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A–B–C–D–E–F–G–I–L–M–N–O–P–R–S–T–U–V
Lettera «P»
- Padre
- padre
- Parabola
- Paradiso
- Paragonare / paragone
- Parlare
- Parole
- Passato
- Passione
- Patire
- Paura
- Pazienza
- Peccato
- Perdono
- Perfectus
- Perfezione
- Pericolo
- Pietà
- Pigmei
- Popolo
- Portare
- Positività
- Possedere / possesso
- Povertà
- Preconcetto
- Preferenza
- Preghiera / pregare
- Presente
- Presenza
- Presenza eccezionale
- Pretendere / pretesa
- Promessa
- Proposito
- Prova
Padre
padre
68 – Quando un uomo e una donna diventano padre e madre hanno dentro – senza che se ne accorgano – la passione per il destino del bambino cui danno vita: non se ne accorgono neanche, però ce l’hanno dentro.
Tant’è vero che se il figlio o la figlia decidono una strada che è contraria a quella che prevedevano loro, cedono soltanto di fronte a una cosa, alla felicità del figlio.
382 – Uno vorrebbe far capire subito […] vorrebbe che l’altro non facesse le fatiche che deve fare, vorrebbe che saltasse la fatica; il che è proprio dell’aspetto più grande dell’affezione, che è quella della madre e del padre.
L’ideale dell’affezione non è quello tra l’uomo e la donna; tra l’uomo e la donna s’avvera alla fine, se si percorre bene la strada.
Originalmente l’affezione nasce come padre e come madre, e il padre e la madre vorrebbe, guardando il figlio piccolo come una spanna, che facesse la strada senza fatica, vorrebbe che non dovesse fare tutti i passaggi che hanno fatto loro, gli rincresce che debba farli.
Parabola
436 – «La mia tendenza è di misurare, però mi sembra che la questione non è di misura. Invece ha indicato la posizione degli apostoli davanti a Cristo come la vera posizione. Io volevo chiedere come stare in questa posizione degli apostoli».
La posizione degli apostoli immaginatevela. Immaginiamoci che ci sia Gesù, che stiamo tutti sentendolo: non si capisce quel che dice, io non capisco quel che dice, ma io sto attento, perché lo dice in modo tale che si capisce che Lui vede, che Lui sa, che Lui sente, che Lui vive questo.
Allora gli sto attento perché voglio cogliere anche io qualche cosa; qualche brandello di frase la capisco, e alla fine chiedo: «Gesù, fammi capire quello che hai detto».
Gli apostoli hanno fatto così per le parabole; le parabole, non capivano cosa volessero dire, alla fine l’hanno stretto e gli hanno detto: «Maestro, spiegaci cosa vuol dire questa parabola».
Cioè, alla sera, non misurare, domanda: «Venga il tuo Regno, sia fatta la tua volontà».
Paradiso
102 – Il modo in cui vorremo bene in Paradiso è un modo che può essere soltanto intravisto e capito da chi veramente, intensamente e fedelmente, amasse con tutto se stesso, in questo mondo, gli altri.
Chi amasse il proprio prossimo con tutte se stesso, con tutta la sua fedeltà, con tutta la sua energia di volontà, con tutta la sua capacità di sacrificio, con tutta la sua affettività insomma, può intravedere di più, immaginare di più come sarà il paradiso, ma non è ancora il paradiso.
364 – Ciò che fa supremamente capire la carità è l’addentrarci nel mistero e questo ha una lunghezza d’onda che si chiama eternità; infatti nell’eternità il paradiso non sarà una noia mortale in cui si ripeterà sempre le stesse cose, ma una strada lunga in cui ogni momento è diverso dall’altro, ogni momento è novità.
Paragonare / paragone
21 – Come fai a capire che una cosa corrisponde alle esigenze del tuo cuore? Paragonandola: tu paragoni la cosa con il tuo cuore. Come fai a compiere questo paragone? È un giudizio: uno riconosce che la cosa corrisponde al suo cuore, corrisponde a sé; lo riconosce, è un riconoscimento.
232 – Aspettate che vi faccio un paragone: fare il paragone vuol dire vivere!
Parlare
incapacità a parlare
378 – Ciò che è prodotto dalla memoria dei secoli, sostenuto dai millenni, se appare astratto è perché siamo vuoti, siamo bambini, siamo infanti, incapaci di parlare: infans (incapace di parlare).
Parole
304 – «[…] Ammaestratevi a vicenda: è come una formula espressiva dell’avvenimento dell’amicizia, e che grande ricchezza di sollecitazioni, di insegnamenti, di testimonianze abita in questa nostra amicizia, non per i discorsi che si fanno, ma per la vita che c’è e che si vede».
Per la vita che si vive, per i fatti più che per le parole, perché anche la parola è un fatto: per dire certe parole occorre una fatica, infatti non tutti le dicono.
352 – Per la ripresa delle nostre lezioni bisogna: afferrare la totalità del discorso, non analiticamente, ma nella sua parola completa: capire le ragioni dei singoli passaggi; e capire frase per frase; poi guardare indietro e dire: «Come è bello! Nessuno dice così queste cose».
Se invece vi mettete lì, anche insieme, a leggere un testo e leggete frase per frase oppure su una frase uno alza la mano e fa una obiezione, frantumate, rischiate di frantumare invece che unificare; invece che creare un mondo, invece che stupirvi di un mondo nuovo, fate tanti detriti difficili da mettere insieme come un puzzle.
Mentre la parola è una cosa che abbraccia tante cose ed è una voce.
parole antiche
134 – Quello che incominciò a dire di nuovo, lo disse dentro l’antico: era un modo nuovo di vedere il mondo.
Le parole erano le stesse: era un modo nuovo di vedere le parole antiche.
Insisto perché questa è la vita del cristiano, essere cristiani è questo: un novità che si apre sempre il varco dentro le parole antiche.
parole astratte vs vere
229ss – «Dicevi che queste parole sono chiare e astratte e questo di per sé è apparentemente una contraddizione. Volevo chiedere se me lo spiegavi, perché capisco che le parole risultano chiare, ma è come se poi rimanesse non una distanza, ma…»
Se tu senti una parola chiara, quella parola fugge al vento, s’allontana con il vento se tu non la guardi, non la fissi, cioè se non ti interessa.
°Per sentirla astratta ti deve non interessare; prima ti deve non interessare, poi la senti astratta.
Quando si sentono queste cose e sembrano astratte, prima di tutto non bisogna meravigliarsi, perché è parte della tentazione che il peccato originale ha lasciato perennemente in noi.
230 – C’è in noi una contraddizione, per cui cose ovvie – ovvie vuol dire che stanno davanti a tutti sulla strada – sembrano complicate, sembrano difficili.
Se non permetti che c’entri con te una cosa chiara che noti in persone legate a te, quella cosa chiara scivola via in fretta, non ti rimane niente, tutt’al più la dici in senso contrario, dice una bugia su di essa, perché non ti interessava.
231 – Riassumiamo: una cosa chiara diventa astratta, cioè sfuggente – l’astratto è lo sfuggente – se tu prima ne hai scartato l’interesse, se non ti interessa nella vita sentita e vissuta, se tu hai prima deciso di interessarti di altro.
Che cosa si deve in questo caso? in questo caso bisogna che tu fissi. Mentre la parola, apparendoti astratta, cerca di scivolare via, devi fissarla, fissare quella parola, ripeterti quella parola, dire: «Spiegami quella parola», devi fissare quella parola in tutti i modi: Che c’entra con gli interessi che io vivo ora?»
Allora puoi rischiare a un certo punto di sentire rifluire un calore dentro di te e di incominciare a capirla, a sentirla.
capire /ripetere le parole
44 – E così quei due (Giovanni e Andrea) sono stati tutto il pomeriggio sentendolo parlare, vedendolo parlare, perché non capivano niente di quel che diceva, ma il modo con cui diceva era così persuasivo, era così evidente che quell’uomo diceva la verità, che uno non sapeva quasi neanche fermare in se stesso le sue parole.
Sono andati via e alla prima persona che hanno trovato hanno detto: «Abbiamo trovato il Messia»; hanno ripetuto una sua parola di cui non capivano veramente il senso, ma comunque, essendo già anche nell’orecchio della gente, hanno ripetuto quelle parole.
76ss – Allora dove sta la difficoltà per non ad avere l’idea chiara di certe parole che sono fondamentali per la vita? Le parole che definiscono l’uomo rispetto all’animale, sono difficili da capire per noi: perché? Perché siamo alienati dalla mentalità comune.
La parola libertà, normalmente, coincide con il fare quel che pare e piace. Ed è giusto! Ma non come lo pensano tutti, perché tutti sono superficiali nell’usare «libertà uguale a fare ciò che pare e piace».
77 – Ripetono le canzoni che sentono dire o, peggio ancora, fanno solo andare la testa…. vale a dire la riduzione più meccanica possibile di quel che sentono, neanche quel che sentono ripetono.
Per capire le parole che riguardano la nostra vita, che cosa bisogna fare? Per capire che cosa è la libertà cosa dobbiamo fare? Dobbiamo partire dall’esperienza facendo la quale uno si sente libero.
C’è una certa esperienza in cui uno si sente libero, e una in cui non si sente libero. Quando uno si sente libero? Quando ha soddisfatto un desiderio.
