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Lettera «S»
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Sacrificio
(cfr. distacco, mortificazione, prova, scendere fino in fondo, strappo)
251 – Dio è morto in croce per far vedere a tutti che ottenerla (la felicità) deve costare, deve implicare un sacrificio: questa è la grande parola.
252 – Ma senza sacrificio non puoi sopportare di guardare un minuto intero la faccia di una persona che amassi.
Non riesci a guardarla un minuto senza sacrificio, senza accettare un sacrificio.
Anche la tribolazione delle tentazioni, le prove degli affetti, la fatica della purità, la fatica della coerenza, della giustizia, sono tutte esperienze attraverso cui l’uomo è condotto da Dio per essere più Cristo, per essere più compiuto.
365 – Tu puoi voler bene a una persona , anche entusiasticamente e in modo puro, giusto, ma a mano a mano che vai avanti l’implicazione del sacrificio emerge, si impone, fino a un certo punto, quando Dio vuole, a coprire tutta la scena.
È il momento in cui è vicina la risurrezione, vale a dire la stabilità, tutta fruibile, tutta godibile del vero reso sicuro.
383ss – Il tema di oggi è un tema molto importante. Tutti gli altri si comprendono umanamente – la fede, la speranza, l’amore, – ma questo tema, umanamente, innanzitutto ripugna e, in secondo luogo appare ingiusto, appare come uno sputar sangue.
Non esiste bellezza, né bontà, né giustizia, non esiste niente senza di questo: si chiama sacrificio.
Allora il sacrificio è il watershed (il punto in cui confluiscono le acque) di tutti i temi fatti.
Il sacrificio nella nostra vita è un momento fragoroso e pericoloso come una grande cascata, in cui i fiumi diversi si scontrano.
Tre punti.
(A)
384 – Il sacrificio appare contrario alla natura. Innanzitutto il sacrificio, dal punto di vista naturale, è una cosa inconcepibile.
Naturalmente non c’è niente che desideri il sacrificio, che esiga il sacrificio: è come contro natura.
La natura è fatta per la felicità e il sacrificio è contrario a questo; e perciò diciamo incomprensibile, il sacrificio dal punto di vista naturale è incomprensibile.
(B)
Quando è diventato interessante. Quando il sacrificio comincia a diventare valore? Valore vuol dire che vale la pena, vale la pena ciò che non passa, che non è inutile, perciò che rimane, cioè che ti mette in connessione con il tuo destino.
386 – La parola sacrificio è incominciata, storicamente, a diventare una grande parola, da quando Dio è diventato uomo.
Da quando Dio è diventato uomo […] da quando quell’uomo è stato messo stirato sulla croce e inchiodato, da quel momento lì la parola sacrificio è diventata il centro, non della vita di quell’uomo, è diventata il centro della vita di «ogni» uomo.
È diventata quindi il centro della storia.
387 – Da quando è morto in croce quell’uomo la parola sacrificio è diventata la parola gigante, grande e ha svelato che tutta la vita di tutti gli uomini è tramata di sacrifici, è piena di brividi di sacrificio, è come dominata dalla necessità di sacrificare.
…il sacrificio è impossibile evitarlo, e su tutto incombe il sacrificio più grosso che si possa concepire, che è morire.
La parola sacrificio è una parola ripugnante, tanto è vero che i greci, che avevano come culto supremo il culto della bellezza del corpo, la parola che non pronunciavano mai se non con odio era la parola che indicava gli dei in quanto sono sorgente di morte.
Il sacrificio era inconcepibile, ributtante, ma c’è un punto nella storia in cui il sacrificio è incominciato a diventare interessante : quando Cristo è morto in croce, affinché gli uomini potessero essere salvati dalla morte.
388 – Da quel momento la parola sacrificio è diventata interessante; […] l’uomo ha capito anche che tutta la vita non poteva fare a meno del sacrificio.
Morendo, Gesù non solo ha fatto capire che il sacrificio era interessante per il destino dell’uomo, ma ha rivelato anche, ha fatto vedere che non era una cosa strana, che era una cosa interessante ma non strana, perché tutta la tua vita è così.
La croce di Cristo ha rivelato,[…] che il sacrificio […] era la condizione perché gli uomini raggiungessero il loro destino.
(C)
Quando diventa un valore per la vita dell’uomo. il sacrificio diventa un valore morale, cioè valore nella vita dell’uomo, quando diventa corrispondenza, cioè corresponsabilità, cioè risposta, alla morte di Cristo, per salvare la propria vita e la vita degli altri.
389 – Come? attraverso i sacrifici che mi fa compiere.
«La mia vita accetta i sacrifici che mi fai compiere come adesione alla tua morte»
Per questo si chiama anche offerta: offerta a Cristo del proprio vivere, come partecipazione alla sua morte.
Così il sacrificio di Gesù diventa nostro valore se noi vi partecipiamo, se noi accettiamo da Cristo il modo che Lui stabilisce per farci partecipare al suo sacrificio: per esempio mi manda una malattia, mi fa trattare in modo ingiusto, mi delude nell’affezione, mi fa sacrificare una affezione. .
Il sacrificio diventa valore morale per l’uomo, quando l’uomo, attraverso di esso, partecipa all’iniziativa che Dio prende per liberarci dalla morte e dal male.
Se il sacrificio è accettare le circostanze della vita perché ci rendono corrispondenti, partecipi alla morte di Cristo, allora il sacrificio diventa la chiave di volta di tutta la vita, ma anche la chiave di volta per capire tutta la storia dell’uomo.
Tutta la storia dell’uomo dipende da quell’uomo morto in croce, e io posso influire sulla storia del mondo. Posso intervenire ad aiutare il dolore delle donne che perdono i figli adesso, in questo momento, se accetto il sacrificio che questo momento mi impone.
conseguenza del sacrificio
420ss – Attraverso il sacrificio il centuplo. Il sacrificio della reazione immediata. Per pensare alla tua vita, per amare il tuo destino […] che cosa devi sacrificare) Devi sacrificare la reazione immediata, di piacere o di dispiacere, di simpatia o antipatia; devo sacrificare l’impressione immediata.
L’impressione immediata vedendo una bella donna…eh?
Devo sacrificare questo.
421 – Occorre il sacrificio, il sacrificio, il sacrificio dell’immediato.
L’immediato lega, incatena, fino a quando uno è strozzato.
Occorre questo strano fenomeno, un distacco.
Per amare veramente una persona occorre un distacco: adora di più la sua donna un uomo che la guarda a un metro di distanza, meravigliato dell’essere che ha davanti, quasi inginocchiato davanti ad essa; o quando la prende? No, No, quando la prende, finisce.
Possedette di più la donna da marciapiede, la Maddalena, Cristo che la guardò un istante mentre le passava davanti o tutti gli uomini che l’avevano posseduta? Quando, alcuni giorni dopo, quella gli lavò i piedi piangendo, rispondeva a questa domanda.
Non si può stabilire un rapporto con niente se non con un distacco dentro.
Se tu fissassi una stella senza distacco, non capiresti che è una stella dentro l’infinità stellare: è il sacrificio che permette lo svelarsi della verità della «cosa» o «persona» presente.
sacrificio della fede
394ss – Qual è il sacrificio più vero? Qual è il sacrificio che più congiunge alla verità? Qual è il sacrificio che più allontana dall’errore, dalla menzogna? Qual è il sacrificio che più conduce alla verità?
Il sacrificio più vero è riconoscere una presenza.
Cosa vuol dire riconoscere una presenza?
L’io, invece che affermare sé, afferma te.
È il sacrificio totale di sé: affermare l’altro implica il dimenticare se stessi; che è il contrario di essere attaccati a se stessi, allora ci si sacrifica all’altro.
Il sacrificio più vero è riconoscere una presenza, vale a dire il sacrificio più vero è amare.
Il sacrificio afferma come come il sentimento più forte, più grave e più grande della vita la tristezza, perché la presenza che io voglio affermare non mi riesce di affermarla.
Io amo una persona, vorrei affermarla, ma non riesco.
395 – È in tale tristezza di fronte alla presenza incompiuta, che si sprigiona la domanda, l’ultima della Bibbia: «Vieni, Signore Gesù», vieni Tu, perché Tu che sei morto in croce, solo Tu, puoi rendere felice la persona che amo; e così rendere felice anche me, ma come conseguenza!
396 – Come per me questa presenza di Cristo è riconoscibile, amabile, fino al sacrificio (questa è la fede come sacrificio, è il sacrificio della fede)?
Perché siamo insieme, amico mio? Siamo qui perché Cristo è tra noi; Cristo, dopo duemila anni, ti ha messo qui, con me che non conoscevi, e siamo insieme per questo, non sappiamo come, ma siamo insieme per questo.
397 – L’amore che ognuno ha per l’altro, l’interesse che ha per il destino dell’altro, è per -Cristo che è tra noi, è una affermazione di Cristo che è tra noi.
411ss – Perché il sacrificio è inerente ad ogni carisma? Perché il carisma è un complesso di circostanze che non fissi tu e devi seguire quelle e valorizzare quelle.
«Cosa significa che il sacrificio più vero è riconoscere una presenza: invece che affermare me affermo te? cosa significa che il sacrificio più vero è amare?»
La grande questione è questa: il fenomeno del sacrificio raggiunge il massimo della intensità, della ferita, del peso, ma anche dell’utilità per il mondo, nel riconoscere una presenza.
Vi pare che uno possa voler bene a un’altra persona facendo tutto ciò che gli pare e piace?
412 – Non c’è nessuna sorgente di sacrificio più grande che riconoscere una presenza.
La grandezza dell’uomo-Cristo è che ha vissuto riconoscendo che il valore di ogni cosa sta nella volontà di un Altro.
413 – Per Cristo riconoscere la presenza del mistero del Padre costituiva la sorgente più dura di dolore della sua vita, di sacrificio di sé.
414 – Riconoscere che è là, nel pane, sotto l’aspetto di un pane, nel segno di un pane; riconoscere questo: vi sfido a trovare un sacrificio di sé (della propria intelligenza, del proprio obbligo di amore, della propria passione perché tutto il mondo lo conosca) più grande.
415 – Il sacrificio più grande è riconoscere una Presenza, questa è una cosa, è la cosa «dell’altro mondo».
Tutto il gioco della persona, o si riconduce a questo punto sacrificale oppure….tutto si sfascia.
Non c’è sorgente di sacrificio più grande che il rapporto con una persona, riconoscere una persona.
Perché non diventi connivenza, ma amicizia reale tra di noi, deve prima passare attraverso Cristo, bisogna prima riconoscere che Cristo è la sorgente più grave di dolore della nostra vita, di sacrificio della nostra vita: come Lui è morto, così noi dobbiamo morire.
Eppure il riverbero umano ed esistenziale di questo sacrificio è una gioia, come Lui ha detto: «
«Vi dico queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena».
sacrificio della reazione immediata
420ss – Per pensare alla tua vita, per amare il tuo destino, per amare la tua felicità debbo sacrificare qualcosa.
Devo sacrificare la reazione immediata di piacere o dispiacere, di simpatia o antipatia; devo sacrificare l’impressione immediata. L’impressione immediata vedendo una bella donna … eh? Devo sacrificare questo.
421 – Occorre un sacrificio dell’immediato.
L’immediato lega, incatena, fino a quando uno è strozzato.
Per amare veramente una persona occorre un distacco.
Possedette di più la donna da marciapiede, la Maddalena, Cristo che la guardò un istante mentre le passava davanti o tutti gli uomini che l’avevano posseduta?
Quando, alcuni giorni dopo, quella gli lavò i piedi piangendo, rispondeva a questa domanda.
sacrificio e amore / rapporto / tenerezza
392ss -Senza sacrificio non ci può essere verità in un rapporto.
393 – Senza sacrificio non c’è rapporto vero, che vuol dire che l’altro – l’oggetto qualsiasi o la persona – non è valorizzato secondo la sua natura: è affermato per i tuo gusto, per il tuo istinto, perché vuoi arraffare come l’avaro arraffa il tuo istinto.
Il sacrificio è necessario come è necessario non commettere un delitto.
Il sacrificio non è sospendere la volontà di qualche cosa, ma arrestare la volontà che non è secondo la natura della cosa.
Per questo tutti i rapporti pre-matrimoniali sono sbagliati, tutti; e impongono strade storte che non si raddrizzano mai più; e affermano un egoismo come ultimo criterio – «Quel che pare e piace» come ultimo criterio del rapporto – che non si redime mai più.
406 – «”Non bisogna aver paura del sacrificio perché esso è la condizione per la permanenza della tenerezza e della letizia“. Non riuscivo a capire bene questo nesso tra la tristezza e la letizia».
