratuità, cioè come carità, anzi si può dire quel che ha detto san Giovanni: la natura stessa di Dio è carità.
334 -Ciò che qualifica la dedizione con cui il Mistero – il Mistero supremo e il Mistero di quest’uomo che è Cristo, Dio fatto uomo -, ciò che qualifica la dedizione del Mistero a noi, la dedizione con cui il Mistero crea il mondo e perdona la meschinità dell’uomo – e lo perdona abbracciandolo; meschino, schifoso, lo abbraccia – è un’emozione, è come un’emozione; è una commozione, ha dentro una commozione.
345 – Dio che è la fonte dell’essere, ha una sola dinamica, descrivibile come dono di sé, commosso.
Così noi siamo fatti parte, siamo fatti accedere, appena appena, sulla soglia del grande Mistero che fa tutte le cose, il Mistero di Dio Padre che ama generando il Figlio, facendo scaturire in questo rapporto la realtà dello Spirito che è identica a ognuno di loro.
mistero e segno
195 – Tutte le circostanze in cui l’uomo vive sono tentazione di sogno oppure segni dell’ideale.
Tutte le circostanze, per quanto di bene, di bello e di affascinante hanno, richiamano l’insuperabile bellezza della presenza del Mistero, della presenza di Cristo.
425 – «[…] Tutti gli infermieri e anche gli altri medici continuavano a dirmi “Come sei diverso” e mi chiedevano il perché»
Dovete ammettere che questo è il segno del Mistero; il segno che c’è il Mistero in questo uomo, è che gli altri sono obbligati a dire: «Come sei diverso».
Il Mistero è una cosa diversa.
Non esiste nessuna cosa più consolante, più entusiasmante, più stupefacente, più misteriosa, del fatto che altri dicano: «Perché sei così diverso? Tu sei diverso».
rivelazione del mistero
217 – C’è stato sempre nella storia dell’uomo, qualcheduno, qualche spirito bizzarro, o meglio qualche spirito più illuminato, che ha pensato: «Se il Mistero che ci ha creati, se il Dio che ci ha creati venisse a farsi vedere, si facesse conoscere! L’unico modo per conoscerlo è che venga Lui a farsi conoscere perché noi, con tutti i nostri sforzi, non riusciamo a concepirlo.
Misura / misurare
misura/misurare vs sguardo amoroso
304 – Non misuro, non posso misurare, non si misura mai; nel rapporto con Dio non si misura mai; questo sarebbe moralismo, ili moralismo misura tutto. Non è una misura, ma uno sguardo amoroso, come quello che gli apostoli portavano a Gesù. La maggior parte erano sposati con figli.
Monastero
164 – La compagnia autentica è quella che nasce quando uno incontra un altro che ha visto qualche cosa di giusto, di bello e di vero, e glielo dice; e siccome anche lui desidera il giusto, il bello e il vero, si mette insieme. E chiunque incontra incomincia ad interessarlo, per poter dire a tutti il giusto, il bello e il vero: così la compagnia nasce e si allarga.
Questo è il vero monastero. I primi cristiani e il medioevo hanno convertito il mondo per questo, creando questa compagnia.
Mondo
67 – […] Bisogna domandare.
C’è un aiuto umano a questo, che è la compagnia. Ma non una qualsiasi compagnia: la compagnia che è fatta di persone chiamate a cercare come te. E tu capisci, allora capisci che quella compagnia è l’unica realtà veramente umana, totalmente umana, che esista al mondo.
Tutto il resto del mondo è umano come una grande ferita che gridi di essere rimarginata.
altro / nuovo mondo
65 – Ragazzi, Giovanni e Andrea di fronte a Cristo capivano che era un altro mondo che si svelava a loro, era un altro mondo! È un altro mondo quello in cui viviamo, per cui siamo uomini, sorgente della felicità e della pace, sorgente dell’attrattiva e della creatività: è un altro mondo.
Noi dobbiamo abbordare questo altro mondo.
Dio ci ha spinti sulla soglia, ci ha spinti sul suo confine: bisogna sorpassare questo confine ed entrare. E vivere è entrare dentro questo vero mondo, infatti le cose diventano cento volte più belle.
