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Lettera «G»
Gioia/gioire
51 – Questo cambiamento, questo mutamento, questa conversione è, infatti, destinata alla gioia, una gioia senza fine, ma una gioia che incomincia in questo mondo.
La gioia è un’altra parola impossibile umanamente, umanamente parlando, la gioia è possibile solo dimenticando o rinnegando qualche cosa, e allora non è più gioia.
Ma l’incontro con Cristo inizia un movimento che subito ha il sapore della gioia, la gioia profonda di Pasqua. «Pasqua» vuol dire cambiamento.
È la gioia profonda di un passaggio che dura tutta la vita.
139 – Per sperare occorre aver provato una gioia grande. E la gioia grande è questa sicurezza assoluta dell’essere posseduti da Chi è più grande di noi, tanto che è Lui che ci fa, ci costruisce: come una madre – ma che paragone lontano è questo! – che costruisce i tessuti del corpo del figlio.
158-159 – «Perché la pace, chi la conosce, sa che in parti uguali di dolore e gioia è fatta» (P. Claudel, L’Annunzio a Maria): di gioia per il possesso del rapporto con l’infinito; di dolore, per la fatica dello strappo.
159 – Uno deve strapparsi alla misura della sua spanna. Ma quella gioia non è il rapporto con l’infinito astratto, perché nell’amore alla donna questo strappo vuol dire verità: l’amore alla donna diventa veritiero, così come l’amore all’amico diventa più vero, l’amore agli uomini diventa più vero [….].
La pace è questo strappo alla tua misura breve, per cui, seguendo la prospettiva dell’infinito, il parametro di Cristo, fai diventare pieno di gioia il tuo momento, che rimane momento, ma diventa più vera, finalmente vero.
205-208 – La quaresima è sempre stata sentita e vissuta dal cristiano di tutti i tempi come il cammino verso la Pasqua, verso l’esplosione della gioia.
L’esplosione della gioia, infatti, ha bisogno di una purità che non può avverarsi se non nel sacrificio, ma è la condizione di una libertà, di una intensità e di una pienezza.
«Come mai non avete riflettuto a questo fatto strano, che solo i cristiani sono gli uomini che posseggono la gioia, coloro ai quali la loro credenza non arreca mai, ultimamente, delusione, ma, al contrario, un attaccamento, un interesse, e uno stupore sempre nuovo? Ho sentito spesso rimproverare ai cristiani, con una certa aria di superiorità, chela ragione della loro fede è la gioia e la consolazione che essa reca loro. Ma mi sembra che giustificazione migliore di questa non possiamo trovarla, poiché si tratta di un fatto e non di un ragionamento»
P. Claudel
Questa sera chiediamo dunque a Gesù e, insieme al Lui, al Padre, che ognuno di noi abbia la sua vita sempre più carica di questa esperienza, che dell’autenticità della fede è come una prova: la vita di ognuno di noi sia sempre più carica di gioia.
207 – Diventi come un premio, un premio alla fede e alla fedeltà: la gioia, che sta, insieme al dolore, come l’argomento della pace.
«La pace, chi la conosce, sa che in parti uguali di dolore e di gioia è fatta»
P. Claudel, L'annuncio a Maria
La gioia insieme al dolore: sono questi i due fattori della pace.
Il Signore ci ha fatti per la gioia e, al culmine della sua dedizione all’uomo, pochi momenti prima di essere braccato, imprigionato e quindi ucciso disse: «Tutto quanto vi ho detto, ve l’ho detto affinché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena» (Gv 15,11)
208 – «Se il giusto si allontana dalla giustizia….» La giustizia sembra un’ombra sopra questa luce di gioia.
Ma la giustizia non può essere un’ombra: Dio che è la gioia, è la giustizia.
Dunque debbono avere, queste due parole, una radice comune. E infatti la giustizia è nella libertà.
Dio non ci può dare la sua gioia se noi non apriamo il cuore a dire: «Signore, la voglio, la desidero!»
215 – Il male è ciò che è contrario alla gioia, è esattamente il limite della gioia, è ciò che la impedisce, perché la gioia sta nella verità.