La permanenza della tenerezza, e quindi della letizia che ne nasce, esige che sia una tenerezza vera.
Per essere una tenerezza vera deve amare in modo vero l’oggetto e l’oggetto deve essere percepito per quello che veramente è.
Solo se tu percepisci l’eternità della compagnia con questa persona, solo se tu percepisci che il rapporto con questa persona, ciò che suscita in te, è segno del rapporto con l’eterno, allora il rapporto con questa persona è un rapporto eterno, l’amore per questa persona è un amore eterno.
È il sacrificio del presente, che permette la permanenza della tenerezza.
411ss – Perché il sacrificio è inerente ad ogni carisma? Perché il carisma è un complesso di circostanze che non fissi tu e devi seguire quelle e valorizzare quelle.
«Cosa significa che il sacrificio più vero è riconoscere una presenza: invece che affermare me affermo te? cosa significa che il sacrificio più vero è amare?»
La grande questione è questa: il fenomeno del sacrificio raggiunge il massimo della intensità, della ferita, del peso, ma anche dell’utilità per il mondo, nel riconoscere una presenza.
Vi pare che uno possa voler bene a un’altra persona facendo tutto ciò che gli pare e piace?
412 – Non c’è nessuna sorgente di sacrificio più grande che riconoscere una presenza.
La grandezza dell’uomo-Cristo è che ha vissuto riconoscendo che il valore di ogni cosa sta nella volontà di un Altro.
413 – Per Cristo riconoscere la presenza del mistero del Padre costituiva la sorgente più dura di dolore della sua vita, di sacrificio di sé.
414 – Riconoscere che è là, nel pane, sotto l’aspetto di un pane, nel segno di un pane; riconoscere questo: vi sfido a trovare un sacrificio di sé (della propria intelligenza, del proprio obbligo di amore, della propria passione perché tutto il mondo lo conosca) più grande.
415 – Il sacrificio più grande è riconoscere una Presenza, questa è una cosa, è la cosa «dell’altro mondo».
Tutto il gioco della persona, o si riconduce a questo punto sacrificale oppure….tutto si sfascia.
Non c’è sorgente di sacrificio più grande che il rapporto con una persona, riconoscere una persona.
Perché non diventi connivenza, ma amicizia reale tra di noi, deve prima passare attraverso Cristo, bisogna prima riconoscere che Cristo è la sorgente più grave di dolore della nostra vita, di sacrificio della nostra vita: come Lui è morto, così noi dobbiamo morire.
Eppure il riverbero umano ed esistenziale di questo sacrificio è una gioia, come Lui ha detto: «
«Vi dico queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena».
sacrificio e carisma
408ss – «Perché nella lezione sul sacrificio parli di carisma?».
Se la vita storicamente è un carisma – cioè il dono dello Spirito, cioè partecipazione al dono dell’Essere, partecipazione all’anima creatrice del cosmo, partecipazione alla felicità di ogni singolo uomo come supremo destino della storia – in quanto implica un sacrificio (croce), lo implica proprio solo in quanto richiesto dal carisma stesso: cioè l’opera dello Spirito è un disegno drammatico e il sacrificio è inevitabile parte di questo dramma.
409 -Carisma si chiamano le circostanze attraverso cui lo Spirito comunica la conoscenza di Cristo a me e a te in modo tale che a me e a te lo fa conoscere secondo una determinata modalità.
411 – Perché il sacrificio è inerente a ogni carisma? Perché il carisma è un complesso di circostanze che non fissi tu e devi seguire quelle e valorizzare quelle.
sacrificio e natura umana
384 – Il sacrificio appare contrario alla natura. Innanzitutto il sacrificio, dal punto di vista naturale, è una cosa inconcepibile.
Naturalmente non c’è niente che desideri il sacrificio, che esiga il sacrificio: è come contro natura.
La natura è fatta per la felicità e il sacrificio è contrario a questo; e perciò diciamo incomprensibile, il sacrificio dal punto di vista naturale è incomprensibile.
Quando è diventato interessante. Quando il sacrificio comincia a diventare valore? Valore vuol dire che vale la pena, vale la pena ciò che non passa, che non è inutile, perciò che rimane, cioè che ti mette in connessione con il tuo destino.
386 – La parola sacrificio è incominciata, storicamente, a diventare una grande parola, da quando Dio è diventato uomo.
Da quando Dio è diventato uomo […] da quando quell’uomo è stato messo stirato sulla croce e inchiodato, da quel momento lì la parola sacrificio è diventata il centro, non della vita di quell’uomo, è diventata il centro della vita di «ogni» uomo.
È diventata quindi il centro della storia.
387 – Da quando è morto in croce quell’uomo la parola sacrificio è diventata la parola gigante, grande e ha svelato che tutta la vita di tutti gli uomini è tramata di sacrifici, è piena di brividi di sacrificio, è come dominata dalla necessità di sacrificare.
…il sacrificio è impossibile evitarlo, e su tutto incombe il sacrificio più grosso che si possa concepire, che è morire.
La parola sacrificio è una parola ripugnante, tanto è vero che i greci, che avevano come culto supremo il culto della bellezza del corpo, la parola che non pronunciavano mai se non con odio era la parola che indicava gli dei in quanto sono sorgente di morte.
Il sacrificio era inconcepibile, ributtante, ma c’è un punto nella storia in cui il sacrificio è incominciato a diventare interessante : quando Cristo è morto in croce, affinché gli uomini potessero essere salvati dalla morte.
388 – Da quel momento la parola sacrificio è diventata interessante; […] l’uomo ha capito anche che tutta la vita non poteva fare a meno del sacrificio.
Morendo, Gesù non solo ha fatto capire che il sacrificio era interessante per il destino dell’uomo, ma ha rivelato anche, ha fatto vedere che non era una cosa strana, che era una cosa interessante ma non strana, perché tutta la tua vita è così.
La croce di Cristo ha rivelato,[…] che il sacrificio […] era la CONDIZIONE perché gli uomini raggiungessero il loro destino.
390 – Cristo è morto per la salvezza degli uomini, e ognuno di noi può collaborare alla salvezza del mondo accettando il sacrificio delle circostanze attraverso cui è fatto passare, perché l’esistenza del singolo e la storia di tutti hanno come un peso enorme all’origine, hanno all’origine come una montagna gigantesca che pesa e frena tutto, tragica.
La natura dell’uomo è tragica per questo inizio terribile che si chiama peccato originale, che è un fatto che non possiamo spiegarci, ma senza questo misterioso fenomeno non si spiega più niente.
401 – Si è sempre stanchi di soffrire, perché la sofferenza non è della natura del destino dell’uomo, non è «secondo la Sua parola»; secondo la Sua parola l’uomo non è fatto per l’infelicità.
Dove sta l’equivoco? Mettere in opposizione il soffrire alla vita, mentre il soffrire è una condizione della vita e quanto più uno soffre ed è capace di soffrire, tanto più è vita la sua.
Infatti, l’esempio migliore è noto a tutti, anche se non pensato mai: è Gesù, il quale ha sofferto più di tutti, perché ha dato la vita a tutto.
sacrificio e tristezza
394 – Qual è il sentimento che il sacrificio afferma come il sentimento più forte della vita? Il sacrificio afferma come il sentimento più forte, più grave e più grande della vita la tristezza, perché la presenza che io voglio affermare non mi riesce di affermarla.
Io amo una persona, vorrei affermarla, con tutto me stesso e non riesco.
È in tale tristezza di fronte alla presenza incompiuta che si sprigiona la domanda, l’ultima della Bibbia: «Vieni signore Gesù», vieni tu, perché Tu che sei morto in croce, solo Tu, puoi rendere felice – puoi essere il destino compiuto -, puoi rendere felice la persona che amo; e così rendere felice me, ma come conseguenza!
sacrificio e necessità
386 – La parola sacrificio da quando quell’uomo è stato messo stirato sulla croce e inchiodato, da quel momento lì la parola sacrificio è diventata il centro, non della vita di quell’uomo, è diventata il centro della vita di «ogni» uomo, e il destino di ogni uomo dipende da quella morte.
valer la pena del sacrificio
236 – Vale la pena qualsiasi sacrificio, perché la nostra indagine sia più profonda, il nostro possesso di Colui che è presente sia più grande, e gli altri per questo capiscano di più.
valore morale del sacrificio
388 – Il sacrificio diventa valore morale, cioè un valore della vita dell’uomo, quando diventa corrispondenza, cioè corresponsabilità, cioè risposta, alla morte di Cristo, per salvare la propria vita e la vita degli uomini.
389 – «Tu, Cristo, muori per me. Io aderisco a te nel tuo morire». Come? Attraverso i sacrifici che mi fai fare. «La mia vita accetta i sacrifici che mi fai compiere come adesione alla tua morte.
Per questo si chiama anche offerta: offerta a Cristo del proprio vivere, come partecipazione alla sua morte.
Così il sacrificio di Gesù diventa nostro valore se noi vi partecipiamo, se noi accettiamo da Cristo il modo che Lui stabilisce per farci partecipare al suo sacrificio: per esempio, mi manda una malattia, mi fa trattare in modo ingiusto, mi delude nell’affezione, mi fa sacrificare un’affezione.
407 – «Aveva detto la volta scorsa che per noi il SACRIFICIO DIVENTA VALORE MORALE quando diventa corrispondenza, cioè corresponsabilità, cioè risposta alla morte di Cristo. Allora volevo chiedere: potrebbe anche non diventare una risposta della libertà?»
Se la libertà non diventa, nel sacrificio, col sacrificio, coincidenza o compagnia con Cristo, risposta a Cristo che chiama, niente c’è di più stupido e bestiale che il s
Saggezza
279 – (Dopo aver letto un libro Zen che qualcuno gli aveva regalato) Ho guardato il librino e ho capito una cosa che ho capito da un pezzo, però ieri l’ho ricapita proprio bene.
È il libro di un saggio; ma che pesantezza, il saggio! Com’è pesante la vita, se dovessi seguire la saggezza: pesantissima! È il contrario dell’«insostenibile leggerezza dell’essere»; insostenibile è la vita di un saggio che faccia quel che dice, quel che pensa.
Tutte le frasi erano bellissime – a parte il fatto che più belle le diciamo anche noi: coincidevano.
Salvare /salvezza
81 – Quanto più uno vuol bene, tanto più gli importa Cristo, perché gli salvi per sempre quello a cui vuol bene: almeno da questo punto di vista Cristo dobbiamo accettarlo.
O non si ama niente o, quanto più si ama, tanto più è necessario Cristo per salvaguardare quel che si ama, per mantenere quel che si ama, altrimenti lo perdiamo, dopodomani non c’è più.
348 – Cosa vuol dire che una madre redime il suo bambino? Redimere vuol dire far essere, cioè salvare; salvare vuol dire in latino conservare.
Conservarlo per che cosa? Perché si compia, perché sia completamente se stesso e perciò sia eterno: senza la parola eterno un io non diventa più se stesso e tanto meno si compie.
Satisfacere
cfr. soddisfazione
78 – Dall’esperienza ci viene detto che la libertà indica un momento di sé, una coscienza di sé in cui predomina il sollievo data da un desiderio soddisfatto.
Libertà uguale a soddisfazione, satisfacere (soddisfare), il desiderio soddisfatto. Invece di soddisfazione si può usare la parola più metafisica: perfezione.
79 – La libertà è la perfezione. In latino perficere (compiere) vuol dire esattamente satisfacere: un desiderio soddisfatto è un desiderio compiuto, perfetto.
Sbagliare /sbaglio
cfr. difetto, errore, male, menzogna
251 – Uno che sta nella strada è obbligato ad avere il coraggio e la sincerità di dire: «Ho sbagliato», e dire: «Signore, ho sbagliato» brucia lo sbaglio, perché fa subentrare subito la verità, fa subentrare la verità allo sbaglio.
349 – L’applicazione della legge dell’amore, questa suprema imitazione di Dio, presto o tardi, determina un tipo di vita diverso.
Questo tipo di vita diverso non vuol dire impeccabilità: uno può sbagliare mille volte, ma la sua vita è diversa.
Innanzitutto, di ciò che sbaglia, di ciò che dimentica, porta dolore.
In tutto quello che fa, porta l’accenno di un cambiamento di cui il dolore, per un amore non realizzato bene, rappresenta l’esempio più mordente, che nessuno al mondo ha.
Al di fuori di chi ha la coscienza di queste cose che Gesù ha portato e che gli apostoli hanno portato nel mondo, gli altri non conoscono affatto questo dolore.
Sbuffare
381 – (Le cose che ci diciamo) Tante volte, ripetendole sembra che si capiscano meno, che è una forma di impazienza.
Perché se uno è costretto a ripetere le cose per capirle, o desidera ardentemente la verità (ha passione per la cosa che studia), oppure sbuffa, a un certo punto sbuffa: sbuffa coincide col capire meno.