95 – Parole sentite come un discorso o parole pronunciate come preghiera e che non capite: ve le facciamo ripetere non perché siete scemi e, perciò, vi facciamo dir cose che non capite.
Lo sappiamo che non le capite, anche noi non le capivamo quando eravamo piccoli come voi, ma è soltanto ripetendole che si capiscono.
Quello che il bambino chiama «mamma» sarà indicato con la stessa parola quando avrà cinquant’anni; ma la stessa parola, non un’altra parola, sarà profondamente diversa, profondamente più compresa, profondamente più amata, profondamente più giudicata…ma uno l’ha ripetuta per tutta la vita.
E così è il metodo con cui noi andiamo a Dio, ci intendiamo con Cristo.
Se non sapete che cosa vuol dire, perché la ripetete? Perché vi è fatta ripetere! E perché vi è fatta ripetere? Perché è una forma di domanda.
Si sa benissimo «chi» si domanda, si domanda Cristo; non si capisce la formula con cui lo si domanda, questa apparirà con la vostra esperienza che si matura nel tempo.
131 – Che cosa vuol dire meditazione? Vuol dire presa di coscienza di una verità in modo tale che essa si dispieghi davanti agli occhi, così che tu possa penetrarla; che non sia cioè una carta inchiodata sul muro, sul muro dei tuoi occhi, cioè sul muro del tuo cuore, ma siano delle parole vive dentro le quali tu possa penetrare. Non possiamo penetrare soltanto le parole vive, cioè le parole che ci dicono coloro che con noi vivono, che partecipano alla nostra vita.
196 – Quando vi diciamo le nostre parole, che anche a noi sono state dette come sono dette a voi, ricordiamo i tempi in cui anche per noi queste parole errano come sassi che ci venivano buttati in faccia: Non le penetravamo ne ci penetravano.
Ma la misericordia del Signore sta proprio nella pazienza con cui ripete nel tempo le stesse cose, ci fa ripetere nel tempo le cose; ripetendo e poi ripetendo […] finalmente queste parole penetrano nel nostro cervello, fino a incominciare a penetrare il cuore.
231 – Mentre la parola, apparendoti astratta, cerca di scivolare via, devi fissarla, fissare quella parola, ripeterti quella parola, dire: «Spiegami questa parola», devi fissare quella parola in tutti i modi: «Che c’entra con gli interessi che io vivo, ora?». allora puoi rischiare a un certo punto di sentire rifluire un calore dentro di te e di incominciare a capirla, a sentirla.
fissare/ guardare le parole
197 – Una parola che vuole indicare un pezzo della nostra vita si chiama valore: non un pezzo in senso cronologico, non un pezzo nel senso anatomico, ma un pezzo nel senso vivente del termine vita, un pezzo dell’io che sta camminando verso il suo destino.
Bisogna guardare in faccia, dovete abituarvi a guardare in faccia queste parole, anche soltanto avere lì la parola davanti agli occhi e guardarla, poco o tanto, vi fa penetrare in essa.
[…] allora diventa pù sollecita la risposta e voi riuscite a capire più in fretta la grandezza di certi termini – grandezza perché abbracciano la vita – e la soddisfazione del cuore che certi termini provocano, producono: la gioia che producono, perché non c’è nessuna sorgente di gioia se non la verità delle parole che si ripetono per indicare qualcosa di vero, di vivo e di finale.
231 – Mentre la parola, apparendoti astratta, cerca di scivolare via, devi fissarla, fissare quella parola, ripeterti quella parola, dire: «Spiegami questa parola», devi fissare quella parola in tutti i modi: «Che c’entra con gli interessi che io vivo, ora?». allora puoi rischiare a un certo punto di sentire rifluire un calore dentro di te e di incominciare a capirla, a sentirla.
237 – Secondo me il problema più grave è quello indicato dal nostro amico: che la parola è chiara ed è astratta, e il rimedio a questo è guardarla in faccia, continuamente guardarla. Guardarla vuol dire anche domandare (a qualcuno di spiegarla).
valore delle parole
229ss – «Dicevi che queste parole sono chiare e astratte e questo di per sé è apparentemente una contraddizione. Volevo chiedere se me lo spiegavi, perché capisco che le parole risultano chiare, ma è come se poi rimanesse non una distanza, ma…»
Se tu senti una parola chiara, quella parola fugge al vento, s’allontana con il vento se tu non la guardi, non la fissi, cioè se non ti interessa.
°Per sentirla astratta ti deve non interessare; prima ti deve non interessare, poi la senti astratta.
Quando si sentono queste cose e sembrano astratte, prima di tutto non bisogna meravigliarsi, perché è parte della tentazione che il peccato originale ha lasciato perennemente in noi.
230 – C’è in noi una contraddizione, per cui cose ovvie – ovvie vuol dire che stanno davanti a tutti sulla strada – sembrano complicate, sembrano difficili.
Se non permetti che c’entri con te una cosa chiara che noti in persone legate a te, quella cosa chiara scivola via in fretta, non ti rimane niente, tutt’al più la dici in senso contrario, dice una bugia su di essa, perché non ti interessava.
231 – Riassumiamo: una cosa chiara diventa astratta, cioè sfuggente – l’astratto è lo sfuggente – se tu prima ne hai scartato l’interesse, se non ti interessa nella vita sentita e vissuta, se tu hai prima deciso di interessarti di altro.
Che cosa si deve in questo caso? in questo caso bisogna che tu fissi. Mentre la parola, apparendoti astratta, cerca di scivolare via, devi fissarla, fissare quella parola, ripeterti quella parola, dire: «Spiegami quella parola», devi fissare quella parola in tutti i modi: Che c’entra con gli interessi che io vivo ora?»
Allora puoi rischiare a un certo punto di sentire rifluire un calore dentro di te e di incominciare a capirla, a sentirla.
Passato
291ss – Il passato, ciò che ci è piaciuto in questi mesi, ciò che ci ha soddisfatto, ciò che ci hai fatto conoscere e amare di più, ciò che ha reso più soddisfacente la nostra vita […] non ci appartiene, ciò che ci è piaciuto non è stato generato da noi, non è stato deciso da noi, non è stato immaginato da noi, non è stato creato da noi.
Il fatto che il tempo ci sia piaciuto non è dipeso da noi: è stato nostro e non ci è appartenuto, fu nostro e non ci è appartenuto, tant’è vero che è passato.
292 – E del passato ciò che ci è spiaciuto, ciò che non ci è piaciuto, ciò che ci è pesato, non è stato per noi, cioè non è stato voluto da noi (sarebbe assurdo), anche quello che non apparteneva a noi, anzi: è più chiaro ancora che non apparteneva a noi.
Ciò che ci è spiaciuto apparteneva a qualcosa d’altro, di inevitabile.
[…] Tutto questo è stato la vita, ma non era nostro, inevitabile.
La nostra vita appartiene a qualcosa d’Altro, di strano in sé, di enigmatico, di misterioso.
L’inevitabilità è come il sinonimo più chiarificatore di questa appartenenza a noi della cosa, e soprattutto non appartiene a noi ciò da cui tutto deriva: la nostra vita appartiene a un Altro.
Passione
14 – Quello che incomincia qui vi lega alla sponda ultima su cui fermerete la vostra nave quando sarà l’ora, ma vi lega anche a tutto il mondo nel quale penetrerete ogni giorno di più, perché è una caratteristica di questa strada la necessità di penetrare sempre di più il rapporto con la gente, con tutta la gente che si vede: prima coi vicini, ma, attraverso, quei vicini, i vicini ai vicini, e poi ai vicini dei vicini dei vicini, e poi allargate il cerchio, allargate il cerchio e arrivate al mondo intero.
È l’abbraccio al mondo, una passione per il mondo.
Patire
205 – «Nella vostra pazienza possederete la terra», dice Gesù. Pensate che vicinanza c’è tra questo portare la vita e l’essere schiacciati dalla vita nel senso di essere crocifissi, per esempio, nel senso del patire: portare e patire, umanamente parlando, sono come due linee vicine, due strade collimanti.
Paura
298 – Di fronte al tempo che è passato, per quello che fa prevedere il futuro, abbiamo paura: Chissà?
Cosa avverrà? Abbiamo paura perché il Mistero non può essere contento di me.
Non terrore, vergogna o paura della nostra debolezza e del nostro male – questo è consacrare l’egoismo, questo è rendere eterno l’egoismo, questo è inferno, rendere eterno l’egoismo – non vergogna del male e paura del tempo, ma dolore.
In che cosa si distingue il dolore dalla paura? La paura è se le montagne ti crollano addosso, se le colline ti schiacciano, se le stelle precipitano, e se c’è un caos universale, la paura è ciò che ti opprime e sopprime; il dolore, invece, è la forma più concreta per noi dell’amore.
Dolore non si può provare se non di fronte a un tu, a una persona, a una persona presente.
paura e seguire
430 – «Senti, ieri sera abbiamo letto Violaine che era tutta pronta a seguire la mano di chi la conduceva, questo è proprio la cosa che più desidero, però mi fa anche paura. Cosa devo fare?».
Eliminare la paura come ti riesce. Se non ti riesce, segui la mano lo stesso. Seguire la mano con paura ha lo stesso effetto che seguire la mano senza paura; l’essenza della questione è seguire la mano.