235-236 – La preghiera è mendicare; non è un’altra cosa, se non domandare, mendicare. Allora, mendicare che tu venga, che tu venga nella mia vita o Cristo, è la sorgente della gioia di ogni giorno.
“La Fede e la Speranza senza la Carità non sono che bronco squillante e cembalo tintinnante”, così la gioia che si esterna senza far menzione del dolore, non è che suon di bronzo e tintinnio di cembalo che passa veloce, inascoltato da quelli che soffrono.
247 – […] L’avvenimento della coscienza di quella Presenza, l’avvenimento che si esprime nella memoria, […] diventa veramente gioia, un gioire.
L’avvenimento del rapporto con Cristo diventa sorgente di gusto, di godimento, di affezione, di gioia, e solo nella gioia è l’energia di una presenza comunicativa. Una vera comunicazione di sé può avvenire solo nella gioia.
249 – Solo nella gioia è l’energia di una presenza comunicativa, e allora la memoria diventa movimento, diventa compagnia, il cui dolore supremo è di non poter abbracciare il mondo, comunicando per osmosi della propria carne agli altri la bellezza della verità, l’intensità dell’adesione, la meraviglia, lo stupore del valore, della idealità.
267 – Il sintomo che stiamo cambiando è che il nostro cuore, nonostante tutti i suoi errori, nonostante tutte le sue vigliaccherie, nonostante tutte le sue incoerenze e nonostante tutto il dolore, è pieno di gratitudine, e la gratitudine è lo zampillo primo della gioia.
Giovinezza
179-180 – Che cosa meravigliosa, senza alcun paragone con tutto l’entusiasmo dei nostri giovani, dei nostri universitari, dei nostri giovani lavoratori, è l’adulto, l’anziano a cui maturamente si aprono gli occhi e Lo riconosce.
È questa la giovinezza vera, quando la nostra compagnia diventa memoria, quando il movimento diventa memoria di Cristo, cioè riconoscimento della sua presenza in modo stabile, facile, così come uno si porta dentro di sé continuamente il sentimento dei propri figli o della propria moglie, della propria famiglia.
Questo è il sintomo che stiamo arrivando alla soglia della giovinezza matura.
Giustizia
66 – Questa è la giustizia: non è grande, se non chi nell’istante vive la coscienza del rapporto eterno, del rapporto con l’infinito che si è rivelato in Cristo, del rapporto con Cristo.
97 – La giustizia consisterà per noi nel mettere in pratica tutti questi comandi davanti al Signore Dio nostro, come ci ha ordinato.
La novità è l’appartenenza a un avvenimento che, come un fiume, nasce misteriosamente dalla terra e si dilata ingrossandosi lungo pianure sterminate, lungo la pianura sterminata della storia.
208 -Altre parole del profeta Ezechiele e altre parole del Vangelo gettano come un’ombra: «Se ili giusto si allontana dalla giustizia….»La giustizia sembra un’ombra sopra questa luce di gioia. Ma la giustizia non può essere un’ombra: Dio, che è la gioia, è la giustizia. Dunque devono avere queste due parole una radice comune. E infatti la giustizia è nella libertà.
230-231 – (Filippesi, 3, 8ss)«Io ho abbandonato tutto al fine di guadagnare Cristo e di essere trovato in Lui, non con una mia giustizia derivante da una mia moralità, ma con quella che deriva dalla fede in Cristo, cioè con la giustizia che deriva da Dio, basata sulla fede»
234-235 -L’arma contro la fragilità è la domanda, è domandare Cristo. «E Dio non farà giustizia ai suoi eletti che gridano giorno e notte verso di Lui e li farà a lungo aspettare? Vi dico che farà loro prontamente», dove questo prontamente è mistero di Dio.
È in questa mendicanza la fede; tutto il resto è parola e tutto il resto è sentimento vano, se non è mendicanza che Lui venga nella nostra vita e la muti e la compia.