Scandalo
55 – Il no non nasce da ragioni, mai: nasce da uno scandalo.
Lo scandalo è una parola greca che vuol dire una pietra su una strada, un inciampo.
L’inciampo nel cammino alla verità è una forma di menzogna, si chiama preconcetto: uno si è già fatto, si è fabbricato il suo parere su di Lui.
Cristo è contrario a quello che io vorrei: io politico, io innamorato, io che ho sete di denari, io che voglio fare carriera, io che voglio la vita sana.
È contrario a ciò in cui uno ripone la sua speranza: inutilmente, perché non c’è nessuno speranza che poi accada.
Il no nasce soltanto dal preconcetto.
75 – (Al posto di preconcetto) Io ho usato una parola che serve per tutto, la parola «scandalo», che viene dalla parola greca scandalon che vuol dire «inciampo», come un sasso che in montagna cada sulla strada: devi correre in paese a prendere la gru, se ci riesci.
76 – Scandalo è l’obiezione che deriva da un interesse affermato non in nome della verità, non come ricerca della verità.
Scegliere
85 – Solo quando la libertà arriverà qui (al suo destino), la libertà, trovandosi davanti al suo oggetto completo, non potrà più scegliere, ma sarà tutta piena, sarà tutta soddisfatta, non può avere la tentazione di scegliere altro.
Perché la libertà è imperfetta, e proprio perché imperfetta può scegliere una cosa che non è giusta.
La capacità di scelta è propria di una libertà in cammino, non di una libertà compiuta.
La scelta non appartiene alla definizione della libertà: la libertà è soddisfazione totale.
86 – Di fronte alla scelta di una cosa che ti attira meno ma che ti fa andare di più verso il destino, ragionevolmente sei obbligato a seguire la seconda, non la prima: se non fai così, questo è io peccato, l’errore.
91 – La libertà non è scelta, è possibilità di scelta solo perché è imperfetta. In quanto possibilità di scelta può mirare una cosa che non deve, perché deve soltanto ciò che porta al destino; la legge morale è questa: ciò che porta al destino.
Invece lei sceglie una cosa che non la porta al destino, la sottrae al destino, e questa è l’imperfezione, l’errore, il peccato.
110 – Come si fa a sapere quello che dobbiamo scegliere in quel momento, in un determinato momento? Questo è il problema della vocazione: sei obbligata a scegliere quello che Dio ti indica come utile – se non necessario – al compito vocazionale che ti ha affidato.
Scelta
417 – La scelta di alcuni. « ….Ma pensare che Dio è diventato uomo è una cosa dell’altro mondo». Questa cosa dell’altro mondo è accaduta e divide il mondo.
La prima scelta che Dio fa è di uomini che sono chiamati a capire questo, che poi è il Battesimo. Ma questo è l’antefatto.
Il primo punto di oggi: Cristo per realizzare la sua opera nel monco sceglie alcuni…
418 – Per compiere la sua opera ha scelto alcuni…a cui ha aggiunto, nella fila del tempo, il nostro nome, il vostro nome; se siete qui, in qualche modo vi ha tirato i capelli, in qualche modo ha almeno sfiorato il vostro abito, se siete qui vi ha toccati; in qualunque modo abbia fatto vi ha toccati, vi ha chiamati.
Scendere fino in fondo
(cfr. distacco, mortificazione, sacrificio, strappo)
349 – La frase diceva: «Una persona vuole veramente bene a un’altra persona quando si stacca da essa e vede in essa il possesso di un Altro, cioè di Dio». Non «si stacca da essa», ma «va fino in fondo ad essa», perché l’amore, in quanto finisce nell’eterno, non perde nulla, neanche un capello del capo, come diceva Gesù, neanche un soffio appena accennato.
Scoperta / Scoprire
232 – L’uomo scopre, quindi conosce, e crea ciò che ama; dove, allora, capisci che l’amore non è sogno solo in quanto è anticipo giusto della felicità finale.
Scopo
176 – «Ci vantiamo nella speranza della gloria di Dio»: lo scopo della vita, lo scopo di tutto il muoversi del mondo, gli astri che girano, le stelle che sono in moto… tutto è in moto: a che pro? E noi sappiamo la risposta, la fede ci dà la risposta: per la gloria di Dio, perché si riveli la gloria di Dio.
371 – Il cambiamento di mentalità vuol dire comprendere di più la natura di un fenomeno, i fattori costitutivi di un fenomeno, e percepire più chiaramente la funzionalità di tutti questi fattori a uno scopo ultimo.
Il senso dello scopo è l’estrema vetta dello spirito umano, tutto è destinato allo scopo, come tutto il Monte Bianco, tutto quell’enorme mucchio di roba va a finire in una punta, è in funzione di quella punta.
Scuola di Comunità
15 – È ragionevole l’incominciare, è ragionevole tutto ciò che corrisponde al desiderio della vita.
Purtroppo ci sono tanti di voi che non hanno fatto neanche il primo volume di Scuola di Comunità, invece proprio la Scuola di Comunità ci ha allenato, ci dovrebbe avere allenato e preparato a questo passo.
La Scuola di Comunità non c’è per chi ha la vocazione alla verginità, ma non c’è niente che prepari al cammino della vocazione alla verginità più della scuola di Comunità.
234 – Siccome sono tutti e due di CL, hanno una serietà e un interesse che la Scuola di Comunità alimenta – perché la Scuola di Comunità è la grazia più grossa che avete avuto, e Dio vi punisca se non la usate bene…No, Dio non vi punisca, altrimenti guai, perché non la usate bene,
358 – Proprio a questo si riconduce tutto il nostro discorso – il discorso che facciamo con la Scuola di Comunità, ma tutto il discorso del Movimento da quarant’anni -: nel seguire Cristo si ha la vita eterna e il centuplo quaggiù, il centuplo quaggiù come affettività e il centuplo quaggiù come ragione, unità di ragione.
443 – Scuola di Comunità è la catechesi – testo, meditazione personale, incontri comunitari – del movimento di Comunione e Liberazione.
Se stessi
150 – È perché ho preso sul serio la mia vita che ti dico: «Guarda, per favore, che per la tua vita questo è importante. Se tu mi segui, lo capisci; e allora, dopo, segui te stesso, seguire me è come seguire te stesso, siamo amici».
Se io ti faccio capire che quel che dico, te lo dico perché corrisponde alle esigenze del tuo cuore, tu mi dici: «Grazie che me lo hai detto! grazie che me lo dici!», e questo diventa tuo, e tu devi seguire te stesso.
Questo è il seguire la propria coscienza; la vera propria coscienza è la propria coscienza resa grande e matura da un incontro. E questo fa diventare amici.
359 – Nessuno di noi è capace di essere se stesso, cioè di essere vero, se non tende la mano e non mendica da Dio che, dopo averlo fatto, lo compia: «Signore, tu che hai iniziato questa opera buona che porta il mio nome e cognome, portami a compimento»; perché essere capace di carità vuol dire essere capace di guardare le persone, di trattare le persone, di guardare le cose, di trattare le cose come le guarda e le tratta Dio.
amore a se stessi
341 – Non esiste attaccamento a sé, se non è pieno di commozione.
Non esiste devozione a se stessi se non è piena di commozione, perché ci si deve in qualche modo uscire da sé, abbandonare sé e muoversi per amore.
governo di se stessi
87 – Il governo di sé. Ci vuole una forza di strappo, una forza per strapparti a questa attrattiva, così che tu ponga l’energia nell’andare verso il destino.
Si chiama mortificazione, capacità di mortificazione o di penitenza.
Invece di andare di qui dove sei più attratto, tu devi fare uno sforzo per cambiare direzione, per cambiare nous, per cambiare la decisione da prendere.
vivere per se stessi
347 – Cosa diceva Seneca?
«Bisogna vivere per un altro per vivere per se stessi»
Vivere per un altro, che cosa vuol dire? E anche per se stessi, che cosa vuol dire?
348 – Perché si compia, perché sia completamente se stesso e perciò perché sia eterno: senza la parola eterno un io non diventa più se stesso e tanto meno si compie.
Segno
36 – Dio, il Mistero per cui siamo fatti, lo si trova dentro il disegno delle cose; se si è fedeli al suo disegno, dentro lì si trova qualcosa d’altro.
83 – L’esigenza della giustizia, della verità, dell’amore si mettono in moto attraverso lo stimolo che viene dalla creatura, che è il pezzettino di tempo e di spazio, quel pezzettino di cosa, attraverso cui il Mistero infinito, ti tocca, perché tutte le cose sono segno di Dio.
195 – Si capisce bene che tutte le circostanze in cui l’uomo vive sono tentazioni di sogno oppure segni dell’ideale.
Cosa vuol dire segni dell’ideale? Vuol dire che l’uomo scopre che l’attrattiva che tutte le circostanze hanno è qualcosa di provvisorio che rimanda all’attrattiva definitiva e ultima della grande Presenza.
Significa che tutte le circostanze, per quanto di bene, di bello e di affascinante hanno, richiamano all’insuperabile bellezza della presenza del Mistero, della presenza di Cristo.
235 – Tutto diventa segno del nostro destino se guardiamo le cose vedendo il rapporto con Gesù, vivendo il rapporto con la Presenza.
Se il destino è Presenza, vivendo il rapporto con questa Presenza tutte le cose diventano segno di essa.
Segno di essa, come il puntino in fondo all’orizzonte è segno del destino che sta per arrivare.
Se viviamo il rapporto con Gesù tutte le cose diventano segno.
Quanto più una cosa ti importa, tanto più ti è segno. Segno di che? Segno del destino che sta per venire; ma quel destino che sta per venire è già lì…segno di Colui che è già lì.
Destino e Presenza è la stessa cosa: Dio incarnato cosa vuol dire? Destino fatto Presenza.
288 – Nel disegno di Dio c’è qualcosa che ti è più vicino e altre cose che sono più lontane, e tu raggiungi le più lontane attraverso le più vicine.
È l'idea di sposa che nessuno capisce: l'idea di sposa è questo: ciò che ti è più vicino e più segno del tutto.
Seguire
(cfr. obbedienza, rimanere, sequela)
37 – Le meditazioni che faremo il sabato […] vogliono essere un aiuto alla letizia del nostro vivere, alla maggior letizia della nostra vita.
E questo sarà anche un sintomo della giustezza del nostro modo di seguire: se seguire ci renderà più lieti oppure no.
90 – Come hanno fatto quegli uomini a imparare ad aver fede in quell’uomo? L’hanno seguito.
L‘hanno seguito.
91 – E come si fa ad imparare a essere educati nella libertà, così che la libertà diventi veramente la forza della nostra vita e perciò la dignità della nostra vita? Seguendo: seguire la compagnia in cui il signore, chiamandoci, ci ha messi. Seguire, non c’è niente di più intelligente che seguire.
109 – È infinitesimale il passo dello sviluppo della vita.
Lo sviluppo della vita è come una maschera che cela il mistero, il mistero della vita come tale.
Così in queste cose, coi mesi e con gli anni, imparerete; se si segue: tutti quelli che sono venuti e a un certo punto hanno detto: «Sì, lei avrà anche ragione, ma io sono stufo, vado via» non hanno più imparato. Chi è rimasto ha imparato. È terribile questa cosa: chi sta impara, diventa se stesso; chi non sta perde se stesso.
146ss – LA VERA OBBEDIENZA È UNA AMICIZIA.
(A) Seguire uno che ti sta davanti
Seguire vuol dire guardare uno che ti sta davanti.
Vi ha fatto notare una diversità, una diversità umana che aveva come caratteristica quella di corrispondere più acutamente, più profondamente al cuore nella sua semplicità.
147 – Portava con sé l’affermazione del significato della vita: la vita è una cosa seria con un significato; è una cosa seria, perciò è un compito di fronte a tutto il mondo, di fronte a tutto il creato di fronte a tutti i tempi, di fronte alla storia, di fronte al tempo e allo spazio, ed è un significato ultimo, definitivo, completo.
(B) Seguire: capire ed imitare
Ma guardare uno che ti sta davanti come fa a diventare un seguire? Se lo imiti: devi guardare uno che ti sta davanti e imitarlo.
Cosa vuol di re imitarlo? Vuol dire due cose: prima di tutto capire ciò che dice, capire i passi che fa – i passi dell’uomo sono tradotti nei pensieri, nelle parole, nei giudizi….quindi: capire i pensieri, capire quel che dice – e, poi, imitarlo nel come fa.
Se tu ti fermi alla prima cosa, cioè a sentire le parole e basta, non lo segui; devi anche stare attento a come fa e cercare di fare come fa lui.