Seguendo la mano dici: xx174Senti, fammi aver meno paura, fammi aver meno paura»: dopo la quindicesima volta scopri di non aver più paura.
Paura di che? Del niente: ma il niente non è il niente, è menzogna.
paura vs dolore
298 – Di fronte al tempo che è passato, per quello che fa prevedere il futuro, abbiamo paura: Chissà?
Cosa avverrà? Abbiamo paura perché il Mistero non può essere contento di me.
Non terrore, vergogna o paura della nostra debolezza e del nostro male – questo è consacrare l’egoismo, questo è rendere eterno l’egoismo, questo è inferno, rendere eterno l’egoismo – non vergogna del male e paura del tempo, ma dolore.
In che cosa si distingue il dolore dalla paura? La paura è se le montagne ti crollano addosso, se le colline ti schiacciano, se le stelle precipitano, e se c’è un caos universale, la paura è ciò che ti opprime e sopprime; il dolore, invece, è la forma più concreta per noi dell’amore.
Dolore non si può provare se non di fronte a un tu, a una persona, a una persona presente.
È l’emergenza, la presa di coscienza del dolore, di un dolore, che fa guardare avanti a sé intravedendo quella Presenza che ci ha dato la vita, ce l’ha fatta proseguire ed è morto per noi.
Dolore perché ti ho offeso, dolore perché ti offendo; dicendo così, già l’offesa è redenta, cambia aspetto, e tradisce, nel senso buono del termine, documenta un amore presente, nonostante il difetto.
Nel dolore, più forte della delusione del male, della delusione della debolezza, della vergogna di sé, è l’amore.
Pazienza
203ss – «Nella vostra pazienza possederete la vostra vita», dice Gesù nel santo evangelo (Lc 21,19); la pazienza essendo la capacità di portare – patior vuol dire ultimamente portare, portare sulle spalle.
204 – La pazienza è la capacità di portare tutto nel coraggio ragionevole di non rinnegare nulla, di non dimenticare nulla e – attenzione! – di non rifiutare nulla.
Sono tre parole importanti.
pazienza di Dio
115 – Il papà ha addosso la gerla piena di fieno, il piccolino ha la sua manciatina di fieno e, tutto tronfio segue il papà, ma il papà ci impiega tre ore di più.
Così Dio, ma è una osservazione di san Pietro: Dio ha pazienza per provare la libertà di ognuno di voi (2 Pt 3,9)
opposto della pazienza
207 – L’opposto della non è l’impazienza: l ‘impazienza è un difetto della pazienza.
L’opposto della pazienza è quella specie di rassegnarsi verminoso, è quel procedere serpentino, e quello sgranchirsi le braccia e le gambe inutile, che deriva da tante cose, per esempio dalla pigrizia.
Ma la pigrizia non definisce niente; è proprio un atteggiamento della persona, dal quale, presto o tardi, qualcosa di molto brutto salta fuori: si chiama tiepidezza.
pazienza vs magnanimità stoica
253 – La pazienza è vicina a questo (magnanimità stoica) in quanto deve patire, cioè sopportare questo, è il concetto di pazienza come sopportazione; ma si distingue dalla magnanimità stoica, in quanto è l’inverso di essa, in quanto è umile sicurezza della forza di un Altro.
«Di tutto son capace il Lui perché in Lui è la mia forza» (Fil. 4,13)
Peccato
cfr. Difetto, errore, male, menzogna, sbaglio
83 – Bisogna essere senza preconcetto: essere di fronte alle cose e sentirne il richiamo nella sua originalità, nella sua purità.
Cosa è il contrario di questo? È la menzogna, la menzogna è contro la libertà: il contrario della libertà è la menzogna. Tant’è vero che il peccato, che è il contrario della libertà, nel vangelo di Giovanni è identificato con la menzogna: il peccato è una menzogna.
85 – Gli errori tutti li commettono; il peccato, in un modo o nell’altro , tutti lo fanno. Perché la libertà è così? Perché è ancora imperfetta.
Ma io ho già detto una cosa importante: essendo in cammino verso il destino, la libertà imperfetta può sbagliare, peccare vuol dire venir meno, amartànein, venir meno a una strada e prenderne un’altra; come in un deserto, se la carovana perde la bussola, va fuori rotta.
167 – La libertà che non aderisce, che dice di no, che resista a ciò che la fede dice, è un controsenso, è una negatività: è la morte anticipata (come i padri del Medioevo chiamavano il peccato: la morte anticipata). La morte è il no alla vita.
296 – Non affidarsi a Colui cui apparteniamo, secondo qualunque modalità, questo è il peccato.
302 – Si capisce veramente che l’unica questione della vita è non offendere, non fare il peccato, l’unico danno della vita è il peccato. La forza che non ci fa commettere il peccato, che ci purifica dal peccato, fino addirittura a toglierlo del tutto, come nell’unico caso di Maria, è un’altra forza, non la nostra volontà.
334 – Ha avuto pietà di me che ero così dimentico e meschino. Se la nostra vita è normale, con quello che abbiamo avuto è difficile che possiamo trovare nella giornata dei particolari peccati, ma il peccato è la meschinità della distrazione e della dimenticanza; il peccato è la meschinità di non tradurre in novità, no fare splendere di aurora nuova quello che facciamo: lo lasciamo opaco, così come viene; senza colpir nessuno, ma senza donarlo allo splendore dell’Essere.
392 – Affermare o cercare la verità dove non è, affermare o cercare l’idolatria, insomma, è una menzogna, è una bugia.
Quello che chiamiamo peccato è una menzogna; è peccato perché è menzogna: non è vero!
amartànein
85 – Ma io ho già detto una cosa importante: essendo in cammino verso il destino, la libertà imperfetta può sbagliare, peccare vuol dire venir meno, amartànein, venir meno a una strada e prenderne un’altra; come in un deserto, se la carovana perde la bussola, va fuori rotta.
coscienza del peccato e misericordia
311 – «Se io arrivo alla fine della mia giornata, mi è più facile vedere la sua misericordia verso di me e mi è più difficile essere cosciente del mio peccato»
La sera, nella pace della sera, è più facile che veda la misericordia che neanche sentirsi peccatrice.
Ma se deve sentire misericordia è perché ha sbagliato; non può sentirsi oggetto di misericordia, se non implicando che qualcosa ha sbagliato.
peccato e libertà
83ss – Bisogna essere senza preconcetto: essere di fronte alle cose e sentirne il richiamo nella loro originalità, nella loro purità.
Il semplice è quello che dice pane al pane e vino al vino.
Cosa è il contrario di questo? È la menzogna, la menzogna è contro la libertà: il contrario della libertà è la menzogna. Tanto è vero che il peccato , che è il contrario della libertà, nel vangelo di Giovanni è identificato con la menzogna: il peccato è una menzogna.
84 – Uno cede all’emozione e vira. Evidentemente perde la strada. Questo è il concetto di peccato; nel dinamismo della libertà è implicita la possibilità del peccato: scegliere davanti alla creatura ciò che immediatamente soddisfa di più, invece che usare della libertà della creatura per tendere di più a ciò che è il destino per cui si è fatti.
Il peccato è debordare, uscire dalla strada al destino per soffermarsi su qualcosa che interessa di più al momento.
85 – Perché la libertà è così? Perché non è ancora compiuta. Solo quando arriverà qui (A Dio), la libertà, trovandosi davanti al suo oggetto completo, non potrà più scegliere, ma sarà tutta piena , sarà tutta soddisfatta, non potrà aver la tentazione di scegliere altro.
86 – Non è un errore l’attrattiva che si sente, è un errore preferire questa attrattiva all’attrattiva più debole, ma più attiva e sicura verso il destino che qualche cosa inoltra nel cuore.
peccato e vocazione
303 – Perché, secondo voi, senza perdono non ci potrebbe essere fiducia? Perché l’uomo è peccatore ed è impossibile che non erri, che non sbagli, ed è debole di fronte a tutto.
Così nessun nostro sbaglio, nessun nostro peccato, nessun nostro delitto sarebbe obiezione alla vocazione.
peccato originale
90 – La comunità […] ti fa capire che cosa è la libertà ed educa la tua libertà, nella coscienza del senso religioso sviluppato e nella coscienza del sacrificio da fare e, quindi, nella consapevolezza umile e senza inutile disperazione del tuo peccato, del tuo peccare, della facilità del peccare.
Tanto più che nell’uomo c’è una ferita enorme […] si chiama peccato originale.
Perciò la comunità ti dice di non scandalizzarti della tentazione che provi e di non scandalizzarti neanche dell’errore che fai: ma indomabilmente riprendi la strada.
99 – Il peccato originale è una condizione esistenziale di cui l’uomo non ha colpa, ma di cui porta le conseguenze: ne ha colpa chi lo ha commesso.
E come l’abbia commesso e in che cosa sia consistito, questo è mistero, il mistero delle origini. «Mistero» è una scocciatura, ma se non si ammette questo mistero non si capisce più niente del disastro dell’uomo.
L’uomo è un disastro: la dottrina del peccato originale spiega questo disastro nel modo più adeguato che si possa concepire.
