Temi di «Dare la vita per l’opera di un Altro» – 2a parte

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Lettera «V»

Vedere

59 – Vedere, ascoltare e seguire questo Uomo è tutta la sorgente della morale cristiana.

99 – «Lo strumento storico della fede può liberare nuovamente la ragione come tale, in modo che quest’ultima – messa sulla buona strada dalla fede – possa vedere da sé[…] La ragione non si risana senza la fede, ma la fede senza ragione non diventa umana».

J.Ratzinger, “La fede e la teologia dei giorni nostri”, in Enciclopedia del cristianesimo.

121 – La fede è riconoscimento di una presenza. Questo non è un sentimento.

La presenza riguarda gli occhi, l’emozione che provoca, il cuore in quel che si prova.

123 – Per fare un sacrificio occorre vedere, intravedere, una positività.

125-126 – L’osservazione sui bambini è veramente interessante, perché tutta la loro resistenza al dolore che ne scaturisce non toglie, non strappa il primo impatto che hanno di fronte alle cose: entrano nelle cose con gli occhi sgranati, con tutto il loro impeto, e quando il dolore li colpisce, non necessariamente abbandonano questa semplicità dell’origine.

146 – «Non mi piace la vostra giustizia fredda e nell’occhio dei vostri giudici riluce sempre per me il boia con la sua spada gelida. Dite: dove si trova la giustizia che è amore e ha occhi per vedere? inventatemi, dunque, l’amore che porta su di sé non solo tutte le pene, ma anche tutte le colpe»

Nietzsche – Così parlò Zaratustra

150 – L’appartenenza a Dio, come suo fattore essenziale, implica storicità: storicità vuol dire persone, cose che conosciamo, che si possono toccare, vedere; vuol dire cose che sono nostre e che, proprio essendo nostre, si possono manipolare.

L’appartenenza a Dio, come suo fattore essenziale, implica storicità: questo è stato ed è il genio del Creatore, il quale ha fatto sentire la sua signoria in un certo modo.

167 – «Se fosse venuto come Dio non sarebbe stato riconosciuto. Se fosse venuto come Dio, infatti, non sarebbe venuto per quelli che erano incapaci di vedere […]»

Sant’ Agostino, Commento al Vangelo di San Giovanni

170 – Non abbiamo né vergogna né titubanza a dire che siamo esseri diversi: abbiamo un modo di vedere e di concepire l’azione che è completamente diverso da quello degli altri uomini.

174 – La novità sta, dunque, nel comprendere in che modo Cristo, lo Spirito di Cristo, mira a compiere in noi una mentalità diversa, un modo di vedere, ma anche di giudicare e di trarre conseguenze da questo giudizio, un modo di conoscenza, nel senso pieno della parola, diverso o nuovo, e un modo di affezione, nel senso più lato del termine, che permetta una conoscenza chiara e vera del nostro rapporto con ogni cosa, ma, soprattutto, una modalità diversa di dinamica, di vibrazione della natura stessa dell’amore naturale.

Verità

40 – Il giudizio che decide dell’atto e della giornata umani è la conoscenza della verità attraverso la Chiesa in quanto è la presenza della Verità.

82 – La sensibilità nel percepire tutte le cose come segno del Mistero è la tranquilla verità dell’essere umano.

86 – Al termine del lungo percorso di dimenticanza del «Dio tutto in tutto», nel nostro ultimo secolo il sentimento religioso proprio della natura umana si afferma con libertà assurda, corrompendosi, nella progressiva eliminazione della religiosità propria di Cristo e quindi della religiosità che ha avuto nella storia del popolo ebraico, in modo mirabile, la sua manifestazione, l’esemplificazione della sua verità, della sua ultima implicazione.

114 – Il tempo che passa non annulla, ma approfondisce la verità del possesso di tutto, in qualsiasi rapporto: niente è più obiezione.