114 – Quella di cui si tratta è un’altra mentalità, cioè un’altra cultura, un’altra visione, percezione, affezione, uso del mondo: è un altro mondo!
Un mondo dove Dio sia uomo, sia presente e mangi alla stessa mensa con me – Eucarestia – è un altro mondo.
È un altro mondo; soltanto che questo mondo è vero e quell’altro è falso, tant’è vero che tutto quello che dice non mantiene: «hanno orecchi e non odono, hanno occhi e non vedono, hanno bocca e non parlano»; non mantengono nessuna delle promesse che fanno.
318 – Ma scusate – scusate se aggiungo questo -, ma come fa uno, un ometto, lui, io, a sostenere una cosa così per anni, anni, anni, portando avanti centinaia, centinaia di persone? Di chi è la forza? Nostra? No, è un’altra cosa, è un mondo nuovo che si è inserito nel vecchio mondo e cammina come un flusso d’acqua che scava la terra e si apre il varco come un ruscello o come un fiume, fin quando non arriverà al mare.
Morale / moralità
92 – «Simone mi ami tu più di costoro?»
Questa è la finale della morale cristiana: l'inizio e la fine della morale cristiana
219 – San Tommaso dice, pressappoco, che l’uomo trova la sua dignità nella scelta di quello che stima di più nella vita e da cui aspetta la più grande soddisfazione.
249 – «L’atteggiamento morale è una grazia o è frutto di una educazione?»
L’atteggiamento morale è innanzitutto frutto dell’atto che ti crea, perciò essenzialmente una grazia.
La legge morale è mantenersi nella posizione originale in cui l’atto creatore ci ha fatti, che è quindi l’essere bambino.
283 – Non arzigogolare e tendere alla perfezione, ma guardare in faccia Cristo: se uno guarda in faccia a Cristo, se uno guarda in faccia a una persona a cui vuol bene, tutto in lui si rimette a posto, tutto corre a posto, e si mette i capelli in un certo modo, e si allaccia il bottone, e ha vergogna delle scarpe sporche, e dice: «Scusami se sono così trasandato». La sorgente della morale è voler bene a uno, non realizzare delle leggi.
328 – Il concetto fondamentale che dispiega tutto il valore del termine carità o gratuità – che delinea così la natura di Dio, il modo di agire di Dio, che noi dobbiamo imitare perché è il Padre – è il dono di sé.
La moralità è il dono di sé.
338 – Anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri: la moralità è imitare Dio in questo, è seguire Gesù o imitare il Padre.
339 – Cos’è questa moralità per cui anche dare il tuo corpo a bruciare alle fiamme per un ideale che non serve a niente, e fare l’«Einstein» non serve a niente, e fare il «Gandhi» non serve a niente? Cos’è questa carità senza della quale non siamo nulla? È che il primo oggetto della carità dell’uomo si chiama Gesù Cristo.
342ss – La morale è imitare Dio nella carità. Noi nasciamo da Dio – primo punto: «La fonte è in te dell’essere».
Derivando da Dio la legge dell'io è l'amore.
344 – La legge dell’io, il dinamismo proprio dell’io, che è, dunque, derivato direttamente dal dinamismo di Dio, è amare, dare sé stessi all’altro, commossi.
Non c’è dinamismo dell’io senza questo.
Derivando quindi da Dio, l’io ha come legge l’amore.
345 – Non esiste altra legge umana: il vangelo si capisce che è divino proprio perché è l’unico testo di morale… non è un testo di morale, ma è come se fosse l’unico testo di morale in cui tutta la morale si riconduce all’amore.
Infatti, se non si attua nell’amore, come amore, l’io è insoddisfatto, rabbioso con sé ostile agli altri, incapace di bere e di assimilare la bellezza della realtà, annoiato, facilmente urtato, ecc…
morale e capacità di fidarsi
31 – Quanto più uno è morale, tanto più è capace di fidarsi; quanto meno uno è morale, tanto meno è capace di fidarsi, perché l’immoralità è come una schizofrenia o una dissociazione psichica.
41 – Quando si è giusti nel fidarsi di una persona? Quando quella persona sa realmente quel che dice e non vuole ingannare, secondo le due categorie che sono vecchie come tutta la filosofia scolastica, ma che sono di buon senso: se io sono sicuro che quell’individuo lì sa quel che dice e non mi vuole ingannare.
