Temi di «La convenienza umana della fede» -1a parte

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Lettera «D»


Desiderio

110 – Di tutta la ricchezza ed emozioni che la liturgia oggi ci desta, uno mi p are possa dominare su tutti, semplificare tutto e animarci totalmente, ed è il desiderio che la nostra vita sappia accogliere la luce che è venuta, che Cristo entri veramente nella nostra vita. È entrato nella nostra vita, Lo ricordiamo, ci muoviamo tante volte per Lui, ma Egli deve penetrare la nostra coscienza così da entrare in ogni azione: ha qualcosa da dire alla nostra persona, qualunque cosa compia, ha qualcosa da dire alla nostra coscienza e al nostro cuore, minuto per minuto, circostanza per circostanza.

171-172 – Tutte le volte che ci troviamo, vorremmo dirci tutto quello che ci preme, e come amore alla verità e come amore tra di noi; non ci si può voler bene senza avere questo desiderio.

desiderio di cambiamento/mutamento

30-31 – C’è qualche cosa, però, che è il corpo estraneo che è in noi produce, perché non lascia tregua; esso produce continuamente qualcosa che anche la più pazza educazione non riesce a togliere: un desiderio di mutamento.

È un desiderio che il disagio profondo produce e che è come disperato. È un desiderio di mutamento che il più delle volte è disperato. Io credo che non esista niente di più caratterizzante il fatto di essere uomini vivi che questo: se desideriamo veramente mutare, se il desiderio di mutamento non è immediatamente bruciato dalla disperazione: disperazione senza gesti inconsulti, senza esasperazioni, disperazione ottusa, disperazione calma, quotidiana, disperazione banale.

31 «Non ne posso più di stare murato / Nel desiderio senza amore»

Ungaretti – «La Pietà»

37 – Se questo destino sta in noi e se un grido, una domanda, improvvisamente può rinverdire la nostra secca vita e sciogliere questa misteriosa cosa che è in noi e che è con noi – la scioglie dentro il nostro sangue, sì che essa anima, rianima il desiderio di movimento, il desiderio di cambiamento, e le nostre azioni ne sono come pervase, incominciano ad esserlo, come quando si ha la mano rattrappita e lentamente si sente il fuoco sottile del sangue che riprende a scorrere -, perché questo è possibile?

Significa, fratelli miei, che noi non siamo coloro che possiedono se stessi, noi non ci possediamo.

108-109 – Ma che cosa ti aspetti (dalla compagnia)? Se ti aspetti Cristo, se tendi a Cristo, anche se la comunità fosse fatta da un branco di ignobili, di persone ignobili, tu sentiresti crescere in te l’affezione a Cristo, tu sentiresti che la tua vita si trasforma, che col tempo che passa non è più come prima.

Così lentamente tutto diventa un altro mondo, più concretamente vero di quello che viveva prima.

È una tensione a qualcosa d’altro, che si svela nella promessa – il desiderio di cambiamento è proprio l’accendersi della promessa – ed è incontrato nella storia, perché nella nostra Fraternità e nella nostra compagnia il Signore non lascia mai mancare innumerevoli esempi e testimonianze di questa novità di vita e di cose.

Demoralizzazione

26-30 – Se la moralità è tendere a qualcosa di più grande di noi, la demoralizzazione vuol dire l’assenza di questa tensione.

Come l’io non può sospendere il suo vivere, così, quando il cuore è morale, quando il cuore non è demoralizzato, allora quella tensione al “più”, al qualcosa di più, è come se non venisse mai meno.

Ecco voglio dire che c’è una demoralizzazione in noi, una demoralizzazione che caratterizza il diventare grandi. La nostra compagnia deve innanzitutto farci lottare contro questa demoralizzazione; essa vorrebbe essere lo strumento principale contro questa demoralizzazione.

28 – Il contrario della demoralizzazione qual è? Il contrario della demoralizzazione, per dirla con una parola breve e veloce, è la speranza. La speranza è, immediatamente, la speranza su di sé, la speranza del proprio destino, la speranza del proprio «ultimo».

30 – Alla demoralizzazione del diventare grandi, che è impossibile che non venga, per poca sensibilità che rimanga – perciò, se non viene, a mio avviso, è segno di ottusità della sensibilità morale -, alla demoralizzazione che avviene nel diventare grandi, non nel senso banale del termine, ma rispetto a quella famigliarità con Dio in cui sta l’essenza della vita dell’uomo, l’essenza della vocazione umana, a questa demoralizzazione la nostra compagnia deve sostituire un aiuto, affinché la nostra vita porti, nel tempo e nello spazio, la speranza, perché la nostra vita sia definita dalla speranza.