148 – C’è una parola con cui indichiamo tutto questo. diciamo che la regola della vita è la sequela.
Il concetto implica:
- qualcosa che si ha davanti
- qualcosa di cui cerchiamo di capire le parole
- qualcosa di cui cerchiamo di capire come fa a farle, come fa a viverle
L’insieme di questo si chiama sequela; senza sequela, senza l’intensità di una sequela la nostra vita non ha niente davanti, non sa cosa pensare e non sa come fare.
(C) Obbedienza, gesto dell’io
Seguire implica cercare di capire quello che ti si dice.
Cosa vuol dire capire come modo di vivere della ragione?
149 -Capire vuole dire cogliere la corrispondenza profonda tra quello che ti si dice ed il tuo io, le esigenze del tuo io, le esigenze profonde del tuo cuore, le esigenze profonde del tuo vivere.
Obbedire incomincia come sforzo e lavoro.
Quello che ti si dice è per amore alla tua vita.
Man mano che lo capisci non dipendi più da chi te lo dice; man mano che te lo si dice, chi te lo ha detto è come se diventasse una sola cosa con te stesso: segui te stesso.
Al limite l’estrema forma dell’obbedienza è seguire la scoperta di se stessi operata alla luce della parola e dell’esempio di un altro, senza dei quali uno brancicava nel buio, o viveva da animale.
(D) Il vero seguire è un’amicizia
Questa è l’amicizia. La vera obbedienza è quando si giunge a questo livello di amicizia: altrimenti non è obbedienza, è schiavitù, è roba da bambini e da «signora maestra».
È il desiderio di vivere che ti fa domandare: «Come fai a farlo tu, come fai a realizzare quel che capisci?»
Perché, se io ti faccio capire che quel che ti dico, te lo dico perché corrisponde alle esigenze del cuore, tu mi dici: «Grazie che me le hai dette! Grazie che me lo dici!», e questo diventa tuo, tu devi seguire te stesso.
150 – Questo è il seguire la propria coscienza; la vera propria coscienza è la propria coscienza resa grande e matura da un incontro.
151 – E questo fa diventare amici.
Se si è amici, allora si capisce di più. Ecco, l’amicizia si svolge così, questa è amicizia. Perciò il vero seguire è un’amicizia, la vera obbedienza è una amicizia.
162 – Questo che segui è qualcosa di inerente alla persona con cui ti metti insieme e che è così bello che vi fa mettere insieme, è così giusto che vi fa mettere insieme.
430 – «Violaine era tutta pronta a seguir la mano che la conduceva, questa è proprio la cosa che più desidero, però mi fa anche paura. Cosa devo fare?»
Eliminare la paura, come ti riesce. Se non ti riesce, segui la mano lo stesso. Seguire la mano con paura ha lo stesso effetto che seguire la mano senza paura; l’essenza della questione è seguire la mano.
Paura di che? Del niente; ma il niente non è il niente, è menzogna.
seguire Cristo
74 – Noi non possiamo capire Cristo e seguire Cristo se non attraversiamo anche tutti questi sentimenti umani, perché solo nel seguire Cristo, essi diventano cento volte più grandi, più veri, non si tralascia nulla, diventa più vero tutto.
Più vero come senso dell’origine, più vero come senso del presente, scopo del presente e più vero come destino.
141ss – Il contenuto della parola seguire. […] Non capivano neanche loro (gli apostoli) ma «con Lui» sì.
Hanno seguito Lui, hanno aderito a Lui, nonostante che non capissero. Mi spiego? Hanno seguito Lui; c’è qual cosa che spieghi di più questo seguire Lui che Simone e gli altri undici hanno realizzato in quel momento di crisi e di prova?.
Seguire Cristo vuol dire avere gli stessi sentimenti di Cristo, gli stessi sentimenti che Cristo ebbe nei confronti del Padre; seguire Cristo vuol dire assimilare, assumere lo stesso atteggiamento che Cristo ebbe verso il Padre.
Lo stesso atteggiamento che Cristo ebbe verso definire il Padre dobbiamo averlo noi verso Cristo.
142 – Con che parola si può definire l’atteggiamento che Cristo ebbe verso il Padre? È quella che san Paolo dice: «fatto obbediente fino alla morte».
Simone e gli altri si sono fatti obbedienti a Cristo anche di fronte all’incomprensibile.
Perciò seguire Cristo significa, spiegato in modo più preciso, avere lo stesso sentimento che Cristo uomo ebbe verso Dio: anche noi dobbiamo avere verso Cristo uomo lo stesso atteggiamento della adesione, della obbedienza.
143 – L’obbedienza al Padre è per Cristo uomo, seguire il Padre; lo stesso sentimento deve essere in noi verso Lui: seguire Cristo, obbedire a Cristo.
seguire e amicizia
150 ss – Questa è l’amicizia. La vera obbedienza è quando si giunge a questo livello di amicizia: altrimenti non è obbedienza, è schiavitù, è roba da bambini e da «signora maestra».
È il desiderio di vivere che ti fa domandare: «Come fai a farlo tu, come fai a realizzare quel che capisci?»
Perché, se io ti faccio capire che quel che ti dico, te lo dico perché corrisponde alle esigenze del cuore, tu mi dici: «Grazie che me le hai dette! Grazie che me lo dici!», e questo diventa tuo, tu devi seguire te stesso.
Questo è il seguire la propria coscienza; la vera propria coscienza è la propria coscienza resa grande e matura da un incontro.
151 – E questo fa diventare amici.
Se si è amici, allora si capisce di più. Ecco, l’amicizia si svolge così, questa è amicizia. Perciò il vero seguire è un’amicizia, la vera obbedienza è una amicizia.
seguire e obbedienza
140 – (Nonostante non capissero gli apostoli) l’hanno seguito lo stesso: questa è l’origine di un atteggiamento affettivo.
Gli altri sono andati via rifiutandolo, nonostante quello che avevano visto e sentito; questo gruppetto è rimasto aderendo a Lui, seguendolo: è l’inizio del concetto di obbedienza che nasce dalla ragione – meglio – come atteggiamento ragionevole.
seguire la propria coscienza / se stessi
149 – Man mano che lo capisci, non dipendi più da chi te lo dice; ma mano che te lo si dice, chi te lo ha detto è come se diventasse una cosa sola con te stesso: segui te stesso.
Al limite l’estrema forma dell’obbedienza è seguire la scoperta di se stessi operata alla luce della parola e dell’esempio di un altro, senza dei quali uno brancicava nel buio, o viveva da animale.
150 – Questo diventa tuo e devi seguire te stesso. Questo è il seguire la propria coscienza; la vera propria coscienza è la propria coscienza resa grande e matura da un un incontro. Questo fa diventare amici.
ragionevolezza del seguire
140 – L’hanno seguito. Questi sono stati i ragionevoli: ragionevole è stato Simone, ragionevoli sono stati gli apostoli che sono rimasti lì, impacciati perché anche loro non capivano.
L’hanno seguito lo stesso: questa è l’origine di un atteggiamento affettivo.
Gli altri sono andati via rifiutandolo, nonostante quello che avevano visto e sentito; questo gruppetto è rimasto aderendo a Lui, seguendolo: è l’inizio del concetto di obbedienza che nasce dalla ragione – meglio – come atteggiamento ragionevole.
144 – L’obbedienza per noi, cioè il seguire il disegno di un Altro, il fare la sua volontà, è ragionevole in un solo caso: deve essere consapevole che in essa sta la riuscita della vita.
«Chi mi segue avrà la vita eterna e il centuplo quaggiù». Il centuplo è la riuscita vera, che inizia già in questo mondo, e si compie nell’eterno.
Semplicità
70 – «Ti ringrazio Padre perché hai nascosto queste cose a coloro che si credono intelligenti e le hai rivelate ai semplici. Sì Padre, perché così è piaciuto a te»
Mt 11, 25-26
Al semplice uno rivela se stesso; a chi è strutturato di ragioni logiche e di criteri intellettuali, tu no puoi semplicemente rivelare te stesso, perché dice: «Ma, vediamo, se, però….»
83 – Bisogna essere senza preconcetto: essere di fronte alle cose e sentirne il richiamo nella sua originalità, nella sua purità: «Ti ringrazio, Padre, perché hai fatto queste cose non a chi crede di essere, ma ai semplici». Il semplice è quello che dice pane al pane e vino al vino.
156 – «A proposito dell’obbedienza, si diceva che il lavoro più grande che esige è la semplicità del cuore…»
Per esempio lavoro sarebbe una parola sbagliata; si capisci cosa intende dire, ma è una parola sbagliata.
La semplicità del cuore è la condizione per l’obbedienza.
Semplicità è una condizione per tutto quello di cui abbiamo sentito parlare.
Però di tutto quello che abbiamo sentito parlare, il fenomeno per cui la semplicità è più importante – se si potesse stabilire una gerarchia – è l’obbedienza, perché nell’obbedienza bisogna proprio essere semplici, altrimenti non c’è niente da fare.
252 – «Però arduo non si contrappone a semplice».
Arduo non si contrappone a semplice. Semplice indica la modalità con cui affrontare l’arduo.
Senza semplicità non affronti l’arduo perché se tu guardi l’arduo senza semplicità, dici: «Ma, se, però, forse, chissà», che sono tutte le parole più sordidamente e satanicamente nemiche della percezione del vero.
253 -Tutto lo sforzo che stiamo facendo è quello di portare a percepire la semplicità originale del rapporto tra Dio e l’uomo. Quando Cristo ha guardato la Maddalena con sguardo furtivo per la strada, era una cosa semplice: era richiamarla con una semplicità ad una semplicità in cui la purità dominava, ridominava; contrari alla sua storia, ma non contraria alla sua possibilità presente.
semplicità e obbedienza
156 – «A proposito dell’obbedienza, si diceva che il lavoro più grande che esige è la semplicità del cuore…»
Per esempio lavoro sarebbe una parola sbagliata; si capisci cosa intende dire, ma è una parola sbagliata.
La semplicità del cuore è la condizione per l’obbedienza.
Semplicità è una condizione per tutto quello di cui abbiamo sentito parlare.
Però di tutto quello che abbiamo sentito parlare, il fenomeno per cui la semplicità è più importante – se si potesse stabilire una gerarchia – è l’obbedienza, perché nell’obbedienza bisogna proprio essere semplici, altrimenti non c’è niente da fare.
Semplicità e sincerità
229 – Come prima virtù morale della personalità che segue Cristo, ai novizi degli anni successivi abbiamo spiegato la semplicità o meglio la sincerità, perché
la sincerità è la semplicità che passa attraverso la libertà.
Semplice può essere un carattere, sincero è una virtù.
Sentimento
63 – Il giudizio è notare la corrispondenza con le esigenze del cuore.
Se tu vai contro queste esigenze, se tu vai contro il disegno di Dio, se tu vai contro la volontà di Dio, se tu vai contro la legge di Dio, vai contro le esigenze del cuore.
Perciò non ci può essere un sentimento che resti umano se non è giudicato.
260 – Un sentimento è vero quando risponde a tutte le domande di tempo: spiega il passato, chiarisce il presente e assicura il futuro.
sentimento vs giudizio
61ss – «Io non ho ancora capito bene la parola corrispondenza intesa come giudizio: soprattutto nei rapporti queste esigenze non sono così chiare».
Le esigenze sono chiarissime, non è chiaro come le applichi, non è chiaro come applicarle e come usarle.
Per giudicare che cosa devi usare? Le esigenze che hai dentro; se usi un’altra cosa ti alieni.
Questo incontro corrisponde alle mie esigenze di felicità, di verità, di bellezza, di bontà?
Ci può essere una strada da compiere.
Puoi dire subito sì per impeto: allora l’emozione tende a diventare giudizio.
Per tutta la gente di adesso è così: l‘emozione è uguale al giudizio (mi piace, non mi piace); e questa è la fine dell’uomo, è il prevalere, il predominio della bestia, dell’animale.
62 – Il giudizio è l’applicazione dei criteri , che hai nel cuore, all’oggetto che ti crea una emozione.
63 – Il giudizio è notare la corrispondenza con le esigenze del cuore.
Perciò non ci può essere un sentimento che resti umano se non è giudicato. L’emozione è una reazione.
Sequela
cfr. obbedienza, rimanere, seguire
148 – C’è una parola con cui indichiamo tutto questo. Diciamo che la regola della vita è la sequela.
Il concetto implica:
- qualcosa che si ha davanti
- qualcosa di cui cerchiamo di capire le parole
- qualcosa di cui cerchiamo di capire come fa a farle, come fa a viverle
L’insieme di questo si chiama sequela; senza sequela, senza l’intensità di una sequela la nostra vita non ha niente davanti, non sa cosa pensare e non sa come fare.