239 – La discontinuità, la prova, il dolore sono contro la fiducia in Dio, perché Dio non fa quello che vuoi tu, le cose non accadono come te le aspettavi.
È il peccato originale nell’attuarsi storico delle sue conseguenze, vale a dire è la pretesa che l’uomo ha di possedere la sua vita e invece la vita accade in modo diverso.
390 – Cristo è morto in croce per la salvezza degli uomini, e ognuno di noi può collaborare alla salvezza del mondo accettando il sacrificio delle circostanze attraverso cui è fatto passare, perché l’esistenza del singolo e la storia di tutti hanno come un peso enorme all’origine, hanno all’origine come una montagna gigantesca che pesa e frena tutto, tragica.
La natura dell’uomo è tragica per questo inizio terribile che si chiama peccato originale, che è un fatto che non possiamo spiegarci, ma senza questo misterioso fenomeno non si spiega più niente.
Perdono
206 – Qual è l’aspetto più difficile di questa fedeltà alla mendicanza e alla domanda? Il perdono; la domanda del perdono, certi di essere perdonati; la ripresa dopo lo sbaglio, non perché riusciamo noi a rimediare, ma perché, domandano a Cristo presente nel suo Spirito, mendicando da Lui il perdono, ciò che abbiamo sbagliato, è come se scomparisse e diventasse forza in noi, desiderio di fargli piacere.
Riprendere a sperare dopo un nostro errore è un gesto così grande che il poeta Péguy lo definisce «il segreto mistero della speranza», perché il perdono del male è proprio mistero.
239 – Ora, la pretesa di possedere noi la nostra vita, dove trova il culmine della umiliazione? Il culmine della umiliazione per me che pretendo di avere in mano io la mia vita, per vivere, per continuare a vivere, abbia bisogno che un Altro la perdoni.
Il perdono è la cosa più difficile da accettare perché è proprio il tagliare alla radice la nostra presunzione.
Essere perdonati vuol dire sentirsi tagliare alla radice la pretesa che abbiamo di possedere noi stessi e di realizzare noi la nostra vita.
Non siamo capaci, e perciò sbagliamo sempre.
284 – «Se diciamo che siamo senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi. Se riconosciamo i nostri peccati, egli che è fedele e giusto perdonerà i nostri peccati e ci purificherà ogni colpa».
Gv 1,8-9
È guardandolo in faccia che uno sente questa forza purificatrice che lo deterge.
Quando il famoso bambino rompe qualcosa e guarda sua madre, e sua madre gli prende la faccia tra le mani e lo bacia subito perdonandogli, tutto quello che ha fatto scompare.
312 – «Della misericordia del Signore è piena la terra». Che il Signore perdona tutto quello che si fa contro di Lui, innanzitutto la dimenticanza.
313 – Il perdono c’è perché il Signore perdona.
350 – Perdono, capacità di perdono, che vuol dire ridare spazio e libertà all’altro in se stessi. Uno ti ha offeso: viene escluso dal tuo giro.
Il perdono è farlo rientrare: gli ridai uno spazio e una libertà.
perdono e fiducia
302 – «Mi domandavo: perché parlando della fiducia ha parlato del perdono?»
Perché, secondo voi, senza perdono non ci potrebbe essere fiducia? Perché l’uomo è peccatore ed è impossibile che non erri, che non sbagli ed è debole di fronte a tutto (l sua forza è in un Altro).
Perfectus
cfr. perfezione
79 – La libertà è la perfezione. In latino perficere (compiere) vuol dire esattamente satisfacere: un desiderio soddisfatto è un desiderio compiuto, perfetto.
327 – Dio dà all’uomo l’essere: dà all’uomo di essere; dà all’uomo di essere completamente se stesso, di crescere fino alla compiutezza, cioè dona all’uomo di essere felice (felice, cioè totalmente soddisfatto o perfetto; come ho sempre detto, in latino e in greco, perfetto e soddisfatto sono la stessa parola: perfectus, cioè perfetto e compiuto, soddisfatto è un uomo compiuto).
Perfezione
cfr. perfectus
338 – «Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre che sta nei cieli». La perfezione è questa commozione in atto verso il bisogno dell’uomo: bisogno di felicità, di essere; di felicità di destino; di essere, di destino, di felicità.
343 – «Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro» dove abbiamo visto che perfetto vuol dire misericordioso; siate anche voi dono di voi stessi, pieno di commozione, come è misericordia il flusso immenso dell’acqua di Dio, il flusso immenso del sangue di Dio.
perfezione e soddisfazione
78 – Dall’esperienza ci viene detto che la libertà indica un momento di sé, una coscienza di sé in cui predomina il sollievo data da un desiderio soddisfatto.
Libertà uguale a soddisfazione, satisfacere, il desiderio soddisfatto.
Invece di soddisfazione si può usare una parola più metafisica: perfezione. La libertà è la perfezione.
327 – Dio dà all’uomo l’essere: dà all’uomo di essere; dà all’uomo di essere completamente se stesso, di crescere fino alla compiutezza, cioè dona all’uomo di essere felice (felice, cioè totalmente soddisfatto o perfetto; come ho sempre detto, in latino e in greco, perfetto e soddisfatto sono la stessa parola: perfectus, cioè perfetto e compiuto, soddisfatto è un uomo compiuto).
Pericolo
202 – Periculum, è un pericolo, cioè una prova; pericolo non vuol dire pericolo, vuol dire prova.
Pietà
pietà di Cristo
329ss – Perché Dio dedica se stesso a me? Perché si dona a me creandomi, dandomi l’essere. Perché questo dono di sé fino all’inconcepibile?
330 – «Ti ho amato di un amore eterno, perciò ti ho attratto a me, avendo pietà del tuo niente», io ho tradotto sempre così questa frase: « avendo pietà del tuo niente» che cosa vuol dire? Che cosa vuol dire? Di che cosa si tratta? Di un sentimento, di un sentimento! Di un valore che è sentimento.
Questa pietà è bello scoprirla nel vangelo. Per esempio, quando – due volte è detto – una volta vede la città dalla collina e piange sulla sua città, pensando alla sua rovina. (seguono i racconti della vedova di Naim, Zaccheo, resurrezione di Lazzaro).
332 – La carità di Dio per l’uomo è una commozione, un dono di sé che vibra, si agita, si muove, si realizza come emozione, nella realtà di una commozione: si commuove. dio si commuove.
«Che è mai l’uomo perché te ne ricordi?», dice il salmo 8,5.
333 – Dio si è commosso per il nostro niente.
Non solo: Dio si è commosso per il nostro tradimento, per la nostra povertà rozza, dimentica e traditrice, per la nostra meschinità.
«Ho avuto pietà del tuo niente, ho avuto pietà del tuo odio a me, mi sono commosso perché tu mi odi».
334 – Ha avuto pietà per me e per il mio niente e mi ha scelto; mi ha scelto perché ha avuto pietà di me; mi ha scelto perché si è commosso della mia meschinità!
Pigmei
213ss – Ti è già accaduto di essere stata fatta col cuore così, col cuore come esigenza di felicità. Ciò che ti è accaduto è che sei stata creata e quindi è divino quello che senti perché ti deriva da chi ti ha fatto.
Ma quel che abbiamo detto fino ad ora è valido anche per il pagano, per l’uomo più pagano che è nel centro dell’Africa, per i pigmei.
È il primo riferimento unitario degli uomini: ciò a cui la natura dell’uomo è sensibile e attuabile allo stesso modo da tutti.
Quello che abbiamo detto fino ad ora vale per tutti.
Che differenza c’è allora?
214 – A noi è accaduto un incontro che agli altri non è accaduto. Ma perché è accaduto?
245 – «Rispetto a quello che hai detto sui pigmei che avevano pregato Dio, io volevo sapere perché e se è vero che dio non aveva risposto loro»
Non aveva risposto, infatti non hanno inteso nessuna risposta. Ma non i pigmei. I pigmei che si chiamano Bobbio, i pigmei che si chiamano Kafka, i pigmei che si chiamano Camus, i pigmei che sono i più espressivi dell’umano, i pigmei che si chiamano Wagner, i pigmei che si chiamano Omero o Virgilio, i pigmei che si chiamano gli uomini più pensosi. Nessuno ha avuto risposta, nessuna risposta.
In fatti, Dio doveva, per farsi conoscere, per rispondere a quella domanda, Dio doveva fare un passo Lui: «Eccomi,».
È stato in un solo caso nella storia ed è proprio questo caso che è insopportabile a tutti.
Noi siamo ricercatori di un Dio il cui nome e il cui volto ci sono ben noti: ne conosciamo il nome e la faccia.
247 – «Allora i pigmei che non conoscono Cristo?». I pigmei che non conoscono Cristo, a loro modo chiedevano di conoscere Dio. Anzi neanche quello: chiedevano al Dio che li aiutasse; perché il modo di conoscere del bambino è quello di essere aiutato.
245 – «E Lui rispondeva?» Rispondeva secondo un disegno che era suo.
Aspettarono fin quando venne una persona strana, bianca, con la barba andò da loro e disse: «Il Dio che è andato a caccia è tornato indietro ed è qui tra di noi».
Popolo
287ss – (La fiducia) travolge tutto e rende la nostra vita gonfia di missione, travolge tutto in noi e ci rende lieti.