Dimenticanza

21-22 – Quante persone nel mondo sono state investite dalla Sua parola come noi? Eppure quanta lontananza, dimenticanza, superficialità, irresponsabilità, tradimento c’è in noi!

Questa grande dimenticanza, che permette alla nostra coscienza di camminare stupidamente tranquilla, ancora non determina l’ultimo nostro traguardo: noi riconosciamo che dobbiamo risollevarci e riprendere la corsa verso di Te, che dobbiamo riprendere il rapporto con Te in un altro modo, più pronto, più diuturno, più conseguente, con quel coraggio che Tu ci infondi, perché l’hai promesso.

28 – Tutto è già accaduto in noi, e stiamo tranquilli in un modo di vita che lo dimentica; «tutto è già accaduto,/e stiamo così, paghi, del diverso», e il diverso da ciò che è accaduto è la dimenticanza.

33 – La dimenticanza definisce tutto il tempo delle nostre giornate.

Come sono provvidenziali le abitudini alla preghiera, ma la dimenticanza invade, investe, determina, anche la preghiera!

35 – Quando Dio si scaglia contro il suo popolo, che ha abbandonato Lui, sorgente di acqua viva, per scavarsi delle cisterne aride e senza acqua, ritroveremo la nostra dimenticanza, la nostra scetticità, la fiducia che noi poniamo nelle nostre cose.

42 – Il peccato è la dimenticanza, il peccato è la scetticità che protegge il disimpegno, il peccato è la fiducia in qualche cosa che facciamo noi, con le nostre mani, che non c’erano e che se hanno una valore è solo per ciò a cui sono destinate, per il rapporto con il Destino, con un Altro, con qualcosa d’Altro.

55-56 – Stamattina abbiamo indicato la sorgente del peccato come dimenticanza, come scetticismo, come fiducia nelle cose che fanno le nostre mani.

Innanzitutto Cristo combatte la nostra dimenticanza. Si chiama memoria l’opposto della dimenticanza: «Fate questo in memoria di me». «Questo», cioè cosa? Tutto!

56 – L’opposto della dimenticanza è la preghiera.

La parola «preghiera» non la si può capire se non la si fa coincidere con la parola «domanda»; ma anche la parola «domanda» diventa subito riconducibile a una nostra pretesa, se non coincide con lo stupore della Sua presenza, lo stupore della Sua presenza riconosciuta.

58 – Alla dimenticanza di oppone la memoria, cioè la domanda. Non si può domandare se non a uno presente. allora è quello che ti determina: altrimenti, senza domandare a uno presente, tenti di determinare Dio.

134 – Se io sono legato a questo «più grande di me, […] il male è l’agire umano che abbandona questo rapporto.

Certamente c’è un male più drammatico, più tragico – ma tutto il male è drammatico -, perché la sua forma è più grave, ma il vero male, la stoffa del male è questa dimenticanza.

142 – Il peccato è la dimenticanza di Dio nella vita. Ci sentiamo immersi dentro un mare di dimenticanza.

151-152 – Nel libretto cui ho accennato (La coscienza religiosa dell’uomo moderno), sono indicate in tre grandi direttive le flessioni della mentalità mondana, che elimina il senso del peccato nel nostro agire, perché commette più vero, che sta alla radice: la dimenticanza di Dio.

(Sono: il senso della vita come riuscita, l’istintività, autonomia della ragione)

154 – Dovrete rileggere nella Lettera ai Romani, al capitolo primo, quale sia l’esito di un mondo vissuto in questi termini, dentro il peccato della dimenticanza di Dio:

«Poiché hanno disprezzato la conoscenza di Dio, Dio li ha abbandonati in balia di una intelligenza depravata, sicché commettono ciò che è indegno, colmi come sono di ogni sorta di ingiustizia, di malvagità, di cupidigia, di malizia; pieni di invidia, di omicidio, di rivalità, di frodi, di malignità; diffamatori, maldicenti, nemici di Dio, oltraggiosi, superbi, fanfaroni, ingegnosi del male, ribelli ai genitori, insensati, sleali, senza cuore, senza misericordia»

Rm 1,28-31

156 – Noi abbiamo individuato nella perdita totale della libertà la conseguenza della dimenticanza di Dio nella vita. Si può arrivare a una perdita totale della libertà perché, quanto più la scienza va avanti e quanto più la tecnica si scaltrisce, tanto più il potere ha la capacità di sorprendere i tuoi pensieri e i tuoi sentimenti dalla nascita: “ti decide” lui, mentre sei persuaso di decidere tu!