Gloria
175 – Omnis gloria filiae regis ab intus. Mi ha fatto colpo questa frase, che vuol dire: «Tutta la gloria della figlia del re», dell’uomo, figlio di Dio, fatto a immagine di Dio, è «ab intus», è dentro, cioè è nella coscienza di sé come rapporto con l’infinito. Tutta la gloria è lì. Non ci aveva mai fatto tanto caso, fino a quando l’ho ritrovata nel primo romanzo di Marshall che ho letto, Il mondo, la carne e padre Smith: nelle prime pagine c’era questa frase della Bibbia.
gloria di Cristo
64 – Perché il nome del tutto è Cristo, ricordiamocelo, e qualunque cosa uno faccia, la fa per Cristo, per la gloria di Cristo: «Sia che mangiate, sia che beviate».
130 – «Chi parla da se stesso, cerca la propria gloria, ma chi cerca la gloria di Colui che lo ha mandato, questi è veritiero«
Gv 7,18
254ss – (Elenco di alcuni esempi nelle prime pagine)
256 – tutti i tipi di cultura e tutti i tipi di socialità si possono ricondurre alle stesse categorie, alle stesse premesse e agli stessi contenuti, ma una vita guardata e affrontata, una socialità vissuta per la gloria di Cristo, questo stabilisce una posizione che non ha uguali, irriducibile a qualunque altra.
C’è una sola alternativa, che – come ha detto il vecchio Simeone alla Madonna – spacca il mondo in due, divide la cultura e la società umana: là dove la gloria di Cristo è il principio e la dove la gloria di Cristo non si sa cosa sia.
257 – La vita è per la gloria di Cristo.
La fede è data ad alcuni perché rifluisca sugli altri. Per questo la fede in noi deve diventare un movimento dentro la società.
258 – Noi siamo tra colore che il Padre gli ha dato nelle mani, tra coloro che il Padre ha dato a Cristo perché egli partecipi loro la vita eterna.
Se il problema della vita è la gloria di Cristo, se il problema della storia e della cultura e della civiltà è la gloria di Cristo, senza la gloria di Cristo l’uomo è come il bambino che, giocando al meccano, crea solo formalmente realtà diverse, ma i fattori in gioco sono sempre gli stessi: senza la gloria di Cristo l’umanità non diventa più umana.
Perciò il problema è Cristo.
260 – Innanzitutto, in un mondo in cui la gloria di Cristo è tutto, la prima caratteristica della personalità n uova è la preghiera, la fedeltà alla domanda, alla mendicanza.
261 – Dire che lo scopo della vita, il problema della vita è la gloria di Cristo, significa sconvolgere totalmente la mentalità comune.
La gloria di Cristo si opera attraverso le inevitabili circostanze, senza cancellare, dimenticare, obliterare nulla, nella vita concreta così come è, nella tua attività quotidiana.
È l’amicizia che c’è tra di noi ha come scopo di farci capire, di renderci sempre più capaci di capire che cosa voglia dire «gloria di Cristo» come criterio della vita quotidiana di lavoro e famiglia, e che cosa significhi che questo criterio investe la vita quotidiana, in che modo la cambi.
Ecco, dobbiamo impararlo, siamo un popolo in cammino per imparare questo.
Quanto più noi lo impariamo, tanto più la gloria di Cristo si riverbera nel mondo e il mondo diventa più umano, come la povera gente, sdraiata nella fogna aperta, sotto le mani delle piccole suore di Madre Teresa di Calcutta.
L’affettività è una energia conseguente a un giudizio, il cui criterio è la gloria di Cristo. Allora, anche se il cuore si colma di un’altra affezione, la fedeltà alla moglie, la fedeltà al marito, è questo l’eroismo a cui ci richiamava il capitolo 19 di san Matteo: il valore sta nell’essere in funzione del disegno di Dio, del regno dei cieli.
266 – «Al di sopra di tutto sia la carità, che è il vincolo della perfezione. E la pace di Cristo regni nei vostri cuori, perché ad essa siete stati chiamati in un solo corpo, e siate pieni di gratitudine»
Col 3,14-15
È questa la formula della umanità nuova che vive della fede, della gloria di Cristo, come personalità nuova, mendicante, che giudica e ama secondo un criterio nuovo, che riconosce nel sacrificio il fattore che rende vere le cose, soprattutto l’affettività, che genera e nello stesso tempo abbraccia la compagnia.