Sera
422 – Questo anticipo che presente nel rapporto con te come ti vedrò per sempre nella trasparenza eterna, nella trasfigurazione eterna, si chiama centuplo quaggiù.
Siamo chiamati ogni giorno, la sera, a domandarci quanto centuplo abbiamo vissuto
436 – Alla sera non misurare, domanda: «Venga il tuo Regno, sia fatta la tua volontà».
437 – Uno che fa così tutte le sere è vivo, è uno cambiato, se fai così tutte le sere sei cambiato, e devi farlo con forza e senza pretese, perché tu non sai quando il Figlio dell’uomo verrà dentro la tua vita, ti prenderà per il collo e ti cambierà, ti costringerà a cambiarti o ti darà lo charme irresistibile per cambiarti.
Settecento
125 – Tutte le cose sono limitate.
Dal settecento in poi si è avuta l’idea che l’uomo poteva risolvere tutto.
E da questa presunzione orgogliosa siamo passati al Novecento in cui è successo esattamente il contrario: dopo la prima guerra mondiale tutti hanno visto che l’uomo è un disastro; e da allora siamo sempre peggiorati.
Settimana
33 – Non c’è nessuno attorno a voi che accetti di raccogliersi e stare in silenzio un pezzo della settimana – la settimana è il metro, la misura fondamentale dell’espressione dell’uomo.
34 – Non c’è nella settimana, che è la misura fondamentale del lavoro cioè dell’espressività della persona, un minuto consegnato a pensare al proprio destino, a ciò per cui si lavora e quindi per cui si vive; «si vive», nei termini più concreti della parola, vuol dire si soffre, si gioisce, si usano le cose e si crea quello che sembra più giusto, più piacevole
Il raccoglierci qui il sabato è la massima documentazione che questo destino – pensare al destino, riflettere sul destino della nostra esistenza – invece a noi preme.
Sguardo
304 – Nel rapporto con Dio non si misura mai: questo sarebbe moralismo, il moralismo misura tutto.
Non è una misura, ma uno sguardo amoroso, come quello che gli apostoli portavano a Gesù.
sguardo di Cristo
253 -Tutto lo sforzo che stiamo facendo è quello di portare a percepire la semplicità originale del rapporto tra Dio e l’uomo. Quando Cristo ha guardato la Maddalena con sguardo furtivo per la strada, era una cosa semplice: era richiamarla con una semplicità ad una semplicità in cui la purità dominava, ridominava; contrari alla sua storia, ma non contraria alla sua possibilità presente.
Sì di Pietro
92 – Era lì vicino a Simone e gli dice sotto voce, senza che gli altri si accorgano, gli dice sottovoce: «Simone, mi ami tu più di costoro?». Questa è la finale della morale cristiana: l’inizio e la fine della morale cristiana.
È andato sotto tutto, sotto tutto; allora questo sotto tutto trascina, e Pietro, amandolo, ha finito per morire come Lui.
273 – Non bisogna capire come Cristo è qui: bisogna capire che si è costretti ad affermare che c’è qualche cosa d’altro qui, perché quello che c’è non si riesce a spiegarlo semplicemente con l’indagine, l’analisi o l’esame della nostra ragione (è quello che ha capito Pietro).
Essere ragionevoli vuol dire affermare la realtà secondo la totalità dei suoi fattori, e se uno di questi fattori è eccezionale, bisogna dire che c’è, anche se non si capisce come mai.
283 – «Non bisogna coltivare progetti di perfezione, ma guardare in faccia Cristo»
L.Giussani, «L’io e la grande occasione», in Dalla fede un metodo
Questo è il corollario più bello a Giovanni 21, a Gesù che dice a Simone: «Mi ami tu?» e Simone risponde: «Sì, Signore, lo sai che io ti amo».
431 – Quando Pietro ha risposto, furtivamente, a Gesù che gli domandava furtivamente: «Simone, mi ami tu?», «Sì, Signore, tu lo sai che ti amo».
Sicurezza
cfr. certezza
187 – Essere sicuro che Lui porta a compimento quello che mi ha dato, vuol dire essere sicuro della mia felicità, essere sicuro del mio destino, essere sicuro del mio compimento, essere sicuro dello scopo della vita.
Quello per cui occorre essere sicuri – se non si è sicuri di questo tutto il resto si spezza e si sgretola – è essere sicuri del proprio destino, della propria felicità, di essere salvati insomma.
La speranza cristiana è certezza, una certezza che riguarda il futuro invece che il presente.
283ss – «Tutto posso, di tutto son capace insieme a Colui nel quale è la mia forza»
Fil 4,13
Vale a dire, una sicurezza totale anche davanti a tutta la propria debolezza.
Se riconosco che la mia forza è in Te, nessuno debolezza mi può fermare.
284 – Guardare in faccia Cristo cambia. Ma perché cambi bisogna guardargli in faccia veramente, col desiderio del bene col desiderio della verità: «Di tutto sono capace, Signore, se sto con te che sei la mia forza», è un tu che domina, non delle cose da rispettare.
Significato / senso
290 – Il tempo passato è un’esperienza che ci dovrebbe rendere più attenti al tempo che passa, coscienti del suo senso: il senso è la direzione in cui va il tempo che passa, il tempo essendo una mobilitazione di tutto quanto, di tutto quello che vediamo, di tutto quello che sentiamo.
Questa mobilitazione del tempo che passa, questo senso del tempo che passa, che cosa implica, cosa richiede da noi?
Silenzio
cfr. lavoro personale
66 – Non si dispera soltanto il superficiale, il rozzo, il distratto … per questo la necessità più grande che tutti hanno è sentire frastuono, e l’orrore più grande che hanno è il silenzio, perché il silenzio fa venir su chiare queste cose.
Sincerità
83 – Il semplice è quello che dice pane al pane e vino al vino. Cosa è il contrario di questo? È la menzogna, la menzogna è contro la libertà: il contrario della libertà è la menzogna.
sincerità e semplicità
229 – Come prima virtù morale della personalità che segue Cristo, ai novizi degli anni successivi abbiamo spiegato la semplicità o meglio la sincerità, perché è la semplicità che passa attraverso la libertà.
Semplice può essere un carattere, sincero è una virtù.
Società
39 – Qual è la sorpresa più grossa che avete avuto la volta scorsa? Sentir parlar di fede in cui non c’entrano né Dio, né la Madonna, né i santi, ma sentir parlar di fede come aspetto della ragione, l’aspetto più importante della ragione.
Perché è importante? Perché su di essa è fondata la convivenza, la storia, la cultura.
Ma prima ancora perché tale metodo implica l’impegno della totalità della persona.
Soddisfazione
cfr. satisfacere
77ss – Per capire le parole che riguardano la nostra vita, cosa bisogna fare?
Per capire che cosa è la libertà che cosa bisogna fare? Dobbiamo partire dall’esperienza facendo la quale uno si sente libero.
Quando uno si sente libero? Quando ha soddisfatto un desiderio.
78 – Dall’esperienza ci viene detto che la libertà indica un momento di sé, una coscienza di sé in cui predomina il sollievo dato da un desiderio soddisfatto.
Libertà uguale a soddisfazione.
Soddisfazione e perfezione
78 – Invece di soddisfazione si può usare una parola più metafisica: perfezione.
79 – La libertà è la perfezione. In latino perficere (compiere) vuol dire esattamente satisfacere: un desiderio soddisfatto è un desiderio compiuto, perfetto.
Questa soddisfazione, questa perfezione, se non è totale, se non è totalizzante, è una tristezza.
Sogno
231 – Che tu faccia sogno il presente è la maschera della tentazione di non impegnarti nel presente.
Allora se sei di buona vena, costruisci un sogno, costruisci tu l’immagine di quel che devi fare nel presente, e fai soltanto quello che sottolinei tu.
232 – Questo è il sogno, cioè la realtà come la pieghi tu, nella forma in cui la pieghi tu, che interessa a te, invece di farti interessare alla realtà come è.
sogno vs ideale
165 – La ragione è coscienza della realtà, non dei pensieri avulsi da un riferimento al reale.
È coscienza della realtà! La ragione ti fa intuire la presenza dell’ideale e perseguire l’ideale.
L’alternativa all’ideale, seguire i suoi pensieri, si chiama sogno.
L’ideale è la realtà che tu conquisti pezzo per pezzo, passo per passo; mentre il sogno svanisce, muta e svanisce da un giorno all’altro.
192ss – Le esigenze del cuore pretendono di essere esaudite; siccome non ha la forza di realizzarle, […] l’uomo dà forma a questa pretesa secondo il volto, secondo la consistenza fragile e ultimamente illusoria che si chiama sogno.
Il cuore dell’uomo sogna così che le sue esigenze siano soddisfatte: sogna, dà una forma positiva al suo cammino.
193 – Ma il sogno del cuore dell’uomo non può sostenere le ragioni di una certezza, della certezza che le esigenze siano esaudite.
Si chiama ideale l’oggetto della certezza che le esigenze del cuore hanno di essere esaudite.
Le esigenze del cuore poggiano la loro certezza nella domanda che fanno alla grande Presenza.
231 – il sogno è dato dal fatto che le esigenze del cuore, le esigenze originali hanno talmente sete di essere esaudite che, dimenticando la grande Presenza, tendono loro a darsi, a immaginare la forma che le esaudirà.
Spazio
277 – Quanto più si vuol bene, tanto più diventa lieve, leggero il rapporto.
E il tempo e lo spazio in cui il rapporto si traduce, non sono pretesi: non si pretende di vedere la persona dopo un’ora, non si pretende di vederla tutti i minuti, non si pretende di aver la cosa qui o là o altrove.
Tempo e spazio sono vinti, nella povertà sono vinti: uno è libero, non nel senso etico che abbiamo detto prima, ma nel senso della leggerezza.
Speranza
16 – Che coraggio ci vuole per sostenere la speranza degli uomini!
Perché quello che incominciamo, lo incominciamo sinceramente: lo incominciate sinceramente, con un certo residuo di pigrizia, però lo incominciate seriamente.
Ma quanto coraggio occorre avere per sostenere lo sviluppo di questa speranza, di questa attesa.
175ss – La speranza è l’altro fattore decisivo (l’altro è la fede) per la costruzione della personalità cristiana. La speranza è la parola fondamentale dopo la fede.
176 – Attraverso la fede, ci troviamo e ci vantiamo nella speranza della gloria di Dio.
Fa venir fuori dalla parola fede quest’altro fiore o quest’altro frutto che si chiama speranza, speranza nella gloria di Dio: gloria di Dio vuol dire riconosciuto.
177 – Ora noi, attraverso la fede viviamo e ci vantiamo nella speranza della gloria di Dio.
La fede ci fa sperare di vedere che tutto quanto si muove, si muove per la gloria di Dio; la fede ci fa sperare di vedere questo.
178 – Insomma, nel discorso cristiano, che incomincia con la parola fede, vien fuori immediatamente un frutto, c’è, come seguito, questo fiore nuovo che si chiama speranza, il cui contenuto è la gloria di Dio: speranza che tutto il mondo riconosca Dio, speranza che Dio si faccia conoscere da tutti e dica: «Io sono», cioè «ho vinto».
179 – «Forti di tale speranza, siamo ripieni di sicurezza», non siamo fragili, intimoriti, noi siamo pieni di sicurezza.
Dico semplicemente che l’uomo cristiano è fatto così: è fatto di fede su cui nasce e attecchisce il fiore che si chiama speranza.
Andate a leggere la Prima lettera ai Tessalonicesi 1,3: «Speranza che è il Signore Gesù». cosa vuol dire «speranza che è il Signore Gesù?» speranza che nasce dalla fede in Gesù.
La parola speranza è sempre connessa con Gesù.
La speranza è, nel linguaggio cristiano, il secondo fattore descrittivo di una personalità nuova; fattore secondo perché deriva dal primo, e il primo è la fede: senza fede non c’è speranza, con la fede ci può essere speranza.
E siccome la fede è il riconoscimento della grande presenza di Dio fatto uomo, dobbiamo adesso cominciare a comprendere il significato di questa parola, speranza, come la usa la Chiesa di Dio nel mondo.
180ss – Se la fede è riconoscere una Presenza certa, se la fede è riconoscere una Presenza con certezza, la speranza è riconoscere una certezza per il futuro che nasce da questa Presenza.
Riconoscere il contenuto di una Presenza che è incominciata duemila anni fa, riconoscerla presente adesso, come si chiama?
Memoria, perciò la speranza ha un nesso radicale con la parola memoria, così che senza memoria non ci può essere speranza.
181 – La certezza del futuro è basata su una cosa presente che riconosci con certezza; la certezza di un presente di rende certo per il futuro.