Così che se uno fosse triste ed avvilito, la fiducia è l’ottimismo di ogni risveglio diventa festa.
Festa che rende l’adulto principio di una nuova storia, artefice, protagonista di una storia nuova nel mondo, vale a dire creatore di un popolo, generatore di un popolo: per creare un popolo bisogna generare.
288 – L’esito della fiducia è che tu diventi origine di un popolo, attraverso ciò che ti è vicino, come una realtà sponsale che genera qualcosa che ti è intimo.
305ss – (La fiducia) Rende l’io principio di una nuova storia ne mondo, lo fa agire; solo una certezza fa agire, anzi solo una certezza finale fa agire contro tutti e contro tutto.
Solo una certezza finale dà il coraggio, la forza e la fedeltà di creare, di generare.
Non è una generazione umana, se non si realizza come creazione di un popolo, se non è collaborazione a creare un popolo nuovo, cioè una umanità nuova, ma una umanità reale.
Uno che andasse alla televisione e facesse l’impressione che l’Anna è capace di fare commentando Giotto, durasse cinque minuti in cui la gente che sente si cambia, sente che avviene qualcosa in sé.
Se questo fosse continuo, la televisione creerebbe un popolo.
Se in un paese c’è una casa del Gruppo adulto che vive la sua vocazione in quel paese qualcosa di nuovo sta e cresce, e si vede nell’uno, nell’altro, nell’altro, non in tutti uguale.
306 – «Perché dici che una generazione non è generazione umana se non è una generazione di un popolo?»
Innanzitutto una creazione non è veramente umana se non crea un popolo in quanto, generando anche una persona sola, si genera un principio di generazione ulteriore.
Per sua natura una generazione non finisce mai, si dilata sempre, è destinata a dilatarsi sempre.
E, infatti, è solo il concetto di famiglia che «conclude» l’idea di generazione, l’idea generativa è nel concetto di famiglia.
La famiglia è, in piccolo, un popolo.
Per essere generatrice una famiglia deve essere aperta ad una possibilità tale che si comunichi agli altri; può non creare altre famiglie, per esempio due possono essere sposati senza avere figli, ma vivono la loro umanità in modo tale che comunicano alle altre famiglie del caseggiato qualcosa per cui gli altri diventano soggetto di pensieri, di sentimenti, di gesti umani: questo è un albore, un crepuscolo di un popolo nuovo.
popolo e famiglia
306 – «Perché dici che una generazione non è generazione umana se non è una generazione di un popolo?»
Innanzitutto una creazione non è veramente umana se non crea un popolo in quanto, generando anche una persona sola, si genera un principio di generazione ulteriore.
Per sua natura una generazione non finisce mai, si dilata sempre, è destinata a dilatarsi sempre.
E, infatti, è solo il concetto di famiglia che «conclude» l’idea di generazione, l’idea generativa è nel concetto di famiglia.
La famiglia è, in piccolo, un popolo.
Per essere generatrice una famiglia deve essere aperta ad una possibilità tale che si comunichi agli altri; può non creare altre famiglie, per esempio due possono essere sposati senza avere figli, ma vivono la loro umanità in modo tale che comunicano alle altre famiglie del caseggiato qualcosa per cui gli altri diventano soggetto di pensieri, di sentimenti, di gesti umani: questo è un albore, un crepuscolo di un popolo nuovo.
popolo ebraico
218 – Il popolo ebraico, la discendenza di Abramo ha avuto un seguito di profeti e di geni religiosi che hanno parlato del Dio ultimo e del destino ultimo, con una coerenza che è durata per secoli e secoli. Fino alla seconda metà del secondo secolo prima di Cristo, quando c’è anche un salmo che dice: «Non c’è più profeta tra noi», epoca in cui gli ebrei hanno creduto di dover riuscire a ristabilire la loro libertà con la loro forza: la grande epoca dei Maccabei, di cui potreste leggere un libro, un romanzo norvegese di Pär Lagerkvist Mariamne.
Portare
205 – La pazienza è molto di più «L’Atlante» che portava il mondo. Quella era una immagine stoica, una presunzione della magnanimità stoica, una presunzione, perché l’uomo non porta il mondo; se pretende portarlo a un certo punto lo schiaccia; è questa la filosofia del mondo più dignitosa: quella dell’Atlante stoico.
L’uomo che prende il mondo sulle spalle fa un passo e il mondo lo schiaccia, non può portare un peso del genere, da solo.
«Nella vostra pazienza possiederete al terra», dice Gesù. Pensate che vicinanza c’è tra questo portare la vita e l’essere schiacciati dalla vita nel senso di essere crocifissi, per esempio, nel senso di patire: portare e patire, umanamente parlando, sono come due linee vicine, due strade collimanti.
Positività
122 – Se la libertà secondo Cristo è l’adesione all’Essere, al Mistero delle cose – e, perciò, la vita è tutta positività, anche il male è fatto per un positivo. Tutto è bene.
«Tutto fu bene, anche il mio male»
A. Negri, «Atto d’amore» in Mia giovinezza
123 – Se tu elimini l’ipotesi positiva, ti rimane l’ipotesi negativa; dove andiamo a finire? Questa seconda non è mai razionale, perché non spiega, non è mai ragione comprensiva di tutto.
398-399 – Se sei stato chiamato attraverso queste circostanze, attraverso queste circostanze tu raggiungerai la tua felicità, aiuterai gli uomini, amerai la gente e amerai Cristo.
Se Cristo ti ha fatto conoscere se stesso attraverso queste circostanze rappresentate da queste facce, è attraverso queste facce, queste circostanze che ti cambia, che ti fa diventare grande il cuore, l’anima, la testa.
«Chi permarrà in me, chi sarà fedele nell’appartenenza [e mi appartenete attraverso l’unità tra di voi, la compagnia che c’è fra di voi, perché io sono presente lì] allora farà cose come io ho fatte e ne farà di ben più grandi»
Gv 14,12; Gv 15, 5-16
Possedere / possesso
120 – «Io vorrei capire meglio questa frase: la libertà si attua nel possesso».
Come è definita la libertà? Capacità di aderire all’Essere, capacità di adesione al fine, al destino.
Allora, se la libertà è questa capacità di adesione, c’è tanta più libertà per uno che possiede l’essere, possiede la realtà. Per questo la verginità è un possesso più grande per la totalità della dedizione.
Possedere vuol dire entrare in rapporto a livello dell’essere con un’altra cosa.
La ragione è aderire alla realtà; aderire alla realtà vuol dire affermarla: è l’inizio del possederla.
C’è un possesso che non è quello fisico, che non è quello del contatto puramente fisico. Quello è solo un aspetto del possesso.
È un’altra modalità di rapporto, ma è un possesso: che sia possesso l’affermazione della realtà è indicato dal fatto che tu affermi e spieghi che cosa sia quella realtà, ne puoi usare secondo la tua capacità di rendimento e, se è una persona, la ami.
121 – L’uomo ha un modo di possedere che da una parte tocca quello dell’animale e dall’altra tocca, sia pure allo stato appena accennato, il possesso di Dio.
Dio possiede i sassi e la terra e ogni foglia e ogni passero che cade e ogni fiore del campo…
Ma non perché è addosso al fiore del campo; è alla radice del fiore del campo, è dentro lì. Il possesso dell’uomo è simile a quello di Dio.
186 – Un presente è veramente presente nella misura in cui tu lo possiedi; perciò la speranza è la certezza nel futuro che si appoggia su un possesso già dato, perché il presente tu non te lo dai, lo ricevi: «è una grande grazia».
La speranza è la certezza nel futuro che si appoggia sulla certezza di un possesso già dato; il possesso, perciò rapporto stretto, profondo con la tua persona; già dato, che ti viene dato da un altro, non lo conquisti tu.
263 – Nell’amore vero c’è la letizia tanto quanto manca il possesso.
264 – Non solo la libertà ti causa letizia, ma ti fa scoprire che non sei privo di niente, non ti manca nulla, perché tutto è tuo.
Come mai tutto è tuo? Perché hai ciò che ti è necessario, hai tutto ciò che ti è necessario.
358 – Se io non ho questa apertura piena di stupore e quindi mossa di dono, mossa di offerta, di intensità di commozione davanti all’Essere fatto uomo […] tutto non vuol dire niente, tutto non mi serve; mi può colpire un momento, il momento dopo….. «Quello che più afferrai bramosa nella mano stretta si sfece come la rosa sotto la volta dell’eternità»: come la rosa sotto la volta dell’eternità di giorno si disfa e la sera non è più come al mattino, quello che afferrai bramosa nella mano stretta, si è disfatto; non l’ho «posseduto».
421 – Possedette di più la donna da marciapiede, la Maddalena, Cristo che la guardò un istante mentre le passava davanti o tutti gli uomini che l’avevano posseduta? Quando, alcuni giorni dopo, quella gli lavò i piedi piangendo, rispondeva a questa domanda.
possedere e affezione
160 – Quanto più hai affetto, tanto più tu hai la tentazione di fermarti lì, afferrando, possedendo, e così perdi e la cosa e te stesso: perdi.
Il sintomo che un’amicizia è sbagliata è che gli altri ti sono estranei.
possedere e appartenenza
228 – (La speranza) Si poggia su una presenza che tu possiedi, una presenza che ti appartiene (se la possiedi ti appartiene).