Gratuità/gratitudine
63-64 – «L’ideale» significa la totalità di cui è funzione quello che fai.
Perciò la fedeltà alla legge, come la descrivo, non è nient’altro che l’affermazione dell’amore come supremo dinamismo della vita: nell’affermare me stesso, affermo te, per affermare me stesso compiutamente, veramente affermo te.
È la gratuità come anima strana di tutto ciò che si fa.
C’è una gratuità che rende umana l’osservanza della legge, e prima ancora la rende possibile.
64 – Gratuità e amore non sono contributi di momenti eccezionali di preghiera o di emozione, sono il clima di profondo, l’intendimento che fa compagnia al soggetto che si esprime, sono il cuore.
Per questo il movimento è là dove lavori, esattamente come quando partecipi a una iniziativa comune.
«Fedeli alla legge», come riverbero dell’ideale sulle circostanze; quindi affermazione dell’amore o della gratuità; e il lavoro come il luogo comune e ordinario dove questa gratuità si esercita.
68 – Mendicanza al Signore! quante volte abbiamo compiuto questo supremo gesto di gratuità? Perché il gesto supremo di gratuità è mendicare Cristo, è mendicare il Signore nella nostra vita.
90 – Comunque la cosa principale è questa: che la vittoria di Cristo sul male diventa una evidenza definitiva quando cambia qualcosa di significativo nella nostra vita: per uno può essere l’accoglienza, la capacità di accoglienza, che è un fenomeno di gratuità certamente impressionante; per un altro può essere qualunque altra cosa. Ma la vittoria di Cristo, cioè la risurrezione di Cristo, tocca la nostra vita, diventa evidenza definitiva, nel cambiamento reale in qualche cosa, in qualche cosa di sostanziale dal punto di vista del valore.
93 – La difficoltà è che questa convenienza umana senta il brivido dell’ideale, venga attraversata da esso, venga ultimamente vinta e perciò determinata da esso.
Invece che possesso, e quindi violenza, deve subentrare, come per i passi in un cammino, una provvisorietà, anche se destinata all’eterno, e quindi una gratuità e un amore.
99 – C’è una caratteristica sintomatica della nostra compagnia, della verità e della bontà della nostra Fraternità, ed è la gratuità del motivo ultimo: si può entravi per qualunque convenienza da cui ci si sia sentiti spinti, anche la più equivoca, ma non vi si può restare se non per uno scopo che è profondamente gratuito.
La gratuità del motivo ultimo è l’affermazione, nella contingenza, del momento umano che viviamo, dell’ideale, cioè di Cristo.
Si chiama gratuità l’affermazione di Cristo, perché l’affermazione di Cristo, la determinazione che Egli opera, nei limiti in cui lo lascia la nostra libertà, di ciò che viviamo, di ciò che facciamo, non entra nel calcolo di una convenienza puramente umana.
112 – Che la domanda penetri sempre più la nostra esistenza. […] Come è totale gratuità questo! Questa è gratuità: domandarti, o Cristo.
171 – Cominciare col «grazie», prima ancora di avere, vuol dire essere capaci di ricevere bene, perché è solo gratitudine che rende capaci di ricevere bene. Questa è una condizione creaturale, perché siamo creature, siamo fatti.
L’atteggiamento originale dell’uomo è la gratitudine; intellettualmente è lo stupore, e “cordialmente” è la gratitudine, perché quando una cosa è bella uno è grato.
265 – «Al di sopra di tutto sia la carità, che è la perfezione della persona». La carità è riconoscere Cristo. La gratuità assoluta, la carità come la gratuità totale è riconoscere che Dio è diventato uno di noi.
266 – «Al di sopra di tutto sia la carità, che è il vincolo della perfezione. E la pace di Cristo regni nei vostri cuori, perché ad essa siete stati chiamati in un solo corpo, e siate pieni di gratitudine»
267 – Quella pace a cui «siamo stati chiamati in un solo corpo» c’è soltanto in una umanità che si riconosca per questo. «E siate pieni di gratitudine».