La certezza della presenza di Cristo è la certezza di una cosa che è incominciata duemila anni fa, perciò non si può far memoria di Cristo come Presenza senza in qualche modo interessarti, meravigliarti, stupirti, vantarti, inorgoglirti, essere contento di tutto ciò che è accaduto in questi duemila anni.
186 – Abbiamo già detto che la speranza è la certezza nel futuro che si appoggia sulla certezza di un presente.
Ma un presente è veramente presente nella misura in cui tu lo possiedi; perciò la speranza è la certezza nel futuro che si appoggia su un possesso già dato, perché il presente non te lo dai tu, lo ricevi: «è una grande grazia».
La speranza è la certezza nel futuro che si appoggia sulla certezza di un possesso già dato; possesso, cioè rapporto stretto, profondo con la tua persona; già dato, che ti viene dato da un altro, non lo conquisti tu.
195 – Possiamo dire che la speranza è la prima caratteristica di un io, di una persona che cammina nel tempo, e perciò la speranza mette in luce se ciò accade – cioè le circostanze – conduce l’uomo alla delusione, defrauda l’uomo della sua libertà di domanda: oppure rivela la grande Presenza che l’uomo ha incontrato e che diventa il destino segnato da tutte le cose, quel contenuto di cui tutte le cose diventano segno, e soprattutto oggetto ultimo della sua domanda.
212 – La speranza di Abramo è ragionevole. Perché? Cosa vuol dire, innanzitutto, che la speranza che Abramo ha posto nell’Alleanza di Dio con lui è ragionevole? È ragionevole la speranza di Abramo – cioè la certezza che il futuro avrebbe compiuto quello che Dio aveva promesso – Perché Colui che aveva promesso era Dio e Dio non può ingannare.
La promessa di Dio corrispondeva al cuore di Abramo e la promessa era fatta da Dio: per questi due motivi era ragionevole.
Così la vita che ci è data è speranza, ragionevole speranza, speranza ragionevolmente fondata perché ci viene da Dio.
226 – La fede ti rende certo del destino per cui sei fatto e te lo fa riconoscere, incomincia a fartelo conoscere; allora tu ti muovi, allora è la speranza che tira la fede.
La speranza è come un fuoco che tira la fede, tira la conoscenza.
La fede può essere faticosa; la speranza la rende meno faticosa, tira la fede.
La fede fonda, fa conoscere ciò per cui l ‘uomo è fatto e perciò rivela all’uomo ciò per cui desidera, ciò che l’uomo desidera; allora l’uomo si mette a correre perché desidera, e questa è la speranza.
La fede si sente a strattoni trascinata dalla speranza.
Ma la serietà, la misura della serietà non è data dalla speranza ma dalla fede.
227 – La misura della serietà è data dalla verità, mentre la misura del gusto e del fascino è data dalla speranza.
231 – «L’altra volta i parlava di sogno e di speranza ideale. Io scopro di avere la tentazione di vivere la speranza immediata come sogno e di rimandare la speranza ideale. Volevo capire meglio».
Dunque, la speranza ideale come l’abbiamo definita? L’ideale come l’abbiamo definito? L’ideale identifica l’esigenza per cui il cuore è fatto, perciò viene per ultimo, il suo compimento è futuro; sei in cammino.
Cosa sia la speranza ideale è quindi chiaro.
Ma essa si riflette poco o tanto sulla forma e il sentimento della circostanza in cui vivi ora.
Che tu faccia il sogno presente è la maschera della tentazione di non impegnarti nel presente.
232 – La parola «Ti amo» è al novantanove per cento una bugia; deve essere ben frenata e ben guidata, ben misurata, ben commisurata se deve essere giusta, allora diventa potente, allora diventa come la speranza, che non è più una bambina che tira la fede e la carità, ma un cavallo che tira due carri pieni di ogni ben di Dio, un cavallo ardente!
245 – La speranza del mondo è frammentaria e frammenta la vita: un pezzo, un latro pezzo diverso dal primo.
Frammenta la vita.
Mentre la speranza cristiana, da ciò che accade o riaccade o cambia nell’accadere, da tutto trae immagine nuova, cioè costruisce, fa crescere la costruzione.
speranza a vuoto
179 – «Forti di tale speranza, siamo ripieni di sicurezza». Non siamo fragili come loro, intimoriti, noi siamo pieni di sicurezza.
Pensate, ragazzi, se chi ha scritto queste parole, e io che ripeto a suo nome queste parole, non avessimo la consapevolezza di dire parole che non si adattano bene a voi, perché potete essere altamente insicuri: non pieni di speranza, ma vuoti di speranza!
187 – Non è speranza quella secondo l’uso della parole che se ne fa in dialetto: sperèm; la speranza cristiana è certezza, una certezza che riguarda il futuro invece che il presente.
245 – Si rende evidente che la speranza del mondo è frammentaria e frammenta la vita: un pezzo, e un altro pezzo diverso dal primo. Frammenta la vita.
296 – Non solo a Lui abbiamo dato il nostro affidamento, abbiamo sperato, ci siamo affidati a degli uomini: genitori, maestri, amici, all’amica, all’amico, al caso, al modo con cui le cose dovevano accadere.
Ci siamo affidati a una speranza a vuoto: quel mettersi di fronte al futuro dicendo speriamo, che è privo di senso, che è vuoto.
Non affidarsi a Colui cui apparteniamo, secondo qualunque modalità, questo è il peccato.
certezza della speranza
314ss – La fiducia è generata dal fatto che siamo certi che l’oggetto della nostra speranza, la felicità, ci sarà data, perché Dio è morto per quello.
315 -La certezza della speranza coincide con la certezza di quell’abbandono che si chiama fiducia.
316 – La certezza della speranza si rovescia tutta nell’abbandono della fiducia; perciò la fiducia è certa, la fiducia reca con sé, trascina con sé una certezza che rallegra il cuore anche nei momenti peggiori, che è il punto di riferimento anche fra le lacrime di una disgrazia.
317 – La certezza della fiducia, non è nient’altro che il corollario, la conseguenza della certezza della speranza.
dinamica della speranza
188ss – Cosa possiamo dire d’altro della speranza? Cosa direste d’altro della speranza?
189 – «Siccome non c’è niente di automatico, come dalla fede nasce la speranza? C’è una condizione per cui, se uno vive la fede, ne deriva la speranza?»
La dinamica della fede che è credere, affermare un presente eccezionale per la sua potenza, diventa certezza per il futuro mutandosi in desiderio definito e soddisfatto delle fede stessa, trasformandosi in domanda al potere che la fede rivela presente: «Come domanda, come desiderio che maturi una cosa iniziata», il dono che Cristo fa di sé a noi, nel presente. La libertà si gioca nel desiderio, e domanda con certezza che da Lui venga la nostra felicità.
190 – La dinamica della fede è l’affermazione di una esperienza; la speranza è il desiderio di qualcosa che accada in futuro.
La fede come affermazione di una Presenza grande; la speranza come affermazione risolutiva di un desiderio, in cui i bisogni del cuore sono determinanti.
191 – Le esigenze del cuore dicono che l’oggetto del cuore c’è, nel futuro c’è, perché l’uomo è destinato ad essere felice, giusto, vero.
È destinato a questo, ma la certezza che questo accadrà non può essere sostenuta dal nostro cuore.
La certezza che questo accadrà può derivare soltanto dalla Presenza che la fede riconosce, dalla Presenza eccezionale che la fede riconosce.
Solo questo può reggere la ragione di una certezza del futuro.
Perciò la dinamica della speranza è un desiderio che non potrebbe resistere nel tempo, sarebbe sempre amaramente deluso, se non fosse sorretto, retto come ragione della fede, dalla certezza del potere della grande Presenza.
speranza e carità
379 – «Quando si era introdotto il tema della speranza, si era detto come la speranza si appoggia sulla fede. Come invece la carità si appoggia sulla fede?»
Cosa è la fede? È il riconoscimento di una Presenza, una Presenza su cui appoggiare tutto quello che fai, tutto quello che sei e tutto quello che sarai. Come è fatta questa Presenza? Questa è la carità. Perciò senza giungere alla carità non si capisce cosa è veramente la l’oggetto della fede.
La fede afferma una Presenza, ti fa accorgere di una Presenza, ti fa affermare una Presenza su cui s’appoggia tutta la vita presente e futura (speranza).
speranza e amore / certezza
179ss – Dico semplicemente che l’uomo cristiano è fatto così: è fatto di fede su cui attecchisce il fiore della speranza.
Andate a leggere
- Prima lettera ai Tessalocinesi 1,3: «Speranza che è il Signore Gesù»: speranza che nasce dalla fede in Gesù.
- Prima lettera a Timoteo, proprio la prima riga dice: «Paolo apostolo di Gesù Cristo per comando del Dio Salvatore e per comando di Gesù, nostra speranza»: la parola speranza è sempre connessa con Gesù.
- Oppure Timoteo 4,10: «Noi infatti ci affatichiamo e combattiamo perché abbiamo posto la nostra speranza nel Dio vivente», il Dio vivo è Cristo: ancora una connessione tra speranza e fede in Gesù.
180 -Se la fede è riconoscere una Presenza certa, se la fede è riconoscere una Presenza con certezza, la speranza è riconoscere una certezza per il futuro che nasce da questa Presenza.
181 – La certezza del futuro è basata su una cosa presente che riconosci con certezza: la certezza di un presente di rende certo di un futuro.
187 – «Colui che ha iniziato in voi questa opera buona la porterà a compimento nel giorno di Cristo»
Fil 1,6
Essere sicuro che Lui porta a compimento quello che mi ha dato, vuol dire essere sicuro della mia felicità, essere sicuro del mio destino, essere sicuro del mio compimento, essere sicuro dello scopo della vita.
La speranza cristiana è certezza, una certezza che riguarda il futuro invece che il presente.
192 – LA speranza, come esigenza che si attui quello che il cuore desidera, non può essere certezza che nasca dallo stesso cuore, perché il cuore non sa, desidera ma non sa.
Come può diventare certezza del cuore – e perciò speranza nel senso cristiano del termine -, certezza che si attui quello che il cuore umanamente desidera? La natura della dinamica della speranza è desiderio ma è un desiderio che non può essere sicuro di sé; come fa a diventare sicuro di sé
«Perché me l’ha promesso».
Il desiderio diventa sicuro di sé quando lo domanda, quando domanda, quando il desiderio del cuore diventa domanda.
E la domanda si sostiene su una certezza nella risposta che la grande Promessa dà, perché la grande Presenza lo ha promesso.
«Domanda», questa era la parola. Ma «l’ha promesso» è fondamentale, è ciò che rende ragionevolmente certa la domanda stessa. Anche se la promessa è già implicita nel fatto che la grande Presenza c’è.
speranza e fede
183 – In quello che abbiamo detto, le parole più importanti sono_
- primo, la parola fede, riconoscere con certezza una Presenza
- secondo, la parola certezza che riguarda il futuro
- terzo, il nesso tra il primo e il secondo punto.
«Per sperare bisogna aver ricevuto una grande grazia»
Ch. Péguy, Il portico del mistero della seconda virtù.
189 – Affermare un presente eccezionale per la sua potenza, diventa certezza per un futuro mutandosi in desiderio definito e soddisfatto dalla fede stessa, trasformandosi in domanda al potere che la fede rivela presente: «come domanda, come desiderio che maturi una cosa iniziata», Il dono che Cristo fa di sé a noi, nel presente.
La libertà si gioca nel desiderio, e domanda con certezza che da Lui venga la nostra felicità.
193 – La certezza che esse (le esigenze del cuore) siano esaudite viene dal fatto che la grande Presenza ha promesso che avrebbe esaudito l’uomo, se l’uomo glielo chiede.
Perciò, della memoria la speranza esalta la promessa; dalla fede la speranza esalta la promessa.
255 – Oggi dobbiamo vedere che cosa nasce dalla speranza, che non è nient’altro che l’espandersi della sicurezza della fede al futuro. È questo che ci interessa: non ci interessa tanto la sua origine quanto il suo destino.
Attraverso la speranza, la fede diventa fiducia.
256 – La povertà non ci fa sperare la felicità futura da un certo possesso presente, il certo possesso presente sarebbe contrario alla fede; ci fa sperare nel futuro, nella felicità futura, per la presenza di Cristo, per il possesso di Cristo presente.
260 – Dalla libertà delle cose – che nasce dalla certezza che Dio compie – una condizione di letizia: è qui che la fede fa nascere la letizia.
La fede non fa nascere la letizia immediatamente, ma mediatamente: dalla fede nasce la speranza, nella speranza è la letizia perché la letizia non può essere guadagnata e vissuta se non nella certezza di un futuro.