Ma una presenza che ti appartiene, una presenza che è tuo possesso è anche una presenza cui tu appartieni.
Dove uno appartiene a un altro è sempre vero l’inverso, che l’altro appartiene a lui, altrimenti è una terribile bugia.
possedere e libertà
120 – Come è definita la libertà? Capacità di aderire all’Essere, capacità di adesione al fine, al destino.
Allora, se la libertà è questa capacità di adesione, c’è tanta più libertà per uno che possiede l’essere, possiede la realtà. Per questo la verginità è un possesso più grande per la totalità della dedizione.
Povertà
255ss – Dalla speranza alla fiducia l’ostacolo che può nascere è l’attribuire la certezza del futuro a certe cose che già possediamo: per esempio i soldi, i capelli, gli occhiali d’oro, le amicizie….
256 – Allora si tratta di non possedere, almeno in quel modo si tratterebbe di non possedere, e la virtù che tratta del non possedere è la virtù della povertà.
La povertà non ci fa sperare la felicità futura da un certo possesso presente, il certo possesso presente sarebbe contrario alla fede; ci fa sperare nel futuro, nella felicità futura, per la presenza di Cristo, per il possesso di Cristo presente.
La povertà salva questa speranza nel futuro, non ostacola questa speranza nel futuro, perché ci impedisce di porre la nostra presenza in un certo possesso presente.
Povertà è non sperare da un certo possesso presente di una certa cosa: certo vuol dire fissato da noi.
257 – La non povertà si oppone alla speranza perché colloca la sicurezza nella felicità futura in un certo possesso, che può essere presente o futuro.
258 – La povertà su cosa fonda il suo valore? Sulla certezza che Dio compie.
il fondamento della povertà sta nella certezza che Dio compie quello che ti fa desiderare.
267ss – La povertà come legge del dinamismo della conoscenza.
La povertà appartiene a una legge dinamica della conoscenza, a una legge del dinamismo della conoscenza: per conoscere occorre un distacco.
Es.: per conoscere un quadro non dobbiamo andar lì con l’occhio a un millimetro.
268 – Quanto più il distacco è appropriato, cioè proporzionato, tanto più conosci, usi e godi.
La povertà appartiene dunque al dinamismo della conoscenza, per cui occorre un distacco per vedere le cose e quindi usarle e goderne di più.
Allora capite come si può parlare di distacco intelligente e pieno di affezione.
Senza questo distacco non ci sarebbe tale intelligenza e tale affezione.
San Francesco: «Dopo Dio e l’universo, Chiara»: una esaltazione amorosa più grande di questa è difficile concepirla.
Ma pensate al distacco che c’era.
L’oggetto, Chiara, agli occhi di Francesco era collocato nella grande compagnia dell’universo.
Non è una questione di misura, ma di compagnia e, ultimissimamente, di amore, cioè di abbandono di sé, dono di sé.
276ss – Ma se la felicità, la giustizia, la verità, la bellezza è oltre quello che noi possiamo vedere, quello che possiamo vedere e toccare, cosa ci importa? Ci importa soltanto in quanto Dio ce lo fa trovar tra i piedi e dobbiamo usarlo per il nostro lavoro. E questa è la povertà: usare la realtà esclusivamente per il lavoro che con essa dobbiamo fare.
La povertà non è automatica, non è come quella di uno con i pidocchi e con pochi panni strappati che sta ai margini della strada.
La povertà è l'uso della realtà secondo il destino che con sicurezza ci è proposto e ci attende
La povertà è iniziativa nostra; se non è iniziativa nostra non è povertà.
Povertà è un atto della libertà, non è un subire, ma un afferrare per costruire, un afferrare per rispondere alla vocazione di Dio
278 – Quanto più ti preme una persona, tanto più ci tieni a trattarla come strumento del cammino comune verso il tuo destino e il suo destino, tanto più ci tieni alla povertà del rapporto: la povertà del rapporto è la verità del rapporto.
La povertà ti fa usare la cosa per il destino, e questo è usare la cosa come se non si usasse, averla come se non si avesse, possederla come se non si possedesse.
povertà e conoscenza
267 – La povertà come legge del dinamismo della conoscenza.
La povertà appartiene a una legge dinamica della conoscenza, a una legge del dinamismo della conoscenza: per conoscere occorre un distacco.
Es.: per conoscere un quadro non dobbiamo andar lì con l’occhio a un millimetro.
povertà e fede / speranza
256 – Come la virtù della libertà apre lo spazio per l’obbedienza, così la virtù della povertà apre lo spazio alla fiducia.
Il discorso cristiano, secondo la sua solita sorpresa, secondo il suo sorprendente atteggiamento, dalla speranza fa nascere la povertà.
Potremmo incominciare a definire la povertà cominciando dall’esterno. Partendo dall’esterno, come spettatori esterni, potremmo definire la povertà nei termini suggeriti dalla speranza; la speranza ci suggeriva la certezza del bene futuro, la certezza nel futuro come dovuto alla certezza di un presente: la certezza di Cristo presente apre la certezza del futuro.
povertà e fiducia / speranza
255 – Come il punto di passaggio dalla fede all’obbedienza è la libertà – perché la libertà permette l’obbedienza: l’ostacolo all’obbedienza può venire dalla libertà – così dalla speranza alla fiducia, l’ostacolo che può nascere è l’attribuire la certezza nel futuro a certe cose che già possediamo.
156 – Allora si tratta di non possedere, almeno in quel modo si tratterebbe di non possedere, e la virtù che tratta del non possedere è la virtù della povertà
278ss – La povertà non è destinata a lasciarci nel vuoto, ma la povertà che nasce dalla speranza è destinata a fondare, a esaltare, a ingrandire, a riempire tutto il mondo, che i nostri occhi avidamente vedono, di fiducia.
L’esito della povertà che nasce dalla speranza si chiama fiducia, che è il contrario dell’essere sospesi su un vuoto.
La fiducia è il contrario dell’essere sospesi su un vuoto: è l’essere sospesi su un pieno.
280 – La povertà, cioè, non è un abbandonare, ma è definita dal cammino verso l’avere, verso la verità dell’avere.
Fiducia, infatti, nasce da un verbo latino che suona fidere, fidere se alicui, affidarsi a uno. Fiducia è affidarsi a uno.
La fiducia, perciò, ha dentro la speranza come compimento, cioè ha dentro la povertà come regola della vita
È la povertà in senso positivo, è il senso positivo della povertà: la fiducia: fidere se alicui.
povertà e letizia
259ss – Dalla libertà dalle cose, che la povertà porta con sé, nasce un sentimento che nessun altro ha se non chi è povero, cioè chi non fissa in determinate cose da lui scelte la speranza della sua vita.
260 – Da questa libertà dalle cose, che nasce dalla certezza che Dio compie tutto Lui, scaturisce un’altra caratteristica dell’animo povero che è la letizia.
Dalla libertà delle cose – che nasce dalla certezza che Dio compie – una condizione di letizia: è qui che la fede fa nascere la letizia.
La fede non fa nascere la letizia immediatamente, ma mediatamente: dalla fede nasce la speranza, nella speranza è la letizia perché la letizia non può essere guadagnata e vissuta se non nella certezza del futuro.
È soltanto una storditezza che può far nascere la letizia e una gioia da qualcosa che si ha in mano nel presente… e domani?
Un sentimento è vero quando risponde a tutte le domande di tempo: spiega il passato, chiarisce il presente e assicura il futuro.
povertà e libertà
276 – Ma se la felicità, la giustizia, la verità, la bellezza è oltre quello che noi possiamo vedere, quello che possiamo vedere e toccare, cosa ci importa? Ci importa soltanto in quanto Dio ce lo fa trovar tra i piedi e dobbiamo usarlo per il nostro lavoro. E questa è la povertà: usare la realtà esclusivamente per il lavoro che con essa dobbiamo fare.
La povertà non è automatica, non è come quella di uno con i pidocchi e con pochi panni strappati che sta ai margini della strada.
La povertà è l'uso della realtà secondo il destino che con sicurezza ci è proposto e ci attende
La povertà è iniziativa nostra; se non è iniziativa nostra non è povertà.
Povertà è un atto della libertà, non è un subire, ma un afferrare per costruire, un afferrare per rispondere alla vocazione di Dio
povertà e verginità
263 – Nell’amor vero c’è letizia tanto quanto manca il possesso.
Non per nulla diremo, parlando della verginità, che è povertà, che è la povertà al suo livello estremo, ed è per questo che dedicandosi a Dio nella verginità si devono dare anche i soldi, perché senza la povertà non esiste purità di dedizione.
Preconcetto
56 – L’inciampo (scandalo) nel cammino della verità è una forma di menzogna, si chiama preconcetto: uno si è già fatto, si è già fabbricato il suo parere su di Lui.
Cristo è contrario a quello che io vorrei.
È contrario a ciò in cui ripone la sua speranza: inutilmente, perché non c’è nessuna speranza che accada.
Il no nasce soltanto dal preconcetto.
75 – La ragionevolezza è affermare la corrispondenza tra quello in cui ci si è imbattuti e se stessi e il proprio cuore.
Per negare occorre un preconcetto; occorre essere attaccati a qualcosa da difendere.