158 – Stamattina abbiamo detto che per superare la strettoia del peccato, della dimenticanza, occorre un sacrificio.

La dimenticanza è una strettoia, perché ti dà come regola di vita quello che vuoi tu, che è breve, che è come il palmo della mano davanti al naso.

Invece la regola della tua azione, anche piccola, è l’infinito, è la direzione dell’infinito, è la funzionalità al grande ordine di Dio.

Dolore

87-88 – Uno non risponde se non risponde al problema di tutti, e perciò il dolore della propria fatica diventa il luogo dove riecheggia il dolore del mondo.

158-159 – «Perché la pace, chi la conosce, sa che in parti uguali di dolore e di gioia è fatta» (P. Claudel, L’Annuncio a Maria): di gioia, per il possesso del rapporto con l’infinito; di dolore, per la fatica dello strappo. Uno deve strapparsi alla misura della sua spanna.

221 – Se Cristo ci ha già salvati, si è fatto Lui peccatore prendendo tutti i nostri peccati, se lui non aveva commesso nessun errore, si è fatto peccato per noi, allora questo risentimento che ancora il male in noi, starei per dire, c’entra? C’entra, ma è come un dolore che, quasi forma più verace di pensiero, ci fa ritornare a Lui, Il ricordo o la coscienza del nostro male ci fa ritornare a Lui.

236 – La fede, la speranza senza la carità non sono che bronzo squillante e cembalo tintinnante, così la gioia che si esterna senza far menzione del dolore, non è che suon di bronzo e tintinnio di cembalo che passa veloce, inascoltato da quelli che soffrono; è voce che tintinna all’orecchio senza risuonare al cuore, lo sfiora senza esservi trattenuta.

Ma la voce che, all’annunziare la gioia, trema di dolore; si questa si apre una via all’orecchio ed è trattenuta dal cuore.

Questa è la gioia della preghiera: una gioia che si annunzia tremando di dolore.

265-267 – La seconda circostanza della personalità nuova è il dolore (la prima è essere in compagnia). Non si può parlare di amore al dolore, ma la parola «dolore» implica già l’amore. Non si può vivere un dolore se non nel fremito o nel tremito di un amore.

La compagnia, da una parte, è il sostegno; il dolore è la condizione di tutti, che per nessuno, se non per chi ama Cristo, diventa alimento della vita, diventa fattore definitivo del proprio volto.

266 – È questa la formula della umanità nuova che vive della fede, della gloria di Cristo, come personalità nuova, mendicante, che ama e giudica secondo un criterio nuovo, che riconosce nel sacrificio il fattore che rende vere le cose, soprattutto l’affettività, che genera e nello stesso tempo abbraccia una compagnia, fa dei rapporti umani una compagnia e non ha più obiezioni nel dolore, perché il dolore è una obiezione solo per chi non Lo riconosce e non Lo accetta.

267 – Il sintomo che stiamo cambiando è che il nostro cuore, nonostante tutti i suoi errori, nonostante tutte le sue vigliaccherie, nonostante tutte le sue incoerenze e nonostante tutto il dolore, è pieno di gratitudine, e la gratitudine è lo zampillo primo della gioia.

Domanda/domandare

56 – L’opposto della dimenticanza è la preghiera. La parola «preghiera» non la si può capire se non la si fa coincidere con la parola «domanda»; ma anche la parola «domanda» diventa subito riconducibile a una nostra misura di pretesa, se non coincide con lo stupore della Sua presenza, lo stupore della Sua presenza riconosciuta.

La gente che aveva curiosità di Lui, era curiosa perché era gonfia di qualcosa da domandare, anche se non ci pensava, anche se non pensava di domandare, come Zaccheo, perché quella curiosità era la domanda di cambiamento.

58-59 – Alla dimenticanza si oppone la memoria, cioè la domanda. Non si può domandare, se non a uno presente. Allora è quello che ti determina. Altrimenti, senza domandare a uno presente, tenti tu di determinare Dio.

59 – (Pilato) « Ma che cosa è la verità?». Non è una vera domanda, perché la domanda ti inserisce nella realtà, ti fa cercare, ti fa insistere all’infinito. È scetticismo dire: «Ma che cosa è la verità?».

È anche l’atteggiamento di Nicodemo, quando, a Gesù che affermava: «Se non nasci di nuovo, non puoi capire niente della realtà», disse: «Ma come fanno ad accadere queste cose?». Non era una domanda, ma un dire: «È impossibile!».