Grazia
48 – «[…]La curiosità degli uomini indaga il passato e il futuro / E s’attiene a quella dimensione, ma comprendere / il punto di intersezione del senza tempo / Col tempo, è una occupazione da santi…[…] ma qualcosa che è dato / E tolto»
T.S. Eliot, Quattro quartetti
dato, perché è grazia; tolto, ancora nel senso che non è tuo, non lo costruisci tu: non sei tu a raggiungerlo, è grazia.
71 – Soltanto nell’umiltà di chi è profondamente teso a Cristo, ama Cristo, vive l’affezione al Mistero che lo crea, lo attende e lo accompagna, solo chi è in questa umiltà la compagnia risalta in tutta la sua provvidenzialità.
La compagnia è la grazia, il segno fisico della grazia, di una grazia senza fondo e senza termine, perché la compagnia è il luogo dei profeti, è il luogo della Sua parola, è il luogo dove la Sua parola ferisce[….]
105 – Che cosa ti occorre? Non l’essere preparato; ti occorre, indubbiamente, una grazia.
Ma, se sei toccato da un certo richiamo, questa è la grazia, e in te occorre esattamente il contrario di quanto pensi, occorre cioè la povertà.
111 – Dobbiamo veramente supplicare il Signore, perché è una grazia che questo accada, vale a dire che
Cristo diventi familiare alla coscienza, che la nostra coscienza viva l’appartenenza a lui come sentimento abituale, così come voi mamme, avete come sentimento abituale il senso della presenza dei vostri figlia, e il bambino ha come sentimento abituale il senso dell’appartenenza a voi.
Che questo avvenga per il nostro rapporto con Cristo è una grazia: che intensità, che intensità di vita, che intensità di sguardi, che intensità di rapporti, che intensità di gusto acquisterebbe, erediterebbe allora la nostra vita personale e l’ambiente che frequentiamo! Subito esso risentirebbe di questa novità.
122-125 – «Io sono l’ultimo di tutti, non sono neanche degno di essere chiamato cristiano, perché la mia vita è piena di errori. Per grazia di Dio, però, sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana. Così che io posso agire, posso lavorare anche più degli altri, non perché io ne sia capace, ma per la grazia di Dio, che è con me».
Ognuno di noi potrebbe dire questa cosa: io sono l’ultimo, non sono neanche degno di essere chiamato cristiano, perché sono pieno di distrazioni e di errori, sono sempre un po’ esausto, eppure c’è in me una capacità di fare, per cui potrei fare anche più degli altri: non io, però, ma la grazia che è in me.
123 – Ma che cosa è questa grazia che è in noi? La grazia che è in noi è qualcosa che è accaduto nel mondo.
124 – Noi parliamo sempre di Cristo e non parliamo mai a Cristo.
Io vorrei chela grazia di questa tenerezza e di questa acutezza nel percepire la grande presenza di questo Uomo, nostro fratello, che è Dio presente tra noi, presente alla comunione che c’è tra noi, al riconoscimento che c’è tra noi, io vorrei che questa tenerezza e acutezza penetrassero un po’ in tutti noi.
Vi sto parlando come uomo che ha avuto la grazia della fede come ognuno di voi.
215 – Sarà la maturità della grazia nella nostra vita a far sì che possiamo anche noi, con questa semplicità sublime, rispondere con questa parola: «quali motivazioni, uomo, hai per fare tutto quello che fai?» «io amo Cristo»
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I Temi di alcuni libri di don Giussani
- TEMI – Il senso religioso
- TEMI – All’origine della pretesa cristiana
- TEMI – Perché la Chiesa
- TEMI – Il rischio educativo
- TEMI – Generare tracce nella storia del mondo
- TEMI di Si può vivere così?
- TEMI di Si può (veramente) vivere così?
Temi degli ESERCIZI – Collana “Cristianesimo alla prova”
- TEMI – Un strana compagnia (82-83-84)
- TEMI – La convenienza umana della fede (85-86-87)
- TEMI – La verità nasce dalla carne (88-89-90)
- TEMI – Un avvenimento nella vita dell’uomo (91-92-93)
- TEMI – Attraverso la compagnia dei credenti (94-95-96)
- TEMI – Dare la vita per l’opera di un Altro (97-98-99)
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