Preferenza
cfr. affetti, prossimità
65 – L’amicizia vera è quella che ti ricorda, in modo tale che ti riempia il più possibile il tuo tempo, il pensiero della grande Presenza, di Cristo. Perciò, quelli che andavano con Cristo si sono messi insieme tra di loro, non si conoscevano neanche, sono diventati amici.
Non c’è nessuna ragione più grande di questa che faccia amici, perché se ho una simpatia o una preferenza, è proprio questo che me la rende stabile, è il pensiero di Cristo che mi la rende stabile.
Preghiera / pregare
cfr. domanda,mendicanza
32 – Non possiamo permetterci di discutere di queste cose senza che nel cuore un pezzettino del cuore preghi, chieda al mistero dell’Essere la luce, l’affettività, la sincerità, la semplicità di dir di sì a ciò che è vero e non a ciò che non è vero.
Bisogna pregare Iddio che abbiamo ad essere così morali da dir di sì a ciò che è positivo e dir di no a ciò che è negativo.
Bisogna pregare Iddio perché l’uomo è cattivo, ed essendo cattivo dice di no anche all’evidenza.
34 – Quando leggiamo l’Ora Media, quando leggiamo un’Ora qualsiasi, quando preghiamo, quando facciamo la Comunione, quando facciamo la Confessione, che può essere fatta almeno una volta ogni 15 giorni, ricordiamo sempre che ciò che determina quell’atto è la passione e la preoccupazione per il proprio destino.
35 – Leggendo l‘Ora Media, leggendo le Ore o pregando in altro modo, dovete stare attenti che c’è sempre qualche parola o qualche espressione su cui l’animo può fermarsi a pigiarne il senso, colpito dal senso di quella parola.
93 – Invito alla preghiera. D’ora in avanti dovete cercare di rendere più frequente possibile la ripetizione in voi della breve preghiera che è l’emblema del gruppo adulto, Veni Sancte Spiritus, Veni per Mariam.
132 – L’atteggiamento giusto verso l’oggetto conosciuto si chiama virtù.
Essere abituati prima di dire l’Ora Media ad individuare una strofetta piena di verità e di senso, essere-abituati-a si chiama virtù della pietà.
Perciò la virtù è un atteggiamento verso l’oggetto conosciuto, l’atteggiamento giusto, normalmente giusto, verso l’oggetto conosciuto, un atteggiamento abitualmente giusto verso l’oggetto conosciuto.
Presente
78 – Partire dall’esperienza – questo è il grande giogo: ricordatevi che l’uomo parte sempre da un presente.
Si parte sempre dal presente, per questo Cristo ha voluto essere presente per tutta la storia. E per arrivare a Cristo si parte dal presente, bisogna trovare Cristo come presenza.
167 – Quando Giovanni e Andrea hanno trovato Cristo, non capivano l’aldilà, cosa volesse dire paradiso, ma avevano lì qualche cosa che era come un paradiso, un pezzetto del paradiso: era un pezzo di qualcosa d’Altro.
C’è già, un presente.
Perciò la fede è accogliere, riconoscere un presente, riconoscere che già nel presente inizia qualcosa che ci aspetta oltre tutto: già nel presente c’è qualcosa che appartiene al destino, che ha la forma del destino.
Ecco, questa è la formula più bella: l’incontro con un presente nella cui forma esiste già il destino.
184 – «Per sperare occorre aver ricevuto una grande grazia», la grande grazia della certezza nel presente.
Nessuno ha certezza nel presente; tutti hanno certezza nel presente quando non ci pensano, se ci pensano non hanno nessuna certezza.
È la certezza di un presente, perciò di un significato nel presente che. nel tempo, dà luogo ad una certezza nel futuro.
186 – Abbiamo detto che la speranza è la certezza nel futuro che si appoggia sulla certezza di un presente.
Ma un presente è veramente presente nella misura in cui tu lo possiedi: perciò la speranza è la certezza nel futuro che si appoggia su un possesso già dato, perché il presente non te lo dai tu, lo ricevi: «è una grande grazia».
Presenza
165 – La ragione ti fa intuire la presenza dell’ideale e perseguire l’ideale.
Voi desterete l’amore a Cristo negli altri attraverso la presenza vostra, amorosa di Cristo, la vostra presenza amorosa di Cristo che è il destino di tutti.
È solo attraverso una presenza che si comunica agli altri. La presenza umana nel mondo, in tutti i suoi termini possibili, secondo tutti i termini di cui è composta, si chiama compagnia o comunità.
228 – «La speranza di appoggia su una presenza, si poggia su un possesso».
Si poggia su una presenza che tu possiedi, una presenza che ti appartiene (se la possiedi ti appartiene).
Ma una presenza che ti appartiene, una presenza che è tuo possesso è anche una presenza cui tu appartieni.
Ma pensa: c’è una Presenza che ti appartiene e tu la possiedi, possiedi Cristo e Lui possiede te!
Con questa Presenza capisci cosa è il tuo destino, dov’è il tuo destino e sei sicura di arrivarci e ci cammini.
Il destino si raggiunge attraverso una Presenza, qualcosa di presente
di presente, perciò c’entra con la penna con cui scrivi, c’entra con il naso che guardi, c’entra col sonno che hai, c’entra, c’entra: qualunque cosa guardi o qualunque cosa tocchi, c’entra.
379 – Cos’è la fede? È il riconoscimento di una Presenza, una Presenza su cui appoggiare tutto quello che fai, tutto quello che sei e tutto quello che sarai.
Come è fatta questa Presenza? Questa è la carità.
Perciò senza giungere alla carità non si capisce cosa è veramente l’oggetto della fede.
La fede afferma una Presenza, ti fa accorgere di una Presenza, ti fa affermare una Presenza su cui appoggia tutta la vita presente e futura.
Questa Presenza è fatta di amore.
Pensate per esempio come diventa chiaro che un conto è la generosità – che è una esigenza tua, esigenza espressiva tua – un conto è l’amore, che è una esigenza imposta da una Presenza, dettata da una Presenza.
422 – Questa verità che Cristo aveva, stupiva quelli che lo guardavano: rimanevano a bocca aperta.
Quando uno arrivava a venti metri da Lui, era trapassato da quella Presenza e andava a casa con dentro quella figura che stentava giorni a tirarsi via, doveva far fatica a tirarla via!
In questo modo Cristo si metteva in rapporto con le persone realizzando un amore più utile, un amore più compagnia nel cammino, un amore che rendeva più leggero il cammino, un amore che anticipava, come un sussulto la tenerezza eterna.
esperienza di una presenza
309 – Giovanni e Andrea avevano fede, perché avevano certezza di una Presenza sperimentabile: quando erano, era una certezza di una Presenza sperimentabile di una cosa eccezionale, del divino in una Presenza sperimentabile.
Ma l’uomo sperimenta, fa l’esperienza di una presenza, non solo quando la tocca naso contro naso: anzi, questo modo di voler sperimentare una presenza normalmente fonda una cosa inutile, fonda un rapporto che non sta, anche quando sta, non sta.
Invece, fra il giorno prima e il mezzogiorno quando sono tornati a casa con le barche piene di pesci e si son messi là sulla spiaggia e ancora raccontavano della giornata precedente, il segmento che mette in rapporto la sera precedente e il giorno dopo si chiama memoria, e la memoria è la continuità dell’esperienza di un presente, la continuità dell’esperienza di una persona presente, di una presenza che non ha più l’immediatezza di quando uno prende il naso di uno e tira tira.
La memoria è la coscienza di una presenza.
Presenza eccezionale
46ss – Una Presenza eccezionale. La seconda caratteristica (la prima è l‘incontro) è l’eccezionalità del fatto, Giovanni e Andrea sono stati là due ore con la bocca aperta a vederlo parlare.
Perché la fede raggiunga il suo oggetto, bisogna che questo oggetto si presenti in modo eccezionale.
È un incontro non normale; è un incontro-incontro, vale a dire ha una caratteristica eccezionale per cui è preso in considerazione.
47 – Il fatto da cui si parte, l’incontro fatto, ha qualchecosa di eccezionale.
Quando qualcosa si può chiamare eccezionale?
Noi sentiamo una cosa eccezionale quando corrisponde alle esigenze più profonde perle quali viviamo.
48 – Per essere eccezionale un incontro deve corrispondere a quello che tu attendi. Quello che tu attendi dovrebbe essere naturale, ma è così impossibile che accada quello che tu attendi, che quando accade è una cosa eccezionale.
Trovare un uomo eccezionale vuol dire trovare un uomo che realizza un corrispondenza con quel che desideri, con l’esigenza di giustizia, di verità, di felicità, di amore… che dovrebbe essere una cosa naturale, ma non capita mai.
Capite che in questo senso eccezionale equivale a dire divino: divino, perché la risposta al cuore è Dio.
49 – L’eccezionale è sinonimo della parola divino: qualcosa di divino e perciò di inimmaginato, di inimmaginabile, mai provato.
59ss – «Tu hai parlato dell’eccezionalità dell’incontro. Come si fa a non confondere l’eccezionale con l’emozionante?».
In un incontro l‘eccezionale è l’esperienza di una corrispondenza di quello che incontri – le parole che senti, l’atteggiamento che vedi – con le esigenze del tuo cuore: una corrispondenza al cuore, eccezionale, tanto più impensabile e ti fa restare pieno di stupore: è lo stupore della verità, veritatis splendor, lo splendore della verità che ti rende pieno di stupore.