Comprendiamo, fratelli miei, che tutta la gente che ci circonda è in questa posizione?

106 – Proprio perché sono incapace, non sono preparato, sono inetto, sono peccatore, proprio per questo domando, e la forma più potente di domanda è il riconoscere d’appartenere alla comunità di Cristo, alla compagnia di Cristo.

Dobbiamo stare attenti ad avere molta stima del movimento.

111-113 – Questo è il sentimento urgente e prepotente che la liturgia ci fa nascere oggi: «Che tu, Signore, venga; che tu, Signore, venga presto; che tu non abbia a tardare». E non è una pretesa, è pura domanda. È nella tensione di questa domanda che la vigilanza incomincia a nascere, che la vigilanza incomincia a vivere.

112 – Perciò, da un certo punto di vista, è una cosa così facile che la nostra vita sia sempre più determinata e dominata da una domanda!

Dalla domanda nessuno può ritirarsi dicendo: «Non sono capace».

Che la domanda regni dunque nella nostra esistenza

Questa è la gratuità: domandarti o Cristo.

Non ti domanda né questo, né quello, né quell’altro, non ti domando quando, non ti chiedo nulla, eccetto che Tu sia in me, che Tu penetri in me, nonostante tutto, perché tutto sembra contrario a questa possibilità.

113 – La domanda di Te, affinché Tu non sia più l’estraneo delle nostre ore e delle nostre azioni.

210-211 – […] dall’umore nero che la nostra imperfezione continuamente secerne in noi, il soffio che ci libera da questo istante è la domanda a Dio.

La domanda a Dio. Se avete fatto a suo tempo la Scuola di comunità sulla moralità, sul testo Moralità: memoria e desiderio, sapete che l’essenza, la natura della preghiera è la domanda.

211 – In questa domanda sta la sincerità di un giudizio che riconosce la verità, sta nel dolore di una affezione a Cristo per cui uno piange per il tradimento e la sproporzione, ma vibra di una fiducia, non in sé, bensì nella grandezza di Colui che ci ha fatti o, più ancora, nella stupefacente grandezza di Colui che, avendoci fatti, è diventato uno fra noi e si è lasciato uccidere da noi.

213 – Il silenzio non è un nulla, il silenzio è una preghiera, è la coscienza di essere di fronte a Dio, e la preghiera, a sua volta, è una domanda: dobbiamo incominciare a domandare nel cuore quello che sappiamo e quello che non sappiamo.

234-235 – L’arma contro la fragilità è la domanda, è domandare Cristo. Abbiamo una intensità della memoria, un contenuto della memoria che non è soltanto lo sguardo a Cristo, ma è domanda, è mendicare Cristo.

Per questo siamo inescusabili, perché mendicare è proprio di chi non ha niente, di chi è pieno di stracci.

235 – La preghiera è mendicare; non è un’altra cosa, se non domandare, mendicare. Allora mendicare che tu venga, che tu venga nella mia vita o Cristo, è la sorgente della gioia di ogni giorno.

La fede è domanda, dunque si esprime in una mendicanza. La vita nella sua povertà, coperta di stracci e piena di ferite, ma la vita che tende alla perfezione, al compimento, è l’uomo che domanda Cristo.

È comunque in questa domanda nella fede che si esprime in questa domanda, la gioia della giornata, la gioia della vita.

259-260 – La prima e fondamentale di queste riflessioni a cui la nostra personalità si esprime è il pregare, ma il pregare nella sua sostanza, che è il domandare. Domandare è una cosa semplicissima, lo fa anche il bambino.

Ma da adulti domandare Cristo è una fatica profonda: bisogna spaccare l’incrostazione che momento per momento si sedimenta su di noi, bisogna rompere il mallo della nostra autonomia, del nostro egoismo, del nostro cedimento alla mentalità comune.

Innanzitutto la nostra personalità deve essere definita dal pregare come domanda. E la domanda, la domanda di Cristo, che Cristo venga nella nostra vita, che Cristo venga nella storia della umanità, bisogna provare che fatica è!

260 – Non è semplicismo questa insistenza: è toccare il punto cruciale della questione.

Innanzitutto, in un mondo in cui la gloria di Cristo è tutto, la prima caratteristica della personalità nuova è la preghiera, la fedeltà alla domanda, alla mendicanza.

domandare a Dio

210-211 – […] dall’umore nero che la nostra imperfezione continuamente secerne in noi, il soffio che ci libera da questo istante è la domanda a Dio.