Se uno è morale raggiunge questa certezza, se uno non è morale non raggiunge mai la certezza, oppure raggiunge la certezza in modo irragionevole, si fida di chi non si deve fidare.
morale/ educazione / grazia
249 – «L’atteggiamento morale è una grazia o è frutto di una educazione?»
L’atteggiamento morale è innanzitutto frutto dell’atto che ti crea, perciò essenzialmente una grazia.
Originalmente è una grazia perché l’atteggiamento morale è la posizione in cui ti crea il gesto di Dio che ti dà la vita.
La legge morale è mantenersi nella posizione originale in cui l’atto creatore ci ha fatti, che è quindi l’essere bambino.
sì di Pietro
92 – «Simone, mi ami tu più di costoro?» Questa è la finale della morale cristiana: l'inizio e la fine della morale cristiana.
È andato sotto tutto, sotto tutto; allora questo sotto tutto trascina, e Pietro, amandolo, ha finito per morire come lui.
283 – «Non bisogna coltivare progetti di perfezione, ma guardare in faccia Cristo»
L. Giussani, «L’io e la grande occasione»
E questo è il corollario più bello a Giovanni 21, a Gesù che dice a Simone: «Simone, mi ami tu?» e Simone risponde: «Signore tu lo sai che io ti amo».
Moralismo
304 – Non misuro, non posso misurare, non si misura mai; nel rapporto con Dio non si misura mai; questo sarebbe moralismo, ili moralismo misura tutto. Non è una misura, ma uno sguardo amoroso, come quello che gli apostoli portavano a Gesù. La maggior parte erano sposati con figli.
375 – «Hai detto che la legge dell’io è l’amore. A me veniva da chiedere: quando questo può essere vissuto come moralismo, cioè come misura, come sforzo?»
Quando il motivo per cui fai l’atto non è l’amore dell’altro, ma è una legge che ti hanno fatto imparare, è una legge che hai imparato, è una formula che hai imparato.
Morte
208 – La prova più grande della vita, cioè della speranza, del cammino della speranza sarebbe la morte, se Cristo non fosse risorto. L’uomo non ha nulla da temere dalla morte da quando Cristo è risorto da morte, tanto che può arrivare a una tale intensità di speranza che desidererebbe morire per Cristo.
La testimonianza è un pezzettino di morte per Cristo, ogni testimonianza. Concretamente si chiama missione.
301 – «Mentre venivo qui […] mi è capitato lungo la strada di vedere un incidente dove c’era una ragazza morta. Questo fatto mi ha sconvolta, perché mi ha cambiato posizione. A quel punto ho cominciato a chiedermi: ma perché è accaduta questa cosa? E ho iniziato ad avere paura. Però mi accorgevo che dentro questa paura non ero solo: quella domanda, avevo un posto dove portarla; avevo voglia di venire qui perché avevo un posto dove attendo una risposta».
Mortificazione
(cfr. distacco, sacrificio, scendere fino in fondo, strappo)
88 – Il richiamo al destino e il richiamo al governo di sé, al dominio di sé: tu ti governi secondo il destino di cui hai coscienza.
Questo implica sempre uno strappo, una ferita. Si chiama, con termine cristiano, penitenza o mortificazione. Mortificazione vuol dire che sembra morte, sembra rinuncia, ma non lo è.
97 – La cosa più bella è il concetto di strappo e di mortificazione. Strappandoti da quello che ti emoziona di più per amore di ciò che ti corrisponde di più, che è più giusto, la mortificazione per affermare la legge morale (cioè il rapporto con il destino invece che ciò che ti attira l’istinto), questa mortificazione non elimina niente: omnis creatura bona (ogni cosa è bene).
Muoversi per l’altro
346 – La dedizione di sé all’altro non è una cosa generica, è una cosa molto concreta. perciò se la legge dell’io è darsi, è l’amore come darsi all’altro, darsi all’altro significa muoversi per un altro.
Per donarsi agli altri bisogna muoversi per gli altri.
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I Temi di alcuni libri di don Giussani
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- TEMI – All’origine della pretesa cristiana
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- TEMI – Il rischio educativo
- TEMI – Generare tracce nella storia del mondo
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