È soltanto una storditezza che può far nascere una letizia e una gioia da qualcosa che si ha in mano nel presente…e domani? Un sentimento è vero quando risponde a tutte le domande del tempo: spiega il passato, chiarisce il presente e assicura ili futuro.
276 – Con Lui anche il futuro è sicuro, perciò la fede diventa speranza, in quanto riguarda non più la sorpresa di una Presenza, la sorpresa di un avvenimento – avvenimento: è un presente – ma, la conseguenza di quello che si attende da ultimo, di quello che si attende in fondo: la fede diventa speranza.
279 – La verità che ci viene fatta scoprire dalla fede – Gesù, per Giovanni e Andrea -, questa verità, che è quell’uomo, sostiene il peso di tutto il nostro futuro, fino ad arrivare al destino.
Perciò la speranza cristiana non finisce in uno: «Speriamo!», ma finisce in una certezza che tutto abbraccia.
379 – La fede afferma una Presenza, ti fa accorgere di una Presenza su cui si appoggia tutta la vita presente e futura (speranza).
speranza e fiducia
255 – Oggi dobbiamo vedere che cosa nasce dalla speranza, che non è nient’altro che l’espandersi della sicurezza della fede al futuro. È questo che ci interessa: non ci interessa tanto la sua origine quanto il suo destino.
Attraverso la speranza, la fede diventa fiducia.
278ss – L’esito della povertà che nasce dalla speranza si chiama fiducia, che è il contrario dell’essere sospesi su un vuoto.
La fiducia è il contrario dell’essere sospesi a un vuoto: è l’essere sospesi su un pieno.
279 – La verità che ci viene fatta scoprire dalla fede – Gesù, per Giovanni e Andrea -, questa verità, che è quell’uomo, sostiene il peso di tutto il nostro futuro, fino ad arrivare al destino.
Perciò la speranza cristiana non finisce in uno: «Speriamo!», ma finisce in una certezza che tutto abbraccia.
280 – È l’oggetto scoperto dalla fede che sostiene tutto il nostro futuro, è l’oggetto scoperto dalla fede che sostiene tutto quanto l’ignoto della speranza, perché la speranza è piena di ignoto.
È quel Gesù che sentivano parlare, che Giovanni e Andrea guardavano in faccia, è quel Gesù lì che portava tutto il peso del loro futuro, fino al loro destino: si chiama fiducia la nuova parola che dobbiamo dire.
La speranza è fino al compimento: questo è introdotto dal concetto di fiducia.
La fiducia, perciò, ha dentro la speranza come compimento, cioè dentro la povertà come regola della vita.
È la povertà in senso positivo, è il senso positivo della povertà: la fiducia: fidere se alicui (affidarsi a uno)
305 – «La fiducia, che è la speranza come compimento, rende l’io principio di una nuova storia nel mondo, creatore di un popolo».
Rende l’io principio di una nuova storia nel mondo, lo fa agire; solo una certezza fa agire, anzi solo una certezza finale fa agire contro tutti e contro tutto.
Solo una certezza finale dà il coraggio, la forza e la fedeltà di creare, per generare.
314ss -«Io volevo chiedere ulteriormente perché la fiducia è certa»
La fiducia è generata dal fatto che siamo certi che l’oggetto della nostra speranza, la felicità, ci sarà data, perché Dio è morto per quello.
315 – La certezza della speranza coincide con la certezza di quell’abbandono che si chiama fiducia.
316 – La certezza della speranza si rovescia tutta nell’abbandono della fiducia; perciò la fiducia è certa, la fiducia reca con sé, trascina con sé una certezza che rallegra il cuore anche nei momenti peggiori, che è il punto di riferimento anche fra le lacrime di una disgrazia.
317 – La certezza della fiducia non è nient’altro che il corollario, la conseguenza della certezza della speranza.
speranza e letizia
260 – Da questa libertà dalle cose, che nasce dalla certezza che Dio compie tutto Lui, scaturisce un’altra caratteristica dell’animo povero che è la letizia.
Dalla libertà delle cose una condizione di letizia: è qui che la fede fa nascere la letizia.
La fede non fa nascere la letizia immediatamente, ma mediatamente: dalla fede nasce la speranza, nella speranza è la letizia perché la letizia non può essere guadagnata e vissuta se non nella certezza del futuro.
È soltanto una storditezza che può far nascere una letizia e una gioia da qualcosa che si ha in mano nel presente…e domani?
Un sentimento è vero quando risponde a tutte le domande del tempo: spiega il passato, chiarisce il presente e assicura il futuro.
speranza e libertà
189 – Affermare un presente eccezionale per la sua potenza, diventa certezza per un futuro mutandosi in desiderio definito e soddisfatto dalla fede stessa, trasformandosi in domanda al potere che la fede rivela presente: «come domanda, come desiderio che maturi una cosa iniziata», Il dono che Cristo fa di sé a noi, nel presente.
La libertà si gioca nel desiderio, e domanda con certezza che da Lui venga la nostra felicità.
241 – La speranza è la capacità di affrontare con chiarezza e con forza il futuro, vincendo le tentazioni del dolore, della fatica, della discontinuità o della prova con l’aiuto di un Altro, della presenza di un altro che è la continuità della fede.
La libertà o accetta questo Altro o non lo accetta; può accettarlo o non accettarlo.
La libertà si produce immediatamente come accettazione o rifiuto, come sì o come no; e la forma più elementare e più decisiva dell’accettazione si chiama domanda.
Nella domanda uno partecipa al gesto che lo aiuta, perciò nella domanda incomincia la libertà piena.
speranza e memoria
180 – Riconoscere il contenuto di una Presenza che è incominciata duemila anni fa, riconoscerla presente adesso, come si chiama?
Memoria, perciò la speranza ha un nesso radicale con la parola memoria, così che senza memoria non ci può essere speranza.
181 – La certezza della presenza di Cristo è la certezza di una cosa che è incominciata duemila anni fa, perciò non si può far memoria di Cristo come Presenza senza in qualche modo interessarti, meravigliarti, stupirti, vantarti, inorgoglirti, essere contento di tutto ciò che è accaduto in questi duemila anni.
speranza e povertà
255 – Oggi dobbiamo vedere cosa nasce dalla speranza, che non è nient’altro che l’espandersi della sicurezza della fede nel futuro.
Attraverso la speranza la fede diventa fiducia.
Dalla speranza alla fiducia l’ostacolo che può nascere è l’attribuire la certezza del futuro a certe cose che già possediamo: per esempio i soldi, i capelli, gli occhiali d’oro, le amicizie….
256 – Ma, allora si tratta di non possedere, almeno in quel modo si tratterebbe di non possedere, e la virtù che tratta del non possedere è la virtù della povertà.
La virtù della povertà apre lo spazio alla fiducia.
Il discorso cristiano dalla speranza fa nascere innanzitutto la povertà.
278ss – A questo punto troviamo che dobbiamo abbandonare il possesso delle cose, – povertà – per andare spediti, leggeri, liberi al destino; e quanto più voglio bene a una persona tanto più la voglio con me al destino.
Uno dovrebbe vivere questa povertà, cioè questo uso provvisorio delle cose e questo uso dei rapporti con le persone, letteralmente esaurito dalla tensione al destino comune.
Dobbiamo lasciare le cose, essere liberi dalle persone: la prima impressione è che questa povertà è una grande insidia! Restiamo come sospesi ad un abisso, a un vuoto: l’ultima parola dovrebbe essere vuoto, sospesi su un vuoto.
Il risultato che la povertà invece è destinata a portare è il contrario; la povertà non è destinata a lasciarci sospesi su un vuoto, ma la povertà che nasce dalla speranza si chiama fiducia, che è il contrario dell’essere sospesi su un vuoto.
La fiducia è il contrario dell’essere sospesi su un vuoto, è l’essere sospesi su un pieno.
280 – La povertà non è abbandonare, ma è definita dal cammino verso l’avere, verso la verità dell’avere.
Fiducia, infatti, nasce da un verbo latino che suona fidere, fidere se alicui, affidarsi a uno. Fiducia è affidarsi a uno.
La fiducia ha dentro la speranza come compimento, cioè dentro la povertà come regola della vita.
È la povertà in senso positivo, è il senso positivo della povertà: la fiducia: fidere se alicui.
speranza e vocazione
236 – «Cosa c’entra la speranza con l’esperienza che stiamo facendo adesso, con l’inizio della vocazione?».
C’è qualcuno che vuole rispondere?
«Colui che ha iniziato in voi quest’opera buona, la porterà a compimento»
Ha ripetuto al frase di san Paolo.
«La porterà a compimento» è la definizione della speranza: la sicurezza; la certezza del futuro è speranza.
«Colui che ha iniziato in te quest’opera buona», perché la vocazione ti viene da un Altro.
Per natura sua quindi l’essere chiamati ad una vocazione come questa ingigantisce la speranza, ma, prima di ingigantirla, reclama speranza, esige speranza.
Senza speranza muore la vocazione.
259 – Dalla libertà dalle cose, che la povertà porta con sé, nasce un sentimento che nessun altro ha se non chi è povero, cioè chi non fissa in determinate cose da lui scelte la speranza della sua vita.
Uno può fissare la speranza nella sua vita in una determinata cosa che Dio gli dà: se uno entra nel Gruppo Adulto deve sperare la felicità della sua vita dal Gruppo Adulto, in quanto Dio gli ha dato questa vocazione e nella misura in cui è alla mercé della modalità che Dio usa e con cui Dio usa le cose.
speranza e fatica della speranza
205 – La fatica della speranza, che è la stoffa della pazienza, in che cosa consiste? La fatica della speranza è rimanere. «Rimanete in me».
Resistere nel rimanere in Cristo, nella fedeltà all’appartenenza, la fedeltà alla propria vita come appartenenza, come riconosciuta appartenenza.
206 -La fedeltà nell’appartenenza, che è la stoffa della pazienza o la fatica della speranza, ha un modo di esprimersi. Quale? La domanda.
Domanda o mendicanza al Cristo presente.
238 – «Cosa vuol dire che la fatica e il dolore sono nemici della speranza? Perché lei ha detto: «I nemici di questa fedeltà all’appartenenza sono la discontinuità, la fatica e il dolore».
I nemici vuol dire il tipo di avvenimento che tenta di impedire la fedeltà alla speranza. E sono:
- Primo – la discontinuità: è la non linearità nel mantenere lo stato d’animo giusto.
- Secondo – la fatica, e la fatica si sa che cosa è. La fatica è nemica, è la tentazione contro la fedeltà.
- Terzo – il dolore che è l’aspetto più acuto della fatica, il dolore che è anch’esso nemico, nel senso che ili dolore tende a farci essere infedeli: di fronte al dolore uno bestemmia.
239 – La discontinuità è un errore, è una debolezza di carattere.
La fatica è la messa alla prova del carattere: anche se fortissimo lo prova, lo mette alla prova.
E il dolore poi vince tutto; il dolore, se non ha nessuna speranza di risposta, vince tutto; qualsiasi forzuto Ercole, di fronte al dolore senza risposta cede.
nemici della speranza
206 – I nemici di questa fedeltà all’appartenenza, i nemici più rilevabili sono la discontinuità […] e poi la fatica e il dolore.
220 – Il grande pericolo che noi tutti corriamo è il prevalere delle nostre immagini sull’attesa che Dio ci ha destato nel cuore e che Cristo ci ha rinnovata, anzi ci ha precisata.
Come ce l’ha precisata? Ce l’ha precisata come rapporto con Lui: «fidatevi di me».
Perciò la fiducia nel Mistero che ha fatto il mondo diventa la fiducia quotidiana, normale, amicale con uno della compagnia, con Lui.
238 – «Cosa vuol dire che la fatica e il dolore sono nemici della speranza? Perché lei ha detto: «I nemici di questa fedeltà all’appartenenza sono la discontinuità, la fatica e il dolore».
I nemici vuol dire il tipo di avvenimento che tenta di impedire la fedeltà alla speranza. E sono:
- Primo – la discontinuità: è la non linearità nel mantenere lo stato d’animo giusto.
- Secondo – la fatica, e la fatica si sa che cosa è. La fatica è nemica, è la tentazione contro la fedeltà.
- Terzo – il dolore che è l’aspetto più acuto della fatica, il dolore che è anch’esso nemico, nel senso che ili dolore tende a farci essere infedeli: di fronte al dolore uno bestemmia.
239 – La discontinuità è un errore, è una debolezza di carattere.
La fatica è la messa alla prova del carattere: anche se fortissimo lo prova, lo mette alla prova.
E il dolore poi vince tutto; il dolore, se non ha nessuna speranza di risposta, vince tutto; qualsiasi forzuto Ercole, di fronte al dolore senza risposta cede.
257 – La non fedeltà si oppone alla speranza perché colloca la sicurezza nella felicità futura in un certo possesso, che può essere presente o futuro.