60 – Che cosa è l’emozione? L’emozione è la reazione psicologica a qualcosa che incontri – l’emozione era il senso di panico dolcissimo e tenero e sorpreso che provavano Giovanni e Andrea – senza una cosa che c’è nella nota di eccezionalità; l’eccezionalità è una esperienza che ha dentro una cosa che non c’è nell’emozione: il giudizio della testa, il riconoscimento della testa.
Nella emozione non c’è ancora il riconoscimento della testa, il giudizio.
L’emozione è una cosa che ti avviene, che provi. L’eccezionalità è una cosa che provi e che giudichi, che pensi: è un pensiero, più esattamente, è un giudizio.
61 – Per tutta la gente di adesso è così: l’emozione è uguale a giudizio (mi piace, non mi piace); e questa è la fine dell’uomo, è il prevalere, il predominio della bestia, dell’animale.
189 – La fede nasce come riconoscimento di una Presenza eccezionale.
190 – L’esperienza di una Presenza eccezionale fa scaturire nel cuore dell’uomo un desiderio che riguarda il futuro: il desiderio che quell’uomo lì rimanga, il desiderio che quell’uomo lì metta a posto le faccende di casa, mette a posto la moglie impazzita, metta a posto il figlio… qualsiasi tipo di desiderio.
La fede come affermazione di una Presenza grande; la speranza come affermazione risolutiva di un desiderio, in cui bisogni del cuore sono determinanti.
191 – Le esigenze del cuore dicono che l’oggetto del cuore c’è, nel futuro c’è, perché l’uomo è destinato ad essere felice, giusto, vero.
È destinato a questo, ma la certezza che questo accadrà non può essere sostenuta dal nostro cuore.
La certezza che questo accadrà può derivare soltanto dalla Presenza che la fede riconosce, dalla presenza eccezionale che la fede riconosce.
Solo questo può reggere la ragione di una certezza nel futuro.
309 – «Giovanni e Andrea avevano davanti una Presenza e facevano le loro cose con davanti questa Presenza. La loro fede era la certezza di una Presenza sperimentabile. allora, volevo un pò capire meglio che cosa vuol dire per noi guardare in faccia Cristo»
Giovanni e Andrea avevano fede, perché avevano certezza di una Presenza sperimentabile: quando erano, era una certezza di una Presenza sperimentabile di una cosa eccezionale, del divino in una Presenza sperimentabile.
Ma l’uomo sperimenta, fa l’esperienza di una presenza, non solo quando la tocca naso contro naso: anzi, questo modo di voler sperimentare una presenza normalmente fonda una cosa inutile, fonda un rapporto che non sta, anche quando sta, non sta.
Invece, fra il giorno prima e il mezzogiorno quando sono tornati a casa con le barche piene di pesci e si son messi là sulla spiaggia e ancora raccontavano della giornata precedente, il segmento che mette in rapporto la sera precedente e il giorno dopo si chiama memoria, e la memoria è la continuità dell’esperienza di un presente, la continuità dell’esperienza di una persona presente, di una presenza che non ha più l’immediatezza di quando uno prende il naso di uno e tira tira.
La memoria è la coscienza di una presenza.
323 – È nell’esperienza, perché lo si sente e, seguìto, produce effetto, cambia le cose, ma soprattutto dialoga imperiosamente con il cuore e risponde all’una, all’altra, all’altra esigenza: le esigenze costitutive del nostro animo.
Non si può capire né come né quando, ma è lì la sua fisionomia eccezionale, la sua Presenza eccezionale: se non lo riconoscessi presente perché non lo capisco, perché non capisco come fa ad essere presente, andrei contro la ragione.
Pretendere / pretesa
97 – Chiedere non è pretendere. La pretesa chiede fissando delle condizioni, mettendo avanti già delle misure che sono proprie; da ciò che non si conosce non si può pretendere, si può solo domandare.
226 – La fede può essere faticosa; la speranza la rende meno faticosa, tira la fede.
Tanto è vero che si può commettere, con la speranza, più facilmente l’errore, pretendere, pre-tendere, fissare in anticipo quando deve capitare.
pretesa vs domanda
97 – Chiedere non è pretendere. La pretesa chiede fissando delle condizioni, mettendo avanti già delle misure che sono proprie; da ciò che non si conosce non si può pretendere, si può solo domandare.
Promessa
192 – Il desiderio diventa sicuro di sé quando lo domanda, quando il desiderio del cuore diventa domanda. E la domanda si sostiene su una certezza nella risposta che la grande Presenza dà, perché la grande Presenza ha promesso.
«Domanda» questa era la parola.
Ma «l’ha promesso» è fondamentale, è ciò che rende ragionevolmente certe la domanda stessa.
Anche se la promessa è già implicata nel fatto che la grande Presenza c’è.
211ss – Il cuore dell’uomo è una promessa. Qual è il contenuto della promessa? Come si fa a conoscere questo destino?
Il cuore dell’uomo.
L’uomo nasce con questo cuore, cioè nasce con questa speranza; l’uomo nasce con un cuore in cui sta una promessa, nasce con un cuore che si può definire solo promessa. Il cuore della vita è una promessa.
E questa è la ragione per cui uno si deve tutti i giorni ristabilire in azione, rimettersi in azione.
Al popolo ebraico come aveva fatto quella promessa? Quando è incominciata la promessa di Dio?
Con Abramo, gli ha detto: «Ti prometto che…»
212 – La speranza di Abramo è ragionevole […]. Perché colui che ha fatto la promessa era Dio e Dio non può ingannare.
La promessa di Dio corrispondeva al cuore di Abramo e la promessa era fatta da Dio: per questi due motivi era ragionevole.
432 – (Differenza fra minaccia e promessa) Dirvi una cosa astratta che non è vera è una minaccia, è tenervi sotto il terrore di una minaccia.
La maggior parte del clero non si accorge non si accorge che fa così: tiene sotto minaccia la gente.
La maggior parte del clero, dei genitori, o dei politici, di tutti: chi non ama la tua persona e il tuo destino ti tiene sotto minaccia.
Invece, quello che ti sembra astratto, è una promessa, non una minaccia, non una minaccia che ti venga meno il rapporto con il ragazzo o con la ragazza cui vuoi bene, è una promessa che l’avrai di più.
Proposito
303 – Il vero proposito non è il proposito «Non ucciderò più», ma il vero proposito è «Mi affido a Te, mi appoggio alla tua forza» e così non uccido più.
La sicurezza di saper giungere a fare il bene, ad evitare il male specialmente nei suoi momenti più cattivi, è dovuta al fatto che ci sei Tu, che io mi affido a Te, chiedo a Te.
Prova
cfr. sacrificio
115 – La strada serve per capire se è vera la tua intenzione e il tuo riconoscimento di volere lo scopo, e il tuo amore allo scopo, e la tua capacità di usare la libertà per questo scopo si chiama prova.
Péguy, ne I Misteri, insiste sulla vita come prova: la strada è per una prova.
202 – Periculum, è un pericolo, cioè una prova; pericolo non vuol dire pericolo, vuol dire prova.
203 – Lo Spirito, dunque, indica la modalità con cui la grande Presenza prosegue il cammino con noi: lo Spirito è l’energia di luce e di cuore con cui Cristo mantiene la Sua presenza e così ci aiuta, ci conforta, ad affrontare tutte le prove.
- Primo – ci fa capire che non sono le prove a definire la vita, la vita non si esaurisce nella prova; ma..
- Secondo – attraverso le prove – la prova è un «attraverso» – ci fa camminare costruendo così la nostra vita, la nostra vita non verrà mai meno. Per costruire bisogna passare attraverso la fatica.
- Terzo – ma, soprattutto, lo Spirito di Cristo, sempre presente nel cammino attraverso tutte le prove, ci insegna la grande parola del cammino della speranza: la pazienza.
437 – Una verità sulla vita deve portare anche le ferite della vita. Non si può rispondere alla vita immaginandola senza ferite quando è piena di ferite; mentre è vera una parola o uno sguardo sulla vita che la abbraccia anche con tutte le sue ferite, per cui una donna, madre di tre figli, che sta morendo di cancro scrive: « Senza di lei e senza il Movimento non avrei mai conosciuto il volto buono del Mistero che fa tutte le cose». Sarebbe stata la disperazione, invece non è disperata.
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I Temi di alcuni libri di don Giussani
- TEMI – Il senso religioso
- TEMI – All’origine della pretesa cristiana
- TEMI – Perché la Chiesa
- TEMI – Il rischio educativo
- TEMI – Generare tracce nella storia del mondo
- TEMI di Si può vivere così?
- TEMI di Si può (veramente) vivere così?
Temi degli ESERCIZI – Collana “Cristianesimo alla prova”
- TEMI – Un strana compagnia (82-83-84)
- TEMI – La convenienza umana della fede (85-86-87)
- TEMI – La verità nasce dalla carne (88-89-90)
- TEMI – Un avvenimento nella vita dell’uomo (91-92-93)
- TEMI – Attraverso la compagnia dei credenti (94-95-96)
- TEMI – Dare la vita per l’opera di un Altro (97-98-99)
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