La domanda a Dio. Se avete fatto a suo tempo la Scuola di comunità sulla moralità, sul testo Moralità: memoria e desiderio, sapete che l’essenza, la natura della preghiera è la domanda.

211 – In questa domanda sta la sincerità di un giudizio che riconosce la verità, sta nel dolore di una affezione a Cristo per cui uno piange per il tradimento e la sproporzione, ma vibra di una fiducia, non in sé, bensì nella grandezza di Colui che ci ha fatti o, più ancora, nella stupefacente grandezza di Colui che, avendoci fatti, è diventato uno fra noi e si è lasciato uccidere da noi.

domandare/chiedere

57 – Questa è la nostra miseria, il non chiedere! La ricchezza del povero invece è il chiedere, è la ricchezza del nulla cui è stato dato di essere.

Chiedere, questo è realmente l’inizio reale del cambiamento, del mutamento, è l’inizio della conversione.

domandare Cristo

234-235 – L’arma contro la fragilità è la domanda, è domandare a Cristo.

Abbiamo una intensità della memoria, un contenuto della memoria che non è soltanto lo sguardo a Cristo, ma è domanda, è mendicare Cristo.

235 – La preghiera è mendicare; non è un’altra cosa, se non domandare, mendicare.

Allora, mendicare che tu venga, che tu venga nella mia vita o Cristo, è la sorgente della gioia ogni giorno.

La fede è domanda, dunque si esprime in una mendicanza.

La vita nella povertà, coperta di stracci e piena di ferite, ma la vita che tende alla perfezione, al compimento, è l’uomo che domanda Cristo.

259-260 – Ma da adulti domandare Cristo è una fatica profonda: bisogna spaccare l’incrostazione che momento per momento si sedimenta su di noi, bisogna rompere il mallo della nostra autonomia, del nostro egoismo, del nostro cedimento alla mentalità comune.

Innanzitutto la nostra personalità deve essere definita dal pregare come domanda.

E la domanda, la domanda di Cristo, che Cristo venga nella nostra vita, che Cristo venga nella storia della umanità, bisogna provare che fatica è!

260 – In un mondo in cui la gloria di Cristo è tutto, la prima caratteristica della persona nuova è la preghiera, la fedeltà alla domanda, alla mendicanza.

domanda di perdono

35-36 – Come facciamo a reagire di fronte al nostro peccato, alla nostra nullità?

[…] Questo è il grido del dolore, o la domanda di perdono.

La domanda di perdono ci trasforma improvvisamente dal profondo, ci trasforma e ci rende vivi, ci dà una strana solidità.

36 – È la domanda di perdono che risentiamo in noi quando leggiamo attentamente, non solo con una emozione estemporanea e superficiale, le parole del salmo 130:

«Dal profondo a te grido, o Signore; / Signore, ascolta la mia voce. / Siano i tuoi orecchi attenti / alla voce della mia preghiera. / Se consideri le colpe, Signore, / Signore chi potrà sussistere? / Ma presso di te è il perdono[….]»

42 – È nel grido e nella domanda di perdono che il nostro peccato incomincia a diventare qualcosa d’altro.

Vale a dire, è nel grido e nella domanda di perdono che quel qualcosa di grande che abbiamo percepito commuove la nostra vita, la muove, la mette in movimento.

domanda di Te

113 – La domanda […] ritrovi ogni giorno la sua articolazione, il suo strumento espressivo: la domanda di Te, affinché Tu non sia più l’estraneo delle nostre ore e delle nostre azioni.

mendicare

68 – Affrettiamoci a conoscere il Signore, che si alimenta come ricerca del volto del Signore, che si esprime e si alimenta nello stesso tempo come domanda, come grido, come mendicanza del Signore.

Mendicanza del Signore! Quante volte abbiamo compiuto questo gesto supremo di gratuità?

Perché il gesto supremo di gratuità è mendicare Cristo, è mendicare il Signore della nostra vita.

Non la ricerca della perfezione, ma mendicare che Cristo venga, che Dio venga.

235 – Mendicare. La preghiera è mendicare; non un’altra cosa, se non domandare, mendicare. Allora, mendicare che tu venga, che tu venga nella mia vita o Cristo, è la sorgente della gioia di ogni giorno.

È in questa dimenticanza la fede: tutto il resto è parola e tutto il resto è sentimento vano, se non è mendicanza che Lui venga nella nostra vita e la muti e la compia.

La fede è domanda, dunque si esprime in una mendicanza.

La vita nella sua povertà, coperta di stracci e piena di ferite, ma la vita che tende alla perfezione, al compimento, è l’uomo che domanda Cristo.