Vuol dire che la speranza non è più riposta in Cristo. La speranza è la certezza in Cristo che fonda la certezza nel futuro.
258 – Tutto il meccanismo sta nel porre la certezza in qualcosa, in una certa cosa, in un certo possesso dal quale quindi dipende la nostra speranza.
La nostra speranza non dipende da Cristo, dipende da un certo possesso, dal possesso di una certe cosa.
Spirito Santo
93 – Per questo dovete, d’ora in avanti, cercare di rendere il più frequentemente possibile in voi la ripetizione della breve preghiera che è l’emblema del Gruppo Adulto, Veni Sancte Spiritus, Veni per Mariam. Vieni, o Spirito dell’Immenso, del Mistero, perché è lo Spirito del Mistero, lo Spirito di Cristo che ci fa capire le cose, che ci dà le energie per andar dietro le cose giuste.
E lo Spirito Santo come ci aiuta? Attraverso le viscere di una donna: Cristo è nato dalle viscere di una ragazza di diciassette anni, cioè attraverso le viscere della nostra esperienza comune; dalle viscere di un’esperienza concreta lo Spirito ci comunica la luce e l’aiuto.
144 – La fede è il vertice della conoscenza umana, il vertice della conoscenza della ragione, e questo è un dono che riceviamo, il dono di partecipare allo Spirito con cui Cristo possiede il mondo e «ogni carne» (Gv 17,1)
203 – Lo Spirito indica la modalità con cui la grande Presenza prosegue il cammino con noi; lo Spirito è l’energia di luce e di cuore con cui Cristo mantiene la sua presenza e così ci aiuta, ci conforta, ad affrontare tutte le prove.
In che senso lo Spirito ci aiuta?
- Primo – ci fa capire che non sono le prove a definire la vita, la vita non si esaurisce nella prova, ma,
- Secondo – attraverso le prove ci fa camminare costruendo così la nostra vita, la nostra vita che non verrà mai meno.
- Terzo – ma, soprattutto, lo Spirito di Cristo, sempre presente nel cammino attraverso tutte le prove, ci insegna la grande parola del cammino della speranza: la pazienza.
313 – «Non vi lascerò orfani, manderò il mio Spirito»
Gv 14, 18
Ma che cosa è questo Spirito? È quello che ci fa vedere questa gente che mi sta attorno, non come la vedrebbe chiunque altro.
Appena sto un po’ attento io dico: questi sono persone che il Signore mi ha messo vicino, parte di me. Perciò il fatto di essere insieme a questa compagnia, è proprio essere immerso nella presenza di Cristo fisicamente testimoniata, perché ciò che ha creato quella mossa o quel moto per cui siete qui è un Altro, non è solito.
341 – La sorgente di questa commozione, in Cristo come in me stesso, è lo Spirito di Cristo.
È lo Spirito di Cristo la sorgente della compassione e della commozione; per questo Cristo lo chiama il Consolatore.
408 – Se la vita è storicamente un carisma – cioè il dono dello Spirito, cioè partecipazione al mistero dell’Essere, partecipazione all’anima creatrice del cosmo, partecipazione alla felicità di ogni singolo uomo come supremo destino della storia -, in quanto implica un sacrificio (croce), lo implica proprio solo in quanto richiesto dal carisma stesso: cioè l’opera dello Spirito è un disegno drammatico e il sacrificio è inevitabile parte di questo dramma.
Cosa è il carisma? Carisma è una parola che viene dal greco, vuol dire dono. E il dono è la comunicazione dell’Essere, del mistero dell’Essere alla nostra vita.
Per questo il carisma è dato dallo Spirito Santo, donum Dei Altissimi. Lo Spirito Santo si comunica alla vita dell’Anna attraverso determinate circostanze: per questo è sempre originale lo Spirito Santo, perché non segue le nostre logiche, ma porta a una conseguenza centomila volte più bella di tutte le nostre logiche; lo Spirito Santo si comunica alla vita del signor Luca, si comunica alla vita del signor Guido, lo Spirito Santo comunica l’Essere come vita dell’Anna, come vita di Guido, come vita mia, in modo l’uno diverso dall’altro.
Carisma si chiamano quello circostanze attraverso cui lo Spirito comunica la conoscenza di Cristo a me e a te in modo tale che a me e a te lo fa conoscere secondo una determinata modalità; all’altro e all’altro lo fa conoscere in modo giusto, ma attraverso un altro metodo
Il carisma è il metodo con cui lo Spirito – attraverso le circostanze di vita, di temperamento, di istruzione, di compagnia, di suggerimenti immediati – fa capire cos’è Cristo a ve e a te; perciò se Cristo è tutto nella vita, niente ci lega più del carisma, perché è la cosa più importante che c’è: attraverso il carisma puoi riconoscere io riconosco me stesso, attraverso il carisma io riconosco chi sei tu.
Sposa / sposare
288 – È l’idea di sposa che nessuno capisce; l’idea di sposa è questo:
ciò che ti è più vicino è più segno del tutto.
La tua sposa come vite vite feconda nell’intimità della tua casa.
Sproporzione
414/415 – Se Dio è diventato uomo ed è presente a me e a te, questa Presenza determina e definisce, ha diritto di tendere e di determinare tutta la mia vita, tutti i miei rapporti, tutto quello che faccio.
Qui scoppia il senso della sproporzione; ma questa sproporzione, con l’aiuto suo, io sono sicuro che sarà corretta, e questa è la gioia più grande che si possa percepire nella vita: la sicurezza che la mia debolezza sarà vinta proprio da Colui che la mia volontà e la mia libertà dovrebbero servire.
Stima
350 – L’affermazione dell’altro perché c’è e come è: non per un tornaconto nostro, per un calcolo nostro; o come lo vorremmo noi.
Affermazione dell’altro come è e perché c’è: questa è la vera stima dell’uomo.
Stoicismo
205 – La pazienza è molto di più «L’Atlante» che porta il mondo.
Quella era una immagine stoica, una presunzione della magnanimità stoica, una presunzione perché l’uomo non porta il mondo; se pretende portarlo ad un certo punto il mondo lo schiaccia; e questa è la filosofia del mondo più dignitosa: quella dell’Atlante stoico.
Di fronte al peso delle cose l’uomo di tutti i tempi che cosa ha pensato?
Due cose:
- dimentichiamo e intanto godiamocela
- (se erano uomini seri) la formula stoica era: portare le cose sulle spalle, la magnanimità, come la chiamavano allora, il portare sulle spalle.
Ma l’uomo che prende il mondo sulle spalle fa un passo e il mondo lo schiaccia, non può portare il peso del genere, da solo.
Storia
39 – La convivenza, la storia, la cultura sono tutte basate su questo metodo: sul metodo della fede.
390 – Tutta la storia dell’uomo dipende da quell’uomo morto in croce, e io posso influire sulla storia dell’uomo – posso influire sulla gente che vive in Giappone adesso, sulla gente che sta in pericolo sul mare adesso; posso intervenire ad aiutare il dolore delle donne che perdono i figli adesso, in questo momento -, se accetto il sacrificio che questo momento mi impone.
storia del pensiero umano
97 – Tutta la storia del pensiero umano divide ciò che è bene da ciò che è male, mentre il cristianesimo dice: male non è niente, non c’è nessuna creatura cattiva; la cattiveria sta nell’atto di scelta di ciò che è in contraddizione con il tuo destino.
Il male è solo nell’atto di scelta della libertà; perciò il fattore di peccato è l ‘uomo, è la libertà dell’uomo.
storia e metodo della fede
27 – La cultura, la storia e la convivenza umana, si fondano su questo tipo di conoscenza che si chiama fede, conoscenza per fede, conoscenza indiretta, conoscenza di una realtà attraverso la mediazione di un testimone.
39 – La convivenza, la storia, la cultura sono tutte basate su questo metodo: il metodo della fede.
Strada
cfr. cammino
100 – Strada Milano-Pavia: finisce la strada dove incomincia Pavia. Il fine è la prima cosa che si ha presente: quando incominciamo a fare una strada, la cosa che hanno presente è il fine, il destino (che è Pavia).
101 – Il destino è alla fine della strada, cioè è al di là dell’ultimo passo della strada, è al di là della morte.
È ragionevole tutto ciò che ti porta verso il fine, verso il destino:
Corrisponde al cuore non l’istinto che senti, ma quello che porta il tuo cuore verso il destino; e quello che porta il tuo cuore verso ili suo destino può essere una vita di stenti e di dolori.
357 – Vivere la memoria di Cristo
- primo – fa venir voglia di vivere, una voglia intensa di vivere
- secondo – genera una unità della vita e la vita ha una unità quando ha uno scopo: una strada è fatta di milioni di passi, ma è «una» strada se ha «uno» scopo.
valore della strada
115 – La strada serve per capire se è vera la tua intenzione e il tuo riconoscimento di volere lo scopo, e il tuo amore allo scopo, e la tua capacità di usare la libertà per questo scopo. Si chiama prova.
Péguy, ne I Misteri, insiste sulla vita come prova: la strada è per una prova.
Strappare / strappo
cfr. distacco, mortificazione, sacrificio, scendere fino in fondo
97 – La cosa più bella è il concetto di strappo e di mortificazione. Strappandoti a quello che ti emoziona di più per amore di ciò che ti corrisponde di più, che è più giusto, la mortificazione per affermare la legge morale (cioè il rapporto con il destino invece che ciò che ti attira l’istinto), questa mortificazione non elimina niente: omnis creatura bona.
Struggimento
301 – Lo struggimento che il tema fondamentale (di un pezzo musicale che il Giuss. aveva fatto ascoltare) genera – struggimento tale che una sensibilità come quella della Milene l’ha fatta scoppiare in pianto -, questo struggimento è l’emblema dell’attesa di Dio che ha l’uomo.
Stupore
49 – Lo stupore è sempre una domanda, almeno segreta.
Lo stupore nasconde dentro di sé una domanda profonda che tocca le fibre ultime del nostro essere.
(Seguono una serie di episodi del Vangelo dove Gesù continuamente stupisce e questi atti di Gesù mettono in evidenza le diverse posizioni di fronte alla sua eccezionalità)
60 – Ma quanto più è eccezionale, tanto più è impensabile e ti fa restare pieno di stupore: è lo stupore della verità, veritatis splendor, lo splendore della verità che ti rende pieno di stupore.
In tutte le domande che vi nascono, dovete riferirvi alla prima pagina di Giovanni, immaginandovi Giovanni e Andrea con Gesù che parla e loro che lo vedono parlare.
353 – Io dico che il primo sentimento che si ha verso la realtà è la curiosità non la compassione.
Caso mai è lo stupore di fronte a una cosa più grande; non una compassione, che è verso qualcosa di più piccolo.
stupore e commozione
353 – «Perché lo stupore diventi commozione cosa deve accadere?»
Lo stupore diventa commozione quando c’è qualcosa che potrebbe impedire questo, che è nemico di questo (e quindi diventa una compassione che aiuta l’uomo a superare questo ostacolo).
Lo stupore diventa commozione quando il cuore di Dio o di chi giudica si immedesima con il cuore dell’uomo e risente in sé tutto il desiderio che l’uomo ha.
Non è appena stupore, ma è l’emozione di partecipare a un desiderio per cui l’uomo fa una giusta fatica, per cui l’uomo sa aspettare con pazienza.
stupore e domanda
49 – Lo stupore è sempre una domanda almeno segreta. Lo stupore nasconde dentro di sé una domanda profonda che tocca le fibre ultime del nostro essere.
69 – «Lo stupore, la domanda profonda che è la terza caratteristica della fede, mi ha colpito tantissimo, e volevo capirlo meglio, perché io ho sempre pensato che la domanda partisse da me, invece lo stupore sta prima ancora».
Certo: tu non puoi fare una domanda se non sei attratta.
C’è qualcosa che ti attira, allora tendi. Tendere vuol dire domandare. Perciò, per tendere c’è prima qualcosa che ti deve tendere, devi essere attratta.
Attratta, allora domandi.
Giovanni e Andrea non lo conoscevano, mai conosciuto. Gli vanno dietro con timore e stanno là tutto il giorno a vederlo parlare, perché non capivano neanche bene quel che dicesse.
Riferitevi sempre lì: in Giovanni e Andrea, vedendo parlare quell’uomo – e quanto più parlava, tanto più questo avveniva – era naturale il desiderio di conoscerlo, di stare con Lui, di sentirlo ancora parlare.
E questo desiderio era una domanda, era come una domanda.
74 – Questa eccezionalità (di Gesù) crea uno stupore, lo stupore porta con sé sempre una segreta domanda: come fa ad essere così? Chi è costui? Come fa a succedere così?.
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