120 – Il razionalismo tende a concepire la ragione come luogo della verità: la verità è quello chela ragione ammette, e così essa finisce con l’idealizzare ciò che sente.

127 – (Gli apostoli) sono ritornati bambini quando hanno visto Gesù, ma bambini eticamente, nel loro atteggiamento verso ciò che incontravano -, da questo contesto ci è stata insegnata la verità, che è il culmine del Mistero cristiano nell’esistenza dell’uomo: «Tutto consiste in Lui».

129 – La semplicità dei bambini è la verità del nostro aderire alla fede, dell’aderire della nostra fede a ciò che la Chiesa dice, che la tradizione cristiana porta a noi, che la Chiesa, nel movimento, ci dice: la semplicità è l’atteggiamento del bambino, che va davanti alle cose senza «ma» e, «se» e «però», va davanti alle cose le tocca o le tratta, con immediatezza.

Violenza

20 – Il razionalismo nichilista o panteista ha esasperato l’incidenza etica del problema, riducendo tutto all’affermazione dell’uomo; l’affermazione dell’uomo è un hybris, è una violenza di fronte a sé e al mistero del mondo.

48-50 – Il contenuto mondano del rapporto è violenza, urge alla violenza, insinua la violenza, anche nelle formazioni più nascoste, scaltramente e inconsciamente subdole tante volte, salvo i rapporti, i soprassalti che avvengono nel fulcro originale, nella natura originale: padre, madre e figli.

Tali soprassalti dell’umano si riducono tuttavia a sussulti senza molto potere, che nulla possono sul fiume, sulla travolgente marea mondana e quindi sulla violenza, sulla hybris che interviene inevitabilmente quando Dio diventa estraneo, estraneo alla concezione e alla fattura del rapporto.

49 – La contraddizione a tutto questo sta nell’identificare in un potere terreno degli ideali che si raccolgono nelle parole ecumenismo e pace. Il potere fa diventare questi stessi ideali violenza: l’ecumenismo diventa affermazione della propri a posizione chiusa, violenta, oppure una intemperante negazione di ogni significato, di ogni rilievo, di ogni stima; e la pace diventa una formula eretta a parola d’ordine per vincere la propria guerra.

La violenza implica sempre il tentativo di distruggere un popolo: la violenza degli eserciti, dei magistrati o anche delle realtà religiose in cui la religiosità non trovi aperta adesione e reale consequenzialità.

E alla violenza tutta l’educazione del potere fa tendere l’azione dell’uomo, la concezione della famiglia e della convivenza sociale, il metodo di rapporto con gli altri.

50 – Il potere avalla tutte le forme di estraneità ultima, che sono l’inizio della violenza nel mondo.

53 – Ogni autorità, ogni potere che pretenda di fondarsi esclusivamente su se stesso ha dentro – poco e tanto – una menzogna, quindi inevitabilmente, proprio perché tende ad essere pretesa assoluta, è una violenza.

145-146 – È violenza ogni rapporto umano che non sia coscienza con il destino, che non sia, perciò, coscienza dell’appartenenza a qualcosa d’altro.

Questa violenza giunge fino al punto dove essa può chiamarsi «giustizia», dove le leggi tendono ad essere risolutrici di tutti i problemi dell’uomo nella società, quasi che l’uomo appartenga totalmente alla società in cui è.

146 – Violenza e schiavitù. La mancanza della identità fra libertà e appartenenza, cioè una libertà non motivata dall’appartenenza, è presagio di voluminose guerre.

185 – Si evita l’egemonia come motivo del proprio impegno, quando non ci si impegna con la sete di riuscita dovuta all’amor proprio o all’egoismo o a un interesse; allora l’opposizione tra egemonia e responsabilità storica trova la sua soluzione.

Dopo d’aver detto questo dell’egemonia, che è una hybris che emerge dalla trama del violenza che domina le nostre giornate, facciamo attenzione alla responsabilità storica del cristiano


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Temi degli ESERCIZI – Collana “Cristianesimo alla prova”


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